New York is New York..

New York mi ha sempre attirato. Non so da quando, non so veramente perché, ma da anni era la meta sognata e agognata. Le guide, gli articoli dei giornali, i commenti e i diari sui siti internet: ormai potevo descrivere la città come se ci fossi stata, non mi perdevo pubblicazione o intervista o racconto di amici. Fintanto che, dopo innumerevoli...
Scritto da: Daniela Sandri
new york is new york..
Partenza il: 20/08/2004
Ritorno il: 28/08/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
New York mi ha sempre attirato. Non so da quando, non so veramente perché, ma da anni era la meta sognata e agognata. Le guide, gli articoli dei giornali, i commenti e i diari sui siti internet: ormai potevo descrivere la città come se ci fossi stata, non mi perdevo pubblicazione o intervista o racconto di amici.

Fintanto che, dopo innumerevoli tentativi di organizzare il viaggio, sempre falliti, sono finalmente riuscita a raggiungere la ormai mitica terra americana.

Il giorno della partenza – 20 Agosto 2004 L’organizzazione del volo e del soggiorno, pur affidata ad una agenzia specializzata, si è rivelata subito difficoltosa, in quanto i giorni da noi scelti coincidevano con il periodo dei preparativi per la Convention dei repubblicani che avrebbe portato in città, oltre a vari personaggi di spicco della politica e dello showbiz americano, anche il Presidente Bush in persona. Con un volo partito con ben tre ore di ritardo dall’aeroporto di Fiumicino sono atterrata al JFK di New York che era già sera. Dal taxi che andava a velocità folle la prima immagine di New York (Manhattan) mi si è impressa nella mente, in un incastro perfetto, come se avessi inserito l’ultimo tassello mancante per completare il puzzle. I grattacieli illuminati, soprattutto il Chrysler con la punta a merletto sfolgorante e vivida, mi hanno ripagato in un istante della fatica del lungo volo e mi hanno dato una carica di adrenalina talmente forte da non avvertire né quella sera né le successive la stanchezza e il disagio dovuti al cambio di fuso orario.

21 Agosto 2004 Mi sono svegliata alle 6.30 con una voglia matta di uscire. Guardavo dalla finestra dell’hotel il viavai dei newyorchesi, che vedevo minuscoli, spiaccicando il naso sul vetro antisfondamento per carpire qualche immagine in più: un passante che si fermava a comprare un bagel dal carrettino all’angolo, qualcun’altro che entrava in una deli… Non vedevo l’ora di gustare la prima colazione americana e infatti quel mattino ho mangiato un muffin ai mirtilli e centellinato un caffè.

I dolci americani sono molto gustosi, di proporzioni doppie, se non triple a quelle cui sono normalmente abituata, ma quella bevanda calda che loro spacciano per caffè non può certo definirsi tale! Spesso, in crisi di astinenza da caffeina, si cercavano caffetterie che potessero servire qualcosa di simile ad un espresso italiano: negli Sturbacks si poteva avere un espresso abbastanza simile, ma solo a little Italy ho bevuto un caffè forte come in Italia. Quel giorno ho potuto ammirare la Cattedrale di San Patrick (chiesa cattolica; si stava svolgendo un matrimonio al suo interno e abbiamo avuto la fortuna di ascoltare un soprano cantare l’Ave Maria); la libreria pubblica (bellissima la sala di lettura); la Gran Central Station (la volta celeste con le costellazioni avvolge l’avventore, il quale è indirizzato poi verso i binari, la subway o verso il main dining concourse in cui si può scegliere di fare shopping o deliziarsi con bistecche, ostriche o dolci); il Rockfeller Centre (c’è un coreografico giardino con fontane che porta direttamente verso il Prometeo d’oro, di cui viene modificata la coreografia verde di settimana in settimana: quel giorno sembrava di essere dentro un giardino tropicale con alte palme e fiori variopinti, solo una settimana più tardi mi sono trovata di fronte ad un rigoroso spazio verde, con cavoli ornamentali, dalie ciclamino e piccole tuie perfettamente in linea); il Palazzo dell’ONU; Times Square… Times Square merita un discorso a parte. Sia di giorno che di notte è sempre trafficata e piena di gente, ma è nelle ore buie che dà il meglio di sé, che lo spettacolo ha inizio. Sembra di stare dentro ad una giostra, ad un flipper. Ti illuminano centinaia di cartelloni e di schermi tridimensionali, sei investito da suoni di ogni tipo e avverti linguaggi di ogni parte del mondo; i turisti si mescolano ai “newyorkesi veraci” che sono andati ad assistere ad una premiere teatrale. Ci sono negozi di ogni tipo (Toys’R’us ha al suo interno una vera e propria ruota panoramica in cui i bambini possono salire e il negozio della cioccolata Harshey ti obnubila i sensi per l’odore intenso di cioccolato; ma qui si trova anche il mega store della Virgin).

