I grandi parchi dell’ovest

USA 2004 – Il Viaggio Nel Luglio 2004 io e mia moglie (al tempo solo fidanzata) abbiamo deciso di visitare i grandi parchi dell'Ovest Americano, partendo da San Francisco per terminare il nostro tour a Los Angeles. Visitare i Grandi Parchi dell'Ovest Americano è stato come realizzare un sogno. Forse la miglior vacanza che abbiamo mai fatto....
Scritto da: Rapakruda
i grandi parchi dell'ovest
Partenza il: 01/07/2004
Ritorno il: 19/07/2004
Viaggiatori: in coppia
USA 2004 – Il Viaggio Nel Luglio 2004 io e mia moglie (al tempo solo fidanzata) abbiamo deciso di visitare i grandi parchi dell’Ovest Americano, partendo da San Francisco per terminare il nostro tour a Los Angeles. Visitare i Grandi Parchi dell’Ovest Americano è stato come realizzare un sogno. Forse la miglior vacanza che abbiamo mai fatto. Se è la prima volta che visitate il continente nordamericano rimarrete affascinati dalla bellezza, la varietà, la grandiosità della Natura ancora incontaminata che è ivi sovente mescolata alla modernità più ‘spinta’ in una maniera che noi europei non riusciamo a concepire facilmente, abituati come siamo ad un mondo domato e plasmato ormai da secoli. Negli Stati Uniti, ed in particolare nell’ovest dei grandi parchi, questa idea di ambiente “a misura d’uomo” tende a svanire con il risultato di sentirsi sovente piccoli e insignificanti. E forse questo permette di capire meglio il concetto di “Frontiera”, tanto caro alla cultura nordamericana. Tenete a mente questi pensieri se avete intenzione di visitare l’Ovest e fateci sapere se anche a voi ha fatto questo effetto!! In queste poche pagine cercheremo di raccontarvi la nostra avventura, il sito è organizzato in modo che possiate leggere nei dettagli le singole tappe comprensive delle mappe del nostro percorso, le nostre impressioni e alcune foto. Oltre a questo abbiamo aggiunto alcune informazioni a nostro avviso di primaria importanza come i consigli, le guide da usare, gli errori da non fare e, non ultimo, il costo della nostra “zingarata”. Abbiamo cercato inoltre di aggiungere quanti più link a siti internet abbiam potuto per aiutarvi ulteriormente. A seguito dell’esperienza maturata negli anni e in base anche alle osservazioni e richieste dei frequenti visitatori del sito abbiamo deciso di aggiungere, alla fine del racconto di quelle tappe per le quali lo riteniamo necessario, uno speciale trafiletto denominato con il senno di poi, dove annotiamo quello che, dal nostro punto di vista sarebbe stato meglio fare.

