Istanbul, Damasco, Giordania e la maledizione di Petra!

Viaggio fra i tesori del Medio Oriente. Siamo passati dalla storia, alla religione, al mare, alla montagna e al deserto, un assaggio di tutto ciò che questa terra ha da offrire.
Scritto da: minerva
istanbul, damasco, giordania e la maledizione di petra!
Partenza il: 08/08/2010
Ritorno il: 15/08/2010
Viaggiatori: 6
Spesa: 2000 €
Questa vacanza non nasce sotto i migliori auspici. È un’impresa trovare un tour della Giordania che tutti approvano, alla fine la rosa si restringe a due proposte: solo Giordania o Damasco e Giordania. Il risultato del referendum indetto ci porta a prenotare il tour “Damasco e i Tesori della Giordania” con NBTS Viaggi, un tour operator di Torino che non stampa cataloghi in cartaceo ed è reperibile solo su internet al sito www.nbts.biz; i documenti di viaggio vengono spediti con corriere. Siamo in sette (così crediamo) e prenotiamo il tour individuale in pensione completa per evitare le lungaggini della divisione delle spese ad ogni pranzo, al costo totale di 1.950,00 euro circa. Per tour individuale si intendono servizi di guida parlante italiano e mezzo di trasporta con autista ad uso esclusivo per il nostro gruppo. La partenza è fissata per l’8 agosto da Milano Malpensa direzione Damasco con la Turkish Airlines e scalo ad Istanbul in andata e ritorno, il rientro è per il 15 agosto. Strada facendo una persona si ritira, dobbiamo chiedere il ricalcolo delle quote all’agenzia e piuttosto velocemente perché è ora di saldare; per la semplificazione dei servizi spostano la visita di Damasco dall’ultimo al secondo giorno ma non è assolutamente un problema; lo è invece l’annullamento del volo IST-DAM del pomeriggio e la nostra assegnazione al successivo volo notturno: si parte da Malpensa alle 6.45 per arrivare ad Istanbul alle 10.35 locali e si riparte alle 23.35 con arrivo a Damasco alla 1.35, in pratica non si dorme per oltre 24 ore! Alla fine tra sbattimenti, ritirati, mancati sostituti, dubbi e incertezze partiamo in sei per quest’avventura mediorientale. Siamo Daniela, Luigi, Marco, Nino, Pietro e Roberta: ignari di ciò che ci attende… 8 AGOSTO 2010 (ISTANBUL) Arriviamo puntuali ad Istanbul alle 10.35, lo scalo è di 13 ore così lasciamo l’aeroporto Atatürk e con la metro fino a Zeytinburnu e poi col tram sino a Beyazit arriviamo nel centro della capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Trascino il gruppo nel caldo afoso per Divan Yolu Caddesi, passiamo davanti alla Colonna bruciata e arriviamo nel cuore di Sultanahmet. Prima tappa è la Moschea Blu, Roberta ed io con il capo coperto dal velo siamo i soggetti preferiti delle foto dei nostri compagni di viaggio e ancora non sappiamo cosa ci attende in Siria. È già ora di pranzo e guido tutti al Ristorante Divane dove ero già stata in una precedente visita della città e come da previsione restano soddisfatti del cibo e del servizio. Ripartiamo con la visita di Santa Sofia e della Cisterna Basilica, poi costeggiamo sempre a piedi le mura del Parco Gülhane e seguendo le rotaie del tram arriviamo alla Stazione di Sirkeci (quella dell’Orient-Express). Ci riposiamo prima di rimetterci sotto il sole cocente per passeggiare sul molo di Eminönü e attraversare il Ponte Galata sul Corno d’Oro. Ancora una tappa all’ombra per dissetarci e scaliamo la ripida collina per raggiungere la Torre di Galata. Per salire in cima c’è una discreta fila, siamo stanchi e accaldati, rinunciamo così alla veduta panoramica e riscendiamo la collina per prendere il tram e poi la metro per l’aeroporto. Qui troviamo una brutta sorpresa: l’aereo ha oltre 1 ora di ritardo. Ad attenderci a Damasco al di qua dell’area doganale c’è Louai, la nostra guida che si occupa del disbrigo delle pratiche e in breve tempo raggiungiamo il piccolo bus che ci porta al nostro hotel nel cuore della Città Vecchia. Andiamo a letto alle 5.00 dopo 28 ore senza dormire. 9 AGOSTO 2010 (DAMASCO) Alloggiamo al Beit Zafran, una Boutique Hotel a quattro stelle nella Città Vecchia. Le boutique sono vecchie case damascene elegantemente ristrutturate, tipiche della città. Hanno tutte un corridoio d’ingresso che porta ad un cortile al cui centro si trova una fontana dove spesso galleggiano dei fiori. Sul patio si affacciano le camere ed esposto verso nord vi è il salone estivo (liwan), una grande nicchia usata come luogo di intrattenimento durante i periodi più caldi. La colazione ci viene servita in terrazza, l’ambientazione è incantevole, il panorama sui tetti delle vicine abitazioni diroccate un po’ meno. Assonnati e barcollanti incontriamo Louai alle 9.00 e partiamo per la visita di Damasco. Col minibus a noi riservato ci inoltriamo nel caotico traffico della città per raggiungere il Museo Archeologico. Attraversiamo il giardino delle sculture, un vero e proprio museo all’aperto, per poi passare alle Gallerie preclassiche, islamiche e classiche. Raggiungiamo poi la Città Vecchia e ci inoltriamo nel Suq al-Hamidiyya. Una mescolanza di colori, di voci e di odori ci assale, siamo nel cuore pulsante di Damasco. Usciamo dal suq e ci troviamo davanti i resti dell’antica Porta Occidentale Romana che varchiamo per addentrarci negli stretti vicoli e andare a pranzo. Louai ci permette di scegliere tra un ristorante al chiuso per turisti o un altro all’aperto ma caratteristico e frequentato prevalentemente da locali. Inutile dire che optiamo per il secondo così ci ritroviamo al Beit Jabri (www.jabrihouse.com) un caffè-ristorante nel cortile di una tipica casa damascena, dove non manca la fontana al centro, che ci offre piatti della cucina siriana. Partiamo dagli antipasti (mezzeh) e con piacere assaggiamo le creme di ceci (hummus), di yogurt e di melanzane (moutabbel), le polpettine di carne fritte (kibbeh) e le verdure rigorosamente cotte. Tutto è accompagnato da un’abbondante quantità di pane arabo (khubz arabi). Il