Tra parchi e città: Sposi on the road in America

Capitolo 1 Il nostro fantastico viaggio di nozze, sognato da mesi (anzi anni direi) è iniziato all’alba del 22 giugno 2009, due giorni dopo il nostro matrimonio. Sono le 8 del II° giorno (il 23 giugno del 2009) quando inizio a scrivere questa e-mail. Per noi il primo giorno è stato uno dei più lunghi della vita; tecnicamente, con il...
Scritto da: Ebec77
tra parchi e città: sposi on the road in america
Partenza il: 22/06/2009
Ritorno il: 13/07/2009
Viaggiatori: in coppia
Capitolo 1 Il nostro fantastico viaggio di nozze, sognato da mesi (anzi anni direi) è iniziato all’alba del 22 giugno 2009, due giorni dopo il nostro matrimonio.

Sono le 8 del II° giorno (il 23 giugno del 2009) quando inizio a scrivere questa e-mail.

Per noi il primo giorno è stato uno dei più lunghi della vita; tecnicamente, con il cambio del fuso di ore ne è durato 30 e noi ne abbiamo fatte una valangata svegli – alzataccia alle 4 di mattina ora italiana per poi rivedere il letto solo alle 22 della Grande Mela.

La partenza era prevista da Verona alle 6.45…Abbiamo avuto qualche problemino al chekin che non riusciva a emettere i ns biglietti paris-ny (senza dirci il perché mah!) e poi x l’aereo con un ritardo (poi solo minacciato) di 45min. Comunque mi sono ricordata il consiglio di un’amica di chiedere esplicitamente di far arrivare il bagaglio direttamente a destino senza doverlo ritirare a Parigi e inbarcarlo di nuovo come era capitato a lei.

L’aereo per Paris era una sorta di corriera da 50 posti (li ho contati a spanne e non erano molti di più) con le ali, ma il volo è stato confortevole…Davvero come essere in autobus!! Scesi a parigi… È stata una corsa degna dei ritardi mattinieri di fantozzi per prendere la coincidenza! Non fossimo abbastanza in ritardo abbiamo dovuto prendere anche un trenino per arrivare all’uscita corretta per il nostro super aeroplano per gli stati uniti ! abbiamo avuto appena il tempo per scambiare due parole con un’altra coppia di sposini diretti a LA.

Finalmente saliamo sul mega aereo…Con una sorpresa un po’ bruttina…Infatti ci siamo resi conto che la magistrale stormenita del cheek in di Verona era riuscita ad assegnarci…Posti lontani di 5 file!! Ehh no! due sposini innamorati in viaggio di nozze…!!!! nononononononono! Infatti poi mosso da pietà il personale di volo ha trovato come metterci vicini nonostante l’aereo fosse tutto pieno. Menomale, oltretutto in alternativa mi sarei dovuta fare il viaggio nella fila centrale vicino a due bambini indiani che in 10min erano già riusciti a prendermi a calci 20volte.

Il volo, contro ogni aspettativa..È “volato” guardando 2 film, mangiando decorosamente e leggendo un pò di guida di NY.

Qualche coda per le pratiche di ingresso per noi poveri immigrati  ma poi abbiamo senza problemi raggiunto il ns shuttle blu precedentemente prenotato dall’italia.

Finalmente eravamo sulla strade americane, dove qualsiasi cosa, che sia auto, furgone o camion ha un muso chilometrico. Arrivando a Manhattan (che tutti convenzionalmente identificano con NY) abbiamo visto il mitico skyline ed è stata una grande emozione, ci siamo tuffati in un tunnel che ci ha portati sull’isola di granito e palazzoni.

Ed eccoci al ns b&b prenotato da internet che si è rivelato essere veramente bello pulito spazioso e strategico come posizione da tutti i punti di vista. Lasciate le valige sul letto eccoci subito a iniziare l’esplorazione! Prima tappa attraversata a piedi del ponte di Brooklyn, uno spettacolo, pieno di gente che corre e di turisti che fanno le foto. Abbiamo anche tentato di raggiungere il parco del video di Tiziano Ferro ma alla fine abbiamo rinviato la visita perché ci siamo resi conto che avrebbe meritato una visita a sé.

Dopo il ponte siamo scesi verso la punta sud dove c’è il battery park e la veduta sulla statua, per arrivarci abbiamo attraversato ground zero. Certo risulta strano questo enorme cantiere in mezzo ai palazzi, ma l’11 settembre, per chi non l’ha vissuto da qui come noi, non si sente molto.

Incredibile è vedere le chiesette con il loro cimitero di lapidi tutte storte e circondate d’erba all’ombra dei palazzi dove si decidono le sorti dei mercati finanziari.

Siano entrati al World Financial Center con la sua volta in vetro e il pavimento lucido come uno specchio, poi… Cammina cammina siamo arrivati a vedere la statua del charging bull (il toro che carica) che era un pò la “meta sud” di questa prima passeggiata.

Tornando verso il nostro bellissimo monolocale B&B siamo passati da wall street, così abbiamo visto il finto tempietto greco che si vede al telegiornale sul cui colonnato era appeso un enorme bandierone a stelle e strisce nonché…I tombini che fumano!! Che ridere! Non è un’effetto cinematografico sono proprio così!! A proposito di cinema…Ogni angolo ci ricorda un film o qualcosa già visto in tv…Un po’ è come conoscere questa città da sempre.

Il secondo giorno è partito con il trasferimento, fino al battery park (nuovamente) per poter prendere il traghetto per Staten Island…In questo modo abbiamo potuto, GRATUITAMENTE, fotografare la statua da un punto un pò più vicino e ammirare lo skyline che si vede in molti poster e cartoline.

Poi è stata la volta del viaggio in metrò che ci ha portati a vedere la sede della Columbia University e quindi a fare due passi per Harlem.

Abbiamo poi proseguito attraversando quasi tutto il central park…Infatti mi ero messa in testa di volerlo percorre tutto a piedi…Ma quanto è lungo!!??!!? Ci abbiamo messo quasi mezza giornata!! Il mio maritino cmq non vedeva l’ora di passare davanti al Guggeheim, capolavoro di uno dei suoi idoli come architetto (lui è ingegnere figuratevi…Gli brillavano le pupille come noi donne quando vediamo un bel negozio di scarpe con i saldi del 70%!). Noi eravamo molto + interessati a fare le foto all’edificio + che vedere la mostra di per sé (e l’atrio interno è transitabile senza biglietto) ma abbiamo notato che, di gente che era lì per l’edificio più che per le opere ce ne era altra, infatti eravamo in molti a strisciare sul pavimento per fotografare la cupola 🙂 …Marito compreso!!! No coment! Ci siamo quindi rituffati nel parco per vedere Strawberry Fields e la scritta Imagine e poi ancora giù verso un ponticello in pietra che nostalgicamente ricordava mille romanticissimi films.

Usciti dal parco abbiamo potuto ammirare la facciata del Hotel Plaza e poi siamo scesi verso Time Square. La piazza è totalmente diversa da come l’avevamo immaginata e siamo rimasti entrambi un pò delusi. Abbiamo proceduto gironzolando qua e là alla ricerca del più importante negozio per fotografi del mondo…Col risultato di perderci un po’ anziché trovare il negozio…Ma questo ci ha offerto la possibilità di vedere il Rockfeller Center e un altro bel pezzo di città.

Finalmente è arrivata l’ora della cena, abbiamo optato per la sana cucina cosa che pare strana in america ma il fatto che ci siano solo cose fritte e pesantissime è falso!! Abbiamo mangiato in un posto vicino times square che si chiama Europa Cafè, ci siamo scelti le foglie della base dell’insalatona e poi da una varietà di cose (carni, formaggi, verdure, salse) come insaporire la stessa…Uno spettacolo.

Ora il programma è di guadagnare la cima dell’Empire e poi tornare a casa…Alla prossima puntata! Capitolo 2 …Dove ci eravamo lasciati? La salita al Empire è costata 20$ a testa e un bonus di sciracche e imprecazioni da parte del maritino partite quando la guardia del controllo bagagli ci ha comunicato che avremo dovuto fare a meno del cavalletto per le fotografie…E considerato che si facevano di notte…Grrrr…

Sorvoliamo, qualcosa abbiamo comunque concluso usando i muretti dell’osservatorio. Piccola nota, c’è un secondo osservatorio, 20piani più in alto, e costava altri 15$ a testa in +…Abbiamo evitato ci pareva davvero esagerato!! La serata era limpida e la veduta era fantastica, i risultati fotografici ci sono stati Per ora vi posso raccontare che in un giro d’orizzonte ci si sente realmente dominare la città poiché tutto rimane più basso, verso nord a perdita d’occhio si vedono lucine dei palazzi; nelle altre direzioni si percepisce la presenza del fiume ma, di qua le luci del new jersey, di là quelle di brooklyn e ancora quelle di staten island riempiono la visuale fin oltre dove l’occhio può arrivare.