• San Francisco – Bella, Europea e… Fredda!! • Yosemite NP – Grande, Grosso e… • Death Valley NP – Sotto Zero… • Las Vegas – La Città di Plastica • Zion NP – A Misura d’Uomo • Bryce Canyon NP – Le Guglie • Arches NP – Gli Archi • Canyonlands NP – La Vastità • Monument Valley – Indimenticabile • Mesa Verde NP – Antico • La Foresta Pietrificata e il Deserto Dipinto – Per Vedere Qualcosa in Più • Grand Canyon NP – L’Immensità • Los Angeles – Torniamocene in Italy!!! San Francisco Il racconto inizia con San Francisco, nostra prima meta. Mettetevi comodi e cominciate a leggere. 1 – 3 luglio 2004. Partenza il primo luglio 2004 con volo British Airways: Malpensa – Londra – San Francisco. Decolliamo alle 8 del mattino dalla Malpensa e dopo un primo balzo verso Londra prendiamo il volo Londra – San Francisco; Il volo dura undici ore e per noi che abbiamo la ventura di finire nei due posti vicini ad un bagno non è dei più piacevoli (puzze varie e fila continua…). Per il gioco dei fusi arriviamo a destinazione che sono appena le due del pomeriggio, anche se per il nostro orologio biologico son già le 21. Siamo in piedi dalle 4 del mattino, ma siamo entusiasti! appena scesi dall’aereo e messo piede sul suolo americano siamo elettrizzati. Terminate le trafile all’ufficio immigrazione recuperiamo le valige, prendiamo un taxi e ci dirigiamo in albergo, lasciando al tassista una robusta mancia di 10 dollari (la corsa era di 30 dollari… Ma io avevo solo 2 banconote da 20 e sapete come sono le mamme dei tassisti…). Le prime 3 notti le passiamo a San Francisco in un albergo prenotato in Italia da agenzia (Best Western Americania, niente di che, ma il prezzo non era eccessivo; aveva anche la piscina ma il tempo inclemente ne ha impedito l’uso!). La città è molto bella e quasi europea: Le sue caratteristiche sono le strade ripide che si arrampicano sulle colline (fa davvero effetto vedere “sbucare” all’improvviso il muso delle auto!), le belle case vittoriane dei quartieri bene (tipo Nob Hill, non per nulla chiamato Snob Hill), i grandi quartieri di comunità asiatiche e anche numerosi homeless; non perdetevi Lombard Street, Union Square, il Golden Gate, un giro sulle famose Cable Car, il Golden Gate, il Financial District, Fisherman’s Wharf con le foche e il Pier 39, pieno di negozietti e di divertimenti. Non fatevi mancare anche un salto da Ghirardelli. Il Golden Gate è percorribile anche a piedi e si può andare sino al punto panoramico situato subito a destra della fine del ponte uscendo dalla città. Noi abbiamo fatto la gita in barca fin sotto il Golden Gate e abbiamo girato attorno ad Alcatraz; volendo si puo’ visitare Alcatraz, ma non credo valga la pena: spenderete meglio il vostro tempo girando per Fisherman’s Wharf. Se non avete mai visitato gli Stati Uniti una delle prime cose che vi colpirà è la grande abbondanza di bandiere: ce ne sono davvero ovunque, non c’è grattacielo, palazzo o piazza che non abbia la sua bella Stars&Stripes al vento! durante la nostra permanenza a Frisco erano ancora in vigore i trenta giorni di lutto per la morte di Ronald Reagan ed eran tutte a mezzasta! Cosa notevole di SF è la possibilità di girare la città a piedi senza bisogno di auto e autobus (l’Hotel prenotato prevedeva un servizio di navetta gratuito che ci portava direttamente a Union Square). Potete visitare tutta San Francisco Downtown a piedi, senza grande sforzo. In particolare è carino camminare da Union Square fino a Fisherman’s Wharf passando in mezzo alla China Town (molto grande e articolata, molto pittoreschi i lampioni stradali a forma di lanterna cinese e le pagode) e a Little Italy. Noi siamo arrivati al pomeriggio (ora locale) del primo luglio e nonostante fossimo “fusi dal fuso” abbiamo fatto il nostro giro per la città completato il giorno successivo, il terzo giorno (sabato 3 Luglio 2004) è stato dedicato in buona parte allo shopping (Gap, Banana Republic, North Face, tutto a prezzi stracciati una vera goduria!!!) e all’acquisto al discount camera di un teleobiettivo Nikkor 70-300 mm per la mia Nikon; una nota di colore: nei negozi troverete molta più scelta per l’abbigliamento maschile piuttosto che per quello femminile, ciò è probabilmente dovuto all’abbondanza di coppie omosessuali presenti in città (è comune trovare, per le vie della città, coppie gay abbracciate e in preda ad effusioni amorose: bacchettoni, San Francisco non fa per voi…). Il pomeriggio del 3 luglio affittiamo la macchina (Hertz, anche questa prenotata in Italia tramite agenzia: ci han detto che conviene; con il senno di poi vi consiglio comunque di dare un’occhiata alle tariffe che potreste ottenere via web). Noi abbiamo preso una Chevrolet Cavalier 2800 benzina, ideale per due persone più bagagli. Dopo un quarto d’ora di “training” per le vie della città per impratichirci con il cambio automatico usciamo da SF e ci dirigiamo verso l’interno; appena arrivati a Oakland attraverso il Bay Bridge comincia a fare un caldo porco! si passa dai 15 gradi ventosi di SF ai 30/40 buoni dell’interno. Noi ci spostiamo fino a MERCED con destinazione YOSEMITE, a Merced dormiamo in un Motel Super 8 prenotato dall’Italia, abbastanza anonimo ma pulito (la camera era enorme e ben condizionata, nel bagno c’era una ventola ENORME! tipo quella di un tosaerba!). In autostrada (il percorso lo osservate nella cartina) andiamo piano piano e veniamo sorpassati da fuoristrada giganti, camion giganti, moto giganti… Insomma qui è tutto gigante!!! Sulla strada per Merced ci fermiano in una stazione di servizio e compriamo una cassa di acqua minerale, mandando letteralmente in crisi la commessa del Quick Market (“D’ya really wanna buy so many bottles??? I’ve never met people drinking so much water!!”) che non aveva mai visto dei clienti comprare 12 litri di acqua tutti insieme!!! qui tutti bevono “colas”…E si vede!!! ci compriamo anche una limonata formato famiglia (2 litri) che beviamo per la gran sete: gasatissima e ruttogena! Arrivati a Merced ci fiondiamo nel Super 8 e cerchiamo di buttarci in piscina, ma è infestata da bimbi cino-americani schiamazzanti e lasciamo perdere. Ancora un pò cotti dal fuso, per cena ci spostiamo al Mac Donald’s prospiciente il Motel: troviamo 4 commesse “freak” mostruosamente cicciose e una torma di chiassosissimi cinesi. Boh! a Merced ci sono solo cino-americani e ispanici! Terminato il lauto pasto a base di hamburger torniamo in camera e io mi abbiocco all’istante. Ilaria si mette di buona lena a scrivere due righe sul nostro diario di viaggio, ma crolla quasi subito pure lei Yosemite National Park – 4 luglio 2004 La mattina dopo (Indipendence Day…) alle 5.30 siamo già svegli, prepariamo le valige, beviamo un poco di quella limonata atomica comprata il giorno prima e facciamo colazione in motel in mezzo, manco a dirlo, a torme di cino-americani. La colazione non è malvagia (donuts, caffe, aranciata), io non mi ricordo che ‘sti americani minchioni usano bicchieroni di polistirolo per il caffè: morale anche se attendo qualche minuto quando finalmente trangugio il mio caffè americano mi ustiono la lingua!!! Fatta benzina, ci spostiamo a YOSEMITE, partendo da Merced. Guida Ilaria e anche lei ha bisogno di un cinque minuti di addestramento per guidare la nostra Chevy rosso fuoco, tra l’altro ad uno stop invece della folle (neutral) mette la retro (rear)… Partiti da Merced viaggiamo per un paio d’ore in mezzo alla campagna in paesaggi molto belli e molto selvaggi (ma non sono ancora nulla rispetto a ciò che ci attende!), la California settentrionale, anche se arida per i nostri standard non è comunque ancora quella landa desolata chiamata deserto del Mohave che attanaglia tutta la parte meridionale del paese a partire dall’altezza di Ridgecrest. Il parco di Yosemite (fondato nel 1890, il secondo degli US dopo Yellowstone) è semplicemente fantastico, per noi ha rappresentato il “primo contatto” con l’immensità della natura americana: una vera meraviglia!. Tornando a discorsi più prosaici ricordatevi di acquistare il NATIONAL PARK PASS richiedendolo ai ranger dell’ingresso, sono molto disponibili e ve la forniranno immediatamente. Purtroppo l’Indipendence Day si fa sentire, non sono arrivati gli alieni ma c’è comunque troppa gente: sembra di essere in Val d’Aosta ad agosto, auto e camper (giganti, ovviamente) ovunque con famigliole americane con papà, mamma e 2000 figli (eh si, qui la famiglia media ha due-tre figli…)!. D’altronde come dal loro torto: come non approfittare di una simile meraviglia della natura a due ore sole di auto da San Francisco? Noi siamo arrivati dall’ingresso ovest (Arch Rock Entrance, passando dalla Route 140) e dopo esser rimasti a bocca spalancata di fronte alla parete di roccia infinita di El Capitan (3000 piedi di granito verticale) e aver ammirato l’Half Dome ci siamo spostati fino a Wawona dove troverete un bellissimo Historic Hotel (fine ‘800) dove potrete anche pernottare (ovviamente prenotando molto in anticipo, ma che prezzi…) e ci siamo mossi fino al Mariposa Grove of Giant Sequoias dove potete vedere le sequoie giganti (è un bosco di sequoie, alcune di più di 2700 anni) e poi siamo tornati indietro e abbiamo attraversato tutto il parco fino a Tuolumne sulla Highway 120, splendido!. Noi purtroppo non abbiamo potuto ammirare le sequoie perchè le visite guidate quel giorno erano troppo congestionate!! la gita guidata porta comunque via almeno un paio di ore. Va detto che noi abbiamo visitato il parco abbastanza superficialmente, anche perchè ci ricordava molto le nostre Alpi e non vi abbiamo trovato nulla di particolarmente nuovo (o meglio: girare in auto una simile meraviglia è come prendersi a martellate in posti importanti. Il mio sogno sarebbe di farsi una o due settimane di trekking!!!!). Comunque, come detto, il parco è assolutamente splendido e se davvero volete gustarvelo dovete spenderci un paio di giorni: uno per vedere la Bridalveil Falls, El Capitan, L’Half Dome, il Glacier’s Point e la Mariposa groove of Giant Sequoias e uno per girare nel parco in auto, se invece volete andare anche al Sequoia National Park (NP) un solo giorno è sufficiente: tralasciate Mariposa, le sequoie le vedrete, appunto, a Sequoia NP!!! Come detto, pernottare dentro il parco è possibile, anche se abbastanza costoso. Se avete affittato un Camper potete dormire nelle aree attrezzate, ma fate attenzione agli orsi… Negli opuscoli distribuiti all’ingresso dai ranger ci sono alcune foto “inquietanti” (orsi sul tetto delle auto o dei camper…).