piatto unico è un misto di carne alla griglia con patate fritte. Frutta fresca di stagione è l’anguria e come bibita dissetante si usa abbinare il limone alla menta. Il pasto ci rigenera e siamo pronti per la visita di Palazzo Azem, un tempo residenza del Governatore di Damasco, oggi è conosciuto come sede del Museo delle Arti e delle Tradizioni Siriane. Il cortile è un susseguirsi di sale dove sono esposti manichini che riproducono momenti di vita locale e collezioni di abiti, tessuti e strumenti di lavoro e musicali. Se si ha del tempo vale la pena fare una visita anche veloce. Siamo ora davanti alla maestosa Mosche degli Omayyadi e il sorriso si smorza sul viso di Roberta e mio: cosa sono quei lunghi abiti neri con cappuccio??? Noooo… 40 °C a dir poco e noi dobbiamo indossare quegli affari in fibra sintetica che ci fanno soffrire il caldo in modo quasi insopportabile. Togli le scarpe, indossa la veste, copri il capo, sorridi ai compagni di viaggio che insistono per immortalare il tutto e diamo inizio al supplizio! Prima tappa è il Mausoleo di Saladini (Salah ad-Din) che si trova nel piccolo giardino archeologico appena varcato l’ingresso della Moschea dalla Porta Nord (Bab al-Amara). Attraversiamo il cortile circondato su tre lati da un porticato e sul quarto dalla facciata della Sala della Preghiera decorata di mosaici. L’interno è enorme, diviso in tre navate con al centro la Cupola dell’Aquila, così chiamata perché ne raffigura la testa. Costruita in marmo verde è la Tomba di San Giovanni Battista e si ritiene, ma non c’è nulla di fondato, che vi sia conservata la testa sebbene il possesso sia rivendicato da tanti altri luoghi. Roberta ed io facciamo segno di abbreviare la visita perché il caldo incombe e finalmente siamo di nuovo libere per le strade di Damasco. Percorriamo la Via Retta che taglia la Città Vecchia da est a ovest, superato l’Arco Romano ci troviamo nel Quartiere Cristiano per visitare la Chiesa dell’Olivo e la Cappella di Sant’Anania, un angolo di cristianesimo nel mondo islamico. Siamo stravolti ma non è finita, col minibus sfidiamo ancora una volta il traffico della città per dirigerci a nord-ovest, sul Monte Qassion (Jebel Qassion) che al tramonto ci mostra un panorama spettacolare sulla città che si accende di luci. Louai ci prenota la cena all’elegante Oriental Restaurant, che è anche una delle più belle Boutique Hotel della città www.syrialoutiquehotels.com, vicino alla Chiesa dell’Olivo. Ci riempiono di cibo, dal mezzeh alla carne alla griglia per finire con anguria, melone e dolci, davvero troppo per sei relitti che si addormentano a tavola dopo un riposino di 3 ore su un arco di oltre 40 ore sempre svegli! Inutile sottolineare l’immediato rientro in hotel per il tanto sospirato riposto. 10 AGOSTO 2010 (BOSRA – JERASH – AMMAN) Questa mattina si parte presto perché dobbiamo attraversare il confine e raggiungere la Giordania. Per lasciare Damasco ci spostiamo dalla Città Vecchia ai quartieri moderni fino alla periferia dove intere zone di baracche e case fatiscenti sono riservate ai profughi palestinesi, un quadro non molto edificante nella colta capitale siriana. Lungo il percorso facciamo una sosta in un piccolo villaggio dove è in corso un funerale, qui gli uomini usano ritrovarsi sotto una tenda per commemorate il defunto, una parte di loro arriva in moto e per casco una kefiah! Arriviamo a Borsa, la nostra seconda e ultima tappa in Siria, per visitare il sito archeologico di questa città costruita per la maggior parte in basalto nero che la rende particolare e attraente. Iniziamo dai resti della Città Vecchia dove si trovano le rovine (nel vero senso della parola) degli antichi edifici. A colpirci è il fatto che gli abitanti vivono realmente tra queste rovine, vendendo i loro prodotti artigianali mentre i bambini inseguono il turista con cartoline e piccoli souvenir. Ci sembra di essere arrivati presto ma neanche a metà del percorso inizia a fare caldo, molto caldo! Dalla Città Vecchia passiamo a quello che è il vero gioiello di Bosra. Entriamo nella Cittadella, attraverso buie scale di pietra raggiungiamo la sommità delle mura per scoprire sotto di noi il Teatro Romano quasi perfettamente conservato: gli spalti e il palcoscenico sono ai nostri piedi e da quassù la veduta non ha prezzo. Siamo liberi di girare e scattare foto dalle gradinate da cui si ammira tutto il panorama circostante scendiamo poi sino al palcoscenico per uscire sempre attraverso le buie sale interne della fortezza. La Cittadella, nata come teatro quando Bosra era la capitale della Provincia Romana d’Arabia fu poi trasformata in fortezza dagli arabi e Saladino ne potenziò le fortificazioni per difenderla dagli attacchi dei crociati. Per riprenderci dal caldo ci concediamo un limone e menta dissetante e siamo pronti per raggiungere la frontiera. Siamo a Ramtha, dopo le formalità burocratiche di uscita Louai ci saluta mentre l’autista resta con noi perché sarà lui a portarci ad Amman. Scendiamo dal minibus, le valigie passano attraverso i soliti controlli e poi risaliamo sul mezzo per attraversare quel tratto di terra di nessuno che ci porta al successivo check-point dove ad attenderci c’è Mutassem, per gli italiani Mario, che provvederà al nostro visto, al timbro dei passaporti e a quant’altro per poter entrare in Giordania. Alla fine, tutta l’operazione ci costa circa tre ore… se fossimo venuti da soli probabilmente avremmo passato qui tutta la nostra vacanza a cercar di capire a quale sportello rivolgerci!!! Mario ci piace subito, ha vissuto in Italia e non fatica a capire la nostra mentalità, sa come trattare col turista e ha l’occhio avanti. In previsione avevamo il tour di Amman ma abbiamo un cambio di programma e ci dirigiamo a Jerash. Sono le 15.00 e supplichiamo Mario di fermarci per il pranzo prima di iniziare il tour. Il Jerash Rest House di trova all’interno del