Il terzo giorno abbiamo trascorso la mattina tra Soho e Tribeca, passeggiando e fotografando i palazzi con le facciate di ghisa colorata e le scale di emergenza stile batman. Abbiamo navigato in Internet gratis in un negozio che vende i prodotti Apple/Mac a 1/3 (o più) meno che in Italia (e gli iphone a 200$ la versione piccola…Però in Italia non funzionano quindi non state a farci la lista della spesa) e poi ci siamo spostati nell’Eastvillage per vedere little italy e chinatown. Little italy è tutta piena di striscioni tricolore e ristoranti dai nomi più o meno verosimili; chinatown è pazzesca e se nel resto di manhattan trovi gli ambulanti che vendono gli hot dog, lì ci trovi le cineserie fritte…Veramente buffo, surreale direi…Anche la mitica catena starbucks (di cui abbiamo abusato) è inserita in un palazzo cinese! Con la metro abbiamo raggiunto il mitico incrocio tra la V° e brodway, dove c’è il più famoso palazzo triangolare del mondo, il flatiron. Dopo la consueta scarica di foto è giunto il momento del pasto che abbiamo consumato all’ombra del suddetto palazzone, seduti a dei tavolini da bar con tanto di ombrellone (e menomale dato che pioveva) offerti dall’amministrazione cittadina – infatti in varie zone della città ci sono tavolini e sedie a disposizione gratuita di chi vuole sedersi un po’ e consumare il suo pato! grandioso.

Dopo mangiato ho fatto conoscenza con gli scoiattoli di Medison Square Park e di seguito abbiamo raggiunto (forse) il più grande negozio da fotografi del mondo (quello che cercavamo ieri): e per arrivarci siamo passati davanti al Medison Square Garden che non è un parco ma una sorta di palazzetto dove si assiste a varie manifestazioni musicali o sportive…Decisamente deludente.

Tornando al negozio di fotografia: all’interno tutto il personale porta lo zucchetto e ha le basette a ricciolino…Ma pare che qui i venditori professionisti di ottica siano tutti ebrei, i 2 maggiori negozi sono infatti in mano loro. Il negozio è uno spettacolo di automatismo, un binario porta i materiali desiderati ai venditori che siedono, affiancati uno all’altro, a un lunghissimo bancone; i materiali confermati riprendono il binario e arrivano ai confezionatori, nel frattempo si paga alle varie casse e con un biglietto si va a ritirare la merce..Mi pareva la fabbrica di babbo natale!! Sotto il temporale siamo andati fino al Gran Terminal…La stazione dei treni. Grandi emozioni anche qui: la volta con le costellazioni, le scale di marmo, la fiumana di gente che va qua e là, soprattutto le enormi bandiere americane e l’onnipresente polizia …Anche qui quanti film si ricordano…Bellissimo! Non ci siamo fatti mancare una visita a Tiffany e ai magnifici gioielli delle varie teche; al sesto piano c’è veramente il ristorante e si può farci colazione come dicono Peppard e la Hepburn nel film! Niente acquisti però…Cmq sono andata a vedere le fedi…Quante!!! ho detto al marito che al nostro 25° anniversario dobbiamo tornare e prenderci una fede da tiffany!! Eheheheh.

Per concludere la giornata siamo andati a prendere cena in un fantastico supermercato che fa anche servizio self service da 6-7 banconi differenti, ci siamo presi cena fredda da consumare a “casa” e poi abbiamo fatto una romantica passeggiata notturna sul ponte di Brooklyn, (che è a 5 min da casa).

Il supermercato, per inciso, è una cosa mai vista, dispenser di riso, sale, pepe, zucchero, caffè, ogni sorta di semi e legumi…Macchinette che ti fanno al volo il burro di arachidi o altro.. La frutta, come la verdura, accatastate meglio che in un mercato turco, banchi frigo monotematici a perdita d’occhio…Peccato fosse vietato fare le fotografie! Il quarto giorno, il 25/6, lo abbiamo preso con un pò più di calma, abbiamo fatto una lunga seduta al Century 21, un colossale negozio sempre in saldo, prospicente Ground Zero.

Mio marito ha dovuto tramortirmi per strapparmi al reparto scarpe e quindi abbiamo raggiunto la prima tappa odierna: i famosi giardini del video di Tiziano Ferro (sotto la spalla est del ponte di Brooklyn). Non sono in molti ad arrivare fin qui ed è un peccato perché la vista sulla città da questa prospettiva merita assolutamente!! Dopo una breve sosta siamo tornati vicino union square in un parco pubblico per consumare il nostro pranzetto.

Dal parco abbiamo raggiunto a piedi la Washington Square, dove c’è un piccolo arco di trionfo e da questa la breve via chiamata Gay St; così anche noi abbiamo ora una foto del cartello come tutti i venditori di immagini della città.

Da lì abbiamo raggiunto in metrò Warren St, dove stava casetta nostra e da dove ora vi sto scrivendo, buona parte di questa mia, seduta su una valigia mentre aspettiamo che arrivi lo Shuttle per il JFK. Stasera infatti dormiremo vicino all’aeroporto visto che l’aereo per Las Vegas parte presto e non volevamo rimanere bloccati nel traffico né svegliarci troppo presto.

Domani guideremo un fuoristrada enorme sulle strade del Nevada e dello Utah…Paura! Capitolo 3 Il quarto giorno si è concluso come annunciato con il trasferimento e pernottamento al JFK. Il trasferimento è durato un ora secca solo per arrivare a uno dei terminal dal quale, poi, abbiamo raggiunto il ns albergo, ma come lo abbiamo raggiunto? Certo si possono e si potranno dire tante cose sul JFK, noi ne abbiamo verificate un paio: di sicuro vi possiamo dire che non è bello ma che è ENORME…Ovvio dirà qualcuno, ovvio ripeto io; ma quando monti su un treno che fa il giro dell’aeroporto (per arrivare al punto dove trovi lo shuttle che porta all’albergo) e ti accorgi che va pure veloce, che fra una fermata e l’altra passa del bel tempo e che a ogni fermata c’è un terminal grande come uno dei nostri aeroporti italiani…Beh, lì si realizza che è grande…Veramente grande! Il quinto giorno abbiamo fatto una levataccia per prendere l’aereo per Las Vegas, il volo è durato quasi 6 ore ed è stato un pò movimentato…Non credevo ci volesse tanto tempo e soprattutto non ci han dato nulla da mangiare neanche da bere se non forse un bicchier d’acqua in tutto questo tempo (ovvio le cose a pagamento c’erano ma per un tempo del genere mi aspettavo un servizio diverso).

Sbarcati siamo passati davanti a mille slot machine..Ci sono già all’aeroporto e poi abbiamo raggiunto l’edificio dove tutte le compagnie di noleggio auto sono riunite. Ci hanno fatto scegliere quella che ci piaceva di più. Tra le 4×4 di taglia media (come avevano richiesto) Abbiamo scelto una Chevrolet una macchinetta discretamente grossa…Ma grossa per chi? Per noi europei forse. Al noleggio era quella dei “barboni” , dopo la taglia della ns ce ne sono altre 6 superiori!!…

Attimi di panico per la programmazione del navigatore che pareva non funzionare (poi abbiamo scoperto che andava attivato con un comando nel menù interno) ma poi viaaaaaaaa Abbiamo macinato un pò di miglia (qui i chilometri non sanno cosa siano) affiancandoci alle cose più strane; pickup con le ruote posteriori gemellate, che sul cassone hanno una ralla, con la quale trainano un carrello enorme (tipo quelli per i cavalli) adibito a roulotte, al quale è attaccato un altro carrello, con sopra le moto… Una corriera con dietro uno strano meccanismo grazie al quale trainava una fuoristrada grande come la ns. A 80mi/h. Moto con enormi carrelli carenati… Americani!!…

Finalmente entriamo nel primo parco, lo Zion, nominato così da un mormone che con reminiscenza della biblica Sion aveva creduto di trovare lì il paradiso terrestre. Il parco è straordinario peccato fossimo solo di passaggio e piovesse pure. I colori delle rocce variano dal giallo pallido, al rosso Siena e più cupo ancora. Al contrario di molte altre rocce che vedremo in seguito, qui la stratificazione è evidente, ci sono striature fitte e ravvicinate anche se il colore rimane omogeneo. Se in qualche posto del mondo la natura si è accanita: lo Zion è tra questi, le venature continuano a cambiare direzione e il paesaggio ne risulta estremamente movimentato e affascinante, ogni curva (della strada che lo attraversa) nasconde una sorpresa e una variazione che meriterebbe infiniti scatti ma non renderebbero la bellezza e la forza di questo posto.

Dopo aver percorso un totale giornaliero di 255miglia circa (per tradurre in km basta moltiplicare per 1,6) siamo arrivati al paesello di Tropic, in una sua strada bianca, popolata di lepri dalle lunghissime orecchie, che porta al nostro B&B…Molto accogliente il posto e pure le persone..E soprattutto il letto…E pure molto romantico! Edificio interamente in pietra e legno, scala interna a giorno in legno, caminetto con due bocche contrapposte per accogliere gli ospiti all’ingresso da un lato e ristorarli nel salotto verandato dall’altro…Si si sono molto soddisfatta della mia scelta internet!! Il sesto giorno ci siamo svegliati per la colazione verso le 7. Ci era balenata l’idea di una sveglia prima dell’alba per saltare la colazione e recarci presso il Bryce Canyon a vedere il levar del sole sulle rocce… Ma poi…Noooo dai! E abbiamo fatto bene perché la colazione è stata memorabile come il posto, ma ormai era ora di partire per visitare il bryce canyon e poi macinare le 320miglia che ci separavano dal posto dove siamo adesso, Moab.