Usciti da Yosemite facciamo rotta per la Death Valley che visiteremo il giorno successivo. La nostra meta è Ridgecrest dove abbiamo pernottato in un Motel 6. Lungo la strada (la route 385 per l’esattezza) vediamo sulla nostra destra l’immensa catena montuosa che preannuncia il sequoia National Park. Ci fermiano per cena a Lone Pine, in una bella tavola calda americana dove Ilaria, con mia somma invidia, si sbafa una buonissima bistecca di 12 once (330 g!!!) alla modica cifra di 12 dollari…Io (come accadrà in tutta la vacanza quando si tratta di scegliere un piatto sconosciuto…) ordino il piatto sbagliato e mi mangio uno schifosissimo hamburger di tacchino, bleah! Il locale aveva anche un gruppo musicale country alla Johnny Nash; l’atmosfera era molto “American” e ce la siamo gustata volentieri. Un breve accenno ad una nostra disavventura: Nei pressi di Ridgecrest ci sono due immense basi militari della marina. Noi siamo arrivati a Ridgecrest la sera tardi (stavano esplodendo i fireworks per la festa dell’Indipendence Day) ed abbiamo imboccato per sbaglio l’ingresso della base militare dove dei poliziotti (peraltro gentili) hanno comunque dimostrato come anche negli USA ‘esercito’ sia spesso sinomino di ‘idiozia’ (non voletemene). Con il senno di poi: sarebbe meglio pernottare nei pressi (o all’interno) del parco di Yosemite per poter dedicare almeno una giornata intera al parco. Possibilmente evitate le visite nei weekend.

Death Valley National Park – 5 Luglio 2004

La mattina dopo sveglia alle 4 e partenza da Ridgecrest destinazione Furnace Creek. Decidiamo di partire molto presto per essere nella Death Valley di buon mattino ed evitare di essere nella fornace della Valle della Morte nelle ore più calde. Ci muoviamo sulla Route 178, passando per Westend e Trona (bel nome vero?), dove le cave di zolfo emettono un odore di uovo marcio terribile!!! Allontanandoci da Ridgecrest affianchiamo per decine di Kilometri il “China Lake Naval Weapons Station” una sorta di enorme poligono militare della marina. Man mano che ci allontaniamo da Ridgecrest il paesaggio diventa sempre più lunare: strade interminabili, cactus, cespugli spinti dal vento e neppure un’anima!!!, siamo in pieno deserto del Mohave, il cosidetto “cugino povero” della Valle della Morte. Nella nostra marcia attraverso il nulla incontriamo anche una città fantasma (BALLARAT), ma preferiamo tirar dritto (avremmo dovuto percorrere 3 miglia di sterrato e la desolazione del luogo non ci lasciava tranquilli…). Un consiglio:: evitate di scendere fino a Ridgecrest (osservate la cartina sottostante), conviene fermarsi prima sulla interstate 378 e poi imboccare la route 136 o 190, risparmiate un mucchio di strada; per chi proviene direttamente da San Francisco conviene seguire la 580 est, poi immettersi sulla 99 sud e procedere fino a Bakersfield, da dove un rapido giro per il deserto del Mohave (prima la 58 sudovest, poi la 14 nordest, infine la 178 est e la SR 190 est) porta all’ingresso occidentale del parco noi avevamo sbagliato perchè non avevamo trovato un sito come questo… In questo luogo desolato numerosi pionieri si avventurarono rischiando spesso la morte. Quando L’oro fu scoperto in California ed inizio’ la celebre “Gold Rush” si narra che una cinquantina di pionieri si incamminarono con le loro carovane lungo la valle. Partirono in inverno e fu grazie a questa scelta che non morirono di sete poiché, ormai all’estremo e senz’acqua, s’imbatterono in una fortunosa tempesta di neve che li salvò. Lo scenario della Valle della Morte è quello di un deserto, ma nessun altro deserto al mondo assomiglia a quello della Death Valley, e nessuno presenta cosi’ tanta diversità di scenari naturali. La valle vera e propria è delimitata ad ovest dai 3.600 metri del Telescope Peak e ad est dal promontorio di Dante’s View, a nord dal cratere di Ubehebe e dalle dune di sabbia di Eureka, e a sud si perde nel buco nero di Badwater, la depressione piu` bassa (- 94 m.) dell’emisfero occidentale, il tutto in un raggio di poche decine di chilometri. Appena si entra nella Death Valley, scollinando attraverso il Towne Pass, si incontrano delle dune di sabbia da deserto africano di Eureka. Passate le dune di sabbia ci dirigiamo verso a Furnace Creek, lungo il tragitto incontriamo pure un pazzo furioso, interamente vestito di bianco, che corre per strada. Il passaggio dall’auto, con aria condizionata, all’esterno è terribile: il soffio del drago… Arriviamo fino a Badwater e ci fermiamo per le foto di rito. Il posto è davvero impressionante, ci sono 50 gradi e regna un silenzio impressionante. Ilaria prova, nonostante glielo sconsigli, un bagno da campo e quel ricordo è ancora impresso a fuoco nella sua mente… Vediamo anche un pezzo di Golden Canyon che meriterebbe una camminata al suo interno (carino: un poco verde, un poco rosso, del nero qua e là, tutti i colori insomma!!!), ma il caldo è insopportabile. A proposito, non stressate troppo l’auto…Fermarsi in panne nella valle della morte non è piacevole. Tornando verso Furnace Creek imbocchiamo la 190 in direzione Death Valley Junction. Mancherebbe da vedere Dante’s View, (noi l’abbiamo saltato) che permette di vedere l’intera valle dall’alto. Pare sia molto suggestivo al tramonto. La prossima tappa è LAS VEGAS!!! Con il senno di poi: Il tragitto Yosemite – Death Valley – Las Vegas è abbastanza lungo. L’ideale sarebbe pernottare nella Valle della Morte per potersi gustare appieno la valle al tramonto e avere la possibilità di visitare qualche città fantasma.

Las Vegas – 5/6 luglio 2004.