sito, vicino alla porta sud, offre un buffet abbastanza ricco e di buona qualità, Mario ci porta al tavolo qualche intingolo che non fa parte del menù e che hanno servito solo a lui per farcelo assaggiare, gesto che dimostra subito la sua disponibilità nei nostri confronti. La città di Jerash, l’antica Gerasa, raggiunse il massimo splendore con l’arrivo dei romani che la inserirono nella Lega delle Decapoli e la arricchirono di teatri e templi. La sua posizione al centro delle rotte commerciali del deserto contribuì ulteriormente allo sviluppo fino a che tali rotte vennero spostate verso il mare, dando così inizio alla decadenza della città. Il tour inizia dall’Arco di Adriano, sulla sinistra visitiamo l’Ippodromo che poteva contenere sino a 15.000 spettatori e oggi vi si tengono spettacoli che ricostruiscono i combattimenti dei gladiatori e le corse delle bighe nell’ambito del Festival di Jerash. Attraverso la Porta Sud entriamo nell’area monumentale dove si svolgeva la vita pubblica. Raggiungiamo la Piazza Ovale il cui particolare è la pavimentazione formata da grosse pietre sull’esterno che diventano sempre più piccole man manco che ci si porta nel centro per dar maggior risalto alla forma ellittica. Aggiriamo il Tempio di Zeus ed entriamo nel Teatro Sud, il più grande della città, dotato di un’ottima acustica grazie anche alle nicchie scavate alla base del podio, una banda che veste gli abiti della pattuglia del deserto si esibisce con le cornamuse per darne dimostrazione e Mario ci diverte con le sue “prove microfono”. Procediamo ora lungo la via che sovrasta il cardo e ci fermiamo ai resti della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, il cui pavimento è decorato da mosaici, per arrivare al maestoso Tempio di Artemide, di sicuro il monumento più rappresentativo di Jerash, dedicato alla figlia di Zeus, dea della caccia e della fertilità. Mario ci porta su tra le colonne e ci dimostra che ondeggiano pur non crollando mai e ci scatta simpatiche foto a testa in giù tra i capitelli corinzi. L’ultimo tratto è il più suggestivo, ritorniamo infatti alla Porta Sud percorrendo il Cardo Maximus che al tramonto assume il colore caldo del sole e ci fa andare con la mente al mondo degli antichi romani. La pavimentazione è quella originale, si vedono ancora i segni del passaggio dei carri lasciati nel corso dei secoli sulle pietre. Le colonne che si innalzano ai lati del cardo sono di diverse altezze perché si adattavano alle facciate dei palazzi che sorgevano lungo la via. Dopo la calda visita ci fermiamo di nuovo alla Rest House per riposare e soprattutto bere. Arriviamo ad Amman, la città bianca, che è già tardi, alloggiamo al Cham Palace Hotel, un quattro stelle in periferia ma pulito e di qualità. Facciamo il check-in e giusto il tempo di cambiarci che già dobbiamo scendere per andare a cena. Il Tawaheen al-Hawa Restaurant (Don Chisciotte) è un ristorante con tipica cucina giordana per lo più frequentato da locali. Come in Siria, la cui cucina è praticamente identica, ci servono un’infinità di antipasti, carne alla griglia e come piatto forte il famoso montone con riso (mansaf) tipico piatto beduino. A fine pasto ordiniamo tre tè e Roberta ordina per sé, per Marco e per Nino caffè non zuccherato. “Ma è amaro” esclama Nino… ma va??? Ed ecco che butta due bei cucchiaini di zucchero e mescola di gusto finché si decide a bere l’intruglio che ovviamente è imbevibile. Attenzione: il caffè non va mescolato perché così facendo si portano in superficie quelli che noi chiamiamo i fondi di caffè che ovviamente non vanno bevuti, quindi chiedere caffè zuccherato quando lo si ordina al cameriere! La cena finisce e francamente siamo stanchi, abbiamo fatto molti chilometri in auto, passato tre ore alla frontiera e visitato due siti archeologici sotto il sole a 40 °C. Speriamo che il sonno ci rimetta in forma! 11 AGOSTO 2010 (MADABA – MONTE NEBO – KERAK – PICCOLA PETRA) La colazione al Cham Palace è accettabile ma niente di spettacolare, chiudiamo i bagagli e li carichiamo sul minibus pronti per lasciare Amman. In circa un’ora siamo a Madaba, la città è famosa per i suoi mosaici, visitiamo solo la Chiesa di San Giorgio, la più nota perché sul pavimento è conservata la mappa della Terra Santa. Prima di entrare in chiesa ci fermiamo alla biglietteria dove si trova una copia della mappa a grandezza naturale, Mario ci spiega ogni dettaglio nei particolari così da poter individuare ogni località una volta davanti al mosaico. Da qui prendiamo la Strada dei Re, la più panoramica delle grandi strade, che serpeggia in mezzo al deserto e arriva sin oltre Petra. Visitiamo un negozio/laboratorio di mosaici e se interessati all’acquisto di “pezzi grossi” questi vengono spediti senza aggiunta di spese in tutto il mondo, quando si dice l’organizzazione! A pochi chilometri da Madaba siamo di nuovo fermi per visitare il Monte Nebo, luogo da cui, secondo la tradizione, Mosè vide per la prima volta la Terra Promessa, che non riuscì mai a raggiungere. Il Memoriale di Mosè si trova in cima al Monte Siyaghah e fu costruito dai Francescani della Custodia di Terrasanta. La chiesa non è agibile perché in ristrutturazione ma possiamo vedere i mosaici che momentaneamente sono esposti in una struttura a fianco. Il punto panoramico sul retro è sicuramente l’attrazione principale. Da qui, quando le giornate sono limpide, si può vedere la Terra Santa e un cartello indica la direzione dove guardare per individuare ogni singola località. Oggi la nebbia e forse anche un po’ di inquinamento non ci permettono di vedere così in là sino alla Terra Promessa, ma in Israele ci siamo stati due anni fa e possiamo immaginare ciò che ora è nascosto da questo manto grigio. Riprendiamo la panoramica Strada dei Re e dopo parecchi chilometri arriviamo alla cittadina di Al-Karak, a 900 mt sul livello del mare, dove svetta lo storico castello