22 Agosto 2004 Era una domenica e con un pullman di una gita organizzata siamo andati ad Harlem per assistere ad una messa con canti Gospel. Il Pastore e i suoi fedeli hanno eletto a luogo di culto un antico teatro e hanno consentito a noi turisti di sedere negli spalti più in alto. Senza dubbio anche tali cerimonie sono state influenzate dalle richieste del turismo, ma ritengo che la celebrazione e le invocazioni, nonché i meravigliosi e coinvolgenti canti del coro gospel, fossero di una autentica solennità. Oltre a noi turisti, la chiesa era gremita di famiglie di colore vestite a festa e il pastore era coadiuvato da quattro donnone nere vestite da crocerossine. Ci hanno spiegato che la messa della domenica inizia alle nove della mattina e termina alla sera, senza soluzione di continuità, in un alternarsi di crescendo e minuendo di invocazioni a God. E’ stato molto suggestivo in quanto si avverte il grande senso di comunità e solidarietà tra i fedeli e la loro chiesa.

Nel pomeriggio abbiamo puntato su Central Park. E’ un’oasi di verde nel cuore della città, perfettamente rettangolare. Essendo domenica era affollato di gente: coppie che prendevano il sole, bambini che entravano allo zoo, ragazzini che giocavano a baseball, personaggi stravaganti che insegnavano a pattinare a suon di musica rock. Gli scoiattoli, peraltro molto numerosi e presenti anche in altri parchi della città, venivano a mangiare direttamente dalle mani.

C’è anche un lago presso cui si possono affittare delle barche per farsi romanticamente cullare passando tra cigni e papere. Puntatina da Starbucks pomeridiana per il “quasi espresso” e soprattutto per una delizia gelata: il frappuccino. Dal momento in cui l’ho scoperto non me ne facevo mai mancare una dose giornaliera. Trattasi di miscela di caffè, latte e ghiaccio (tipo frappè o milk shake) coperto di panna montata.

La sera abbiamo mangiato alla Stage Deli, una delicatessen che ha appese alle pareti le fotografie dei divi che hanno mangiato lì. Abbiamo ordinato dei panini, ma prima di tentare di iniziare ad affrontarli abbiamo riso per mezz’ora. Immaginate una fettina di pane, venti centimetri di ripieno (strati e strati sottili di carne e formaggio) e un’altra fettina di pane! 23 Agosto 2004 Il Lunedì abbiamo preso direzione downtown per imbarcarci sul battello che porta alla Statua della Libertà e ad Ellis Island.

Lady Liberty è di un verde veneziano con la fiaccola dorata; me l’aspettavo leggermente più alta, ma l’impatto è comunque pregevole; in più, si gode di una bellissima vista sui grattacieli sud.

Ellis Island non mi ha particolarmente entusiasmato, anche se il peso delle vicende storiche passate lì avvenute è sicuramente importante sia per l’America (Nuovo Mondo) che per l’Europa (Vecchio continente), dalla quale partivano migliaia di immigrati che prima di poter essere ammessi nella città venivano fatti fermare proprio ad Ellis Island per i controlli sanitari e le immatricolazioni.

Ground Zero lascia un senso di commozione e impotenza indescrivibili. Tutti dicono che è ancor peggio aver visto sia il prima che il dopo, ma di sicuro anche vedendo solo il dopo, e a tre anni di distanza, il senso del vuoto e della perdita sono tangibili.

Nella stradina che porta alla Borsa le uniformi scure dei poliziotti di guardia spiccavano sul bianco avorio delle colonne dei palazzi dove l’economia mondiale si evolve ogni giorno: è stato forse il luogo in cui ho notato la presenza di più polizia.