Usciti dalla Death Valley facciamo rotta per LAS VEGAS, il paesaggio è molto impressive: terminata la desolazione “lunare” della Valle della Morte troverete dei territori completamente ricoperti di cactus e Joshua Trees, il tutto molto pittoresco e direi quasi romantico. L’idillio si spezza appena si passa il confine e si entra nello stato del Nevada: La prima cittadina che incontriamo dopo aver lasciato la California è Pahrump, un posto dimenticato da Dio pieno di GAMBLING CASINOS!!! figuratevi che anche le stazioni di servizio hanno le slot machines. Incontriamo anche una “mandria” di Harleyisti, tutto intorno alla strada corrono leprotti… Tutto molto “american”; la temperatura nel frattempo è sempre tra i 110 e i 115 Farenheit (fate la conversione: F = 1.8 * C + 32, da cui ricavate 43 – 46 gradi Celsius…). Per Las Vegas preparatevi: è un vero bordello (in tutti i sensi…), l’unico vero modo per comprendere questa città e tutto quello che le gira intorno è visitarla. Innanzitutto vi trovate di fronte ad una città enorme in mezzo ad una landa desolata e che deve la sua esistenza all’acqua e all’elettricità della diga di Hoover, ma lasciamo perdere le descrizioni alla Folco Quilici e torniamo al nostro viaggio: noi abbiamo alloggiato all’ ALADDIN RESORT: SPET-TA-CO-LO!!!!! due notti a 100 dollari l’una (ma nel weekend è molto di più) qui conviene prenotare dall’Italia via web come abbiamo fatto noi. L’albergo è semplicemente immenso. ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE IL DESERT PASSAGE, che si estende per 2 km (!) per tutto il pian terreno dell’Hotel: un gigantesco centro commerciale di foggia orientale, nel senso che è tutto fintamente orientale dai negozi al cielo!!!. Il cielo finto è la cosa che più ci ha colpito: l’intensità dell’illuminazione è regolata con l’esterno: Tutto chiaro e soleggiato di giorno mentre la sera le luci sono più soffuse e la notte ci sono pure le stelle!!! C’è anche un tratto con la pioggia artificiale, con tanto di tuoni e i fulmini!!! Noi abbiamo adibito il Desert Passagge a nostra base: ci facevamo colazione, pranzo e cena (l’abbondanza dei locali vi lascerà l’imbarazzo della scelta), vi abbiamo fatto shopping e abbiamo anche speso qualche dollaruccio alle slot machines. Fate attenzione pero’ a quando uscite dall’albergo: l’aria condizionata mantiene l’interno a 18 gradi, mentre all’esterno troverete facilmente 115/120 F (più di 45 gradi!!!), una vera mazzata! La nostra camera era davvero mostruosa!! mi basti dire che il bagno con due lavandini, idromassaggio, doccia e water da solo era grande come una doppia di certi 4 stelle italiani e credetemi non esagero, per contro un motel a Las Vegas ha prezzi paragonabili (80-100 dollari) ed è molto fuori mano. Noi abbiamo passato due notti in questo luogo, cazzeggiando, nuotando in piscina e recuperando completamente il fuso orario. Basta passeggiare lungo la “Strip”, la lunghissima via che attraversa la città, lungo le 5 miglia d’asfalto più movimentate del mondo, per rendersi conto della goliardia e assurdità di questa oasi artificiale: qui si affacciano tutte le principali attrazioni, nonchè il principale palcoscenico di C.S.I. Las Vegas, zeppa di pacchianerie tipicamente americane (anche le palme sulla strada sono di plastica…). Lungo la Strip troverete tanti figuri con dei bigliettini di carta in mano (delle striscette “strip”, appunto… Con tutti i doppi sensi che vi vengono in mente…) che vi offrono, sbattendo i biglietti sul palmo aperto della mano, l’ingresso ai vari locali di spogliarello. Gli hotel più belli della Strip sono il già citato Aladdin Resort, Il Paris, L’MGM (quello di Ocean’s Eleven per intenderci), il Venetian, il Ceasars Palace, il Luxor, il Bellagio, Il Treasure Island: tutti pacchianissimi!!!! (mentre scriviamo queste righe nell’aprile 2005 veniamo a sapere che già un nuovo e immenso hotel è prossimo all’inaugurazione). Se avete tempo, visitateli. Mentre girate per la città non fatevi mancare delle bottigliette d’acqua (ne vendono ovunque) perchè la temperatura come detto è da star male! Il Venetian vi stupirà con le gondole, i gondolieri, il ponte di Rialto con gli escalators… Il Paris vi meraviglierà con la Tour Eiffel, l’arco di Trionfo, improbabili giovanotti vestiti alla francese in groppa a biciclette… Il Luxor, con la sua Sfinge e le piramidi, è forse il più kitch di tutti gli Hotel che abbiamo visitato… Ultima cosa: a Las Vegas come è legale il gioco d’azzardo, lo è altrettanto il matrimonio, così come il divorzio, lampo; la città è piena di Wedding Chapels. I matrimoni contratti qui, legali a tutti gli effetti negli USA, non hanno validità in Italia, ma potrete sempre regolarizzarlo una volta rientrati…

Zion National Park – 7 luglio 2004.

Usciti da Las Vegas imbocchiamo la Route 15 e ci dirigiamo verso Zion, uno dei cinque grandi parchi dello Utah. Lo Utah usa la Mountain Time e andate quindi un’ora avanti. È lo stato dei Mormoni (se ne vedete qualcuno li riconoscerete subito, sembrano spaventapasseri!!!). Già durante il viagggio si incontrano dei bellissimi canyon che si attraversano in auto. Entriamo a Zion passando da St. George e Hurricane. Appena passata Hurricane il paesaggio diventa tutto rosso, ci sono anche i villaggi dei pionieri (ovviamente e rigorosamente fake!). Entrati a Zion, parcheggiamo la macchina e prendiamo le navette (lo ripeto ancora una volta: americani, grandi, grossi, obesi ma efficientissimi!!!) per goderci lo Scenic Drive fino in fondo al parco. Creato da milioni di anni di evoluzione geologica, il Zion National Park è caratterizzato da enormi lastre verticali di sabbia rocciosa pietrificata che si innalzano per oltre 350 metri dal fondo valle i cui campi erbosi e abissi di rocce rosse sono bagnati dal Virgin River (vi spiegheranno tutto i ranger al visitor center, se vi interessa.) La cosa che si nota immediatamente è la “sua normalità”, anche se è un gran bel posto non è comunque caratterizzato da nessuna delle caratteristiche uniche di molti altri parchi, un posto del genere potreste trovarlo anche in Europa! Noi facciamo sosta a tutti gli stop delle navette (gli autisti forniscono costantemente informazioni sulle bellezze del luogo) e ci fermiamo a mangiare al Zion Lodge, sdraiati sull’erba. Finalmente erba vera e una temperatura umana!!! è anche possibile vedere dei castori, anche se noi ce li siamo persi. Al pomeriggio scarpinata di un’ora lungo l’Emerald Pools trail a vedere cascate (ma ci sarebbe da girare per giorni!!!!) e poi di nuovo navetta fino alla fine del canyon a Sinawava Temple. Continuaiamo ancora a piedi e incontriamo torme di scoiattolini…(beh, mica tanto “ini”) e di ragazzine mormone con gonne kilometriche. La maggior parte dei percorsi all’interno del parco possono essere fatti da soli e non necessitano di una guida (potete ritirare l’elenco direttamente al Visitor Center), perciò tutto ciò che dovrete fare è godervi la passeggiata. Sicuramente questo non è un parco da turista “mordi e fuggi” ed andrebbe apprezzato con soggiorni di più giorni con camminate o gite in mountain bike per cui se rimanete nel parco per un giorno solo dovrete, come noi, fare una scelta e vedere solo alcune cose. Usciti dal parco torniamo sulla route 15 e ci dirigiamo verso Bryce Canyon, pernottiamo a Cedar City (Super 8), la camera non è malvagia ed il prezzo ragionevole. Usciamo per cena, ma in questo posto dal nome da formaggio non c’è proprio niente e finiamo in un McDonald’s. Tornando in Hotel incontriamo una pattuglia con uno sceriffo del posto con tanto di fucilazzo a pompa in bellavista. Brutto posto Cedar City!!! Nel complesso Cedar City ci ha fatto una gran brutta impressione, un posto dimenticato da Dio. Nota: in estate non è possibile entrare dalla entrata est del parco di Zion, per non disturbare gli animali.

