Un viaggio perfetto nell’Ovest e Grandi Parchi

Questo è il resoconto del nostro viaggio di nozze. Arriva a 3 anni di distanza ma credo possa essere ancora utile a chi si accinge a visitare L’Ovest degli USA. In primo luogo vorremmo dire che giugno è un ottimo periodo per questo tipo di itinerario. Il nostro viaggio si è svolto dal 10 al 26 giugno 2002 ed ha toccato le seguenti tappe: LOS...
Scritto da: Eva Contino
un viaggio perfetto nell'ovest e grandi parchi
Partenza il: 10/06/2002
Ritorno il: 27/06/2002
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Questo è il resoconto del nostro viaggio di nozze.

Arriva a 3 anni di distanza ma credo possa essere ancora utile a chi si accinge a visitare L’Ovest degli USA.

In primo luogo vorremmo dire che giugno è un ottimo periodo per questo tipo di itinerario.

Il nostro viaggio si è svolto dal 10 al 26 giugno 2002 ed ha toccato le seguenti tappe: LOS ANGELES – SAN DIEGO – PHOENIX – MONUMENT VALLEY (Kayenta) – MESA VERDE (Cortez e Durango) – MOAB (Rafting sul Colorado, Arches Park & Dead Horse Point), BRYCE CANYON – PAGE (Antelope Creek) – LAS VEGAS – MAMMOTH LAKES (Yosemite) – SAN FRANCISCO.

La distanza percorsa in auto è stata di circa 3000 miglia (ossia quasi 5000 Km) .

Il viaggio è stato organizzato e pensato con molta cura. Abbiamo provveduto a prenotare tramite agenzia, biglietti aerei, auto a noleggio ed i vari hotels, controllando le nostre tappe sul sito www.Mapquest.Com dopo averle decise servendoci dell’essenziale atlante stradale Rand Mc Nally, che in Italia si trova facilmente il libreria.

Il Map Quest è utilissimo perché calcola i tempi di percorrenza (quelli in alta stagione con le strade molto trafficate) ed aiuta a calibrare tappe non eccessivamente lunghe.

Allo stesso modo ci siamo muniti di molte guide, la più utile delle quali è senza dubbio la Rourtard.

Nonostante ciò, possiamo dire che si può tranquillamente evitare di prenotare se non si viaggia in luglio e agosto. Oppure si può fare tutto senza affidarsi ad un’Agenzia di Viaggi e prenotare tramite Expedia.It sia il volo che l’auto che gli hotel, noi abbiamo già fatto un’esperienza simile ed è affidabilissima. In tal modo inoltre si risparmierà più di qualcosa.

Gli USA sono un paese con una ricettività di alta qualità: in questa parte del paese le camere sono sempre molto ampie, pulite, con 2 letti da 1 piazza e mezza, phon, ferro da stiro, aggeggio per farsi il caffè e compagnia bella. Soprattutto nei paesi il parcheggio non è mai un problema e gli Americani adorano mettersi al vostro servizio per darvi ogni indicazione utile, anche prima che lo chiediate. Sono allegri, grassi e rubicondi, e per loro il fatto che siete Italiani è una fonte di perenne stupore ed esaltazione.

Infine, gli USA sono un paese estremamente sicuro e con un’alta qualità di infrastrutture: mai troverete bagni pubblici tanto lindi e strade così ben indicate.

Bene, siete pronti per iniziare un viaggio FAVOLOSO? In primo luogo munitevi di Passaporto Ottico e di una carta di credito con alto massimale: la plastic money è un mezzo di pagamento indispensabile. Senza parlare di una buona assicurazione sanitaria: se vi rompete un’unghia altrimenti sono dolori, pare che i dollaroni di spese mediche vadano via come il pane! 10 giugno 2002: si parte da Venezia per Los Angeles via Parigi.

Il volo Air-France non è indimenticabile e soprattutto è lunghissimo. Comunque lo scalo al Charles de Gaulle è davvero ansiogeno in quanto i controlli sono lentissimi e spostarsi da un terminal all’altro beccando subito la via più giusta è come vincere al lotto.

