Sud ovest americano con cucciola

GOA - MUC - LAX Dopo mesi e mesi di preparazione pratica, ma soprattutto psicologica, finalmente si parte! Ho detto preparazione psicologica perché mio marito ed io, sfidando i pareri e i consigli di parenti ed amici, che ci considerano pazzi incoscienti, abbiamo optato per il tour del sud-ovest americano in compagnia della nostra bimba...
Scritto da: Laura Piana
sud ovest americano con cucciola
Partenza il: 16/09/2009
Ritorno il: 27/09/2009
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
GOA – MUC – LAX Dopo mesi e mesi di preparazione pratica, ma soprattutto psicologica, finalmente si parte! Ho detto preparazione psicologica perché mio marito ed io, sfidando i pareri e i consigli di parenti ed amici, che ci considerano pazzi incoscienti, abbiamo optato per il tour del sud-ovest americano in compagnia della nostra bimba di…Cinque mesi. In effetti, non è stato facile prendere la decisione e tanto meno superare i sensi di colpa che i familiari hanno cercato di farci venire, sostenendo (forse con ragione) che la bambina è troppo piccola per un viaggio così lungo, che si stancherebbe troppo e che addirittura rischierebbe di prendersi l’influenza A con le peggiori conseguenze… Per fortuna, però, la nostra voglia di partire ha avuto il sopravvento ed eccoci qui alle 6:30 del mattino sul volo Air Dolomiti Genova – Monaco con la cucciola addormentata fra le braccia.

Devo ammettere che un lato negativo nel viaggiare con i bambini c’e’: il mare di roba che bisogna trascinarsi dietro; ogni volta sembra un trasloco! Oggi abbiamo “solo” un lettino da viaggio, un trolley grande con vestitini ovviamente sia estivi sia invernali, scorta immancabile di pannolini, latte in polvere e cremine varie, 6 biberons…Just in case :o), passeggino con ovetto da usare in macchina e marsupio, lenzuolino e asciugamano… e per noi? Be’ noi abbiamo l’onore di litigarci un trolley medio; chi l’avrebbe mai detto che ci si riduce così quando si diventa genitore?! Arriviamo a Monaco di Baviera verso le 8:00 ed iniziamo a vagolare per l’aeroporto con soste obbligate ai bars per farci scaldare il biberon. Alle 14:00 ci imbarchiamo già stanchi su un Airbus 340 direzione Los Angeles. Volo Lufthansa eccellente come sempre, aereo nuovo e personale cortesissimo, cibo… Tedesco, detto tutto! Ma chi se ne importa, stiamo andando in California!!! La cucciola dorme come un sasso, io un po’ meno ma meglio così, voglio riposarmi al nostro arrivo e cercare di ridurre le conseguenze del fuso orario. Atterriamo puntuali alle 19:00 locali e, dopo aver recuperato i bagagli, andiamo a ritirare l’auto che abbiamo prenotato per dieci giorni. Mio marito, con la scusa che la macchina deve essere comoda perché macineremo moltissimi chilometri e spenderemo la maggior parte del tempo seduti, affitta una Lincoln MKX, un’auto in puro stile americano: cambio automatico e semplicemente gigante (questa, in realtà, e’ solo la mia prima impressione che cambierà inevitabilmente, vedendo le dimensioni delle altre macchine americane…!).

Vorrebbe che provassi a guidare questa specie di camion in miniaura, per il momento mi astengo.

Non lontano dall’aeroporto troviamo un albergo carino Ayres Hotel (al rientro ci siamo accorti che ci hanno addebitato la camera 2 volte) e, distrutti, decidiamo di fermarci. Sorpresa, sorpresa! Nel parcheggio scoviamo un procione che ci fissa per un momento e poi scappa nel campo da golf adiacente all’hotel.

LAX – PALM SPRINGS Non dormiamo molto e alle 4:30 siamo già tutti svegli. Dopo una tipica american breakfast, a base di pancakes, succo d’acero, miele e acqua sporca (caffè americano), partiamo alla volta del deserto californiano, per la precisione Palm Springs.