crociato di Karak. Quando ci rendiamo conto della sua posizione geografica e del tortuoso percorso per raggiungerlo capiamo perché Saladino impiegò anni ad espugnarlo ed è un miracolo che non si sia stancato prima! Pranziamo a pochi passi dal castello al King’s Castel Restaurant, offre un buffet di cucina araba ed è affollato di turisti, la qualità è passabile, ma, per fare un paragone, lo trovo inferiore al ristorante all’interno del sito di Jerash. Entriamo nella Cittadella dalla Porta degli Ottomani, camminiamo lungo i bastioni e ci dirigiamo a sinistra nella Galleria dei Crociati ovvero le stalle, proseguiamo visitando le cucine, ritorniamo in superficie e osservando il panorama della città di Al-Karak raggiungiamo la parte più interessante che è la visita dei sotterranei: da una parte percorriamo un lungo corridoio su cui si affacciano le celle della prigione e dall’altra percorriamo la Galleria dei Rosoni per salire poi in superficie. Per visitare i sotterranei è necessaria una pila perché in alcuni tratti non vi è luce né naturale né artificiale. Il castello più che bello è imponente, la buona parte dei resti si trova ancora sottoterra e molti decenni passeranno prima che vengano riportati alla luce tramite scavi. Per accelerare le cose ci portiamo ora sulla Strada del Deserto, la più rapida delle vie che attraversano la Giordania da nord a sud per raggiungere Piccola Petra (Siq al-Barid). All’esterno del sito si trovano un accampamento beduino e una serie si bancarelle con prodotti di artigianato locale, l’ingresso è libero. Entriamo dalla porta est, quella da cui entravano anche i viaggiatori diretti in Siria ed Egitto, Piccola Petra fu infatti costruita non per viverci ma per ospitare le carovane provenienti dall’Arabia o dall’Oriente. E’ il nostro primo impatto con il Siq e la roccia scavata, solo un accenno di ciò che ci attende domani. Per primo incontriamo un tempio poi dei triclini sino ad arrivare alla Casa Dipinta, per accedervi c’è una gradinata, all’interno si possono distinguere ancora degli affreschi che sono stati però anneriti dal fuoco dei beduini che vi hanno abitato per un certo periodo. Al termine del Siq una scalinata conduce al punto panoramico e alla porta ovest (porta di Gaza). Si sta facendo buio e dobbiamo portarci all’uscita, nel Siq non c’è illuminazione artificiale. Ci illudiamo di poter rientrare presto in hotel ma ci imbattiamo in un gruppetto di ragazze italiane che stanno esplorando il sito. Tutte, tranne una, e in compagnia di un numero pari a loro di beduini, salgono la gradinata che porta al punto panoramico e tardano a far ritorno. La ragazza rimasta ad attendere è preoccupata non solo per le amiche ma anche per sé stessa, sta infatti diventando buio e a parte qualche beduino non è rimasto più nessuno perché il sito chiude al tramonto e intorno è tutto deserto. Che si fa? Siamo già sul nostro minibus quando presi dal rimorso riscendiamo e le facciamo compagnia, godendoci però il tramonto e il buio della notte nel deserto. Dopo varie telefonate minatorie da parte dell’amica rimasta con noi almeno una delle ragazze “scomparse” fa ritorno così possiamo salutarci e raggiungere l’hotel in ritardo di almeno un’ora sul programma. La nostra buona azione nel giorno di inizio del Ramadan l’abbiamo fatta, ma non basterà a difenderci dai malefici futuri! Dobbiamo ora fare una critica all’hotel, alloggiamo al Petra Panorama, fuori dal centro abitato con una bellissima veduta sul Wadi Musa, il tramonto e l’alba dalle terrazze delle nostre camere sono impareggiabili ma la struttura ahimè è assai scadente. È sì un quattro stelle ma non è mai stato ristrutturato quindi l’arredo in camera è scialbo, i sanitari rovinati, la moquette un po’ (tanto) polverosa, e confrontato con l’alto livello delle precedenti strutture pare probabilmente ancora più scadente. Il buffet è accettabile, ovvero senza lode e senza infamia, ma l’hotel non vale certo il prezzo che lo abbiamo pagato. 12 AGOSTO 2010 (PETRA) La sveglia è alle 6.00, fotografiamo l’alba su Wadi Musa e per le 7.00 dobbiamo essere nella hall. Mario arriva con qualche minuto di ritardo ma alle 7.30 siamo all’ingresso del centro visitatori. Prima del viale di ingresso c’è un posto di polizia e vediamo da vicino la famosa pattuglia del deserto; la loro uniforme è probabilmente la più bella di tutto il Medio Oriente, consiste di un lungo dish-dash color kaki retto da una bandoliera rossa, una fondina con una daga intorno alla vita e un fucile, sulla testa gli agenti indossano la tradizionale kefiah rossa e bianca dei beduini giordani. Roberta è l’unica temeraria e percorre a cavallo il tragitto di circa 800 mt che porta al Siq, noi camminiamo tranquilli in compagnia della guida. Eccoci: davanti a noi c’è la principale meta della nostra vacanza, è Petra, la capitale del Regno Nabateo, una delle nuove meraviglie del mondo e patrimonio mondiale UNESCO, interamente scavata nella roccia. Superiamo i resti dell’arco trionfale che segnava l’ingresso alla città e siamo nel Siq, la stretta gola che in alcuni punti non è più larga di 2 mt e in altri raggiunge i 200 mt di altezza e man mano che ci si inoltra entriamo nella magica atmosfera del luogo. Lungo il percorso incontriamo bassorilievi, tombe, i resti dell’antico acquedotto, rocce modellate dal tempo e persino una scultura rappresentante cammelli e carovane in marcia verso la città. Tre sono i colori della roccia del Siq, il nero del petrolio, il rosso del ferro e il giallo dello zolfo. Verso la fine, la gola si restringe e poco a poco, nascosto dietro una curva, si intravede il Tesoro (Al-Khazneh) che si affaccia su uno stretto spiazzo. Mario ci lascia il tempo per le foto e poi, seduti ai tavoli del punto di ristoro, ci spiega ogni dettaglio della maestosa facciata alta 40 mt, larga 30 mt, e l’origine del suo nome. Il “Tesoro del faraone” è così chiamato perché