6000 km nel profondo sud

Da Miami a Miami via West Florida, New Orleans, Tennesse, South Carolina, East Florida (più un salto a Chicago) 13 Luglio 2002, Sabato Occhiatina al cambio ufficiale: dollaro pari a 1957 vecchie lire. Ore 5,15: partenza per AIR TERMINAL Leonardo da Vinci. “Hai chiuso il gas?”, “Hai chiuso la porta?”, “Chi ha preso i...
Scritto da: Michela 1
6000 km nel profondo sud
Partenza il: 13/07/2002
Ritorno il: 03/08/2002
Viaggiatori: in coppia
Da Miami a Miami via West Florida, New Orleans, Tennesse, South Carolina, East Florida (più un salto a Chicago) 13 Luglio 2002, Sabato Occhiatina al cambio ufficiale: dollaro pari a 1957 vecchie lire. Ore 5,15: partenza per AIR TERMINAL Leonardo da Vinci. “Hai chiuso il gas?”, “Hai chiuso la porta?”, “Chi ha preso i biglietti?”… Viaggio aereo ROMA-PARIGI-MIAMI all’insegna del continuo mangiare, non tanto per l’ottima colazione offerta dall’Alitalia nel volo Roma-Parigi, quanto per la quindicina di pasti consumati a bordo dell’American Airlines per la tratta Parigi-Miami (eh già, ci eravamo dimenticati come “si nutrono” questi americani!). A parte il momentaneo blocco all’aeroporto di Parigi a causa di un bagaglio sospetto che ci ha impedito di effettuare velocemente il cambio di terminal, siamo arrivati a Miami nel modo più confortevole possibile. Un piccolo particolare non ci ha permesso di coronare nel modo migliore il nostro trasbordo: al ritiro bagagli siamo rimasti completamente all’asciutto, due bagagli finiti chissà dove…

Iniziamo la nostra odissea al baggage service American Airlines; il loro regolamento non prevede l’alloggio nel caso di mancato recapito del bagaglio, ma dopo una agguerrita trafila di reclami, spiegando ad ogni supervisore che ci veniva presentato che, purtoppo, il nostro alloggio (cioè la nostra tenda) era nel nostro bagaglio, facciamo valere le nostre ragioni ed otteniamo un voucher per una notte (cioè quello che rimane) una cena ed una colazione al Radisson Hotel vicino all’aeroporto. Concordiamo con gli impiegati che se il bagagliodovesse arrivare in nottata ci verrebbe recapitato direttamente in albergo. Finalmente andiamo a dormire dopo 26 ore di veglia ed una lauta cena.

14 Luglio 2002, Domenica Colazione al Radisson Hotel (i bagagli ancora non ci sono). Ci rechiamo all’aeroporto dove scopriamo che uno dei due è già arrivato, mentre l’altro arriverà intorno alle 23:00; vista ancora una volta l’impossibilità di partire verso il sud (dove avevamo già prenotato posto in un campeggio) ricominciamo la trafila di reclami con i vari supervisori dell’AA fino ad ottenere un altro voucher comprensivo di pranzo, cena e colazione del giorno successivo.

Rassicurati, approfittiamo del pomeriggio libero per iniziare la nostra vita da normali turisti, cominciando la visita dalla bella spiaggia di Miami Beach per poi proseguire con una passeggiata nell’Art Deco District e nell’isola pedonale di Lincoln Road, piena di caffè e locali, con una galleria d’arte molto particolare. Dopo una fugace visita all’Hispaniola Way (quartiere spagnolo) torniamo in albergo per la cena, ma è troppo tardi e così interrompiamo la maratona culinaria iniziata il giorno prima.

15 Luglio 2002, Lunedì Finalmente l’altro bagaglio è arrivato!! Dopo la colazione in albergo partiamo per il nostro tour, destinazione: Key Largo. Nel percorrere la strada, che si snoda tra paludi e laghetti, avvistiamo con stupore i primi aironi di una lunga serie. Arriviamo a Key Largo intorno alle 12,00 e mentre montiamo la tenda nel campeggio prenotato via Internet, abbiamo subito il piacere di conoscere le vere padrone di questa zona: le numerose, grosse e fameliche zanzare! Dopo esserci tuffati dal molo del campeggiaci dirigiamo verso il John Pennekamp Coral Reef State Park, dove trascorriamo un tranquillo pomeriggio in spiaggia. Verso le 19,00 dopo esserci “tuffati” nell’Autan, intraprendiamo uno dei sentieri che si inoltrano nella vegetazione tropicale di mangrovie, dove vediamo alcuni animali caratteristici di questo ambiente paludoso. La protezione donataci dall’Autan resiste all’assalto delle fameliche zanzare solo per la prima mezz’ora, quindi terminiamo il sentiero correndo verso la macchina…