L’arrivo in California ci vede parecchio sballati dal fuso. Il clima è estivo e gradevole. Uscendo dal terminal si prende il bus gratuito della compagnia presso cui hai prenotato l’auto a nolo: la nostra è Alamo, si rivelerà una compagnia davvero OTTIMA.

Arrivati al desk scopriamo che gli americani sono dei romanticoni: basta dirgli che sei un honeymooner (in luna di miele) che subito partono urla di giubilo ed un doppio upgrade gratuito, così avevamo prenotato una midsize abbastanza sfigata e ce ne usciamo con un GIPPONE fiammante pazzesco della Suzuki. Unico neo necessitava del pieno ogni 20 minuti…Ma con quello che costa la benza in USA si può anche fare! L’approccio con il cambio automatico e con le stradone di Los Angeles non è dei più semplici (beh, a titolo esemplificativo i semafori sono dopo l’incrocio e non prima, quindi non fermatevi in mezzo alla strada!) tuttavia per qualche santo in paradiso siamo giunti all’Hotel Hollywood Roosevelt sulla Hollywood Boulevard (sì, proprio quella con le stelle sul marciapiede) di fronte al Teatro Cinese Mann, con tutte le impronte di manine dei divi.

Comunque, – 9 ore sono tante, quindi il primo giorno è volato con un certo rimbambimento. Già la prima sera mettiamo a dura prova il nostro fegato ingurgitando il primo di una lunga serie di Hamburgeroni con patate fritte, ma mica quelli di Mc Donald, questi sono di manzo vero, saporito e succulento …E un pochino più cari (ricordatevi sempre il 15% di mancia o vi fulmineranno con lo sguardo e vi lanceranno maledizioni sottovoce).

Per quanto concerne l’Hotel, che fu sede della prima edizione del Premio Oscar, è molto grande e abbastanza carino, con piscina e altre amenità che non abbiamo sfruttato. Attenzione però: il parcheggio dell’auto è un vero salasso e bisogna dare continuamente mance a camerieri non proprio discreti.

11 giugno 2002: Universal Studios e L.A.

Che fare se non visitarli? Un consiglio: Non fate come noi, poveri ingenui, che abbiamo sfruttato il pulmino dell’hotel, pagando il servizio un po’ troppo salato.

Gli Universal Studios sono un grande parco divertimenti in cui si può trascorrere una piacevole giornata spensierata, basta non aspettarsi troppo. Il pomeriggio prosegue passeggiando lungo la Hollywood Boulevard che pullula di grandi centri commerciali.

12 giugno 2002: Santa Monica e tragitto per San Diego.

Prima di immetterci nella Highway verso sud, decidiamo di dare un’occhiata in prima persona alle vaste spiagge californiane. Sono proprio quelle di Baywatch, con le casette dei bagnini, le jeep gialle, e la gente che pattina nei vialetti. Solo la stagione è troppo all’inizio e pochissime persone prendono la tintarella: il mare è gelato, ma la megaspiaggia quasi deserta sotto il sole a picco è uno spettacolo davvero notevole.

Il centro di Santa Monica è graziosissimo, pieno di negozietti vintage e mercatini. Noi visitiamo anche un grande centro commerciale (il Santa Monica Place, che scopriremo solo a casa essere una specie di capolavoro architettonico) dove abbiamo l’ardire di mangiare sushi in un fast food giapponese –lo abbiamo trovato disgustoso-. La cosa bella è che per parcheggiare non abbiamo alcun problema e spendiamo poche monetine nel parchimetro! Dopo di che ci dirigiamo verso San Diego attraverso un’autostrada a 6 corsie.

Prima di arrivare in città ci fermiamo nel sobborgo di La Jolla a mangiare in un ristorante messicano, Alfonso’s.

Il nostro Hotel di San Diego è l’Holiday Inn Harbour View, che, come tutti gli hotel di questa catena, è una garanzia. Vi troviamo i soliti letti King Size, la macchina del caffè, l’asse da stiro ecc. Ah, il parcheggio qui è gratuito! Olè! 13 giugno 2002: San Diego e partenza per Phoenix, Arizona.