la tradizione vuole che un faraone abbia nascosto il suo tesoro nella parte alta della facciata, dove oggi si possono notare i segni delle pallottole sparate dai beduini convinti dell’esistenza di preziosi oggetti per impossessarsene. Da qui il percorso prosegue a destra lungo la Via delle Facciate con una serie di tombe scavate nella roccia di colore rosso, sono facilmente accessibili e con Mario ne visitiamo alcune. Sulla sinistra una scalinata porta all’Altura del Sacrificio, ma il tempo a nostra disposizione non ci consente la salita e proseguiamo verso i resti del Teatro, in origine conteneva circa 3.000 posti ed è interamente scavato nella roccia. Ci fermiamo ora al bar per bere un tè caldo, buono e dissetante, trattiamo poi con bambini e beduini per cartoline e souvenir che a onor del vero costano molto poco. Ad essere precisi, all’interno del sito è più corretto parlare di bdoul: si tratta infatti di una tribù di beduini che fino al 1985 viveva tra le rovine di Petra dove vi pascolava le capre. Scacciati e trasferiti nel villaggio di Oum Seyhoun, i bdoul vivono solo di turismo, molti si improvvisano noleggiatori di cavalli, venditori di souvenir e sono ottime guide. Proseguiamo e più avanti la gola si allarga e sulla destra svetta il Jebel Al-Khubthah, dove troviamo una serie di aperture note con il nome di Tombe Reali. La più famosa è la Tomba dell’Urna conosciuta come il Tribunale (Al-Mahkamah) perché venne anche utilizzata come tale. Saliamo sino in cima percorrendo una scalinata di un centinaio di gradini e visitiamo l’enorme interno dove sono ancora visibili le incisioni sulla roccia. Una volta ridiscesi ci avventuriamo in un fuori pista percorrendo la zona più alta che ci consente una spettacolare veduta sulla Strada Colonnata. Arriviamo così alla fine della città di Petra dove ci attende il ristorante per rifocillarci prima della scalata al Monastero. Il Nabatean Tent Restaurant offre un discreto buffet di cucina locale, noi scegliamo i tavoli all’interno per evitare di mangiare anche la polvere che fa da regina nel Wadi assolato. Dopo pranzo Mario ci saluta e ci abbandona a noi stessi dopo averci indicato la strada per il Monastero e averci dato appuntamento al nostro ritorno in valle. Davanti a noi c’è una fila di asinelli che possono essere noleggiati per la salita ma noi temerari rifiutiamo garbatamente ed iniziamo l’arrampicata per il Jebel al-Deir. Che dire… sono le 13.00 e fa decisamente caldo! Il percorso di circa 800 gradini tra gole e burroni è un po’ accidentato ma niente di difficile o pericolo, a tre quarti ci fermiamo all’ombra per bere e riposare e poi si riparte. Proprio qui a due passi c’è una delle tante bancarelle che vende chincaglieria varia e la commerciante beduina riesce a strappare a Luigi la promessa di regalarle 1 dinaro (poco più di 1 euro) al ritorno. Arriviamo finalmente in cima in circa un’ora, alla nostra destra svetta il Monastero e lo si ammira veramente bene dalla tenda beduina dove ci spaparanziamo a bere e riposare! Il Monastero (Al-Deir) è una struttura imponente larga circa 50 mt e alta 40 mt, interamente scavata nella roccia, all’interno sono state trovate delle croci scolpite e probabilmente lo spiazzo antistante veniva usato per le cerimonie. Oltre il punto di ristoro inizia un sentiero che porta a due punti panoramici uno rivolto a ovest e l’altro a sud. Al ritorno non può mancare la foto in cima a Petra con la bandiera giordana: ci sentiamo dei veri esploratori. Il terzo punto panoramico, dietro il ristoro, offre una veduta su Piccola Petra. Siamo ancora davanti al Monastero quando ci rendiamo conto che di lì a pochi minuti avremmo appuntamento con Mario davanti al Teatro… forse siamo un po’ in ritardo? Certo… infatti Mario ci telefona per sapere che fine abbiamo fatto e ci accordiamo per trovarci alle 16.00 al centro visitatori, praticamente all’uscita. Iniziamo così la discesa, dalle spaccature della roccia vediamo sino a valle dove ci sono le Tombe Reali e la Via Colonnata. Ripassiamo davanti alla beduina a cui Luigi aveva promesso 1 dinaro, che ora si rifiuta però di darle, e da questo momento hanno inizio tutte le nostre piccole disavventure legate alla maledizione lanciataci dalla gentil signora! Finalmente arriviamo in valle e ci avviamo verso la Strada Colonnata, la via principale di Petra che secondo lo schema romano rappresenta il decumano, notiamo subito la pavimentazione in pietra ben conservata. Ai lati sorgono i resti del Palazzo Reale, dei Templi e dei Mercati, non abbiamo proprio voglia di fermarci ad osservarli da vicino, siamo veramente stanchi e Mario ci attende. Assetati, ci fermiamo in prossimità del Teatro per comprare l’acqua e poi lungo la Via delle Facciate arriviamo al Tesoro. Al tramonto è spettacolare, la facciata si tinge di rosso ma… c’è qualcuno che sta uscendo di corsa, è Indiana Jones nell’ultima crociata? Ah… no… è solo un beduino, il caldo ci ha dato alla testa! Ci addentriamo nel Siq, dove la gola è stretta e alta il sole non arriva e il caldo ci concede un po’ di tregua ma oltre i resti dell’arco trionfale ci attendono gli 800 mt sotto il sole e in salita. Oh… guarda… un punto di ristoro che non abbiamo visto all’andata con pizzette, salatini, panini col salame e bibite a volontà… ma come… si allontana? Nooooo… era solo un miraggio: niente merenda! Ce l’abbiamo fatta, sono le 16.00 in punto e siamo al centro visitatori, Mario ci sta aspettando e insieme andiamo all’ufficio postale e poi a comprare l’acqua. Gli raccontiamo come è andata la nostra arrampicata e come promesso all’inizio ci dice quanti km a piedi abbiamo fatto da questa mattina sino ad ora: circa 12, e questa sera ci attende Petra by night. Rientriamo presto al nostro poco accogliente hotel, ma con tutte le belle strutture in cui abbiamo alloggiato e alloggeremo, proprio a Petra ci doveva capitare il più scarso in cui passare