Poche miglia prima di Palm Springs non possiamo non fare una sosta al Desert Outlet…Prezzi stracciati! Una commessa mi racconta che loro hanno solo tre mesi di maternità, dopodiché, nel caso in cui vogliano prolungare, posso prendere qualche mese di permesso non retribuito, sempre se gli viene accordato … le dico che in Svezia i neo genitori posso avere fino a due anni di congedo, mi odia! L’aridità’ e il colore acre delle dune sono irresistibilmente affascinanti e Palm Springs è un’oasi verde incorniciata da polverose montagne rocciose.

La città divenne una delle località di villeggiature più famose dell’Ovest americano a partire dagli anni Venti, quando numerosi divi di Hollywood iniziarono a trascorrere in questo posto le loro vacanze o il fine settimana. E ricca di palme, piscine e campi da golf, tanto che ci si chiede come sia possibile, data la sua posizione nel bel mezzo del deserto; la risposta si trova nelle numerose sorgenti di acqua minerale che nascono nella zona e la rendono così ricca.

Ci sistemiamo in un albergo carinissimo, il Desert Riviera, la camera è pulita ed arredata con ogni confort, il giardino e’ un gioiellino di palme, cacti e prato verde, l’acqua della piscina e’ calda e la cortesia e disponibilità dei proprietari sono semplicemente uniche.

Il sole è fortissimo, ci sono 40gradi, ma non c’è umidità, quindi si sopporta abbastanza facilmente, quello che si sopporta un po’ meno è la botta di freddo che si prende entrando nei locali, dove l’aria condizionata regna sovrana.

Grazie alla fame della mia piccola ho il piacere di godermi il giardino e fare un bagno alle 3:00 di notte e posso assicurare che sotto le stelle si sta meravigliosamente.

PALM SPRINGS – WILLIAMS Oggi lasciamo a malincuore Palm Springs (perché sarei rimasta volentieri a crogiolarmi al sole) e ci mettiamo in viaggio verso Williams on route 66.

Prima di partire, però, facciamo una capatina al mega supermercato Wal-Mart, negozio facente parte della più grande catena di rivenditori al dettaglio nel mondo.

Rimango letteralmente a bocca aperta, il supermercato è enorme e ci si può trovare veramente qualunque cosa: dalle pillole dimagranti (molto utili negli USA) agli scooters, dai vestiti per halloween ai tagliaerba. Mi perdo nel reparto mobili: camere, camerette, divani ed armadi; mi surgelo fra i frigoriferi traboccanti di cibi pronti e gelati; sono shockata di fronte a scaffali e scaffali di medicine e mi sorge anche un dubbio etico…Quanto può essere sana una società che vende una quantità così gigante di medicine in un supermercato?! Compriamo un orsetto canterino per la bimba…Non avremmo potuto fare un errore peggiore…La colonna sonora del nostro viaggio sarà: “I’m a bear a happy bear…”.

Arriviamo alla cassa, non abbiamo comprato molte cose, forse una decina, ma la cassiera ci sistema la merce in tanti sacchetti di plastica diversi, usa sette o otto borse differenti, perché? Si parla tanto d’inquinamento e di risparmio, ma allora perché tanto spreco??? Guidiamo per Km e Km attraversando il deserto, ed io ho la possibilità di vedere tanti camions bellissimi, adoro le matrici dei camions americani! Facciamo solo una sosta a Phoenix per mangiare un piatto messicano pesante come un macigno e poi ripartiamo evitando accuratamente il centro città.

Arriviamo a Williams verso le 20:00 ma è già buio e noi siamo distrutti, affittiamo una stanza al The Lodge 66 e andiamo subito a letto, domani ci aspetta il Gran Canyon!