Appena svegli visitiamo la città, -stranamente raccolta per essere una metropoli di 1,5 milioni di abitanti- e soprattutto facciamo conoscenza con i nostri primi pancakes con lo sciroppo d’acero da Hob Nob Hill, un localino delizioso per il breakfast, situato sulla collina che domina downtown.

Passeggiamo per il gas lamp quarter (quartiere delle lampade a gas), datato fine 800, e poi, dopo aver visitato il porto con le portaerei nucleari della Navy ormeggiate una affianco all’altra come mosconi a Jesolo, ci drigiamo verso lo Zoo, che è un bel posto dove trascorrere qualche ora (dimenticatevi i lager di casa nostra).

Ci aspetta una tappa impegnativa che ci porterà in Arizona! Già dopo poche miglia (le strade sono deserte e dritte dritte…A perdita d’occhio) iniziamo a veder che i colori del paesaggio cambiano: dalla natura lussureggiante della California si passa ai toni del rosso, giallo, ocra, e qua e là ai lati della strada iniziano a spuntare alti cactus…Wow, siamo nel deserto!!! La strada è lunga ed arriviamo molto tardi in questa stranissima città che è Phoenix : è vastissima e assolutamente priva di interesse, ma era l’unica tappa possibile sul nostro cammino verso l’interno. Alloggiamo anche qui all’Holiday Inn vicino l’aeroporto. Fa un caldo della madonna ma molto molto secco, è il primo contatto che abbiamo in vita nostra con il clima del deserto ma non è affatto spiacevole.

Per mangiare iniziamo a seguire i preziosi consigli della Guida Routard e ci rechiamo in un locale piuttosto curioso che si chiama Minder Binder’s, frequentato da studenti, dove per qualsiasi cosa tu voglia ordinare finisce che c’è un’offerta e mangi per 2 al prezzo di uno, ossia l’happy Hour è la regola! 14 giugno 2002: discesa del fiume Salt su un copertone di camion e prosecuzione verso Kayenta Cosa fare in una città come Phoenix dove il mare è lontanissimo e la temperatura sempre oltre i 100 farenheit? Quello che fanno tutti: si arriva in un parco pieno di Cactus, si noleggia la camera d’aria di una ruota di camion, si sale su un ex-scuolabus scassato tipo “I Simpson” e con musica di Ray Charles a manetta si arriva sulla sponda di un fiume, molto pulito e gelido (ma con quel caldo…Va quasi bene); poi ci si infila col sedere nel copertone e ci si lascia andare, col sole a picco, accecante, un cielo blu senza una nuvola, seguendo la corrente. E’ il “Salt River Tubing”, un passatempo molto in voga.

Ogni tanto il fiume fa un’ansa e trovi delle piccole rapide, ma nulla di preoccupante.

Ci sono delle tappe su una mappa, così che puoi discendere il fiume per 2 ore oppure startene a mollo anche un pomeriggio intero. Poi nel punto ove decidi di risalire a riva ripassa il pulmino e ti porta alla base. E’ stata un’esperienza decisamente particolare! Un po’ cotti dal sole, leviamo le ancore e ci dirigiamo ancora più a nord, direzione Monument Valley, territorio Navaho. La Monument si trova già in Utah, ed attenzione perché cambia il fuso da –9 a –8 ore.

Oggi facciamo una grande scoperta in un market americano: basta comprare un contenitore con il coperchio piuttosto grande di polistirolo (styrofoam -cooler) -costa tipo 3 dollari-, riempirlo di cubetti di ghiaccio (ecco a cosa servono le macchinette “vendig machines” presenti ovunque negli alberghi e di cui ci si può servire liberamente!), ci si infilano le bibite e le bottiglie e voilà, ecco un efficiente frigo da auto, con acqua bibite e sandwich sempre freschi! Il nostro hotel di Kayenta è anch’esso un Holiday Inn, molto-molto carino, con il tipico stile del Motel dei film americani (2 piani, con la ringhiera ecc).