la maggior parte del tempo? Per lo meno possiamo goderci il panorama sul Wadi Musa (Valle di Mosè) dalle terrazze delle nostre camere, unico punto a favore di tutto il complesso alberghiero. Alle 19.00 apriamo praticamente il buffet che troviamo migliore rispetto a ieri, probabilmente dopo le 20.30 non lo riforniscono più, sebbene si possa cenare sino alle 22.00, e tutto sommato questa sera non ci lamentiamo. Dopo cena il nostro minibus ci riporta al centro visitatori e ripercorriamo la stessa strada di questa mattina sino al Tesoro. Non c’è luce elettrica, il percorso è puntellato unicamente da ceri che si allargano come in mare sullo spiazzo davanti al Tesoro. Ci fanno accomodare e dopo averci offerto il tè inizia lo spettacolo dei beduini e intorno regna il silenzio più totale. La scenografia merita sicuramente, noi siamo forse troppo stanchi per apprezzarla fino in fondo, ma quel minimo di suggestione non manca per farci sentire come in un altro mondo e in un’altra epoca tra le pareti di questa immensa gola. Non senza fatica percorriamo il Siq a ritroso ed arriviamo all’uscita, aspettiamo in paese il nostro autista Maxim che alle 23.00 viene a riprenderci per portarci in hotel. La maledizione di Petra inizia a mietere le sue vittime, è da metà pomeriggio che sento un dolore al piede sinistro, guardo attentamente ed effettivamente è gonfio, devo averlo caricato troppo durante la discesa dal Monastero e ora fatico a camminare. 13 AGOSTO 2010 (WADI RUM – MAR MORTO) Anche Marco e Nino non hanno passato una notte tranquilla per via della maledizione ma questo non ci impedisce di essere puntuali per la colazione con i bagagli già pronti. Questa mattina lasciamo il fascino di Petra per spostarci più a sud, nel deserto del Wadi Rum. Al centro visitatori, nei pressi del massiccio conosciuto come “I Sette pilastri della saggezza”, trasmettono un breve filmato (inglese o spagnolo) e poi a bordo di un fuoristrada percorriamo una strada asfaltata sino al piccolo villaggio di Rum ed iniziamo il percorso sterrato all’interno del deserto roccioso. I colori vanno dal giallo, all’arancione e al rosso, il panorama e il silenzio trasmettono una sensazione di pace e tranquillità in mezzo alla natura. Il nostro tour di due ore in 4×4 prevede tre tappe. Ci fermiamo alla sorgente di Lawrence (Ain Ash-Shallalah) dove l’acqua viene incanalata in un acquedotto e sulla destra, un masso porta delle evidenti incisioni. Questa zona, grazie alla sorgente, era un importante luogo di sosta per le carovane e perché no… sostiamo anche noi nella tenda beduina dove ci offrono il tè al riparo dalla calura del deserto. Non abbiamo il cavallo ma sul nostro fuori strada che sfreccia verso le incisioni rupestri ci sentiamo dei moderni Lawrence d’Arabia! La seconda tappa è Anfaishiyya, dove ci addentriamo tra le rocce per leggere (!) le antiche incisioni sull’enorme parete verticale e goderci un poco di ombra. Con il sorriso stampato sulle labbra siamo pronti per la terza tappa: le dune di sabbia rossa. Il fuoristrada si ferma ai piedi del Jebel Umm Ulaydiyya dove la duna di Al-Hasany ci attende per la scalata. Causa il dolore alla caviglia riesco ad arrivare solo a metà duna, riduzione del percorso anche per chi ha le scarpe aperte visto che la sabbia scotta assai, mentre gli altri salgono sino in cima per poi scendere di corsa. Ma la maledizione di Petra colpisce ancora: Roberta perde la macchina fotografica nella sabbia, dal fotofinish di noi che la stiamo riprendendo riusciamo subito ad identificare il momento della caduta e a recuperare il bene tanto prezioso per le nostre vacanze! Ovviamente è entrata della sabbia nella macchina fotografica e da oggi avrà sempre qualche piccolo problema sino a che non funzionerà più… certo che la beduina ha avuto un’ottima mira nel tirare la maledizione! Queste poche ore nel deserto sono state divertenti e interessanti, il caldo ad agosto toglie il respiro nei brevi tragitti a piedi ma una buona scorta d’acqua permette di apprezzare questo mondo tanto lontano dal grigiore della nostra Pianura Padana. Abbandonate le piste facciamo tappa al bar e al “tabaccaio” del deserto e poi ci portiamo verso la strada principale passando accanto alla Wadi Rum Station: binari? Nel deserto? Sì, perché la linea ferroviaria di Hejaz, costruita agli inizi del 1900 dagli Ottomani, attraversa il deserto e collega Medina a Damasco. Adesso ci aspetta un viaggio di parecchie ore lungo la Strada del Deserto per raggiungere il Mar Morto. Per pranzo, ahimè, ci fermiamo ad un poco invitante autogrill del deserto dove il pasto è sicuramente il peggiore che ci sia capitato! In compenso i souvenir sono discreti e a buon prezzo così acquisto le t-shirt e la tazza e per oggi lo shopping ha dato i suoi buoni frutti. Stiamo scendendo verso il Mar Morto, ci fermiamo al punto zero sul livello del mare, documentiamo il tutto con foto sotto al cartello che indica l’altitudine ed eccoci ai piedi della statua di Sarah, la moglie di Lot, che si dice venne trasformata in sale per aver disobbedito alla volontà di Dio. Sul lato opposto alla montagna si apre una splendida veduta del Mar Morto, il caldo però si sta facendo sempre più insopportabile, vicino all’acqua aumenta il grado di umidità ed è difficoltoso respirare ma noi sopporteremo e sfrutteremo al meglio questa tappa. Il nostro hotel è il Dead Sea Spa, resort a 4 stelle, dove trascorreremo l’ultima notte in Giordania. Dopo il check-in salutiamo Mario e Maxim, due ottime persone che abbiamo sicuramente apprezzato l’uno come guida e l’altro come autista. Siamo in camera, apriamo le valigie, cerchiamo il costume e via verso la spiaggia privata per tuffarci nelle acque salatissime del Mar Morto, tutti tranne Pietro che pare proprio allergico all’acqua salata. Non è più una novità per noi, ci siamo stati già due anni fa sul versante israeliano, ma la spiaggia qui è più