WILLIAMS – GRAN CANYON – PAGE Dopo una bella colazione facciamo due passi a Williams, tipico paese nato sull’historic route 66: e’ divertente! Mi ricorda il cartone “Cars”, non manca proprio nulla: il meccanico, la stazione di rifornimento, il saloon, un ex bordello (anche se questo nel cartone non si vede…) e naturalmente tanti negozi di souvenirs, kitsch che più kitsch non si può ! Finalmente siamo pronti per il Gran Canyon…Beh, cosa dire? Credo che nessuna parola possa descriverlo, mi limito ad un americanissimo wooooowwwwww! Qui per 80$ compriamo il pass America the Beautiful – 2009 Annual Pass che ci permetterà di visitare per un anno tutti i parchi nazionali americani e ci farà risparmiare parecchi soldini.

Fortunatamente non è affollato, così possiamo gustarcelo per bene.

I punti di osservazione sono tanti e la visuale è splendida, ci sono alcuni rangers a disposizione, nel caso in cui si voglia fare delle domande o ci si voglia togliere qualche curiosità. Il cielo è sereno e l’occhio si perde nell’immensità della gola, il fiume Colorado, artefice di tanta bellezza, è piccolo e tortuoso, e pensare che io me lo immaginavo enorme… Vedo anche un folto gruppo di Amish e ne rimango affascinata; penso al loro stile di vita, alla semplicità e la naturalezza in cui vivono. La loro comunità si fonda sul reciproco aiuto, sia per quanto riguarda il lavoro, sia per quanto riguarda il denaro. Sono contadini o artigiani che lavorano per provvedere a sé, alla propria famiglia e alla comunità stessa. Guardo i loro vestiti, le scarpe e l’aspetto fine 1800, poi guardo i miei vestiti, le mie scarpe…Mi suona il telefono e non so perché mi sento un pochino in colpa.

Nel pomeriggio partiamo diretti a Page, attraversiamo il territorio Navajo e gli scenari sono da mozzare il fiato: enormi montagne rocciose di colore rosso con sfumature rosa e arancione, morbide colline azzurre e verdi, siamo in un film! La strada dritta e pressoché deserta è costeggiata dai mercatini dei nativi che vendono prodotti tradizionali fatti a mano; subito dietro, ai piedi delle montagne, si trovano le “case” fatiscenti dove vivono solo i Navajo.

Prima di giungere a Page ci fermiamo ad ammirare lo spettacolare Horseshoe bend. Fissata la bimba nel marsupio ci incamminiamo sulla sabbia rossa, saliamo, scendiamo ed ecco lo zoccolo di cavallo più fotografato al mondo. E veramente impressionante, sembra che la natura si sia divertita a dipingere un quadro: il fiume Colorado, come uno scultore, ha scavato nella roccia un meandro a forma di zoccolo di cavallo; il colore dell’acqua è verde smeraldo e nel complesso è assolutamente incantevole! Arriviamo a Page ma prima di iniziare a cercare un albergo per la notte (oggi è sabato, accidenti…) facciamo un giro al lago Powell, molto rilassante e al tramonto riusciamo a scattare delle belle foto.

L’unico hotel del lago non ha camere libere, così proviamo a Page ma presto ci accorgiamo che tutti gli alberghi del paese sono strapieni, non è possibile trovare nemmeno una camera; fortunatamente, però, dal Best Western di Page riusciamo ad accaparrarci l’ultima stanza disponibile in tutta Flagstaff. Sono dispiaciutissima, soprattutto perché domani mattina dovrò rinunciare all’Antelope Canyon, probabilmente uno dei più belli. Certo, sarebbe stato molto romantico dormire in tenda a bordo lago, ma con la piccina non è proprio possibile.

MONUMENT VALLEY – MEXICAN HAT Questa mattina ce la prendiamo comoda e prima di lanciarci verso la Monument Valley, mangiamo un brunch in un locale assolutamente tipico, alla Happy Days, per intenderci. Data la quantità di cibo e le porzioni “dietetiche” americane, mi ritrovo all’uscita con una scatola piena di avanzi, che vergogna! Ma mi dicono che qui si usa così, chissà… Sui campi che costeggiano la strada che da Flagstaff attraversa Tuba City e giunge a Kayenta vediamo dei lama e moltissimi cavalli selvaggi… almeno credo siano selvaggi e comunque mi piace pensarlo.