15 giugno 2002: Monument Valley, arrivo a Cortez.

Dopo una splendida colazione in mezzo ad Indiani Navaho D.O.C. All’Amigo Cafè, ci rechiamo al parco della Monument: fantastico, siamo praticamente soli! La giornata è limpida, la luce quasi accecante; percorriamo in auto il parco (torna buono il Gippone), fermandoci e scendendo ogni 5 minuti a fotografare ogni formazione rocciosa; i panorami sono mozzafiato e ci sembra di stare in un altro mondo! Appagati, siamo pronti a ripartire per la prossima meta: la Mesa Verde. Non è distante, ma è già nel Colorado. Passiamo anche per il FOUR CORNERS, l’unico punto degli USA in cui si incontrano i confini di 4 stati: Arizona, Utah, Colorado e New Mexico.

A Cortez alloggiamo al Confort Inn, un tantino più scadente degli altri alberghi.

Il paese è un po’ squallido, e visto che è ancora presto decidiamo di muoverci per passare la serata a Durango, come suggerito dalla infallibile Guida Routard.

Infatti Durango è un posto veramente carino, pieno di vita con tanti negozi tra cui…Il Polo Ralph Lauren Factory Store, uno spaccio di roba firmata a prezzi popolari! Indovinate quanta ne portiamo a casa? Lì mangiamo (bene) all’Olde Tymer Cafè, e ce ne rientriamo felici a Cortez.

16 giugno 2002: Mesa Verde e arrivo a Moab.

La Mesa Verde è un grande parco nazionale dove si possono ammirare le abitazioni degli Indiani Anasazi. Sono delle città scavate nelle rocce, abbastanza suggestive.

Le visite sono accompagnate e la nostra si svolge con l’aiuto di una ranger gentilissima che ci spiega un sacco di cose.

Diciamo pure che il posto è interessante ma forse non regge il paragone con la bellezza del deserto e della Monument Valley.

Dopo un lauto pasto in una catena di fast food dove ti siedi e mangi finchè non schiatti (Golden Corral), partiamo per Moab, rientrando nello Utah.

Moab è un centro vicino al fiume Colorado e vicino all’Arches national Park, dove si fa spesso tappa per interessanti escursioni sul fiume, infatti vi abbondano le agenzie con cui prenotare la giornata di rafting. Noi avevamo prenotato dall’Italia via web con la Adrift Adventures (www.Adrift.Net).

Pernotteremo 2 notti al Moab Valley Inn, abbastanza confortevole, con una piccola piscina mezza coperta. Fa sempre caldo, ma meno che in Arizona, ed un bagnetto dà un po’ di sollievo.

Questa sera magiamo da Miguel’s Bahia Grill, messicano (buono ma piccantissimo).

17 giugno 2002: Rafting (si fa per dire) sul Colorado. Sveglia presto: quelli della Adrift Adventure ci aspettano in sede per portarci, con un bus, al punto dove saliremo sul mega canotto in gruppetti di 10 – 12 persone.

Uno dei ragazzi della Adrift remerà per tutto il percorso, lasciando a noi solo il piacere di ammirare il paesaggio e chiacchierare con i compagni di avventura.

Il fiume è abbastanza in secca, poiché l’annata è stata calda ed arida. Nonostante abbiamo un grosso giubbetto salvagente e si veda bene che il livello dell’acqua è poco più alto della mia vasca da bagno (l’acqua tra l’altro è calma e piuttosto torbida – ma un sacco di bambini ci si buttano a pesce…Bleah!-), il tipo si spreca a spiegarci tutte le regole per la nostra sicurezza in caso di pericolo, come se stessimo per affrontare delle terribili rapide…Ma dove sono queste rapide? Purtroppo noi ci aspettvamo il brivido ma la giornata trascorre quieta e la corrente solo di rado ci ricorda che abbiamo pagato per fare “rafting”! Vabbè, dopotutto è stata una piacevole gita in barca , e ce ne torniamo lieti al nostro hotel.