bella e possiamo anche fare i fanghi, un ottimo scrub per la nostra pelle. Una cosa è implicita: vietato pubblicare foto dove siamo ricoperti di fango, qualcuno potrebbe spaventarsi di tanta bruttezza! Sono le 18.00 passate ed in piscina iniziano a liberarsi i lettini, stanchi come siamo dai chilometri percorsi ieri a Petra non ci facciamo certo sfuggire l’occasione di un po’ di riposo a bordo vasca. Nel frattempo si fa buio e il tramonto sul mare è stupendo, vediamo il sole calare a poco a poco all’orizzonte e cielo e mare colorarsi di giallo e arancione. Fa buio presto e ne approfittiamo per rientrare in camera e riposare dopo la doccia e prima della cena. Il buffet è internazionale, non ci sembra vero dopo tante salsine, vedere una bistecca alla piastra… e non è un miraggio! Dopo cena ci godiamo l’accoglienza del resort chiacchierando in terrazza, unica pecca sono il caldo e l’umidità nonostante l’ora tarda. 14 AGOSTO 2010 (BETANIA OLTRE IL GIORDANO – AMMAN – DAMASCO) Anche la colazione offre un discreto e vario buffet, l’hotel è promosso a pieni voti. Nella hall incontriamo la nostra nuova guida e qui iniziano le dolenti note. Simpatia: zero. Disponibilità nei nostri confronti: zero. Lo avrà sicuramente mandato la beduina della maledizione di Petra! Raggiungiamo Betania oltre il Giordano, S. M. Il Re Abdullah II ci concede il permesso di transitare con il nostro minibus anziché utilizzare i loro per arrivare al complesso principale. Il sito è stato identificato piuttosto recentemente come il luogo in cui Giovanni Battista predicava i suoi insegnamenti e in cui fu battezzato Gesù, la sacralità è stata sancita da Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 2000. Giunti all’ultimo parcheggio proseguiamo a piedi percorrendo piccoli sentieri tra gli alberi. Incontriamo per prima la Sorgente di Giovanni Battista dove si ritiene venissero battezzati i fedeli, proseguiamo poi verso il presunto sito del battesimo di Gesù dove ci sono i resti di tre chiese poste una sopra l’altra e alla fine arriviamo al Fiume Giordano che in realtà è un piccolo corso d’acqua sporca e inquinata. La sponda opposta, a pochi metri di distanza, si trova in Israele e il confine di stato è esattamente a metà del fiumiciattolo, questa è anche l’unica zona accessibile ai civili mentre il resto è zona militare. Il luogo è piuttosto desolante e in estate l’aria è calda e umida anche a causa della depressione in cui ci si trova ovvero a circa 350 mt sotto il livello del mare. La visita è veloce, la guida è piuttosto scontrosa e desiderosa di andarsene, per di più notiamo la sua insofferenza a causa del Ramadan che sta seguendo (il signore non certo giovane e neppure in buona salute sicuramente patisce la sete e la fame). L’ultima nostra tappa in Giordania è ad Amman, la moderna capitale, dove abbiamo appena raggiunto l’ingresso della Cittadella. Ma… che succede? Nino ha un dubbio: “dove ho messo la chiave del lucchetto della valigia?” Persa!!! E adesso che si fa? Se alla frontiera chiedono di aprire i bagagli? Sicuramente la beduina avrà inviato i nostri identikit! Vedremo di spezzare questo lucchetto in qualche modo… Per adesso non pensiamoci ed iniziamo la nostra visita del Jebel al-Qala’a, la collina più alta di Amman, dove spiccano i resti del Tempio di Ercole e dal punto panoramico si ha una superba vista sulla città e sul Teatro Romano. Visitiamo il Museo Archeologico Nazionale sempre all’interno della Cittadella, la nostra guida dice di non poter entrare ma non si sforza certo di spiegarci qualcosa al di fuori della struttura. La visita non guidata è breve, riprendiamo il nostro minibus e facciamo una tappa per vedere più da vicino il Teatro perché, dice la solita guida, è in ristrutturazione e non si può entrare, peccato ci siano dei turisti ben visibili a tutti noi che stanno visitando l’intera struttura! Andiamo di fretta perché perdiamo la prenotazione al ristorante (capirai… è mezzo vuoto) e non appena seduti la simpatica e soprattutto laboriosa guida ci saluta e ci dice che non ci accompagnerà alla frontiera per il disbrigo delle pratiche e ci abbandona nelle mani dell’autista che ovviamente non conosce una parola di italiano. Eppure mi pareva avessimo pagato per una guida parlante italiano durante tutto il tour! Ovviamente ci dimentichiamo di lasciargli la mancia per i servizi resi (ma quali?). Per pranzo siamo ancora al Tawaheen al-Hawa Restaurant, il menù è sempre lo stesso con l’aggiunta dei dolci del Ramadan, sono a forma di mezza luna e simili alle nostre frittelle di carnevale. Oggi le bibite sono a carico del tour operator giordano questo perché era prevista nel pomeriggio la visita a Umm Qays che però e saltata, nel periodo del Ramadan la chiusura del sito è alle 13.00 e a questo punto aggiungerei che avrebbero benissimo potuto prevederlo o comunque informarsi per tempo, è come se io pretendessi di portare i turisti per musei in Italia il giorno di Natale! Se fino a ieri tutto qui in Giordania era andato bene oggi non siamo per nulla soddisfatti del risvolto che sta prendendo questo fine viaggio… accidenti alla beduina! Lasciamo ora la città bianca, così chiamata perché costruita prevalentemente con le chiare pietre delle cave giordane. Strada facendo l’autista raccoglie un uomo dal pauroso aspetto talebano armato di un seghetto che ci accompagna alla frontiera dove avviene un rapido scambio di posto alla guida della vettura tra i due arabi. Il perché di questa azione resta un mistero nel senso che possiamo solo sospettare che l’autista abbia qualche problema con la patente per via di un incidente avuto in precedenza e quindi impossibilitato a guidare oltre confine mentre il seghetto si spiega al primo check-point: serve per spezzare il lucchetto della valigia! Siamo alla frontiera di Jabir, insieme all’autista andiamo a piedi in uno dei capannoni adibiti ad ufficio per far timbrare i