Visto che siamo un po’ stanchi decidiamo di mangiare in un fast-food, ma incappiamo in un Taco-Bell che ci fa gustare il buon pasto dopo più di un’ora di attesa… Forse dobbiamo rivedere il dizionario…!!! 16 Luglio 2002, Martedì La giornata odierna è dedicata alla visita delle Keys. Facciamo la prima sosta al Bahia Honda State Park dove, dopo un bel bagno in una delle pochissime spiagge offerte da questo arcipelago (con probabile avvistamento di due barracuda) decidiamo di fare snorkelling salendo nella barca che ci porta sulla barriera corallina. L’esperienza è stata davvero emozionante, ci si ritrova a nuotare tra mille pesci colorati, di tutte le forme e dimensioni, incuranti della presenza umana; non si è mai stanchi di essere lì, ma arriva l’ora di tornare sulla terraferma. Proseguiamo per Key West, dove arriviamo giusto in tempo per assistere alla “festa del tramonto”. L’architettura di Key West è davvero singolare, e la passeggiata sulla via centrale assai piacevole.

Si è fatto tardi, dobbiamo ritornare a Key Largo e sappiamo che, rispettando i ridottissimi limiti di velocità, ci vorranno almeno due ore. Arriviamo in campeggio all’1.30 a.M. Stanchissimi: la fatica dello snorkelling si sente solo ora!! 17 Luglio 2002, Mercoledì Smontiamo la tenda per cominciare il grande viaggio verso il nord. Nel percorso ci fermiamo all’Everglades National Park dove percorriamo uno dei sentieri che dal Visitor Center si addentrano nell’immensa palude del parco. Riusciamo a vedere tartarughe ed alligatori (adulti e cuccioli) anche fin troppo da vicino!!! Visitiamo in auto il resto del parco, seguendo la strada che porta fino a Flamingo; riusciamo ad avvistare aironi, avvoltoi e falchetti ed avvertiamo entrambi la stessa sensazione: ci sembra di essere in Africa… la palude è infatti così sterminata, selvaggia, piena di vita e suggestiva da far pensare ad un ambiente primordiale.

Lasciamo il Parco mentre inizia uno dei proverbiali temporali di queste zone e, durante l’intero consumarsi della tempesta, attraversiamo la Florida da Est a Ovest. L’ora tarda ci consiglia di prendere una stanza al Days Inn Motel di Bonita Beach.

18 Luglio 2002, Giovedì Di buon mattino raggiungiamo la bella spiaggia (non distante dal motel) costituita da un agglomerato di conchiglie e, durante un bagno, inaspettatamente, ecco l’avvistamento di una razza (solo all’uscita dalla spiaggia ci è saltato all’occhio un cartello in cuiveniva evidenziato il pericolo della puntura di una razza); naturalmente i numerosi aironi non mancano neanche qui.

Da Bonita Beach a Sanibel Island il passo non è breve ma è d’obbligo; qui esistono davvero le case stile “Famiglia Bradford” e in un piccolo specchio d’acqua ecco lì un altro alligatore, che vive indisturbato a pochi metri dall’abitato. Bagno, sole e poi via verso Tampa, dove assistiamo alla proiezione pomeridiana del film”Space Station” su schermo “IMAX” (semisferico) all’interno del complesso MOSI (Museum of Science and Industry; rimandiamo al giorno successivo la visita al resto del museo, e ci dirigiamo verso S. Petersburg dove montiamo la tenda all’Holiday Campground. Prima del meritatissimo riposo andiamo a cena a Madeira Beach: discreta la cena, carina la passeggiata sul molo che dà sulla baia.

19 Luglio 2002, Venerdì Facciamo colazione nel caffè cubano “La Tropicana” (nel cuore di Ibor City, distretto storico di Tampa) dove assaggiamo il caffè cubano, lungo ome quello americano ma dal sapore più deciso. Passiamo la mattinata al MOSI, girovagando nell’esposizione interattiva (affascinanti gli esperimenti sul magnetismo ed il simulatore dell’uragano, dove si viene sottoposti all’azione di un vento che spira a èpiù di 120 Km/h.

Partiamo verso le 13,00 alla volta di Pensacola, dove arriviamo intorno alle 19,00 (il cambio di fuso orario ci ha dato una mano). Montiamo la tenda in un bellissimo KOA Camp ed andiamo a cena in un ristorantino a Navarre Beach , consigliatoci dai gestori del campeggio.

20 Luglio 2002, Sabato La febbre del nuovo millennio attanaglia anche noi, tant’è che, vista la disponibilità di un punto Internet gratuito nel campeggio, spendiamo più di un’ora tra la lettura della posta elettronica e l’invio di SMS con i saluti ad amici e parenti.