18 giugno 2002: Arches National Park e dead Horse Point. Partenza per il Bryce Canyon.

Stamattina visitiamo il Parco Arches, caratterizzato da migliaia di archi di roccia più o meno grandi (di cui uno è così celebre da essere il simbolo dello Utah), in una cornice davvero suggestiva.

La visita è faticosa: la strada è lunga, in salita, il sole è cocente e ci scoliamo letteralmente litri di acqua per contrastare la disidratazione.

Ma il posto merita veramente.

Al ritorno, non contenti, passiamo per un altro parco, quello del Dead Horse Point, un punto panoramico su un’ansa del Colorado che ti fa sentire davvero nel vecchio West. Immaginatevi il film Thelma e Louise…Ecco, la scena finale è stata girata proprio qui.

Concludiamo con un mega hamburger ed onion rings (anelli di cipolla fritti…Una gioia epatica!) da Smitty’s golden steak, tipico diner con foto autentiche di John Wayne sul set di “Rio Bravo” alle pareti.

Siamo pronti per lasciare Moab e dirigerci verso il Bryce Canyon, e precisamente al lodge di Ruby’s Inn. La tappa è lunghissima, partite con il serbatoio a tappo perché è anche l’unico tratto di strada ove i distributori non abbondano.

Il Best Western Ruby’s Inn è una struttura gigantesca, fatta per i turisti che arrivano in massa per visitare il Bryce Canyon, perché è l’unico centro vicino al Parco.

Infatti il posto è molto più turistico e commerciale, insomma meno autentico degli altri visti finora. La camera è come tutte le altre, solo che è piena di mosquitos, una cosa da non credere…Senza perderci d’animo, nel market annesso al lodge compriamo un insetticida spray, saturiamo la stanza ed andiamo a cena… Al nostro ritorno, una solerte cameriera aveva già asportato i 5 chili di insetti morti dopo breve agonia.

19 giugno 2002: a cavallo per il Bryce Canyon Il Bryce Canyon National Park è un luogo davvero incantato: questi pinnacoli con tutte le sfumature del giallo, del rosso, dell’ocra in mezzo ai pini sono una gioia per gli occhi di chi, come noi, si è sentito un po’ cow boy nell’attraversare questi paesaggi.

Il giro a cavallo si può concordare all’ingresso del parco presso la Canyon Trail Rides, si è in gruppo (circa 20 persone) e ti danno delle bestie buone e docili che seguono i padroni dall’inizio alla fine, con qualche sporadico accenno di trotto.

Alla fine del giro, il nostro era l’”Half-Day” che dura un bel po’ di ore, il nostro didietro era abbastanza provato…Ma la nostra pellicola era piena di foto bellissime! Per il resto il parco è pieno di scoiattoli e, come sempre, con dei bagni pubblici immacolati! Per cena, ci spingiamo sino al paese vicino, Panguitch, dove mangiamo alla Cowboy’s Smokehouse, la cui specialità è la carne cotta sulla brace di mezquite con musica country dal vivo di sottofondo…Ma dove siamo, in un film? 20 giugno 2002: Antelope Creek ed arrivo a Las Vegas.

Una deviazione suggeritaci da un’amica in Italia ed il conforto della nostra Routard ci porta a rientrare in Arizona, e precisamente verso Page, attraversando la gigantesca diga sul lago Powell.