La visita della giornata era il Bryce Canyon, prende il nome da un mormone che pare sia passato alla storia per aver detto, guardando il Canyon, una cosa del tipo: “in questo posto è meglio non perdere una vacca…” Per farvi capire com’è fatto il Bryce: immaginatevi un anfiteatro di una decina di chilometri di raggio tutto riempito di quelle concrezioni che si fanno al mare colando la sabbia mista acqua tra le dita…Solo molto più grandi 😉 Anche qui la varietà dei colori spazia dai rosa ai rossi e il parco è animato da uccelli, cervi che brucano a pochi metri da chi li guarda e degli onnipresenti tamias, gli scoiattoli stile chip e chop.

Nel parco abbiamo fatto una passeggiata di circa 2 ore (il navajo loop) percorrendo circa 7 chilometri tra i vari pinnacoli; tuttavia si potrebbe anche girare il parco in automobile (ovviamente non su i sentieri e nelle zone dei pedoni) per raggiungere i vari punti di osservazione.

Una cosa è sicura, abbiamo dato del ns meglio dal punto di vista fotografico ma purtroppo non potremo mai far capire quanto sia straordinario questo posto; abbiamo visto le foto il Internet..E non ci diceva un granchè…E le nostre non saranno differenti…Troppo vasto per racchiudere tutto questo bello in una foto…

Usciti dal parco abbiamo proseguito verso Moab macinando miglia e attraversando il parco di Capitol Reef.. In queste rocce domina il rosso e ci sono queste colonne che escono dalla pianura circostante…Le colonne rocciose a volte sono così consumate da sembrare cumuli di sabbia come quelli che si vedono nelle cave o nei cementifici…Ma sono dure, non è sabbia! E finalmente siamo arrivati a Moab, il B&B è gestito da un barese molto simpatico di nome Nunzio (ma che tutti chiamano Vic), il posto è molto bello; abbiamo la vasca idromassaggio in giardino, la lavatrice, l’asciugatrice, un letto king size (sarebbe largo circa 2,5m), una terrazza dove arrivano i colibrì a bere l’acqua zuccherata preparata da Vic e soprattutto abbiamo un cielo fantastico e ben visibile grazie al fatto che siamo lontani dalle luci della città.

Capitolo 4 Il settimo giorno Dio si riposò…Ma non era mica in viaggio di nozze da queste parti! Apro parentesi per dire che il cielo di cui parlavo nella puntata precedente è quello notturno, molto stellato che vediamo mentre ci godiamo l’idromassaggio in giardino nel nostro super b&b.

Questa mattina Vic ci ha preparato un’abbondante e ottima colazione (…Da buon italiano!) e poi, un’esilarante sosta a un vero supermarket americano…Incredibile cosa si trova e in che dosi industriali…Ma chi vive da solo come fa? Tanto per dare degli ordini di grandezza: sacchetto di farina da minimo 2,2Kg, vasi dei sugo da minimo 2litri,…E il latte? pensate che la maggior parte sono confezioni da 1gallone, cioè circa 4litri.

Finita la sosta di cultura alimentare siamo partiti alla volta del parco nazionale degli archi (arches park).Giornata speciale, cielo limpido e di un blu incredibile.

Vi scrivo queste prime righe da un’area pic nic mentre sono ormai le 17 della domenica 28 e mentre stiamo aspettando che il sole cali per raggiungere la vera stella di questo parco, il delicate arch.

Abbiamo ormai evidenti segni di calzini, spalline e maniche varie …Mio marito sonnecchia sdraiato sulla panchina, intorno il silenzio è rotto dal gracchiare dei corvi, dallo stormire di qualche aluccia, dal battere di un picchio (che ho fotografato) e dal ronzare di molti insetti.

Mentre riprendo a scrivere siamo ormai nella camera del B&B e ho chiara la lunghissima giornata trascorsa nel parco, dalle prime guglie isolate nella pianura, fino agli archi più grandi o addirittura doppi come se si trattasse della navata di una chiesa. Tutta quest’opera di erosione nella roccia rossa fatta di sabbia pressata e poi consumata dagli elementi; caratteristica di queste terre, come la pelle dei nativi che incontreremo domani a Monumet Valley.

La stella del parco se ne sta da sola, a un’ora circa di duro cammino in salita; ma la fatica è abbondantemente ripagata! Delicate arch si mostra a sorpresa, dietro una curva del sentiero; (o poco prima per chi fa lo sforzo di arrampicarsi fino a una “finestra” nella roccia che sembra proprio affacciarsi per vederlo (come abbiamo fatto noi). È al centro di un anfiteatro naturale con un raggio di circa 70m, così la gente si può sedere pacifica e numerosa a guardarlo compiaciuta…Come al cinema, si ha quasi l’impressione che tutti aspettino che accada qualcosa. Noi siamo stati quasi 1ora ad ammirare lo spettacolo naturale facendo ovviamente un bel reportage fotografico…O almeno così speriamo.

Ottavo giorno, lunedì 29 giugno. È il momento dei saluti con Vic e famiglia, siamo stati bene, faremo un’ottima recensione in Internet per gli altri viaggiatori che lo volessero raggiungere. La giornata è di trasferimento e il programma prevede di arrivare a Monument Valley in serata, quindi ci rimane mezza giornata abbondante per vedere Canyonsland. La scelta di arrivare a Monument in serata è dettata dalla speranza di vedere il tramonto sulle famose rocce (proprio quelle dei film con gli indiani), che si chiamano Butt quando son più alte che larghe e Mesa nel caso contrario, e magari, aspettando un pò, fotografare anche il cielo stellato di sfondo.

Torniamo al programma: Canyonsland è un altro parco nazionale in zona: è molto vasto quindi, dato il poco tempo ci concentreremo solo sulla parte chiamata island in the sky. Il parco è snobbato dai turisti ma contrariamente a ciò che ci si potrebbe aspettare: è bellissimo! Ci sono sorprendenti archi naturali, ci sono canyon enormi che non hanno nulla da invidiare al più conosciuto Gran Canyon (o magari si, visto che lì non siamo ancora arrivati), ci sono pinnacoli e rocce e tutto il resto; ci sono dei petroglifici (qui i disegni nella pietra li chiamano così), fatti dagli indiani , c’è poi un favoloso cratere di dubbia origine (ci sono due teorie in merito), forse creato da una meteorite, forse da un evento tettonico; che vale proprio la visita. Ci sono infine, e forse è questo il motivo per il quale il posto è poco frequentato, una marea di moscerini e mosche come se nemmeno tutto Canyonsland fosse fatto completamente di m…, pare ridicolo ma è così.

Alla fine di tutto questo abbiamo notato che era disponibile un percorso un pò alternativo…Anzi: molto alternativo; per tornare a Moab e proseguire verso Monument; una strada sterrata che velocemente ti porta dalla cima al fondo di un canyon e poi prosegue nella vallata. All’inizio è stato divertente ed emozionante, ma dopo 30Km di sterrata il nostro 4×4 era un tantino provato e noi decisamente stufi.

Il trasferimento, è andato bene e siamo rimasti nei tempi nonostante la scampagnata sulle piste sterrate. Vi ho scritto tutto il diario di oggi dalla camera del ns Motel di Mexican Hat – che è il peggiore tra i posti in cui siamo stati…Purtroppo non mi ero accorda di un fantastico hotel proprio in centro alla monument…Tornassi indietro lo prenoterei di sicuro!!. Monument è veramente incantevole e domani ci torneremo di giorno per completare il giro che il buio di questa sera ha interrotto. Siamo rimasti fino a notte seduti su una pietra vicino alla struttura ricettiva, abbiamo consumato la nostra cena al sacco in compagnia di altri appassionati fotografi a scambiarci consigli su come fotografare il paesaggio e su cosa vedere durante il viaggio… Monument; è talmente nota grazie ai mille film che l’hanno ritratta, che sarebbe inutile descriverla cmq fatto sta che è un posto davvero incantevole e affascinante Totale miglia odierne: 345 Capitolo 5 Nono giorno – Martedì 30 giugno Dal Mexican Hat a Monument Valley ci sono 20min/mezz’ora di auto. Avevamo visto il tramonto, avevamo fotografato le stelle…Non potevam certo perderci l’alba! Ci dovevamo alzare alle 5 per vedere l’alba e così abbiamo fatto. Siamo entrati a Monument prima delle 6, ovvero prima che aprisse la “portineria” risparmiando così di pagare nuovamente l’ingresso …Non c’era nessuno!! Abbiamo fatto tutto il giro fermandoci anche in un punto abbastanza in alto a fare colazione al sacco solo noi con davanti questi roccioni…(artist point)…Che meraviglia altro che viaggi organizzati…

Non contenti di aver già fatto 3 volte la strada tra Mexicam e Monument, pur essendo già sulla via della tappa successiva (Page), abbiamo scelto di tornare nuovamente fino a Mexican Hat per fotografare la toponima roccia a “cappello messicano” ma soprattutto per fare un tratto di strada panoramica e vedere un punto dove il fiume San Juan fa 6miglia di serpeggiamenti per avanzare infine soltanto di 1,5…Direi che è valso il viaggio da Monument.

Fatto questa tappa fuori rotta siamo tornati sui ns passi alla volta di Page. Lungo la strada, 100metri dopo aver superato un navajo che faceva autostop, abbiamo visto un mulino di quelli che si vedono nei cartoni animati nei film…Non ho resistito al volergli fare una foto…Abbiamo accostato e in un attimo mi accorgo dallo specchietto che l’autostoppista è partito con uno scatto furioso per raggiungerci travisando il ns intento…Eravamo inseguiti dagli indiani! Arrivando a Page più che la favolosa vista del lago Powell, più dell’emozione di passare davanti al centro visitatori dello Slot Antelope Canyon (il più famoso della zona), rimane impressa la visione dell’enorme e impattante centrale termoelettrica alimentata da cumuli di carbone. Tre ciminiere fumanti e una ragnatela di cavi elettrici che danno un pessimo benvenuto in questa città dalle mille chiese (una via intera è composta solo dal susseguirsi di chiese) e dalle molte attrattive turistiche.