Con il senno di poi: sarebbe meglio pernottare nei pressi (o all’interno) del parco per poter dedicare almeno una giornata intera alle escursioni.

Bryce National Park – 8 luglio 2004.

Di buon mattino ci lasciamo alle spalle Cedar City e partiamo alla volta di Bryce Canyon, anch’esso nello Utah. Dopo aver cercato inutilmente la Route 15 ci dirigiamo sulla Route 14 nord e usciamo a Browan. Prendiamo per Brian Head e, salendo un pezzetto di Canyon, arriviamo in mezzo ad una stazione sciistica!! troviamo pure un punto panoramico con degli scorci splendidi. Incontriamo anche dei cani delle praterie (Prairie dogs), avanzando ancora nell’altipiano incontriamo un bel lago e tante casette in legno, il posto è parecchio ameno, ricorda molto la zona, per chi la conosce, delle 2 Alpes in Francia. Bryce Canyon è molto avvincente. Entrati nel parco ci addentriamo nella pineta verso Bryce Point e non immaginiamo il panorama meraviglioso che si staglia al di la di quei pini. Mano a mano che ci avviciniamo al margine del canyon, si scorgono gli enormi anfiteatri di guglie rocciose!. Numerosi sono i punti panoramici disseminati lungo il plateau rim di 18 miglia: dal Rainbow point (a 2778 mt), al Ponderosa Canyon, dal Natural Bridge, all’Inspiration Point fino al più celebre e già citato Bryce Point; ovunque lo spettacolo è mozzafiato. I colori vivaci del parco sono splendidi, putroppo noi vi siamo giunti in tarda mattinata, si dice che all’alba e al tramonto siano incredibili! anche qui lungo il margine del canyon e a valle vi sono numerosi sentieri per passeggiate e escursioni, tutto dipende dal tempo che avete a disposizione! Se avete tempo non perdetevi il Navajo Loop Trail (circa 2 ore). Si scende all’interno del canyon seguendo un percorso ripido e faticoso ma senza dubbio indimenticabile. Come detto fatelo al tramonto, sia per evitare il caldo, sia per apprezzare maggiormente le sfumature delle rocce, che dal rosa pallido passano al rosso acceso. Noi facciamo un bel giretto in auto (anfiteatro e archi di roccia) e poi dirigiamo verso Arches: imbocchiamo la Route 89 verso est e poi la Interstate 70, verso Green River e Moab. Prima di Partire ci fermiamo in una tavola calda nei pressi dell’ingresso al parco di Bryce e chiediamo entrambi una bella bistecca. Purtroppo, di nuovo con mia somma incazzatura, la bistecca non è all’altezza di quella sbafatasi da Ilaria a Lone Pine… Uffa!! Come anche a Cedar City le persone appaiono abbastanza inospitali tradendo sorpresa e sconcerto appena capiscono che siamo stranieri, insomma hanno abbastanza l’aria ostile tipica di certi personaggi in alcuni filmacci americani. I paesaggi incontrati procedendo verso Green River sulla interstate 70, che taglia trasversalmente la parte meridionale dello Utah, sono da America On The Road. Indimenticabili. La zona è tutta un canyon e l’Interstate segue le asperità del terreno (qui evitano l’uso dei viadotti ciclopici in uso in Europa, anche se stranamente non disdegnano di sventrare i canyon piuttosto di fare dei tunnel… Boh!), in fondo alle lunghe discese (che possono essere lunghe anche Km!) ci sono delle vie di fuga (runaway trucks ramp) per i trucks che possono perdere l’uso dei freni in queste discese interminabili! Dalla I-70 ci spostiamo sulla I-191 e ci dirigiamo verso Moab; mano a mano che vi avvicinate, osserverete che il paesaggio cambia, dal deserto rosso si stagliano alcune formazioni sabbiose che diventano sempre più distinte: picchi, vette, guglie, rocce in bilico, e finalmente, gli archi. Sulla I-191 ci sono parecchi cartelli stradali che invitano alla prudenza in caso di tempeste di sabbia e di “flash floods” le piene improvvise che possono capitare dopo i tremendi temporali che si scatenano da queste parti. La potenziale violenza degli eventi naturali in questa zona degli Stati Uniti ci lascia alquanto perplessi

Arches National Park – 9 luglio 2004.

Moab. Questa si che è una bella cittadina! ci sono mille opportunità di fare sport (canoa, mountain bike, trekking, peccato essere di corsa!!!) e la sera si può vagare e fare shopping senza problema. Insomma una cittadina un poco piu’ ‘europea’ di tante altre incontrate… Moab è nota in tutti gli USA per le escursioni in Mountain Bike, ma le sue tradizioni ricreative risalgono a molto tempo prima dell’inizio del ciclismo da montagna. Il Colorado River scorre in questa regione e se ne può approfittare per delle belle discese di Rafting. Qui gli ‘indigeni’ sono piu’ amichevoli (nel resto dello Utah appena percepiscono il tuo accento straniero ti guardano strano, e ignoranti come capre quali sono non sanno neppure da che parte del mondo venite quando glielo spiegate!). Alloggiamo al Big Horn Lodge e ci troviamo benissimo. Sfruttiamo pure uno sconto di 10 dollari avuto al visitor center. La sera facciamo un giretto per Moab: la temperatura è ideale con tanto di venticello fresco. La mattina del 9 luglio facciamo un’ottima colazione alla Pancake Haus (ci sbafiamo dei blueberry Pancakes con tanto di maple syrup, io ne divoro 3, buuurppp!!!) e poi partiamo per un’altra delle meraviglie dello Utah: Arches, che si trova ad appena 5 miglia dal nostro Motel. Arches è un luogo dove acqua, ghiaccio, temperature estreme e il movimento del sale sotterraneo hanno scolpito più di 2000 archi di roccia, dai più piccoli (90 cm.) al più grande (il Landscape Arch con un’apertura di 90 metri). Cercate di essere dentro il parco per l’alba (vabbè se come noi ci andate a luglio lasciate perdere…) le rocce rosse risaltano parecchio. Il parco è famoso per i suoi archi di roccia e per le dune pietrificate. Se avete tempo potete fare tutti i sentieri che volete. Tenete conto che anche qui fa parecchio caldo durante il giorno. Noi andiamo fino al Devils Garden in auto e poi ci dirigiamo a piedi fino al Delicate Arch, splendido! Se arrivate a Moab la sera approfittatene per fare un giro lampo dentro il parco (vi tornerete eventualmente il giorno dopo per una visita più approfondita) a godervi i colori del tramonto!! entrare nel parco da Moab è facilissimo (guardate la mappa) e ci impiegherete pochi minuti. Inutile ribadire che anche questo parco avrebbe bisogno di almeno un paio di giorni per poter essere visitato (e apprezzato) a pieno.