Andiamo all’Antelope Creek ,si tratta di un sito desertico e sabbioso, gestito dagli indiani Navajo, che per pochi dollari vi portano con un camioncino sino all’ingresso di questa gola, larga meno di 2 metri e lunga 200, con pareti che presentano forme colori e sfumature straordinarie, sembrano tende agitate dal vento…Quando il sole è alto entra in questa fenditura e crea bellissimi giochi di luce e se volete fotografare l’interno del Canyon munitevi di una pellicola almeno 400 ASA (meglio di più). E’ tempo di muoversi e ritornare sulle strade polverose, direzione Nevada! Las Vegas si staglia all’improvviso in mezzo al nulla, con questi enormi edifici illuminati di tutte le fogge: torri, piramidi, cupole, ruote… Il caldo è micidiale, sembra di stare sotto un phon acceso! Ed è un continuo passare da questo caldo all’aria condizionata gelida degli hotel e dei centri commerciali, attenzione al colpo di freddo! Las Vegas è una città assurda, esagerata, ma ci colpisce positivamente per la vivacità, per i bellissimi negozi, per le attrazioni ad ogni angolo di strada: fontane colorate, battaglie tra navi di pirati complete di cannoneggiamenti, vulcani che ad intervalli regolari eruttano, Piazza San Marco col campanile ed il ponte di Rialto con tanto di carabinieri, gondolieri in costume tipico e (non ci credo!) giapponesi che si fanno il giro in gondola nel canale finto, palazzi dell’antica Roma con dentro negozi racchiusi in un “cavallo di Troia”… è pazzesco perché è TUTTO a grandezza NATURALE! La cosa bella è che per attrarre e visitatori lasciando che utilizzino il denaro nei Casinò, gli hotel sono si lussuosissimi ma economicissimi! Pensate che per l’equivalente di 60 euro abbiamo dormito in una suite di almeno 100 mq al Riviera, con salottone, angolo bar e vasca idromassaggio! 21 giugno 2002: verso la Sierra ed il Yosemite Al nostro risveglio, con la luce del sole, Las Vegas appare assai ridimensionata, senza le luci e la folla che sciama nelle strade.

Oggi dobbiamo rientrare in California ma più a nord, attraversando le montagne. Ci dirigiamo verso lo Yosemite National Park e precisamente verso Mammoth Lakes, una stazione sciistica posta all’ingresso est del Parco.

Di fatti lo Yosemite è un Parco enorme all’interno del quale passa il valico da una parte all’altra della Sierra, quindi per andare a San Francisco comunque devi entrarci dentro ed uscire dall’altra parte.

Arriviamo dopo una tappa molto lunga effettuata coma al solito rispettando rigorosamente i limiti di velocità. Anche in tal contesto il Gippone con sedili ultracomodi e dotato di funzione “cruise” che permette di riposare le gambe durante la marcia, si rivela una manna e permette di gustarsi appieno i panorami di viaggio –memorabile oggi un fronte temporalesco che si staglia minaccioso alla fine di questa lunghissima strada deserta attraversata da grossi cespugli “tumbleweed” mossi dal vento -.

Eh si , un mezzo comodo è stato veramente fondamentale in una vacanza dove le mezze giornate trascorse in viaggio sono state parecchie.

L’albergo di Mammoth Lakes si chiama Sierra Nevada Rodeway Inn èd è davvero carino, soprattutto immaginandolo d’inverno quando accoglie gli sciatori.

Una bella cosa è che anche a qui esiste il Polo Ralph Lauren Factory Store, quindi ci leviamo gli ultimi capricci (una parentesi: non abbiamo incontrato un italiano in tutto il viaggio tranne che…In questi outlet!), e poi concludiamo con una buona cena da Angel’s…Pensate che, visto che bisognava aspettare parecchio per sedersi, al desk del ristorante ci hanno dato un apparecchio elettronico e ci hanno detto di continuare a passeggiare liberamente per il paese: quando si fosse liberato il tavolo le luci del “coso” avrebbero lampeggiato avvisandoci di tornare al ristorante…Bella idea, no? Torniamo all’Hotel. L’aria è frizzante, siamo in montagna, ricordatevi un giubbottino.

22 giugno 2002: Yosemite National Park Il Parco Yosemite è molto esteso e si percorre in auto; chi è appassionato può trascorrervi anche una settimana, campeggiando. Noi non abbiamo tutto questo tempo, quindi visitiamo solo alcuni punti: le cascate (il famoso “velo da sposa”), la foresta di sequoie (NON PER-DE-TE-LA), il lago, i vari visitor’s centres, di cui uno a ben 3000 mt di altezza.