Siamo arrivati relativamente presto (siamo entrati in Arizona guadagnando 1 ora di fuso orario), in tempo per accamparci nella nuova sistemazione con il locale albergo della catena Best Western.

Rimanevano diverse ore di luce e quindi siamo andati a vedere la plurifotografata ansa del Colorado che mio marito aspettava di vedere da quando abbiamo deciso di fare questo viaggio, si chiama Horseshoe Bend…,davvero suggestiva. Di seguito siamo andati in “collina” per ammirare il lago Powell e il tramonto sulle rocce. Il lago in realtà è un grandissimo Canyon, il Glen Canyon (scoperto ed esplorato dal Sig. Powell), allagato dalla costruzione dell’omonima diga Glen. Essendo un canyon le rive sono in molti casi delle scogliere a picco fatte della caratteristica roccia rossa, il colore crea un bellissimo contrasto e fantastici riflessi con l’acqua blu intensa del lago.

Prima di andare a cena abbiamo fatto tappa nella nostra attrazione americana preferita: il supermercato e le sue abnormi stranezze. Abbiamo fatto rifornimento di liquidi; considerate che la temperatura per ora varia dai 30 ai 40 gradi di conseguenza beviamo moltissimo; fortunatamente il caldo è abbastanza secco e quindi decisamente più sopportabile.

A cena siamo andati in un ristorantino chiamato “Ken’s Old West”: veramente pittoresco, arredamento in stile come suggerisce il nome, manca solo il bancone con l’anziano senza denti che ti lancia la birra, ma a parte ciò avevamo un sottofondo di musica country suonata dal vivo con chitarra, grande atmosfera, carne spettacolare e finalmente ho bevuto la prima birra americana (il ristorante era dietro il ns hotel dunque non c’era il problema di guidare).

Totale miglia odierne: 285 Decimo Giorno Oggi ci siamo alzati presto, alle 6, per andare fino a Paria Station a tentare la lotteria per entrare al parco North Coyote Buttes, in questo parco solo 20 fortunati al giorno possono entrare, 10 con la lotteria Internet, 10 con quella sul posto…Chiaramente la prima ci è sempre andata male nonostante 3 mesi di tentativi…Ma non siam certo quelli che si danno per vinti,dunque avevamo già previsto di riprovarci sul posto! Al visitor center (luogo inesistente su qualsiasi mappa) ci sono tre allegri vecchietti che sembrano usciti dal film cocoon, ci si iscrive e si spera che la dea bendata abbia la forza di scacciare quella ben più famosa e senza benda…A ognuno assegnano un numero poi fanno una sorta di estrazione del lotto. È andata male e abbiamo dovuto ritornarcene al campo base. Qui siamo invece stati fortunati trovando posto per partecipare con la visita del mezzogiorno del tour fotografico (la differenza dallo standard, oltre al costo, è che hai il doppio del tempo per stare a far foto) del Upper Antelope Canyon…Bene! Essendo ancora presto abbiamo ingannato l’attesa andando a visitare l’interno della diga Glen. Un simpatico navajo (che parla pure italiano) ci ha portati a spasso dalla sommità al piede della diga, spiegandoci un sacco di cose e mostrandoci pure le 10 turbine con 2,5m di diametro che generano corrente anche per le città della costa est, per 8 stati.

Per arrivare all’Antelope Canyon, partendo da Page, occorre fare 15min di auto e poi salire su dei fuoristrada enormi che ti fanno superare le 2 miglia circa di banchi di sabbia per arrivare al vero ingresso. Il ns tour prevedeva di partire su questi mostruosi mezzi direttamente da Page, seduti sul cassone, su di una panca longitudinale che ospita 6 persone per lato, quasi un carro bestiame! Il canyon è una stretta forra nella quale penetra poca luce,per questo è opportuno visitarlo quando la luce cade perpendicolare e può raggiungere il fondo (tra le 11 e le 13.30).

L’esperienza di questa visita è qualcosa di irripetibile al mondo, credo… La vista delle pareti è stranamente sempre migliore sulle fotografie che non a occhio nudo…Anche se fai le foto col cellulare.

Non sto a raccontarvi troppo, personalmente in 2ore ho fatto più di 4giga di fotografie, più copie della stessa inquadratura nella speranza che almeno una sia buona (mio marito ha fatto quasi altrettanto se non di +)… Spero proprio di portare a casa qualcosa di bello e non serva aggiungere parole alle fotografie.

Dopo questa fantastica esperienza abbiamo tentato di completare la visione del canyon passando alla parte Lower, ma siamo stati sconsigliati dai Navajo perché la luce non era buona (essendo ormai pomeriggio e valendo le stesse regole).

Il tempo iniziava a imbruttire, per il 2 luglio infatti le previsioni non sono buone, quindi abbiamo deciso per una gita in auto fuori Page per arrivare agli antichi (relativamente data l’età di questo paese) porti fluviali sul Colorado da dove salpò la prima barca con pale a mulino della storia americana, Lee Reeds. Il fiume è veramente bellissimo in tutte le sue ambientazioni; nel punto dove lo abbiamo potuto vedere (e toccare) scorre lentamente, tanto da non avere sospensioni di sabbia, limi o altro… È molto soggettivo, ma il Colorado mi ha trasmesso veramente molta serenità.

Al rientro ci aspettava la piscina-idromassaggio dell’albergo e un pò di riposo in previsione di un’altra sveglia per tentare ancora la fortuna alla lotteria.

Capitolo 6 ABBIAMO VINTO LA LOTTERIA ABBIAMO VINTO LA LOTTERIA ABBIAMO VINTO LA LOTTERIA Undicesimo giorno – 2 luglio Anche oggi sveglia presto per andare al Paria Station, oggi ci toccano due numeri visto che è il secondo giorno consecutivo che tentiamo la riffa.

I nostri numeri sono 1 e 2, udite udite, il terzo estratto è proprio il numero 1 (quello che ci era toccato ieri). Quindi ABBIAMO VINTO LA LOTTERIA (con mio gran momento di commozione e urlo e salto di gioia) e domani potremo entrare a North Coyote Buttes a fotografare The Wave… (obbligatorio cercare su google immagini…).

La giornata odierna potrebbe anche concludersi qui…No dai, vediamo il resto.

La giornata come previsto non è soleggiata e a tratti pioviggina. Certo è un peccato, il posto è favoloso e non avremo più occasione di andarci dato che domani sera dovremo essere a Grand Canyon…Pace…

Le cose da fare a Page sono comunque tante, per esempio, anche se il tempo dovesse ulteriormente peggiorare possiamo fare una minicrociera sul lago Powell e andare a vedere quella che i locali definiscono l’ottava meraviglia del mondo…E così abbiamo fatto.

Le crociere però partono verso le 12 e per noi è ancora presto, a conti fatti è l’ultima occasione per vedere il Lower Antelope, le ore sono quelle giuste anche se è nuvoloso…Quindi andiamo.E li …Altra scarica di foto che porteremo a casa. A titolo di info: il canyon basso, al contrario di quello alto visto ieri ha la sommità più aperta e quindi penetra più luce…Spettacolare anche questo.

La crociera è partita regolare, il lago è incantevole e la barca è fornita di audioguida in italiano che ti racconta un pò di storie, curiosità e leggende. Il tempo è cambiato completamente in poco tempo… È stato magnifico, tanto che quando siamo giunti al Rainbow Bridge (ottava meraviglia del mondo) ci ha anche regalato un’ora di sole.

Il Rainbow Bridge è un altro arco naturale di roccia scavato dall’acqua e dal vento. È alto quanto è largo, circa 80m e, come tengono tanto a precisare, potrebbe ospitare la statua della libertà sotto la sua arcata. Lo si raggiunge soltanto a piedi con tre giorni di cammino, o dieci minuti se si arriva in barca come abbiamo fatto noi (2 ore di barca ). Pensate che la diga è stata tenuta più bassa, rinunciando a milioni di mc di acqua per non sommergere anche l’arco.

Tutto sommato siamo contenti che il tempo non sia stato entusiasmante all’inizio giornata, perché altrimenti non avremmo colto l’opportunità di vedere questo maestoso monumento naturale, luogo sacro per gli onnipresenti indiani navajo.

Scesi dalla barca siamo andati a vedere Antelope Marina, una bella struttura di ristorazione al servizio del porto sul lago nella zona all’ombra della centrale.

A cena: nuovamente da Ken a mangiare carne.

Dodicesimo giorno – 3 luglio Dato che ABBIAMO VINTO LA LOTTERIA per vedere The Wave; la giornata odierna si focalizza sulla passeggiata di quasi 11Km (tra andata e ritorno) per raggiungere lo straordinario posto.

Detto questo: stamattina ci siamo alzati alle 5 perché il malefico vecchietto del Paria Station ieri ha paventato catastrofiche piene dei vari Wash (sporadici torrenti dalle piene tanto improvvise quanto effimere) dovute alle piogge di ieri – la giornata odierna ci regala fortunatamente un fantastico cielo blu. Per questo motivo anziché fare la strada breve da 50min circa, ci spetta la strada lunga da oltre 2ore. Giunti al parcheggio (purtroppo dopo almeno altre 3 persone che vedranno The Wave prima di noi) la passeggiata che abbiamo davanti è chiaramente lunghetta, soprattutto perché in parte si sviluppa su banchi di sabbia (impressionante quanta ce ne siam ritrovata nelle scarpe alla fine) e si sta sotto il sole dello Utah.