Con il senno di poi: sarebbe meglio pernottare nei pressi (o all’interno) del parco di Bryce per poter dedicare almeno una giornata intera alle escursioni e poter vedere le guglie all’alba.

Canyonlands National Park – 9 luglio 2004.

Terminata la visita di Arches, da Moab ci muoviamo anche per la volta di Canyonlands. Il parco è molto vasto ed è composto da tre zone principali: Island in the sky, Needles e The Maze (ovvero “il Labirinto”, percorribile solo su fuoristrada), noi scegliamo di vedere solamente ISLAND IN THE SKY (20 miglia dopo dead horse point, guardate la cartina sottostante o scaricatene una più dettagliata). Lo spettacolo che vedrete è fantastico: è una sorta di gigantesco altopiano a forma di Y, da dove potete osservare il punto dove il Green River e il Colorado si incontrano, 1000 metri più in basso. Lo spettacolo è grandioso e non si può spiegarlo in due parole, nè renderlo bene in foto: canyons, insenature, crepe, archi, monoliti… Il tutto alternato e molto vario. Veramente spettacolare e anche molto caldo. La nostra visita di Canyonlands è stata molto superficiale (abbiamo saltato anche Dead Horse Point), ma a nostro avviso la vastità del parco rende davvero difficile poterlo apprezzare. Terminato il giro ci dirigiamo verso Mexican Hat (cosi’ chiamato per una roccia a forma di sombrero), dopo aver mangiato in un ristorante messicano di Moab, dove ci sbafiamo due piatti enormi e complicati che ci rimangono sullo stomaco. Partiti da Moab ci dirigiamo verso Monticello (che nome!) e quindi verso Mexican Hat. Il paese è davvero terribile (4 casette e tante roulotte in mezzo al deserto), i primi motel che incontriamo sono davvero allucinanti. Noi alloggiano al San Juan Inn and Trading Post per la bellezza di 76 dollari per una doppia, un’enormità rispetto a quanto pagato fino ad ora. Accanto al Motel e infossato tra le rocce scorre il San Juan River; vedere un fiumiciattolo pieno d’acqua in un luogo arido è abbastanza impressionante. Mexican Hat non è un posto che si presta a visite serali cosicchè ci rintaniamo in camera, ci guardiamo “Man in Black” alla tivvu’ e andiamo a nanna. Con il senno di poi: sarebbe meglio pernottare nei pressi (o all’interno) del parco di Bryce per poter dedicare almeno una giornata intera alle escursioni e poter vedere le guglie all’alba.

Monument Valley – 10 luglio 2004 La mattina seguente, dopo esserci sbafati un’altra pila di pancake ai mirtilli con lo sciroppo d’acero (B-U-O-N-I-S-S-I-M-I!!), ci dirigiamo alla volta della Monument Valley. Questa è senz’altro una delle tappe fondamentali di una vacanza nel sud-ovest americano. Chi di noi non ha mai visto, in una agenzia viaggio o in una rivista, una foto o uno scorcio della Monument? Quando la ammirerete con i vostri occhi scoprirete subito che è davvero spettacolare e vi lascerà senza fiato, è esattamente come la si vede nei film western (indimenticabile il John Ford Point!! noi ci siamo arrivati a bordo del catorcio navajo e ci siam trovati la figura di un indiano a cavallo fermo su una rupe come in “Ombre Rosse”, vi assicuro che faceva un certo effetto…). Visitare la valle è semplice: se avete affittato un fuoristrada potete girarvela per i fatti vostri, altrimenti vi conviene lasciare la vostra macchina al visitor center e farvi scarrozzare dagli indiani Navajo sui loro fuoristrada: preparatevi ad una allegra gita sui loro sgangheratissimi mezzi (40 dollari). Anche una gita a cavallo non è male!!! Vi sconsigliamo di fare il giro con la vostra auto perchè, anche se la strada sterrata è ancora percorribile in auto, sarete comunque costretti a seguire un percorso limitato all’interno della valle. Noi abbiamo trovato impressionanti e maestosi, oltre al fantastico John Ford Point, le Three Sisters, il Totem Pole (un pilastro di roccia altissimo e isolato) e i Butte (le guglie di roccia). Il paesaggio è arido, ma chi sceglie di fare il giro della valle sui fuoristrada dei Navajo troverà anche una fonte presso la quale cresce un poco di erbetta verde con tanto di vacche al pascolo! Come dicevo presso il Visitor Center vi sono parecchi Indiani Navajo che con le loro Jeep invitano i turisti ad un tour organizzato, noi abbiamo fatto il giro con guida Navajo, insieme a una famigliola di americani (stranamente poco socievoli). L’indiamo guida (Penna d’Aquila) ci ha mostrato i vari picchi raccontandoci qualche aneddoto. Al di la delle cose raccontate da lui la valle è davvero grandiosa e vi lascerà estasiati. 4 commenti sulla monument: • agli indiani (veramente dei GRAN PARACULI!!!!!) non portate via l’anima fotografandoli. • non è un parco nazionale per cui l’ingresso lo pagherete comunque, anche se avete il National Park Pass (10 dollari). • Se fate il giro con i loro fuoristrada fingeranno di insabbiarsi e vi faranno spingere…Minchiate per americani. • il mio giudizio sui nativi è assolutamente personale, a molta gente fanno un effetto totalmente differente, molti si stupiscono nel vedere il popolo Navajo costretto per vivere a vendere ai turisti bigiotteria e artigianato locale o a proporsi come guide Il mio più grande rimpianto è purtroppo quello di ‘bruciare’ molte fotografie a causa della luce accecante, un vero peccato!!! comunque la Monument Valley, con il Grand Canyon e Yosemite, sono i tre più belli ed emozionanti spettacoli naturali che a posteriori ricordi, quelli che piu’ di tutti ci sono rimasti impressi. Usciti dalla Monument ci dirigiamo verso Kayenta, con l’obiettivo di vedere velocemente il Canyon de Chelly. Percorriamo il North Rim Drive del Canyon de Chelly e ci fermiamo in due overview point dai quali si possono vedere le antiche abitazioni degli indiani, senza entrare nella valle. Usciti dal Canyon ci dirigiamo verso Tsaile, ma non troviamo alcun collegamento per la route 666 e siamo costretti ad attraversare tutta la riserva Navajo fino a Mexican Water e poi imbocchiamo la Interstate 160 est verso i Four Corners e Cortez, nostra meta, dove pernottiamo in un Super 8.

Con il senno di poi: Fondamentale visitare la Monument Valley al tramonto per scattare delle foto da urlo. Possibilmente pernottate nei pressi della valle.