Alle 11,00 andiamo verso Pensacola Beach, dove troviamo ad attenderci la famosa “spiaggia bianca” ed un’acqua veramente cristallina. Ci viene la tentazione di rimanere lì ancora un giorno ma il richiamo di New Orleans è più forte e verso le 16,00 partiamo, per arrivare a New Orleans alle 19,00 (attenzione: la vostra pronuncia del nome di questa magica città risulterà incomprensibile al più degli americani!!). Montiamo la tenda di nuovo in un KOA camp, ormai abbiamo la mappa di tutti i KOA degli USA e quindi andiamo a colpo sicuro.

Il gestore del campeggio ci illustra come arrivare al centro di New Orleans evitando il traffico e le zone meno sicure. Dopo una buona doccia ci avventuriamo verso la caotica serata di N.O. Che, oltre a mantenere la vecchia tradizione jazzistica, ospita oggi anche generi musicali e folklore di vita mondana. La strada indicataci non è proprio semplice, ed un paio di volte ci sembra di esserci addentrati in sobborghi neri che sono veramente caratteristici ma poco sicuri da attraversare. Ritrovata la retta via, passiamo attraverso St. Charles Avenue, strada ricca di bellissime case storiche.

Parcheggiamo nel French Quarter cominciamo la passeggiata tra un locale e l’altro, tra Rock, Pop e Jazz, tra i caratteristici vicoli con i balconi in ferro battuto, tra la folla già delirante dalle prime ore della sera. La nostra scelta ricade sulla “Maison Bourbon”, un locale dedicato alla preservazione del Jazz, dove la Band di “Jamil” suona nel migliore degli stili propri di Armstrong, Gillespie, Goodman & Friends.

Usciamo dal sobrio locale per immergerci nella ormai maleodorante Bourbon Street. Qui alle 2 notte circa la folla è più che mai esaltata:dagli straripanti balconi posti al primo piano dei disco-pub lo sport preferito è il lancio delle caratteristiche collanine alla folla sottostante, ed anche noi riusciamo ad intercettarne alcune, che indossiamo in segno di buon auspicio. Alziamo i tacchi quando la media della folla festante ha alzato fin troppo il gomito, e torniamo in campeggio a notte inoltrata, usando la più veloce Intestate.

21 Luglio 2002, Domenica Nell’impossibilità di trovare una chiesa ove assistere ad una messa gospel acquistiamo i biglietti per una “Brunch Gospel Cruise”, una crociera sul Mississipi con battello a vapore, pasto “all you can eat” e concerto Gospel (“A new beginning”).

I commensali di provenienza locale risultano i più caratteristici, specialmente le anziane e grassottelle signore nere dallo stile “Via col Vento”; queste, insieme ad una sosia di Woody Gooldberg, cantano all’unisono con il coro gospel, evidenziando ulteriormente l’atmosfera del sud, già così marcatamente rappresentata dal gigante Mississipi (le cui dimensioni lasciano capire il perché questo fiume caratterizza così fortemente questa zona). La crociera non poteva terminare se non con la tradizionale “When the saints go matching in”, durante la quale tutti agitano fazzoletti bianchi a ritmo di musica.

Dopo una passeggiata digestiva in Bourbon Street e sul River Side, l’arrivo di un improvviso temporale ci costringe dentro un centro commerciale.

Alle 16,00 circa il nostro viaggio riprende in direzione Great Smoky Mountains National Park (dove arriveremo solo il giorno successivo vista la grande distanza), quindi ci fermiamo a Meridian (Alabama) in un KOA camp (ormai un classico).

22 Luglio 2002, Lunedì Inizia una piena giornata “On the road”, ma non prima di una buona colazione a base di Pancake, con sciroppo d’acero e marmellata d’uva, biscotti locali con la besciamella e, naturalmente due abbondanti tazze di caffè; la partenza è preceduta anche da un rinfrescante tuffo in piscina.

Il viaggio ha una meta sicura: l’ennesimo KOA Camp, questa volta nel Great Smoky Mountain National Park (GSMNP). Il fuso orario non ci aiuta (dobbiamo avanzare di un’ora le lancette dell’orologio) ma l’arrivo non è poi così tardo (circa le 17,30) ed il viaggio piacevole, quindi, dopo il montaggio della tenda, troviamo il tempo di assistere, a sorpresa, ad una partita di baseball che si può gustare dall’altura in cui è posizionato il campeggio (proprio sopra lo stadio), che non ha nulla da invidiare alle tribune a pagamento situate nel lato opposto del campo. Le regole del gioco non sono per noi proprio chiare, ma l’atmosfera è sicuramente affascinante ed inusuale: la partita si evolve tra i cori dei tifosi e l’incitamento dello speaker, mentre, ad un certo punto, il volo della mazza del battitore verso gli spalti provoca un attimo di suspance nello stadio.