Arrivare a The Wave è un percorso di emozionante attesa nel contesto delle strane rocce tipiche di queste zone (che si trasformano presso in coni di roccia colorata). Il posto è unico (come potete vedere dalle numerose fotografie in Internet, o potrete vedere: dalle nostre) ma quando ci si arriva, anche se tutto l’ambiente preannuncia che ormai manca poco, di punto in bianco ci si trova nel mezzo dell’onda ma non ci si accorge di nulla, solo voltandosi si scopre l’emozionante sorpresa. Siamo rimasti 1ora in contemplazione fotografando ogni angolo di questo posto accessibile a così poche persone al mondo…

Siamo rientrati al parcheggio che era passato mezzogiorno (per l’Arizona o le 13 per lo Utah…Ormai stiam perdendo i conti di quanti cambi orario stiamo facendo) e abbiamo deciso di rientrare x la strada breve… Alla faccia dei consigli del nonnetto.

Così, dopo un’ultima sosta a Page per rifornimento di benzina e di caffè americano da Starbucks è inziato il ns odierno trasferimento, meta: Grand Canyon. Siamo arrivati nel tardo pomeriggio, sotto un forte temporale con tanto di tuoni e fulmini – che per fortuna si è placato in serata permettendoci una passeggiatina.

Cena in un buon e informale ristorantino interno al Grand Canyon Village (a due passi dalla nostra camera e subito a nanna. Il villaggio del Grand Canyon contiene un pò di tutto: svariati negozi di souvenir, un supermercato, una stazione ferroviaria, una banca, aree campeggio e picnic e almeno 3 ristoranti. É stato simpatico osservare come cambiavano in ognuno di essi gli arredamenti, i menù e i prezzi. Noi abbiam scelto quello con la più vasta scelta e dai piatti più semplici… Più si saliva di livello aumentavan i prezzi ma diminuivan le portate diventanto fin troppo sofisticate e incomprensibili.

Purtroppo il Grand Canyon lo abbiamo visto poco e sfruttando solo la metà dei punti panoramici segnalati a causa della pioggia, ma recuperiamo domani con 45min di elicottero e poi vi sapremo dire di più. Abbiamo avuto due incontri con i cervi… Qui pascolano a bordo strada e non battono ciglio neppure con 30 persone attorno che gli fanno le foto.

Domani sera saremo a Las Vegas in tempo per vedere se hanno intenzione di sparare un pò di fuochi d’artificio per la festa del 4 luglio. Intanto ci addormentiamo in un edificio fatto di tante camere immerso nel sottobosco, gli fanno compagnia dei bungalow e tutti insieme siamo a due passi dal precipizio del Grand Canyon.

Totale miglia odierne: 292 Capitolo 7 Tredicesimo giorno – sabato 4 luglio – indipendence day Oggi ci siamo alzati a un’ora un pò più tarda, le 6.30, ci siamo volutamente persi l’alba sul Grand Canyon perché fisicamente non avremmo retto. Dopo una veloce colazione in camera con le scorte acquistate ieri e passeggiatina sul bordo del canyon siam partiti alla volta dell’eliporto di Tusayan, un paesetto alle porte del parco del Gran Canyon che ospita tutti i turisti che all’interno non trovan posto. Da qui partono anche i tour in aeroplano ed elicottero sul canyon.Il check in per il nostro volo in elicottero era fissato per le 7.30, il volo per le 8 (orario scelto appositamente per poter sfruttare al meglio la giornata), il tempo uno splendore, altro che temporali! Sull’elicottero trovano posto 5passeggeri oltre al pilota (la pilota nel ns caso), si viene pesati per decidere la migliore disposizione all’interno dell’abitacolo: a me è capitato il posto d’onore a fianco alla pilota.

Il percorso del ns tour si sviluppa sorvolando a lungo il South Rim, la sponda sud. Mentre sfilano sotto di noi abeti e radure nelle orecchie passa del jazz commerciale e qualche informazione nelle varie lingue; poi la pilota vira verso il baratro e nel momento da cardiopalma ci spara nelle orecchie così parlò zaratustra, musica epica mentre si trattiene il fiato vedendo che la terra che “si aveva sotto i piedi” si sposta 1500m più in basso.

Come descrivervi il Grand Canyon? Provate a immaginare 10.000 anni di lavoro di erosione da parte del Colorado che non si è accontentato di fare un profondissimo “buco per terra” ma ha anche continuato a cambiare idea, il risultato sono una quantità di vallette dalle ripide sponde colorate. Nei 1500m si assiste a una variazione di clima che va da quello caratteristico delle alpi fino a quello dei deserti visti fino qui.

Sorvolando capita di vedere qualche battello o il gommone degli splendidi che hanno deciso di sfidare le rapide (esperienza che sfortunatamente non abbiam avuto il tempo di fare…Si rinvia alla prossima volta!).

Una valida alternativa turistica offerta ai visitatori è la discesa del canyon a dorso di mulo. Purtroppo non ci siamo informati e non vi sappiamo dire quanto in profondità si spingano queste discese, ma posso dire due cose: 1. Scendere i 1500m di profondità, attraversando le varie aree climatiche vedendo cambiare la flora e la fauna e leggere attraverso i 21 strati di roccia: pagine sempre più antiche della storia geologica di questo pianeta deve essere un’esperienza profondamente affascinante.

2. La discesa a schiena di mulo è l’unica alternativa per i non professionisti di vivere questa esperienza senza aggiungersi alla lunga lista di coloro che “hanno tentato e sono morti” (è pieno di cartelli che mostrano nomi e persone ed esperienze di ki non ha + fatto ritorno) Finito il volo ci siam subito messi in marcia per la prossima meta: Las Vegas. Certo ci sono diverse strade per arrivarci, noi abbiamo scelto di percorrere a tratti la più famosa, la Route 66.

La strada nel suo tracciato originale non esiste quasi più e i tratti conservati portano nostalgicamente al bordo il cartello “Historical Route 66”.

Questa strada è stata insinuata a forza nell’immaginario collettivo grazie ai molti film, canzoni, libri e citazioni. Personalmente mi sono sempre immaginata la Route 66 come una specie stradina di campagna in stile statale toscana per quanto riguarda la parte “pianeggiante”; una strada che di miglio in miglio si guadagna il titolo di leggenda, una strada come quella che si vede nel film di animazione Cars… Amara illusione! La strada è una sorta (almeno nei nostri tratti) di strada statale ben asfaltata col limite di 65mph (da tenere presente che nelle interstatali, le equivalenti delle autostrade, il limite è intorno alle 75mph).

A salvare dalla delusione la parte “di trasferimento” di questa giornata ci sono 2 paesini: Seligman e Williams. Il primo è il paese che uno si aspetta a margine della Route 66, vecchie macchine, vecchie pompe di benzina, casette appoggiate una all’altra senza soluzione di continuità se non per la scelta dei colori…Tutto finto ma il turista riparte sorridente. Williams è il posto dove finalmente abbiamo potuto fare colazione con gli originali pancake ricoperti di sciroppo d’acero. Un locale storico con arredamento in stile Arnold’s di Happy days! Ma non è solo questo, il paese era in festa per il 4 luglio e c’erano bandiere e coccarde ovunque. Ln paese ci hanno fatto ridere e correre alla ricerca della macchina fotografica due cose in particolare: un ex bordello ora adibito ad albergo… Che però ha mantenuto una puttana alla finestra del secondo piano… È un manichino, però! E la seconda un vecchio treno con locomotiva a vapore che tutt’ora svolge servizio da e per il Grand Canyon.

La strada per Las Vegas è segnata anche dal passaggio sulla diga Hoover, una mostruosa opera di ingegneria idraulica dalla quale vi risparmio i dettagli e le cose che tentava di spiegarmi mio marito…Comunque la mezz’ora di coda che si fa per attraversarla si deve unicamente ai rallentamenti provocati dagli automobilisti che procedono a passo d’uomo per le foto di rito.

Infine un pò di numeri di Las Vegas per farvi comprendere quali dimensioni si presentino ai visitatori.

Esistono alberghi etichettabili come standard e ne esistono di forme particolari. Ce n’è uno costruito con materiali e arredi provenienti dall’Italia che riproduce Venezia con il Palazzo Ducale, il Campanile di San Marco, le colonne con i leoni, Ponte di Rialto e all’interno ugualmente è stata imitata la città con tanto di canali con vere gondole sulle quali per 15$ i turisti possono sognare l’italia. Lo stesso valga per Parigi con la Torre Eifel, l’Arco di Trionfo e la scuola di musica (?); New York con tanto di Ponte di Brooklyn, Statua, Empire e Chrysler Building; Giza con Sfinge e Piramide di Cheope (dicono) in scala 1/1…Naturalmente ho fatto la foto ad Anubi. Gli interni dei casinò che sono al piano terra di tutti gli hotels sono progettati per confondere gli utenti e per trattenerli il più possibile all’interno…Unica salvezza è seguire i cartelli luminosi EXIT obbligatori per la legge antincendio.