Mesa Verde National Park 11 Luglio 2004 Al Super 8 di Cortez sono gentili e disponibili e ci organizzano pure la gita di mezza giornata nel parco di Mesa Verde. Come accoglienza, camera e servizi pare il migliore dei super 8 girati fino ad ora. Ilaria ha le palpebre scottate (!), dopo la gita nella Monument. La mattina dopo ci dirigiamo all’ingresso del parco per iniziare la gita, dove scopriamo che l’autobus per la gita è gia partito!! insomma i tizi del Super 8, tanto gentili e disponibili, hanno fatto casino, meglio andare al visitor center (all’ingresso del parco) e prenotare la gita da li. Riusciamo comunque a raggiungere gli altri “gitanti” del gruppo con tanto di ranger guida identico a Babbo Natale!!! Qui vediamo bombardati di domande sull’Europa dagli altri gitanti, tutti americani. Il Parco di Mesa Verde rappresenta per gli Stati Uniti quello che l’antico Egitto rappresenta per noi europei: la testimonianza di vita e opere di un grande popolo indiano denominato Pueblos, o Anasazi, da cui derivano tutte le altre tribù del sud-ovest. Il parco (a oltre 2200 metri d’altezza!) consiste di tanti insediamenti degli indiani Anasazi, con le loro caratteristiche costruzioni incassate sotto gli enormi costoni rocciosi del canyon. È anche possibile vedere come si svolgeva la loro vita quotidiana. La guida fa un poco ridere, banfa sull’antichità della loro civiltà (vecchia di dieci secoli…Ullalà…) millantandola come piu’ antica di quelle europee… Terminato il giro torniamo a Cortez e pranziamo da Antonio’s, altro ristorante messicano dove mangiamo bene. In generale a Cortez le persone sono molto più “open minded” che negli altri posti visitati fino ad ora. Molti sono affabili e chiacchieroni e appena scoprono la nostra origine europea attaccano un bottone tremendo. Da Cortez ci dirigiamo verso Durango (sulla route 160), dove ci fermiamo a fare la spesa in un Wal Mart, una specie di Supermercato gigante dove i prezzi, inferiori a quelli italiani su quasi tutto, mi fanno un poco incazzare. Arrivati a Pagosa Springs nel Colorado, ci spostiamo sulla route 84 in direzione Santa Fe, qui il paesaggio cambia completamente: dal deserto con i cactus alle foreste di pini con tanto di laghi e distese verdi immense che mi fanno, ancora una volta, innamorare della bellezza naturale di questo continente. Proseguiamo per Santa Fe e pernottiamo a Santa Margherita (poco lontano da Santa Fe) in un Super 8 veramente brutto (il peggiore di tutti quelli incontrati). Santa Fe e il Petrified Forest and Painted Desert National Park 12 luglio 2004 La mattina successiva visitiamo Santa Fe. La cittadina è carina, le abitazioni, in stile ‘Adobe’, caratteristico di questa parte del New Mexico, sono belline. Noi visitiamo il centro storico che ci lascia un’impressione strana: ha un’impronta indiana e “latina” allo stesso tempo, sembra di essere in Messico! L’anima americana la si nota quando ci si accorge che tutte le abitazioni sono “finte” nel senso che sono tutte costruzioni moderne rifatte sui vecchi stili. Mangiamo in un bel localino consigliatoci dalla guida (La Casa Sena) .

Visitata Santa Fe ci dirigiamo verso Albuquerque sulla route 25, proseguiamo per Gallup sulla route 40 e indi per Holbrook sempre sulla route 40. Al confine con L’Arizona, presso il Visitor Center di Lupton nella prima area di servizio della Route 40 in Arizona, troviamo la Travel Coupon Guide che dà diritto a molti sconti nei motel, averla trovata prima!! Pernottiamo a Holbrook al Best Western Arizonian Inn per la ridicola cifra di 50 dollari, con piscina e colazione inclusa. Tra l’altro il Motel è nei pressi del Wigwam Motel celebre pezzo di storia della route 66. 13 luglio 2004 Il giorno dopo (è ormai il 13 luglio) visitiamo la Foresta Pietrificata. La foresta pietrificata ci offre uno spettacolo di colori meravigliosi, le piante sono state pietrificate dopo un’eruzione vulcanica, 220 milioni di anni fa e restituite in seguito alla superficie terrestre dall’erosione. La stessa cosa vale per il Deserto Dipinto che, come dice il nome, è un vero quadro a cielo aperto. Noi entriamo da Sud (Rainbow Forest Museum) ci fermiamo a fare una passeggiata di un paio di miglia a fotografare i tronchi fossili e ci dirigiamo indi verso il deserto dipinto. Terminata la visita del parco abbiamo imboccato la Interstate 40 (l’arteria che ha sostituito la Route 66) est verso Flagstaff, cittadina carina (una sorta di oasi culturale in mezzo al paesaggio desertico) che visitiamo superficialmente perchè si scatena un furioso temporale. Visitiamo pure Sedona, mecca del New Age, dopo aver lasciato le valige in un motel di Williams (per la precisione all’ Howard Johnson Travel Inn). Sedona è una cittadina molto carina e tranquilla, sede di numerosi artisti di tutto il mondo, con un bellissimo panorama di picchi alti e rossi e avvolta in atmosfere New Age, sembra una di quelle città dei film western, ma in versione gran magazzino. A Sedona ci mangiamo il Cono Gelato Piu’ Grosso Del Mondo, un mostro da piu’ di mezzo kilo! roba da ammerrigani!!! BURP!! Da queste parti c’è pure il Meteor Crater, ma la nostra guida lo ha liquidato con poche righe ed abbiamo deciso di saltarlo.

Con il senno di poi: I colori della foresta pietrificata e ancor più del deserto dipinto sono fantastici al tramonto. Organizzate la vostra visita in modo da avere un poco di tempo per le foto al tramonto: i paesaggi insanguinati dal sole morenti sono davvero struggenti.