Al temine della partita ceniamo con hamburger e patatine da “Shoney’s”. Lì lo sport preferito, soprattutto dai non rari “pesi massimi” è il pasto a buffet, con il quale possono dar sfogo a tutta la loro ingordigia.

23 Luglio 2002, Martedì La giornata inizia con l’ormai più che amata colazione americana. Due i menù ordinati. Il primo costituito da latte, corn-flakes, caffè, succo d’arancia; il secondo composto dalla solita coppia di uova “Over easy”, bacon Toast bianchi, burro e marmellata .

L’intenzione è quella di riposarci facendo anche una piccola passeggiata nel GSMNP, magari in un sentiero non troppo impegnativo. Arrivati al parcheggio del Clingman’s Dome intraprendiamo, sotto un po’ di pioggia, l’”Andrew Bolds”, un sentiero che scende nel caratteristico bosco ed al termine del quale si sarebbe dovuto aprire il panorama sul parco (cosa che non si è verificata a causa del banco di nuvole che regnava su di noi e sulle valli circostanti). Nella risalita deviamo verso il punto più alto del parco, lambendo lo storico Appalachian National Trail (sentiero che va dall’inizio del parco fino a Washington D.C.). Dalla torre panoramica la vista a 360° spazia tra Tennesee e North carolina e l’atmosfera nebbiosa giustifica il nome attribuito alla riserva nazionale.

Al contrario dei nostri intenti torniamo verso il campeggio con tre ore abbondanti di camminata sulle spalle (anzi sulle gambe) e quindi con un po’ di stanchezza, ma prima facciamo una “puntatina” dal collaudato Shoney’s dove, questa volta, ci avventuriamo nella gettonatissima cena a buffet; i tre “refillaggi” ci conducono già satolli al piatto di frutta variegata.

All’arrivo troviamo il campeggio sotto una pioggia battente, che ci costringe a scavare un piccolo solco intorno alla tenda in modo da far defluire l’acqua che già si sta accumulando. Il lavoro compiuto ci permette di passare la lunga notte di pioggia in completa tranquillità. 24 Luglio 2002, Mercoledì Oggi nei nostri piani ci sono due sentieri: il primo sale fino alle “Chimney Tops” (3,5 h. Circa di percorso a/r) ed il secondo si inoltra verso la “Rainbow Fall” (circa 3 h. A/r), una delle innumerevoli cascate del parco.Tra i due, scegliamo di percorrere il primo in mattinata perché più faticoso, ed alle 11,00 circa siamo in cima, dopo aver affrontato l’ultimo tratto di semi-arrampicata.Il bel panorama osservato dalla cima risulta anche inaspettatamente privo di foschia (inusuale per questi luoghi).

Alle 13,45, dopo aver percorso un breve tratto di strada in automobile, intraprendiamo il II° sentiero. In seguito ai primi 5 minuti di camminata incontriamo un escursionista che è di ritorno e ci racconta di aver visto un orso sul sentiero. Ci prepariamo all’incontro (che non avverrà) armati di macchina fotografica. Anziché dall’orso, veniamo comunque allietati dalla visione ravvicinata di uno splendido cervo, che staziona indisturbato nel sottobosco. La salita termina proprio sotto la bella cascata, dove consumiamo la nostra merenda a base di frutta. Appena iniziata la discesa incontriamo un secondo escursionista che ci assicura la presenza dell’orso proprio dietro la curva successiva. Questa volta siamo sicuri di avvistarlo…Invece l’unica cosa che vediamo (ed udiamo) è una signora che, temendo uno spiacevole incontro ravvicinato, avanza nel sentiero facendo quanto più possibile rumore con voce, mani, bastoni e quant’altro. Le sorridiamo cordialmente mentre ci racconta concitata le motivazioni del suo baccano, ma dentro di noi il sentimento nei suoi riguardi non è proprio dei migliori!!! Riusciamo comunque a rivedere il cervo (lo stesso?) prima di dover cominciare la fuga a gambe levate verso la macchina a causa di un improvviso quanto copioso temporale. Arriviamo in macchina quasi nuotando dopo aver corso per circa mezz’ora all’interno del bosco sotto il diluvio; naturalmente non un centimetro del nostro corpo è asciutto! Lì, fortunatamente, troviamo un cambio completo ed asciutto tutto per noi, predisposto per l’eventualità di questa situazione. Per la cronaca, ci vorranno quattro giorni di sole per asciugare completamente gli scarponi da trekking.

Cena veloce da Mc Donald (che è l’unica alternativa valida al Drive thru dopo le 22,00 circa).