Ci sono molti turisti, tutti vestiti da trekking, che cercano di avvistare animali (cosa non difficile a noi un daino con cucciolo attraversa la strada) e se la spassano facendo pic nic in mezzo ai prati, l’atmosfera è da allegra scampagnata…Insomma, per gli amanti dei monti un vero paradiso! E così ce ne torniamo a dormire, domani torniamo a visitare la città, e precisamente San Francisco, ultima tappa di questo splendido viaggio.

23 giugno 2002: San Francisco Il tragitto verso Frisco è piacevole: passiamo tra le colline di Livermore, dove sono installate migliaia di eliche che producono energia eolica, la foto si impone! Entrati in città dal ponte Bay Bridge (si paga un pedaggio) cominciamo la battaglia per trovare l’Hotel. Le strade si incontrano ortogonalmente e sono tutte in vertiginosa pendenza, con un sistema di sensi unici che ci dà un po’ di filo da torcere! Eccoci arrivati all’Hilton, per l’ultima tappa del viaggio abbiamo deciso di trattarci con i guanti! Come a Los Angeles, il park dell’hotel è mostruosamente caro, ma noi, furbissimi, avevamo deciso di riconsegnare l’auto ad Alamo sin dal primo giorno e muoverci per Frisco con i mezzi.

Quindi per prima cosa andiamo al garage Alamo e riconsegnamo il glorioso Suzuki con circa 3000 miglia in più sul groppone ed il parabrezza rotto da un sassolino sulla Highway: per fortuna avevamo integrato la polizza di noleggio altrimenti avremmo dovuto pagare una franchigia che avrebbe rovinato un po’ la perfezione della vacanza…Quindi ci raccomandiamo, quando noleggiate un’auto stipulate sempre la polizza integrativa per eliminare la franchigia per furto o danni, perché se capita qualcosa son dolori! Il nostro Hotel è assai soddisfacente e raffinato. Ci sistemiamo visto che dormiremo 3 notti. Il clima della città, anche in estate, è stranamente fresco e ventoso (ricordate Mark Twain? “…L’inverno più freddo della mia vita è stato un’estate a San Francisco”!), sui 16 gradi.

24 e 25 giugno: per le strade di San Francisco Gli ultimi due giorni li trascorriamo visitando la città meno americana degli USA. E’ ricca di interessi, si può visitare Chinatown, il Golden gate, Alcatraz ed il Pier 39 (un famoso molo con ristoranti negozi ecc), la Coit Tower, il Presidio, prendere la Cable Car (il tram su rotaia) e chi più ne ha più ne metta. Le guide abbondano di suggerimenti per godersi San Francisco, che tra l’altro offre anche la possibilità di vedere Musicals e spettacoli molto famosi (noi siamo andati a vedere gli Stomp al Marine’s Memorial Theatre). Anche i negozi sono molto interessanti (tra gli altri: GAP, Banana Republic ecc).

Anche qui ingurgitiamo strepitosi hamburger e pancakes da Lori’s Diner, ormai il nostro fegato si è abituato… Spostarsi a San Francisco è piuttosto agevole sia a piedi che con i mezzi pubblici. Non è una città estesa come Los Angeles anche se non è certamente piccola! Insomma, per visitarla non servono di certo i nostri consigli…Sulle guide troverete pagine e pagine! 26 giugno: ritorno a casa E come tutte le cose, anche questo viaggio volge al termine! E’ stato meraviglioso, tutto è filato liscio, nessun contrattempo, nessun problema, ogni giorno è stata una scoperta. Questi sono i veri USA e ci hanno entusiasmato! Arriviamo all’aeroporto e ci imbarchiamo per Parigi. All’arrivo in Italia, il mattino successivo, il jet lag si fa sentire imperioso: faremo qualche nottata con gli occhi sbarrati e qualche giornata tipo zombie, pazienza! Comunque un viaggio in America come questo merita veramente ed oggi poi con l’euro forte è ancora più conveniente. Organizzarlo è molto semplice, ma se avete dubbi non esitate a scriverci una e-mail, saremo lieti di aiutarvi! Eva e Ludovico.



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