Nella Monument Valley il tempo non è dei migliori e sta peggiorando ma decidiamo di iniziare ugualmente il giro sperando che non inizi a piovere e di non rimanere impantanati. Il cielo è grigio e il vento solleva la sabbia del deserto a tal punto che a tratti non vediamo più la strada, è veramente suggestivo! Non vorrei essere al posto dei turisti che hanno scelto il tour guidato a bordo di un pulmino scappottato… Presto, però, il sole torna a splendere e la Monument Valley si mostra in tutta la sua maestosità. A me è piaciuta moltissimo, soprattutto la parte finale, indimenticabile! Dormiamo a Mexican Hat (2 alberghi, un ristorante e un distributore) al Hat Inn, niente di speciale; simpatico, invece, il modo in cui il cow boy del ristorante accanto cuoce la carne: su di una strana griglia montata su due ruote laterali che le permettono di oscillare sopra al fuoco…Deliziosa! Non gradiamo, invece, la mancia del 30% inclusa nel conto, sappiamo che è pratica comune negli States, (la prima volta l’avevamo sperimentato a New York), ma ai nostri occhi è cosa molto cafona. Dato che il significato da dizionario di mancia è:” denaro che, in alcune occasioni o ricorrenze, si dà in soprappiù rispetto al compenso dovuto a chi ci ha reso un servizio particolare” chi stabilisce se il servizio è particolare e quanto particolare? Il cliente, non di certo il cameriere o il cuoco… va beh, a parte questa piccola polemica, il servizio negli Stati Uniti è sempre eccellente.

MESA VERDE – ARCHES PARK Quella di oggi sarà una visita interessantissima, ci mettiamo in marcia verso Mesa Verde, in Colorado nella contea di Montezuma.

Saliamo a 2300mt e dopo tante montagne aride vedere un po’ di vegetazione è un piacere! Gli alberi e i cespugli del parco hanno i colori autunnali e l’aria è decisamente freddina, tanto che prima di scendere dall’auto indosso un piumino smanicato alla piccola.

Mesa Verde è un parco nazionale in cui all’interno di alcune rientranze della roccia sono visibili i resti di numerosi insediamenti costruiti dagli antichi Ancestral puebloans, chiamati anche Anasazi.

Questi Popoli Ancestrali, probabilmente i diretti ascendenti degli attuali Hopi, vissero qui circa 800 anni fa’… l’altro ieri praticamente! Le abitazioni sono quasi perfettamente conservate e nel museo adiacente si possono ottenere moltissime informazioni riguardanti la vita e la cultura di questi uomini primitivi.

Nel pomeriggio proseguiamo per Moab, vorremmo visitare l’Arches Park al tramonto. Acceleriamo un pochino la nostra andatura (qui la velocita’ massima e’ 110km/h) e subito veniamo beccati da un policeman che ci fa accostare…La cosa importante è non scendere dalla macchina…Mio marito, ovviamente, scende subito; il poliziotto lo ricaccia in auto e dopo qualche domanda e controllo ci lascia il suo biglietto da visita (così in caso di controversie sappiamo con chi abbiamo avuto a che fare) e ce ne andiamo senza multa.

Arriviamo al Delicate Arch view point giusto in tempo per goderci l’arco infuocato dalla luce del tramonto, anche se il vento è tale che decidiamo di lasciare la bimba in macchina e di salire al punto di osservazione a turno. Dormiamo al Rustic Inn a Moab, Motel senza tante pretese, ma pulito e funzionale. La strada principale è strapiena di negozi, bar e ristoranti, ma alle 21:30 è già tutto chiuso e non ci resta che accontentarci di un ristorante “italiano”. Quando sono all’estero odio mangiare nei ristoranti italiani ed in genere non lo faccio mai, la qualità del cibo e’ misera e i prezzi sono folli, ma per stasera accontentiamoci di una pizzina italo-americana! MOAB – BRYCE CANYON – SPRINGDALE Dopo una colazione da Denny’s a base di jogurt e immancabili pancakes, ci attiviamo verso il Bryce Canyon. Attraversando la campagna dell’Utah realizziamo che i piccoli villaggi di casette prefabbricate ad un piano con un mini giardino esistono veramente, così come i ranches con mucche e cavalli, of course! Passiamo il colorato Red Canyon e arriviamo al Bryce: meraviglioso! A mio avviso il Canyon più spettacolare e surreale, sembra di essere su un altro pianeta. Il Bryce e’ un enorme anfiteatro celebre per i caratteristici pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall’erosione delle rocce, che hanno un’intensa colorazione rossa, arancio e bianca.