25 Luglio 2002, Giovedì Visto l’acquazzone di ieri, decidiamo di partire subito verso la costa, lasciando intentato l’ultimo sentiero programmato.

Facciamo una sosta a Greenville, che si distingue per la numerosa presenza di uffici e per la bassa percentuale di persone sopra ai 100 Kg (sembrerà strano, ma fa un certo effetto vedere finalmente persone “normali”…).

Montiamo la tenda nei pressi di Charleston (Mt. Pleasant), in un campeggio in prossimità di un laghetto con tanto di cartello “DO NOT FEED THE ALLIGATORS”. La sera, per la prima volta, ci armiamo di carbonella per cuocere le pannocchie comperate precedentemente sulla strada; ad accompagnarle, l’unica carne che troviamo sono gli inflazionati wurstel ed uno buona birra, insieme a delle ottime pesche comperate appena entrati in South Carolina (che, per l’appunto è detto “The Peach State”). Cielo limpido, migliaia di stelle ed una bellissima luna contribuiscono a rendere unica la serata…!.

26 Luglio 2002, Venerdì Dedichiamo la giornata di oggi alle spiagge locali, iniziando da quella più afollata in prossimità dell’abitato dell’Isola delle Palme. Bagno, sole, sole bagno; sole, sole, bagno, bagno. Durante il pomeriggio, ci spostiamo verso la spiaggia di dune di Palmetto e lì…Sole, sole, bagno; bagno, bagno, sole. La bassa marea pomeridiana ha reso la spiaggia di sabbia dura grandissima, e, per questo, ancora più affascinante. Dopo una passeggiata in macchina tra le belle ville costiere (proprio quelle con le grandi vetrate sulla spiaggia che si vedono nei films) trascorriamo la serata camminando per le vie caratteristiche della città di Charleston (piena di locali e di musica varia). Per la cena, la nostra scelta ricade su Hyman’s, storico ristorante che serve piatti a base di pesce.

27 Luglio 2002, Sabato Partiamo da Charleston per tornare in Florida, ove concluderemo il nostro giro del “profondo sud”. Lungo il tragitto ci fermiamo in Georgia a Savannah dove, non avendo molto tempo a disposizione effettuiamo un tour del distretto storico seguendo il percorso del tram per turisti. Savannah ha begli edifici storici e grandi piazze alberate, la sua visita si rivela perciò davvero piacevole.

Facciamo una seconda tappa a St. Simon Island anche per dare un’impronta “balneare” alla giornata. Qui, tuttavia, viste le numerose medusette ed il poco invitante colore del mare, abbiamo qualche difficoltà a nuotare, inoltre la spiaggia non è “bianca” come sosteneva la guida! Entriamo in florida verso le 17,00 e decidiamo, vista l’ora, di arrivare fino alla “Space Coast”. Piantiamo la tenda con l’aiuto delle torce nei pressi di Titusville. “Che ne dici di un bel barbecue per allietare la serata?” 28 Luglio 2002, Domenica Al rientro in Florida del 27/02 abbiamo riscoperto la presenza della catena di ristoranti “Denny’s”, tanto amata per le ottime colazioni americane dell’anno precedente (nel quale visitammo il Sud-Ovest degli U.S.A.).

Partiamo quindi alla ricerca dell’agognata “insegna”, che è lì pronta ad attenderci dopo qualche chilometro dal campeggio.

Dopo la “a dir poco“ abbondante colazione, andiamo a fare il bagno a “Cocoa Beach”, dove rimaniamo fino alle 14,00 circa. Nel pomeriggio, cercando di andare verso “Playalinda Beach”, incappiamo nel “Kennedy Space Center” e, dopo un attimo di titubanza, ci buttiamo nell’esplorazione del famoso centro spaziale, sede delle rampe di lancio degli attuali Shuttle. Il complesso rappresenta un misto di atmosfere scientifiche e folkloristiche, al punto da farci decidere di non visitare DisneyWorld (qui è già abbastanza “artificioso”). Comunque, la visione di oggetti storici come la tuta che portò Neil Armstrong sulla Luna e le capsule inviate nello spazio tra il ’60 ed il ’70 provoca una forte emozione e, nello stesso tempo, solevano l’annoso dubbio:”sarà vero che con quel tipo di tecnologia sono riusciti a toccare il suolo lunare?????!!!”.

Anche la sezione sulla ricerca scientifica rivolta al Pianeta Marte possiede il suo fascino, come la sala di controllo usata per i voli spaziali fino alla fine degli anni 70.

Al rientro, dopo la deludente notizia che la cucina del campeggio non è a disposizione dei suoi ospiti (al contrario di come è scritto nel catalogo dei KOA Camp U.S.A.) dobbiamo ripiegare, vista l’ora, verso il solito Mc Donald.