Las Vegas, un tempo capitale del gioco d’azzardo, sta rispondendo alla concorrenza di altre, nuove, capitali assumendo l’aspetto di un parco divertimenti per attirare oltre ai giocatori anche le famiglie. Così si trovano finti vulcani che eruttano con fumo e fiamme ogni 15′, montagne russe che girano attorno ai finti palazzi di NY, battaglie navali tra pirati e sirene, fontane con getti d’acqua alti fino a 100m che danzano su note di musica classica.

Forse perchè è sabato ma forse è lo standar (domani verifichiamo di nuovo) ma la quantità di gente che passeggia nel viale principale è paragonabile a quella che si incontra d’estate in viale Ceccarini a Riccione. E noi (grazie anche all’ottima posizione del nostro hotel, non è ironia) non siamo certo stati da meno passeggiando dalle 22.30 alle 3.15! Totale miglia odierne: 311 Quattordicesimo giorno Dopo ben 2,5ore di sonno ci siamo alzati per l’ultima grande e famigerata tappa della parte “naturalistica” del ns viaggio, il parco nazionale “Death Valley” Questo luogo rappresenta un pò per tutti (che ci siano stati o no), il posto dove “fa un caldo infernale e non c’è niente..”. Falso! invece c’è veramente tantissimo e sicuramente è uno dei posti che rimpiangeremo di non aver visitato più completamente e con maggiore calma.

Ma partiamo dall’inizio. La D.V. È una depressione (forse la più profonda del ns emisfero) che copre quasi 13500Kmq di superficie. Nella migliore delle ipotesi ci piovono 4cm d’acqua l’anno; le medie di temperatura estiva vanno dai 40′ notturni ai 50′ diurni (fino picchi di quasi 60′).

Il nome, anche in questo caso, lo si deve ai mormoni. Fu infatti un pioniere che uscendo vivo dalla valle ebbe ad esclamare in lingua mormone: “grazie a Dio siamo usciti da questa valle della morte”.

La ns visita è partita dall’ingresso del parco che vede come primo punto importante di visita lo Zabriskie Point (qualcuno ricorderà un omonimo film di Antonioni). Questa premessa geografica solo per gli appassionati consultatori di cartine, infatti, il realtà c’è qualcos’altro prima. Lungo la strada (tra l’ingresso e Zabriskie) abbiamo incontrato la deviazione per Dante’s View, un punto panoramico molto elevato che permette di appezzare tutta la vallata, che si presenta come una pianeggiante distesa rocciosa chiazzata di bianco…Scopriremo poi cos’è questo bianco.

A Dante’s View c’era una temperatura fantastica, 27 gradi, clima secco e ventilato…Da passarci la giornata. Dopo aver fatto due passi e alcune foto siamo ridiscesi verso la statale e il ns appuntamento con Zabriskie Point. Qui abbiamo conosciuto un gruppo di emiliani, erano tutti uomini ma sembravano una famigliola che copriva le età dal nonno al nipote. Ci siamo incantati tutti davanti a queste dune zebrate e pietrificate… Nessuna foto le renderà mai abbastanza! Peccato.

Da qui abbiamo raggiunto Furnace Creek Ranch (e il nome non è “un programma”, è la realtà) ci si trova davanti a una sorta di villaggio turistico con relativo market dove abbiamo rinforzato le nostre riserve di liquidi e poi ci siamo spostati al centro visitatori. I Ranger, sempre molto disponibili, ci hanno fornito il materiale cartaceo, le spiegazioni richieste e anche i consigli non richiesti…Tipo di non uscire dalla macchina senza indossare un cappello e non inventarsi di fare passeggiate sotto il sole.

Con le idee più chiare siamo ripartiti alla volta di sand dunes, un insospettabile angolo di deserto africano nel continente americano. Le dune sono il risultato dei depositi di tutti i venti che spazzano la valle e qui convergono creando una meraviglia che non ti aspetti..Bellissimo! Questo è il punto più a nord toccato dalla ns visita all’interno del parco ed è una delle chiazze chiare che vedevamo dall’alto.

Dopo le dune toccava al sale, più a sud (oltre Furnace), tutto intorno a un punto chiamato “Devil’s Golf Course” si posso vedere i resti di un antico lago salato, il terreno in quest’area è tutto screpolato in zolle sulle quali si trova un sottile sovrastrato non uniforme di cristalli di sale. Il tutto ti abbaglia con un bianco intenso frastagliato dalle crepe fra le varie zolle. Sul fondo di questo “lago” si sono composte delle geometrie tra il bianco del sale e lo scuro delle crepe che spinge a continuare a spaziare con lo sguardo.

Procedendo ancora verso sud arriviamo a Badwater, il punto più basso (-86m s.L.M.) e più caldo degli Stati Uniti. Anche qui si trova una bella distesa di sale, ma è compatta e abbastanza uniforme. Nella pozza salata che si trova lì vive addirittura qualche insetto.

Con questo abbiamo toccato anche il punto più a sud del ns itinerario; è ora di fare ritorno verso Furnace Creek.

Prima di uscire dal parco però c’è un ultima sorpresa, “Artist Palette”, una sorta di anfiteatro dove la roccia cambia di colore svariate volte in funzione dell’ossido che ne caratterizza la composizione. Si ammirano: gialli, verdi, viola, bianchi…Stupefacente! Una breve descrizione per punti, me ne rendo conto, ma i 47°C che abbiamo trovato a Badwater, i colori di tutta la valle (appezzati fra i riflessi accecanti o nella “tavolozza dell’artista”), le forme delle rocce o delle dune, le venature appena accennate in tenui cambi di colore, non sono cose che si possono raccontare..Purtroppo forse neppure con le foto.

Quello che vi posso dire è che siamo partiti per questa visita tanto assonnati quanto entusiasta. La sola idea di provare questo caldo micidiale ci bastava e invece abbiamo scoperto alcuni dei meravigliosi segreti di questo posto tanto ostile. Tornando a Las Vegas la cosa che ci ha impressionati di più sono stati gli enormi cartelli pubblicitari degli avvocati che campeggiamo come degli inusuali paracarri ai lati della strada.

La serata in città è stata più o meno la replica della precedente, ma, essendo usciti più presto e conoscendo le distanze, siamo riusciti a entrare a “Mondo M&M’s” dove Red e Yellow (insieme a Blue, Green e altri personaggi ignoti in Italia) fanno uno spassoso (oltre che ghiotto) sfoggio di se stessi e dei propri innumerevoli gadgets.

Ora alcune note turistiche e curiosità su Las Vegas: ci sono 50 cappelle per matrimoni flash nei vari stili, la via principale è detta Strip dato che in questa città si può perdere anche la camicia, conta 9 dei 10 più grandi alberghi al mondo (18 dei 20 degli USA), si contano 7000 suite al Venetian o 5000 stanze al MGM e via dicendo, per un totale cittadino di oltre 135000 stanze il 90% delle quali sono sempre piene…

Totale miglia odierne: 361 Capitolo 8 Quindicesimo giorno – 6 luglio Oggi si vola a San Francisco, ma prima dobbiamo riconsegnare la Chevrolet e soprattutto: POLIPO! È il nome che abbiamo dato al navigatore perché anziché la classica ventosa per collegarlo al vetro va appoggiato al cruscotto dove rimane in posizione grazie a una margherita fatta di quattro sacchetti di sabbia che sembrano i tentacoli… Rimane fermo se si viaggia sull’asfalto, sugli sterrati va a spasso saltellando come un polipo 🙂 Dopo tutto il viaggio le miglia segnate dalla ns Chevy erano 2548; grazie per la compagnia e il valido aiuto datoci nel vedere tante meraviglie.

Il check in in aeroporto è stato piuttosto rapido e così ce ne siamo stati pacifici ad aspettare navigando in Internet dai cellulari che sfruttavano il Wi-Fi gratuito.

San Francisco, come dicono tutti, è la più “europea” delle città americane. Vi possiamo dire che effettivamente ci sono differenze macroscopiche con le città viste finora: le automobili sono più piccole e i ciccioni non esistono! Si vedono ogni tanto persone corpulente, ma più o meno come si vede nella cara vecchia Europa. Ci sono interi quartieri in stile vittoriano con le casette dai fronti affiancati, larghi 5m circa, le facciate in legno piene di bowindow e dove ci sono angoli liberi ci sono gli erker… Pare Dublino.

Ci avevano avvisati che qui a Frisco le temperature sono più basse. Usciti dall’aeroporto ho continuato a ripetere che era tutta colpa dell’abitudine ai deserti…Ma qui fa un freddo lama! Siamo partiti dall’albergo per la prima perlustrazione, mio marito con abbigliamento da deserto, e io con abbigliamento da montagna (e avevo ragione!).

Abbiamo attraversato Little Italy e Chinatown poi ci siamo accorti di essere su Lombard Street e siamo quindi andati in cerca di uno dei punti maggiormente turistici della città. Va detto che in questo punto Lombard Street un tempo aveva una pendenza di 27°; negli anni 20 la pendenza venne ridotta sostituendo la strada a due corsie con un toboga di otto tornanti a senso unico noto come “la via più tortuosa del mondo”.