Il giardino di inverno del Financial Centre è di impatto, con una serie di palme d’alto fusto che poggiano su pavimenti di marmo e granito lucidati a specchio e sormontate da una enorme vetrata liberty. Fare due passi sulla promenade esterna che costeggia l’Hudson river è molto rilassante e ti fa credere di essere in una località di villeggiatura marina.

Passando dall’altro lato, sull’East river, e dopo “one frappuccino” in una delle tante dislocazioni di Starbucks, una breve fermata al South Streth Seaport per godere della vista del ponte di Brooklyn e poi via, verso la passeggiata pedonale sul ponte medesimo.

24 Agosto 2004 Martedì ho apprezzato i quadri, le sculture e i reperti del Metropolitan Museum. Ci sono così tante cose da vedere che abbiamo fatto un break mangiando al self service del Museo. Dal roof garden si può godere di una bella panoramica dei piani alti dei grattacieli.

Al pomeriggio abbiamo scelto di tornare a Central Park e di passeggiare lungo le avanues, senza dimenticare il solito espresso e frappuccino da Starbucks.

Avevo fatto colazione con pancakes e sciroppo d’acero. Attenzione per l’espresso, lo abbiamo pagato anche $ 4,95! (non da Starbucks).

Alla sera abbiamo prenotato una cena di gala con crociera su un bateaux con grandi vetrate. Cena abbastanza buona, vista impareggiabile! Vedere New York di notte è meraviglioso, ti sembra che sia finta, piccola e grande al contempo, un’emozione che consiglio a tutti. 25 Agosto 2004 Mercoledì è stato il turno di Washington. Gita in pullman organizzata, con guida parlante italiano.

Le tappe: Casa Bianca, con giardini curati e grande fontana; il Lincoln memorial e l’obelisco più alto del mondo; il Jefferson Memorial; il cimitero di Arlington, in Virginia, dove è sepolto anche John Fitzgerald Kennedy, oltre ai valorosi eroi di guerra.

E’ una bella e ordinata città, pulitissima, sembrava di essere in Svizzera, molto verde, dove i grattacieli non possono essere costruiti in quanto i palazzi non possono superare in altezza la Casa Bianca e il Campidoglio. Vi hanno sede l’FBI, la zecca e i più importanti uffici governativi e se a New York si incontra sempre qualcuno per strada che beve o mangia qualcosa, a Washington si incontra sempre qualcuno che fa jogging. Al pullman non è stato permesso di sostare nelle strade limitrofe alla Casa Bianca: in previsione della Convention, e comunque dopo l’11 settembre, non è più nemmeno possibile accedere alla sala stampa della Casa Bianca. Lungo l’autostrada, per esempio, cartelloni luminosi invitavano le persone che avessero notato delle attività sospette a riferirlo alle autorità. Durante il viaggio ci siamo fermati in una stazione di servizio, dove abbiamo provato dei gustosi biscotti alla cannella attorcigliati (sticks) e accompagnati con una crema al burro. Sosta anche da Starbucks dove ho ordinato “one frappuccino” e un “espresso one shot”, che ha New York è invece “single”.

26 Agosto 2004 Giovedì mattina, dopo una veloce visita al Museo di Storia naturale, abbiamo optato per la salita all’Empire State Building.

I controlli sono avvenuti solo una volta saliti ai piani superiori, cosa che mi ha sorpreso, in quanto l’atrio è liberamente accessibile. Poi si viene convogliati all’80° piano, dove obbligatoriamente ti fanno posare per una foto ricordo, che potrai decidere se acquistare oppure no.

Successivamente si può salire con l’ascensore alle piattaforme panoramiche, noi ci siamo fermati all’86° piano.

La vista è spettacolare. A tratti la città pare un grande transistor. Si vede bene il Chrysler, il mio preferito, il Central Park, i ponti. Sembra un insieme di costruzioni della Lego, ti viene voglia di allungare il braccio, staccarne un pezzo (un grattacielo!) e riattaccarlo da un’altra parte.

Il pomeriggio è trascorso tra le vie colorate di Chinatown, Little Italy, Soho, Nolita e Greenwich.