29 Luglio 2002, Lunedì Oggi puntiamo direttamente a Playalinda Beach, la spiaggia antistante Cape Canaveral.

Lungo il percorsoci fermiamo al Visitor Center del Marrit National Wildlilfe Refuge, dove ci vengono indicati alcuni sentieri in cui poter avvistare gli animali ed una piattaforma sul fiume dalla quale è possibile vedere i lamantini (manatee). Decidiamo di lasciare i sentieri per il pomeriggio, ma non possiamo resistere alla tentazione di vedere i lamantini. Senza troppa convinzione ci affacciamo dalla pedana sul fiume e con molta sorpresa ne vediamo un certo numero proprio sotto di noi: rimaniamo incantati per circa un quarto d’ora ad osservarne i movimenti, poi il richiamo della spiaggia diventa più forte. Per arrivare alla spiaggia si deve passare su una stradina da cui si possono vedere benissimo le rampe di lancio dello Space Shuttle, quindi ci fermiamo a fare delle foto.

Dopo aver incrociato un grosso procione lungo la strada, parcheggiamo e passiamo la giornata nella meravigliosa Playalinda Beach, dove i bagni sono interrotti dal richiamo del life-guard che ogni tanto segnala l’avvistamento di squali in acqua.

La spiaggia è immersa nella riserva naturale e quindi è sorvolata da varie specie di uccelli, tra cui diversi rapaci (oltre ai soliti trampolieri) uno dei quali – un falco di notevole bellezza – si aggira sopra le nostre teste a non più di tre metri di distanza per tutta la mattinata..

Lasciamo la spiaggia pensando che la giornata ci abbia offerto già tutte le sorprese possibili…Ma che!! Intraprendiamo il sentiero “tropicale” Hammock che si inoltra nella fitta foresta paludosa costituita da palme e mangrovie. Il sentiero è costituito da un’alternarsi di percorsi a terra all’interno della foresta, su passerelle di legno quando si addentra nella palude e tratti di cammino poco visibile dentro l’erba alta. Il nome della zona -MOSQUITO LAGOON- è tutto un programma, ma non si può capire la voracità di una popolazione di zanzare se non si tenta una tale traversata armati di un’intera bomboletta spray contro gli insetti (“effetto duraturo 6-8 ore”) e ci si rende conto, invece, che la lozione allontana le zanzare per circa ¼ d’ora! Inutile dire che gli abiti lunghi non costituiscono un ostacolo per le nostre fameliche nemiche.

Il sentiero è abbastanza lungo ed i tratti nell’erba alta provocano in noi un po’ di tensione (per via della nota presenza di serpenti velenosi). La natura ci regala comunque alcuni spettacoli:riusciamo a vedere 3 armadilli, alcuni “meravigliosi” ragni grandi e colorati (bisogna far attenzione mentre si cammina a non incappare nelle possibile ragnatele che attraversano il sentiero…) nonché un inaspettato “cinghiale”, di certo non un incontro consueto per una foresta tropicale! Alla fine del sentiero (e dello spray) riusciamo a contare anche qualche puntura di zanzara…Ma, tutto sommato, possiamo dire di essercela cavata con poco…! Tornati in campeggio, una sana doccia ci toglierà di dosso gli strati di sostanza repellente che si sono accumulati sui nostri corpi e, mentre si accende il fuoco per il “consueto” barbecue, cominciamo a preparare le valigie per il giorno successivo, che vedrà il nostro ritorno a Miami, in vista del volo per Chicago.

30 Luglio 2002, Martedì Ci svegliamo di buon ora onde evitare di dover smontare la tenda sotto il caldo torrido che già alle 8,00 del mattino attanaglia la zona. Alle 8,30, dopo una fugace colazione (ogni tanto bisogna rimaner leggeri), siamo già in viaggio verso Sud ed alle 9,30 circa facciamo la prima sosta nella spiaggia prospiciente l’abitato di Sebastian, al di là del solito ponte che collega la terraferma alle isole di barriera Ci facciamo subito un tuffo e, non appena usciti dall’acqua, il pronto fischio del life-guard (già presente nonostante l’ora e la spiaggia semi-deserta) ci annuncia il solito pericolo in acqua. Che sarà questa volta? Vediamo nell’acqua una grande macchia scura (pensiamo al solito branco di pesci che, costituendo cibo per gli squali e quindi attirandoli, impone al life-guard di invitare i bagnanti ad uscire). Ma dalla grande macchia scura ogni tanto vediamo saltare fuori dall’acqua uno, due, tre, a volte grappoli di pescetti… Il fenomeno comincia ad incuriosire i balneanti, che si avvicinano alla riva in corrispondenza della macchia. All’improvviso, insieme alle decine di pesci, comincia a saltare fuori dall’acqua un pesce di più grandi dimensioni, il predatore da cui tutti gli altri tentano di fuggire saltando fuori dall’acqua…Non riusciamo a capire di che pesce si tratti (anche se la fantasia ne caratterizza i tratti proprio come quelli di uno squalo) ma certo lo spettacolo di questa “mattanza naturale” non è da poco. E così, dopo aver assistito a questa “colazione all’americana” di un predatore marino, ci rimettiamo in viaggio verso Miami.