Proseguendo abbiamo incontrato Ghirardelli Square e l’omonima fabbrica di cioccolato, che all’interno propone oltre agli straordinari cioccolatini e gelati anche i vecchissimi macchinari (tutt’ora utilizzati) che trasformano le fave in cioccolato. Dopo una tappa d’obbligo, siamo scesi verso il Fisherman’s Wharf (antico insediamento di pescatori italiani) equi che mio marito ha iniziato a battere i piedi per il freddo…! Capiamoci, la temperatura sarebbe anche buona (se c’è il sole), ma tira un vento freddo che non ci si crede…Un autore di cui non ricordiamo il nome ha scritto più o meno così: “l’inverno più freddo che ho patito è stata un’estate a San Francisco”. Per fortuna la zona turistica dei moli (il Fisherman’s Wharf) pullula di banchetti pieni di anime caritatevoli che per soli 6$ ti scavano una pagnotta gigante e la riempiono di una gustosa zuppa di frutti di mare bollente (Clam Chowder)… Slurp! Personalmente ho trascinato prima possibile mio marito verso il Pier (molo) 39 per fare la conoscenza dei leoni marini. Più o meno sul finire del molo sono state offerte a queste “puzzolenti” e rumorose bestie una quarantina di piattaforme galleggianti. Su queste piattaforme i leoni marini (in realtà sono otarie) si grattano e prendono il sole per la gioia dei turisti che sopportano la puzza (si è sempre sottovento alle bestie) per vedere il simpatico spettacolo delle loro dispute da ombrellone e del loro rotolarsi.

A questo punto ci eravamo ghiacciati a sufficienza e siamo tornati in albergo il tempo per la quotidiana e gratuita degustazione di formaggi e vini californiani.

Alla merenda abbiamo conosciuto una famiglia di scozzesi con la quale abbiamo avuto una simpatica conversazione. Gli scozzesi avevano ereditato tre biglietti per il tour cittadino con gli autobus scoperti e ne avevano comprato un quarto (essendo loro in quattro), i biglietti durano due giorni e così ci hanno regalato il quarto che domani sicuramente non useranno… Wow, tour cittadino a metà prezzo! Finita la merenda siamo usciti per scroccare la tratta tra l’ultima fermata e il capolinea a un cablecar…Sarebbero quei veicoli simili a carri ferroviari che girano con la gente appesa ci lati. Si muovono con un principio simile a quello della funivia a sganciamento automatico; sotto il piano stradale corre una fune ad anello, il manovratore serra una pinza sulla fune quando vuole partire e con una leva spinge un freno a pattino sui binari quando vuole rallentare o fermarsi…Molto turistico, divertente e comodo.

Il cablecar ci ha portati vicino a un grosso centro commerciale dove abbiamo visitato il supermercato e le sue meraviglie. Anche qui viene offerto il servizio self service, abbiamo quindi preso la ns cena da asporto da consumare in camera prima di una meritata dormita.

Sedicesimo giorno – 7 luglio Dopo una soddisfacente colazione ci siamo bardati da ghiacciaio (il tempo oltre che ventoso è anche coperto) pronti per salire sul pullman del tour. La città è piuttosto varia negli stili architettonici, ci sono zone con i palazzoni, grandi e piccoli giardini e c’è la zona vittoriana di cui vi abbiamo anticipato; ma soprattutto ci sono le strade di san francisco, che sono veramente infami come quelle dell’omonimo telefilm; un saliscendi con pendenze da rampa di garage degno di una montagna russa.

Il tour è stato interessante, soprattutto per rendersi conto che il ns classico stile di visita (ossia girare la città rigorosamente a piedi)non è applicabile con queste pendenze. Sul pullman avevamo felpa e spolverino e ancora si pativano gli effetti del vento freddo. Ci hanno fatto attraversare il Golden Gate nei due sensi e noi ci siamo sentiti come tutti quegli autori che nei film guardano meravigliati i cavi e le due altissime torri rosse…Bellooooooo.

Prima di proseguire con il programma ci siamo regalati un momento di relax con il cappuccino di Ghirardelli, quasi all’altezza di un buon caffèlatte italiano 🙂 Sempre vestiti da ghiacciaio abbiamo noleggiato un tandem col quale abbiamo nuovamente attraversato il ponte, questa volta fermandoci spesso a fare fotografie. Sulla via del ritorno abbiamo pure perso la catena ma grazie all’intervento di mio marito (io non avrei nemmeno saputo da che parte iniziare) siamo riusciti a ripartire…La catena poi si è aperta nuovamente più avanti sforzando su una salita, ma ormai era ora di scendere comunque per il tratto pedonale e così abbiamo spinto la Bici fino al noleggio chiedendo uno sconto che non ci hanno concesso. Esperienza divertente…Dolore alle chiappe escluso! Ci rimaneva giusto il tempo per un giretto sul porto, una nuova visita alle otarie e poi risalire sull’autobus del tour che faceva l’ultima corsa in direzione del ns albergo.

Questa sera alla degustazione c’era una coppia di fastidiosi francesi che a malapena hanno detto buona sera, quindi dopo un primo giro di vino e formaggio ci siamo spostati due piani sotto dove c’è l’altro spazio degustazione e qui l’atmosfera era molto diversa… Un folto gruppo di gentleman stava sorbendo il vino chiacchierando allegramente, abbiamo ricevuto un caloroso benvenuto con strette di mano. Poi uno di loro si accorge di una parola italiana sulla felpa di Andrea e inizia a parlarci in italiano. Dopo un pò il tale coinvolge anche gli altri, specialmente in ragione della presenza di italoamericani e incominciano a farci sentire come nelle varie città vengono pronunciate le parole di origine italiana…Surreale. La conversazione si conclude e culmina con la richiesta di insegnare loro una tipica parolaccia in italiano o dialetto! Possiamo quindi confermare, sulla base di questa e altre esperienze, uno degli stereotipi sulla gente di San Francisco: sono sorridenti, cordiali e non perdono occasione per attaccare bottone con tutti.

Dopo questa sconvolgente esperienza siamo usciti per visitare la Coit Tower…Nessuna allusione, è il nome della signora che ha fatto costruire questa torre sulla sommità di Telegraf Hill, aumentando notevolmente le potenzialità di questo osservatorio cittadino.

A seguire: supermercato e poi nanna.

Capitolo 9

Diciassettesimo giorno – 8 luglio Oggi noleggiamo una macchina per andare un pò a spasso e soprattutto per andare a vedere le sequoie rosse giganti di Muir Woods… Non avendo il tempo di visitare Sequoia Park questa è la migliore occasione per poter comunque vedere questi straordinari, grandissimi e longevi esseri.

Ce la siamo presa un pò comoda per arrivare al noleggio, sapevamo che era vicino all’albergo e la ns prenotazione, fatta in Italia, partiva dalle 9… Madornale errore! Tra la coda e le varie pratiche abbiamo perso più di un’ora prima di entrare in macchina. Le strade di San Francisco sono veramente allucinanti, il cambio automatico, che normalmente tiene ferma l’auto quando si rilascia il freno in salita, qui è impotente. Molte strade sono talmente ripide da essere lastricate con il cemento al posto dell’asfalto e quando (andando in salita) si arriva in prossimità degli incroci, anche se il cofano è già sulla linea di stop, non si vede la strada che si sta incrociando. In discesa se non si rallenta sulle intersezioni (comunque a 90° nel 99% dei casi) si può passare realmente oltre in volo come si vede nei film.

Abbiamo gironzolato un pò per città e poi ci siamo diretti al cospetto delle millenarie sequoie.

L’aria che si respira sotto di loro è veramente pacifica, il governo federale e i ranger hanno allestito dei comodissimi vialetti a tratti in terra, a tratti in legno, dove anche con una sedia a rotelle o un passeggino si può godere della bellezza del bosco. Abbiamo passeggiato su un anello dichiarato da 1,5 ore fotografando qualche angolo di bosco, qualche tronco scavato o un torrente… Impossibile cogliere le piante nella loro interezza.

Unica nota negativa, la presenza di turisti francesi che hanno l’arroganza di chiedere informazioni agli altri turisti rivolgendosi direttamente nella loro lingua… Dopo Muir Woods abbiamo imboccato la strada costiera fermandoci ad ammirare le scogliere, il volo dei condor e uno stormo di pellicani. Volevano raggiungere Bolinas. Ci avevano parlato di questo posto dipingendolo in modo stupendo… La laguna che crea l’istmo sul quale Bolinas si trova, affacciato sul mare, è veramente meravigliosa; così come meravigliosa è la spiaggia quasi selvaggia che separa l’abitato dal mare.

Dopo questa gradita parentesi abbiamo fatto rotta verso Sausalito, villaggio prospicente San Francisco dal quale si gode di un’ottima vista sulla città.

Poco prima di imboccare il Golden Gate per il rientro si ha la possibilità di salire in collina, da dove vengono scattate tutte le fotografie da cartolina di S.F., quelle dove si vede il ponte e la città sullo sfondo. Dopo questa romantica sosta ci siamo fermati al supermercato per prendere la cena.

La prima vera tappa turistica del rientro in città è stata Alamo Square, la piazza è circondata da bellissime casette in stile vittoriano e se ci si mette nel posto giusto si riesce a fotografarle con il Finalcial District (e i suoi palazzoni) come sfondo.

A seguire ci siamo arrampicati sul colle un tempo noto come el pecho de la ciola (il petto della ragazza), ora ribattezzato Twin Peaks. Sebbene fossi tentato di chiedere a tutti se avessero visto Laura Palmer mi sono limitata a scattare foto delle luci della città. La collina era inaspettatamente piena di turisti.Scesi dalla collina non ci restava che trovare un parcheggio per la Focus e andare a dormire… Ormai la degustazione odierna era finita da ore, peccato, chissà quali strane conoscenze avremmo fatto…

Diciottesimo giorno Oggi sveglia molto presto perché la Focus deve essere spostata prima delle 7 dal parcheggio. Ne approfittiamo per fare un giro al gigantesco Golden Gate Park, che pare sia più grande del Central di N.Y. E in più è visitabile in auto. All’interno: laghi, angoli di Giappone, recinti con i bisonti, musei, campi per praticare qualsiasi genere di sport terrestre e tanta tanta gente che corre, fa allenamenti di gruppo, fa tai chi..(alle 6.30!) proprio bello :).