Purtroppo con il passeggino non riusciamo a percorrere tutto il sentiero, ma riusciamo a godercelo ugualmente dai vari view points. Nel parco del Bryce, tra gli alti abeti scorgiamo anche dei caprioli, degli scoiattoli e uno steller’s jay, un bellissimo uccellino blu con la cresta. Sarebbe bello affittare un camper e fermarsi a dormire qui, ma lo Zion ci aspetta! Arriviamo a Springdale che è già buio e ci sistemiamo allo Zion Park Motel, siamo così stanchi che mangiamo qualcosa in camera e crolliamo (la bimba ora dorme tutta la notte, per fortuna il jet leg le ha dato problemi solo per tre notti, come a noi del resto).

ZION N.P. – LAS VEGAS La mattina ci svegliamo e vediamo la splendida cornice che ci circonda… delle montagne enormi! Il paese è carino, facciamo due passi, ma l’aria è fresca, quindi decidiamo di scaldarci con un croissant e un caffè prima di entrare nel parco. Ci fermiamo in un bar con annesso negozio di souvenirs. Mentre aspetto la mia tazzona di caffè faccio un giretto tra cappelli da cow boy, statuine di scorpioni e iguane, asce, pipe e frecce (brutte copie di quelle dei Native Americans). La commessa mi aggancia e inizia a far conversazione, dopo dieci minuti mi ha raccontato quasi tutta la sua vita: ha 83 anni ed è vedova, ha 16 figli e 34 nipoti e nonostante ciò, alla sua età, è ridotta a lavorare come commessa per pagar il mutuo della casa… Entriamo nello Zion, lasciamo la macchina allo Zion Canyon Visitor Center e prendiamo lo shuttle gratuito; ci accomodiamo ed ascoltiamo le informazioni che l’autista ci comunica: lo Zion è caratterizzato da enormi lastre verticali di sabbia rocciosa che s’innalzano per oltre 350 metri, mentre la valle è attraversata dal Virgin River. Gli animali che vivono qui sono molti, tra cui serpenti, salamandre, tarantole, scoiattoli, caprioli, leoni di montagna, tartarughe, falchi e condor. Noi riusciamo a vedere solo due caprioli e forse un falco.

Proseguiamo il tour sul bus fino al capolinea, Temple of Sinawava, dove scendiamo e compiamo il percorso che giunge al guado del fiume. Il sentiero è in perfette condizioni e assolutamente accessibile, infatti, qui, per la prima volta, vediamo moltissimi altri bambini piccoli.

Questo parco è molto rilassante, l’ideale per qualche ora in tranquillità dopo tutti questi giorni di viaggio.

Hit the road Jack! Arriviamo a Las Vegas poco dopo il tramonto e siamo abbagliati dalle luci flashanti dei neon e degli schermi giganti che tappezzano gli hotels. Devo ammettere che rimaniamo a bocca aperta e mio marito è felice come un bambino. E tutto grande, grandioso, un’enorme carnevalata, il regno del pacchiano! Ci sistemiamo al MGM e quasi ci perdiamo nella hall, la camera è molto bella, ma non avevamo dubbi.