La tappa successiva è a Juno Beach, già in prossimità dell’immenso agglomerato urbano che si estende a nord di Miami.

Rimaniamo in questa spiaggia dalle acque turchesi fino alle 17,00, poi ci dirigiamo verso Palm Beach, per vedere dal vivo ciò che vediamo spesso nei film.

Andiamo verso il lungomare di Palm Beach, ma vediamo solo una strada costiera rialzata rispetto al mare con, da una parte, ville bunker di cui a malapena si riescono a vedere gli splendidi edifici e dall’altra una lunga barriera metallica con degli accessi al mare esclusivamente “privati”.

L’impossibilità di parcheggiare ci induce a spingerci verso sud, dove Palm Beach diventa meno elitaria e si apre una splendida spiaggia comunale. Trascorriamo lì la fine della giornata, poi puntiamo verso Miami per trascorrere la lunga “serata” in attesa del volo verso Chicago, previsto alle 7,00 del 31/7.

Inizialmente i nostri piani prevedono di cenare a Miami Beach e poi cercare qualche rest-area (aree di sosta sparse lungo le autostrade, a detta di alcuni rigorosamente controllate dalle forze dell’ordine giorno e notte). Il problema però è che nei dintorni di Miami queste rest-area non ci sono quindi dobbiamo cambiare i programmi: arrivati in città andiamo a vedere un grande centro commerciale, sperando nella sua apertura h24 (così magari facciamo anche i regalini…)invece il mall ha già chiuso alle 21,00; vista l’ora tarda ed i significativi messaggi lanciati dallo stomaco, decidiamo di puntare dritto a Miami Beach, e di rimandare a poi la soluzione del problema “dove passare la notte?” Invece il problema si risolve da solo, visto che Miami Beach è animata fino a tarda notte…

Ceniamo in un bel locale di Lincoln Road (dove, tra l’altro, suonano dal vivo) e poi passeggiamo sulla Ocean Drive fino alle 2,00. Cominciamo ad essere un po’ stanchi ed arrivati nel garage multipiano dove abbiamo parcheggiato, vista la situazione molto tranquilla, decidiamo di dormire un po’ prima di andare all’aeroporto. Tuttavia, il caldo afoso rende quasi impossibile resistere in macchina, a meno che non si stia con il motore acceso e l’aria condizionata attivata.

Alle 3,00 decidiamo di andare all’aeroporto, tanto ormai è quasi ora… Consegniamo la nostra fida compagna di viaggio all’Alamo (non senza una foto-ricordo) e via… all’aeroporto!! 31 Luglio 2002, Mercoledì Il volo verso Chicago dura solo 3 ore quindi tra imbarco, decollo colazione ed atterraggio quasi non c’è il tempo di schiacciare un pisolino…Quanto resisteremo ancora svegli? L’aeroporto di Chicago ci dà un’ottima impressione: pulito, moderno ed alla stazione dei treni verso la città incontriamo del personale gentile che ci dà tutte le informazioni necessarie. Arrivati a Chicago facciamo il check-in in albergo (Cass Hotel, prenotato via internet, assolutamente da consigliare) e, dopo una sana doccia ristoratrice, cominciamo la visita della città.

Iniziamo dal “Loop”, il grande rettangolo delimitato dalla metropolitana di superficie, zona del centro riservata più che altro agli uffici e quindi un po’ desolata la sera. Dopo la prima passeggiata siamo entrambi assalita dalla stesa impressione: Chicago è una città bellissima, assomiglia per certi versi a New York ma è più pulita, ha meno homeless, meravigliose architetture, insomma sembra una città più vivibile ed ha più charme di New York!! Saliamo sulla Sears Tower (il grattacielo più alto di Chicago e, a quanto pare, degli Stati Uniti) dalla quale si gode una vista prodigiosa della città, del lago e dei dintorni. Anche se nei giorni precedenti avevamo un po’ ovunque notato l’effetto post 11 settembre (bandiere americane dappertutto, frasi inneggianti alla libertà, alla resistenza contro il nemico ecc.Ecc. ), a Chicago si respira un po’ più un’atmosfera di tensione, infatti ci impediscono di filmare la torre dal basso, ci perquisiscono completamente prima di farci salire ed una volta sopra ci rendiamo conto di un elicottero che continua a sorvolarla (probabilmente è considerato uno dei possibili obiettivi di eventuali attacchi). Inoltre, al Trad Exchange (la borsa) ci dicono che per motivi di sicurezza non è più possibile entrare a vedere le operazioni di scambio titoli, ed ogni volta che entriamo in un edificio siamo costretti ad essere passati al setaccio, come i nostri zainetti.