Grand Canyon National Park – 14 luglio 2004. Dopo aver pernottato a Williams (all’ Howard Johnson Travel Inn) partiamo per la volta del Grand Canyon. Williams è la cittadina ideale per fare tappa prima di visitare il grand Canyon, dista solo un’ora di auto: sono solo 50 miglia, e vi arriverete percorrendo la route 64 e poi la 180. Il tempo non è bellissimo, ogni tanto cade qualche goccia d’acqua. Sul Grand Canyon dico solo una cosa: preparatevi, non esistono libri, video o foto in grado di prepararvi alla sua grandiosità. Noi percorriamo la Scenic Drive del South Rim in auto fino a Desert View e incontriamo pure i primi italiani! un gruppo di torinesi attempati, insomma il famtomatico Autobus “Gruppo Vacanze Piemonte” stracarico di sessantenni arzilli con signora al seguito che, indifferenti alle rimostranze delle gentil consorti, la battono pesantemente alla guida, italiana pure lei! (curioso vagare per il Gran Canyon e sentire improvvisamente il proprio dialetto dopo due settimane di inglese!). Come detto quella del Grand Canyon è stata la nostra ultima tappa “naturalistica”. Dai vari view points disseminati lungo il south rim le viste sono veramente molto belle ma il canyon rimane troppo lontano, si scorgono pochi dettagli e si riesce appena ad intuirne la grandezza e la maestosità. Se visitate il Grand Canyon all’inizio del vostro viaggio invece che alla fine come abbiamo fatto noi l’impressione di grandiosità sarebbe ancora più marcata. Per noi, invece, dopo un paio di settimane nella Grande Natura (lasciatemi usare le maiuscole!) del sud-ovest, una semplice “raffica” di punti panoramici non ci basta più, pertanto la nostra opinione è di tenersi il Grand Canyon come gran finale: la sua immensità è tale da oscurare tutto quanto potrete vedere negli altri parchi!!! un’alternativa al trekking, o alle gite di dorso di mulo, è quella di esplorare il Grand Canyon anche dall’aria, esistono infatti parecchie possibilità di fare dei giri in elicottero anche partendo da Las Vegas, Williams, Flagstaff etc. Sulla route 64 da Flagstaff verso l’ingresso del Grand Canyon abbiamo visto parecchi elicotteri fermi ai lati della strada e pronti al decollo, basta pagare… In alternativa ricordatevi che a Tusayan viene proiettato un bellissimo filmato IMAX con tutte le meraviglie del parco. Durante la nostra visita il tempo peggiora, si scatena un tremendo temporale e comincia a grandinare: in pochi istanti le pinete intorno al canyon si imbiancano e comincia a fare parecchio freddo; i chicchi di grandine son parecchio grossi e temiamo per l’incolumità della nostra Chevy. Anche se a malincuore, abbandoniamo il parco e ci dirigiamo alla volta di Barstow, passando di nuovo per Williams, sulla intestate 40. Con il senno di poi avremmo sacrificato una giornata a Los Angeles per vedere meglio il Canyon, ma come diceva Manzoni “Del senno di poi ne son piene le fosse”… Il maltempo ci rallenta (sull’autostrada da Williams a Kingman praticamente procediamo a passo d’uomo causa l’intensità della pioggia) e decidiamo di dormire a Kingman presso il Kingman Days Inn, dove possiamo usare un altro dei coupon e paghiamo solo 38 dollari! La sera ceniamo in un localino consigliatoci dalla guida (MR D’Z ROUTE 66 DINER), locale mitico della vecchia route 66 dove l’arredamento (i neon rosa, il juke box a giradischi rosa, i tavolini e i sedili anch’essi rigorosamente rosa) e l’atmosfera sono quelli tipici degli anni ’50 americani, sembra di vivere una puntata di “Happy Days” anche se dalle cucine proveniva musica RAP che faceva tanto 21-esimo secolo… A Kingman vediamo anche la bandiera Stars e Stripes più grande che abbia mai visto: presso un ditributore di benzina con tanto di torre di cemento con foggia a campanile alta venti metri e una flag sventolante che quasi toccava terra… Con il senno di poi: Il tempo dedicato al Grand Canyon non sarà mai abbastanza. Se potete affittate un giro in elicottero.

Barstow e Los Angeles – 15 luglio 2004 La mattina del 15 partiamo per Barstow, dove sappiamo esserci un enorme outlet, lungo la route 40, che lungo parecchi tratti costeggia e rimpiazza la Historic Route 66. A Barstow pranziamo alla Leonardo’s Original Pizzeria dove facciamo conoscenza con il cuoco, Leonardo appunto, di origine pugliese, che prova a stento a parlare in italiano. L’outlet di Barstow è davvero l’outlet degli outlet: Billabong, Quicksilver, Roxy, North Face, Nike, Protest, O’Neal, Gap, Banana Republic, Diesel, Timberland, di tutto di più. Dopo aver girato come trottole ripartiamo alla volta di Los Angeles, dove pernottiamo in un Super 8 a Los Angeles downtown (nei pressi del Dodger Stadium) pagando quasi 100 dollari per una notte. Il Motel, in piena downtown, è in un’ottima zona per girare LA (guardate il link allegato), ma la sera è davvero terribile: dopo le 20 scende una sorta di coprifuoco e per le strade non c’è più anima viva; noi facciamo due passi e ci buttiamo nel primo ristorante (ancora messicano, che nausea!) che troviamo. Ricordate che L.A. È una città immensa, mal servita dai mezzi con un servizio di metropolitana del tutto insufficiente a coprire tutta l’area cittadina per cui noleggiare una macchina è di fondamentale importanza. Inoltre munitevi di una mappa dettagliata della città per potervi districare tra le varie autostrade. 16 luglio 2004 Il giorno successivo (venerdì 16 luglio 2004) visitiamo gli Universal Studios, dove entriamo senza fare la fila avendo già comprato i biglietti dall’Italia tramite il sito web e risparmiando un bel po’ di coda: vi presentate direttamente ai turnstile con il foglio stampato del vostro pagamento et voilà! le porte del divertimento vi vengono magicamente spalancate! qui di possibilità di divertimento ce ne sono veramente tante. Tra le attrattive che più abbiam gradito citiamo: – Un Musical liberamente tratto dal film Spiderman. – Jurassic Park Ride: vi mettono in una specie di barcone legati come nelle montagne russe e vi fanno fare un giro in una specia di foresta pluviale, con dinosauri vari, molto bella la cascatona finale: si cade in verticale per oltre 10 metri con tanto di T.Rex che vi sfiora la testa, se ne esce bagnati come pulcini!!!. – The Revenge of the Mummy, the ride: altra cavalcata simile alla precedente, divertentissima – Terminato II – 3 D: con tanto di occhiali appositi con i quali pare di essere DENTRO il film – Shrek 4D: simile a Terminator. – La visita degli Universal Studios: visita guidata, in autobus, delle location di molto film arci-famosi da noi (Ritorno al Futuro, Lo Squalo, King Kong etc.). E poi Roller Coaster (montagne russe) a gogò ; la giornata passa veloce con gran divertimento e arriva la sera senza rendersene conto. Ricordate che anche agli Universal Studios conviene andarci in auto, hanno dei parcheggi comodissimi. Moltissime anche le opportunità di shopping. 17 luglio 2004 Il giorno dopo, sabato, lasciamo il super 8 e, cartina alla mano, guidiamo verso il mare. A Venice, sulla Muscle Beach e nella promenade verso Santa Monica abbiamo incontrato di tutto! La promenade è carina, anche se non molto diversa da un qualunque lungomare famoso nostrano: gente a passeggio, tipi da spiaggia, negozietti e tanto tanto sole!. Facciamo una mezza giornata in spiaggia a Venice Beach dove ci sono un sacco di surfisti, ma l’acqua del mare è molto fredda e fare il bagno non e’ facile. La sera dormiamo al Travelodge LAX Hotel nei pressi del Los Angeles Airport. 18 luglio 2004 Il giorno dopo è l’ultimo giorno: sigh! oggi si parte, ma in fondo siam contenti di tornare, ci manca il nostro letto e il nostro cibo. Giriamo la città fino alla Century City dove consegnamo la macchina: in totale abbiam percorso 6000 km!! posata la macchina, andiamo all’aeroporto e…Torniamo in Italia!! Volo British Airways Los Angeles – Londra – Milano. Maggiori info e foto su www.Msereno1970.Com



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