A seguire siamo andati a vedere l’interno dell’albergo Hyatt Regency che la ns guida riportava tra le attrazioni (ma sarebbe stato un pò lontano da raggiungere a piedi)e effettivamente meritava di essere visto.

A questo punto potevamo anche riportare la macchina al noleggio e tornare in albergo per la colazione… Non ci curiamo dei francesi che rispondono “bon jour” quando si sentono salutare in inglese e facciamo una bella mangiata, oggi si vola a Los Angeles e bisogna fare scorta di energia (neanche dovessimo andarci con il tandem). Lo Shuttle verrà a prenderci alle 14 (o 2 p.M. Come si usa dire qui) quindi non possiamo andare troppo lontani. Fortunatamente lo SFMOMA e qualche foto a questo museo di arte moderna (da fuori) non ce la facciamo mancare.

Il volo per LA è andato bene, dall’aeroporto abbiamo sfruttato la navetta verso il centro noleggi auto dove abbiamo scelto di guidare una Chevrolet HHM.. È quasi come la PT CRUISER della Chrysler che gira da noi, però è più lunga ed era l’unica della sua taglia in cui si riusciva a far stare bene i bagagli.

Il B&B è una casa monofamigliare veramente enorme, arredata con uno stile decisamente hippy e un pò pacchiano… Per certi aspetti mi ricorda la patata bollente, ovvero il modo in cui Massimo Ranieri riduce la casa di Pozzetto mentre quest’ultimo è in Russia… Comunque la camera è davvero bella, grande, con una veranda che si affaccia sulla piscina e…Il bagno con una doccia vera e propria finalmente (nella prossima puntata vi parleremo un pò di usi e costumi)! Dopo esserci un pò ambientati ci siamo fatti la passeggiata di 20min che da “casa” porta al teatro cinese con le impronte nel cemento e la via tutta lastricata di stelle.

Qui si sente suonare solo musica del re del pop e attorno alla piastrella con la sua stella ci sono fiori, lumini, gente inginocchiata, gente che suona, gente che fotografa… Ci dovrete raccontare cos’è successo a Michael, qui ne parlano tanto ma noi non capiamo molto..

Bene, è tempo di andare a dormire Capitolo 10 Eccoci giunti all’ultima puntata.

Diciannovesimo giorno – venerdì 10 luglio La signora del B&B ci ha preparato la colazione per le 7.30 come richiesto e alle 8.30 circa eravamo in ordine di marcia in direzione della celeberrima scritta ‘Hollywood’ (che non è raggiungibile perché su terreno privato) per fotografarla.

Compiuta questa prima missione, la successiva destinazione sono gli Universal Studio.

Il parco degli Universal è una sorta di parco divertimenti con attrazioni a tema dei vari films o personaggi famosi. Così si trovano le montagne russe al chiuso (e buio) de la mummia, le montagne russe acquatiche (stile colorado boat di gardaland) di jurassic park (forse è scritto diverso), il simulatore di montagne russe de i simpson, il cinema 4d di shrek con le poltrone motorizzare e quelle della fila precedende dotate di pompa d’acqua (così si crede di essere investiti da sputi e spruzzi vari), il cinema 4d di terminator 2, il musical de la creatura della laguna nera (che non abbiamo visto ma sarebbe quella ed i nuovi mostri di striscia). Il tutto risulta molto simpatico dato che le attese (dal vero piuttosto brevi) vengono ingannate con filmati a tema e altre amenità. Le “giostre” stesse sono interamente costruite e particolareggiate per ricordare il film (o la serie) a cui si ispirano.

All’interno del parco si ha altresì la possibilità di fare un giro con un convoglio gommato che porta la gente fra i vecchi set mostrando spesso effetti speciali dal vivo e poi su degli schermi il medesimo effetto nei film All’ingresso abbiamo preso l’opzione ALL YOU CAN EAT per i “ristoranti” convenzionati (una sola) e ci è stata molto utile anche se la scelta è cmq un po’ limitata.

Prima di tornare a casa (ormai era il tramonto) abbiamo fatto un salto nel quartiere dei grattacieli dove quel matto di Frank Ghery ha realizzato la Disney Concert Hall con lo stesso stile del Guggenheim di Bilbao… Molto bello, forse una delle cose + belle viste a LA.

Prima di concludere vi racconto un pò dell’America di tutti i giorni.

Munitevi di carta di credito, qui si paga tutto con quella anche i distributori automatici di bibite e del caffè o i giornali per strada.

Quando andate al bar o comunque prendete da bere ricordatevi, se non amate il ghiaccio, di specificarlo; qui lo mettono ovunque e in quantità smodata (anche nel succo di frutta).

Quando ordinate da mangiare ricordatevi che uno o più bicchieri di acqua gelati a testa sono compresi nel servizio.

Quando siete in strada ricordatevi che se a un semaforo dovete girare a destra basta che diate la precedenza senza aspettare il verde, eviterete insulti e clacsonate.

Agli incroci con gli stop bisogna fermarsi, anche se gli altri veicoli sono lontani, anche se non arriverà mai nessuno per giorni. Tutti devono raggiungere l’incrocio e poi il primo arrivato è il primo a partire.

In America i cartelli stradali con i pittogrammi non vengono molto utilizzati, i cartelli sono tutti quadrati o rettangolari: bianchi con scritto qualcosa o gialli con scritto qualcosa. Quelli bianchi vanno osservati con rigore militare, quelli gialli sono avvertimenti e consigli da tenere in considerazione.

Il limite di velocità sarà quindi un cartello bianco con scritto speed limit e il numero della velocità.

Divieto di sorpasso sarà don’t pass.

divieto di inversione a u sarà no u turn.

ma quello che più ci ha creato problemi è l’attraversamento pedonale, di solito è una indicazione orizzontale (scritto per terra) e recita ped xing… Dopo lunga riflessione abbiamo capito la traduzione in inglese e quindi il significato: pedestrian crossing! naturalmente ped diventa horse nel caso dei cavalli, etc.

Se non sapete l’inglese… Spiegatelo alla polizia se vi fermano. Se come spesso accade vi capiterà di rimanere chiusi nel bagagliaio della vostra auto: non temete! Le auto hanno lo sblocco dall’interno (deve succedere veramente spesso da queste parti!) Come in ogni paese extra italiano non esistono bidet e purtroppo non esistono neppure le docce (vedi puntata precedente per la clamorosa eccezione), esistono delle vasche piuttosto corte, munite di tenda e cipolla per la doccia. Quindi se desiderate rinfrescarvi nell’intimo preparatevi! Alla fine del viaggio in America sarete dei degni acrobati da circo cinese come noi.

Se nella doccia/vasca, dalla cipolla o dal rubinetto, desiderate avere un filo d’acqua…Magari per farvi il bidet preparatevi ad averla soltanto fredda. Esiste infatti un solo rubinetto che parte freddo e arriva alla temperatura di fusione del wolframio e regola tutto quanto, anche il volume d’acqua…La regolazione che garantisce la temperatura corretta porta un volume d’acqua sufficiente per far girare una turbina della diga Hoover.

In America non esiste il latte a lunga conservazione, il latte si acquista in varietà infinite di aromatizzazione, livello di scrematura e di aggiunta di vitamine, ma sempre e solo fresco…Anzi gelido come tutto quello che esce dai loro banchi frigo. Ah si… Difficilmente ne potrete acquistare meno di un gallone! Se vi hanno sempre fatto ridere gli americani con i bicchieroni di caffè…Dopo la prima inevitabile visita da STARBUCKS smetterete di ridere…Ed è anche buono.

In America non dovrete mai preoccuparvi di trovare un servizio pubblico, anche nel mezzo del deserto troverete qualcosa che vi aiuti a stare meglio…

Il America è tutto più grande! Delle macchine e delle porzioni alimentari vi abbiamo parlato, ma il resto non è da meno. Nelle lavatrici piccole il sottoscritto può entrare tranquillamente e rimanere comodamente nel cestello. Le autostrade hanno 5 corsie o più.

Ventesimo giorno – 11 luglio Oggi… E domani (vista la durata del volo e il fuso orario) si torna in Italia. Il volo parte questa sera alle 18.45 e allora la mattina la passiamo a Santa Monica a vedere se veramente le bagnine sono tutte supergnocche maggiorate, a vedere se in riva al mare ci sono i palestrati che fanno ginnastica e le tizie con i microbikini che pattinamo… Non c’è niente di tutto questo; il sole è accecante, la spiaggia è molto profonda (saranno 150 metri tra la passeggiata lituorale e la battigia, la gente parla inglese e ci sono le palme…Ma altrimenti è una spiaggia come tante altre, che si chiami Malibù, Santa Monica, Venice Beach o Jesolo Lido. Abbiamo passeggiato avanti e indietro aspettando che i tempi fossero maturi per arrivare in aeroporto da dove vi ho scritto tutto questo… Ora ci aspetta l’ultimo lungo volo…Che ci porterà in italia e alla ns vita “quotidiana” da marito e moglie… ora…Siamo ai saluti, grazie per l’attenzione e grazie di esser stati con noi in questa emozionante avventura…



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