Verso le 19,00 la stanchezza comincia a prevalere (non osiamo contare le ore trascorse dall’ultima volta che ci siamo svegliati a Titusville..!). Ceniamo e poi torniamo in albergo.

1 Agosto 2002, Giovedì Dopo la (splendida) passeggiata sul lungo fiume ci rechiamo al Pier (il lungo molo che si addentra nell’immenso lago Michigan), pieno di locali e ristoranti e dal quale è possibile veder lo sky-line (il profilo dei grattacieli) di Chicago. Pranziamo a base di patate fritte (giuriamo a noi stessi che saranno le ultime cattiverie rivolte verso il fegato), scriviamo le cartoline (eh, già, proprio l’ultimo giorno) poi prendiamo la metropolitana verso lo stadio, dove arriviamo proprio durante lo svolgimento della partita di baseball dei mitici “CAB”. Fuori dallo stadio, oltre ai bagarini che tentano di venderci i biglietti, ci sono alcune case situate in zone dove gli spalti sono più bassi, nelle cui terrazze sono state allestite “gradinate” extra-stadio (insomma, tutto il mondo è paese…). Ci chiediamo: ”quanto costerà il biglietto per vedere la partita dalla terrazza?” Dopo lo stadio, ci rechiamo al Lincoln Park per una passeggiata. Qui ci viene la tentazione di fare il bagno nel lago, ma i cartelli lo vietano rigorosamente visto che la riva è puntellata di rocce. Dopo una passeggiata nello zoo andiamo verso OAK Beach (che, dal nome, lascia presupporre la presenza di sabbia). Il posto ha dell’incantevole: una vasta insenatura di sabbia con dietro l’anfiteatro dei grattacieli di Chicago…Ma è quasi sera, d è troppo tardi per un tuffo; decidiamo che l’indomani, prima di andare all’aeroporto, costume alla mano, dobbiamo ripassare di qui!! Concludiamo la serata con hamburger e passeggiata nel North District, che la sera si anima coi suoi numerosi locali. Torniamo al Pier per la visione notturna (fantastica) dello Sky-line.

2 Agosto 2002, Venerdì Abbiamo veramente poco tempo a disposizione per dare un ultimo sguardo alla città.

Usciti presto dall’albergo ci dirigiamo verso il sud-est del Loop per una breve passeggiata e poi puntiamo verso OAK-Beach.

Purtroppo il life-guard ha innalzato bandiera rossa(cioè pericolo) per via del forte vento che ha reso il lago piuttosto “mosso”; vediamo però delle persone fare il bagno a riva, e decidiamo di seguirle.

Per noi è strano pensare che un lago possa avere delle onde e delle correnti così forti, è stato come fare il bagno nel Mediterraneo quando è infuriato!! Ormai è tardi…Albergo, treno, aeroporto, decollo, atterraggio…Sigh! ROMA.

CONSIDERAZIONI FINALI Più che mai dopo questa esperienza consiglio a tutti di campeggiare negli Stati Uniti, dove una piazzola di 60 mq vi verrà ceduta in cambio di meno di venti dollari e, il più delle volte, con ottimi servizi. Molto meglio di alcuni motel.

Mangiare non costa tantissimo, anche se, lasciandosi andare ai loro gusti, si rischia di avere il fegato a pezzi dopo dieci giorni. Il più delle volte si riesce a mangiare in due con 15 $.

L’America va visitata “on the road”, girare per le strade è bellissimo (ed economico, visto il prezzo della benzina), anche se 6000 Km in 18 giorni sono tanti. Volendo rifare lo stesso itinerario, dedicherei più tempo alla West Coast della Florida, dove abbiamo tralasciato belle spiagge per mancanza di tempo.

Ancora una volta ci siamo stupiti della innumerevole quantità di animali che si riescono a vedere (cosa da noi impensabile) e della noncuranza che gli stessi hanno nei riguardi dell’uomo, del quale non hanno paura.

Il clima è veramente torrido e l’aria condizionata all’interno dei locali è spesso ghiacciata: portatevi dietro sempre un giacchetto! Per telefonare, compratevi in Italia una carta “Columbus”. Telefonerete ovunque con facilità, vi costerà pochissimo e per qualunque problema vi risponderà subito un operatore italiano.



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