Dopo aver fatto addormentare la cucciola, la sistemiamo nel passeggino e andiamo a rifocillarci (ovviamente la portiamo con noi). Per adattarmi all’ambiente, indosso un vestito con frange e paillettes… La fame è tanta e decidiamo di mangiare in albergo, prima di raggiungere il ristorante giapponese attraversiamo il casinò, bars, negozi, cinema e passiamo accanto ad una discoteca. Il sushi è delizioso, il migliore che abbia mai assaggiato e anche il conto, tenendo presente dove siamo, non è eccessivo. Sazi e molto stanchi decidiamo di fare una passeggiata per riscaldarci (in hotel la temperatura è glaciale!) e prima di andare a letto perdo un dollaro ad una slot.

…Portare una bimba di cinque mesi a Las Vegas… che genitori sconsiderati! Fortunatamente, però, i babies sono tanti…Mal comune, mezzo gaudio! LAS VEGAS – SANTA MONICA Ultima tappa Los Angeles.

Uscendo da Las Vegas sbagliamo strada e abbiamo, così, la possibilità di vedere l’altra faccia della Sin City: casupole trasandate, sporcizia, homeless in coda davanti ai dormitori…Che sia forse questa la vera Las Vegas?! Prenotiamo un albergo a Santa Monica, dopo tante montagne, abbiamo proprio voglia di goderci un po’ di mare.

Prima di arrivare a destinazione ci fermiamo in un fast food per un caffè e un cheescake (l’abbiamo scoperto tre anni fa’ a New York, mmmmh buonissimo!). Anche qui, per l’ennesima volta, rimango shockata: una bimba di sì e no due anni, seduta al tavolo accanto al nostro, sta mangiando un hamburger con patatine fritte e bevendo Coca Cola! Pure questa è cultura nazionale?! Arriviamo all’Embassy Hotel Apartments (albergo tanto grazioso) nel pomeriggio, ci rilassiamo un pochino e poi via, andiamo a fare una passeggiata sul lungomare. La spiaggia è enorme e la sabbia finissima, i giardini sono molto curati, ricchi di palme altissime e alberi bitorzoluti, ci sono dei cartelli con il segnale vietato fumare… ma siamo all’aperto! Va beh, meglio così. Assistiamo ad un tramonto sul mare mozzafiato.

Mi piace parecchio qui, però, sinceramente, non riesco a godermi appieno questa bellezza, mi sento in colpa e anche un po’ a disagio nel vedere l’enorme quantità di senzatetto che vive sul prato: sono moltissimi, di qualunque età ed etnia e non hanno nulla.

Ci avviciniamo al Santa Monica Pier e decidiamo di cenare al Bubba Gump, ovviamente mangiamo gamberetti; il locale è carino e il servizio davvero buono, il cibo sinceramente non è fantastico, ma ce lo aspettavamo.

SANTA MONICA – HOLLIWOOD – LAX – GOA Questa mattina ci facciamo un bel giretto nella Third Street Promenade e poi decidiamo di andare a vedere la Walk of Fame a Holliwood, prima di dirigerci in aeroporto.

Holliwood non ci sembra molto interessante e la Walk of Fame è assolutamente deludente, però dicono che sia un must see… Arriviamo in aeroporto giusto in tempo per farci perquisire ogni dove e poi aspettiamo il volo.

La piccina dorme tutta la notte e noi pure, arriviamo in Italia che è già buio ed io sono tristissima, non vedo l’ora di ripartire! In conclusione posso dire che è stata un viaggio veramente interessante, una vacanza indimenticabile e che la bimba è stata un angelo. Devo ammettere che il giorno prima della partenza ero spaventatissima e molto dubbiosa sul come si sarebbe comportata e come avrei potuto prendermi cura di lei; ora posso affermare che le uniche due cose indispensabili sono organizzazione e precisione: scorta di pannolini e latte in polvere, scalda biberon da macchina e termos, lettino da viaggio, marsupio, ovetto e ruote. Non deve mancare la pazienza e soprattutto la flessibilità: parecchie sere abbiamo dovuto cenare in camera con cibo acquistato al super, a volte abbiamo raggiunto i view points a turno e ogni tanto abbiamo dovuto fare delle rinunce, ma per noi non è mai stato un problema.

Quindi partite, partite, partite, perché se sono felici i genitori, lo sono anche i figli!!!



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