Chinatown è un quartiere pittoresco, molto popolato, molto colorato, in cui ho sofferto molto caldo, con i carrettini della frutta lungo la via. Ci sono negozi che vendono ogni cosa: pesce, souvenirs, e poi parrucchieri e ristoranti.

Little Italy si snoda praticamente solo lungo Mulberry street: anche qui ci sono bar e ristoranti italiani variopinti e multicolor. Abbiamo tradito Starbucks con cassata ed espresso italiani proprio niente male alla Bella Ferrara.

Il Greenwich village presenta strade con le classiche casette con la scala all’ingresso, con gli usci coperti di edera e gli scoiattoli che si arrampicano fino ai davanzali. E’ pieno di bar e localini, una volta era il luogo prediletto del popolo giovane, degli studenti e dei contestatori. 27 Agosto 2004 Al mattino, sempre dopo un’abbondante colazione, abbiamo preso la direzione uptown per raggiungere il Gugghenheim Museum. La forma a chiocciola del museo, sia all’esterno che all’interno, merita la visita; le opere d’arte (non me ne vogliano i puristi del modernismo) un po’ meno. Per risollevarci lo spirito abbiamo sostato da Serendipity, un posto fiabesco e sempre pieno di gente. Avevamo già tentato altre volte, nel corso della settimana, di trovare un tavolo libero, ma c’era sempre da aspettare più di un’ora. Il loro cavallo di battaglia è la Frozen Hot chocolate: è praticamente una cioccolata in tazza ghiacciata, con tanta panna montata sopra. Era buona, ma nulla di così speciale come volevano farti credere. La torta di mele era invece celestiale: apple pie con una copertura di noci pecan e riccioli di panna…

Il pomeriggio è stato dedicato allo shopping, visitando Bloomingdale, la quinta strada e Macy’s (dove ai piani superiori hanno mantenuto una bellissima scala mobile di legno).

Alla sera, invece, non si poteva non tornare a Times Square, girandola di luci e colori, sempre affollata, e sempre allegra e festaiola (c’era perfino una bicicletta circolare a cinque posti!).

Abbiamo mangiato gamberi da Bubba Gump, un locale ispirato al film Forrest Gump, dall’atmosfera molto vivace e dalle cameriere simpatiche.

28 Luglio 2004 Sabato mattina abbiamo iniziato subito con Starbucks (che normalmente utilizzavamo per lo spuntino di metà mattina o per la merenda) e abbiamo dedicato il poco tempo rimanente ad un ultimo giro per le strade, a guardare le vetrine dei negozi e a cercare di fissare nella memoria i particolari.

Abbiamo notato subito l’aumento di poliziotti a guardia di hotel e strade, la Convention repubblicana sarebbe iniziata il giorno dopo e la sicurezza era l’obiettivo primario.

In generale, noi abbiamo sempre girato per la strada e con la metropolitana nella massima tranquillità e sicurezza. Non ho notato un eccesso di controlli.

I cittadini sono di vario genere: si va da quello scarmigliato e vestito male, alla manager in tailleur e scarpe da ginnastica con il cambio delle scarpe in una sportina. Le ragazze sono molto attente alla manicure: ci sono molti negozi in cui si va solo a farsi fare le mani.

Il pranzo è stato consumato da Virgil BBQ, un ristorante texano che serve carne grigliata.

Subito dopo, nel primo pomeriggio, abbiamo caricato le nostre valigie su un taxi e siamo partite alla volta di Newark. Mentre parlavo con il tassista, che si dirigeva verso il tunnel del New Jersey raccontandomi che era stato in vacanza in Spagna e in Francia e che gli mancava di visitare l’Italia, abbiamo ammirato ancora una volta il profilo unico della Grande Mela e mentre sospiravo e dicevo al tassista che doveva andarci sicuramente in Italia, che era diversa da New York e che forse, per fare un paragone, l’unica città assomigliante era Milano, il tassista mi ha guardato, ha scosso la testa e ha sorriso dicendomi “…New York is New York”.

Già, non c’è città uguale, è unica.

Penso sempre che l’Italia sia il posto più bello dove vivere, ma anche a Manhattan, magari per brevi periodi, ci si potrebbe sentire come a casa.

Daniela



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