nostri passaporti in uscita dalla Giordania, il talebano sbriga le altre formalità legate all’automezzo ed ecco Nino e l’autista cimentarsi con seghetto e cacciavite, recuperato quest’ultimo presso uno sportello di cambio vicino al parcheggio, e alla fine ecco che il lucchetto viene spezzato. Naturalmente nessuno degna le nostre valige di uno sguardo, superata la terra di nessuno e giunti presso il check-point siriano ecco Louai che è tornato a riprenderci (certo, con la mancia che gli avevamo lasciato, sarebbe accorso chiunque) riuscendo a farsi assegnare di nuovo dall’agenzia il nostro gruppo. Le formalità d’ingresso in Siria vengono sbrigate velocemente grazie anche alla buon’anima di un amico di Louai che per l’occasione chiude un occhio al check-point e ci fa passare saltando la fila e senza controllo dei bagagli e delle persone. Arriviamo a Damasco che sono ormai le 19.00 e non possiamo far altro che recarci in hotel. Alloggiamo ancora al Beit Zafran, appena entrati ci servono karkadè fresco e ci assegnano subito le camere, questa volta al piano terra, direttamente affacciate sul patio. La nostra è bellissima, con un bagno interamente in basalto nero, curato nei minimi dettagli, consigliamo questa struttura appena aperta senza alcun dubbio. Oggi è la giornata di Nino, deve aver preso un colpo di calore e ora se ne sta sdraiato a letto con una pezza fresca in fronte, ma almeno può aprire la valigia e recuperare eventuali medicinali necessari. Nel frattempo mi fiondo in doccia e… “Houston, abbiamo un problema!” L’acqua non scende dallo scarico perché il tappo è chiuso e ormai con la pressione dell’acqua nel piatto doccia non riesco ad alzarlo così Roberta corre in mio soccorso e spiega al ragazzo della reception che “c’è acqua alta in bagno!” Vabbè… armato di ciabatte e telefono il receptionist accorre e alla fine capiamo che bisogna schiacciare “push” il tappo per farlo salire in automatico, e questa per fortuna la risolviamo alla svelta, alla faccia della beduina. Nino si è ripreso grazie ad una doccia fredda e passeggia serenamente insieme a noi per andare al ristorante e altrettanto serenamente si mette le mani in tasca e… cosa spunta? La chiave del lucchetto della valigia! Il lucchetto ormai non c’è più, e ovviamente della chiave non ce ne facciamo nulla, la terremo come ricordo della maledizione di Petra!!! La cena è al ristorante Oriental, lo stesso della nostra prima sera a Damasco, ma questa volta riceviamo un trattamento decisamente migliore, noi siamo meno stanchi e quindi apprezziamo di più il servizio e il cibo ma forse Louai ha messo una buona parola quando ci ha prenotato il tavolo. Comunque sia la serata scorre tranquilla in questa città dal fascino orientale, la breve passeggiata dopo cena lungo la Via Retta ci coinvolge nell’animazione delle strade e dei locali che nel periodo del Ramadan inizia dopo il tramonto. Questa sera ci godiamo anche la terrazza del nostro hotel, dove restiamo a chiacchierare prima di rientrare nelle nostre camere. 15 AGOSTO 2010 (DAMASCO) Ci alziamo con calma e facciamo la solita tipica colazione in terrazza, liberiamo le camere e con Louai iniziamo il giro della Città Vecchia. Scopriamo i vicoli più nascosti e visitiamo le più belle boutique hotel, la moschea sciita, l’hammam, il caravanserraglio, entriamo nel cortile di una madrassa e ci inoltriamo ancora nel suq. Oggi c’è decisamente meno movimento rispetto al giorno del nostro arrivo per via del Ramadan, molti negozi sono chiusi e alcuni vicoli addirittura deserti. Sembra di vivere in uno dei tanti libri ambientati in Medio Oriente, i libri delle donne velate, degli odori e dei colori del mercato, la magia di un mondo tanto diverso dal nostro. Per pranzo siamo di nuovo al Beit Jabri ma questa volta non ordiniamo un pasto completo ma solo mezzeh senza la portata principale. Louai va anche in cerca di un forno aperto e ci porta pane caldo e ciambelle dolci. Facciamo l’ultima passeggiata nel quartiere cristiano e dall’hotel dove recuperiamo i bagagli ci dirigiamo all’aeroporto. Anche qui Louai dà il massimo e ci fa saltare tutte le file, fa praticamente aprire il check-in per noi e sbrigate tutte le formalità ci salutiamo contenti delle nostra guida siriana. L’aeroporto Internazionale di Damasco è forse più piccolo di Linate e far passare alcune ore è piuttosto difficile e noioso. Come se non bastasse il nostro aereo è pure in ritardo, l’agitazione di Pietro sale oltre ogni misura, ma resta il fatto che nulla possiamo fare se non sperare di non perdere la coincidenza perché lo scalo ad Istanbul è di 1 ora. La maledizione di Petra ci insegue dalla Giordania sino alla Siria e poi alla Turchia. Arriviamo all’aeroporto Atatürk di Istanbul tiratissimi a 40 minuti dal decollo per Milano, corsa al banco dei passeggeri in transito dove il personale ha anche il coraggio di dirci che ci hanno chiamati (peccato fossimo ancora in volo e che la compagnia aerea è sempre la Turkish quindi con un po’ di attenzione potevano vedere che eravamo in transito) ma si danno comunque da fare comunicando il nostro arrivo e ci accompagnano sempre di corsa all’imbarco attraversando tutto l’aeroporto, o meglio, gli altri corrono, il mio piede dolorante non me lo permette, ma saliamo comunque tutti sul tanto sospirato IST-MXP. Purtroppo la vacanza è finita, il risvolto positivo è che ci siamo lasciati alle spalle la maledizione, ma… non è possibile, siamo a Milano e i bagagli sono ad Istanbul! Ci libereremo mai della beduina e dei malefici che ci hanno seguiti sino in Italia? Facciamo denuncia di smarrimento all’apposito ufficio dove ci assicurano che i bagagli arriveranno domani col primo volo e ci verranno recapitati a casa nei giorni successivi ma Luigi, Marco ed io dobbiamo partire domani sera per il mare, così Luigi si fa carico di ritornare a Malpensa in mattinata per recuperare tutte le valigie: è il prezzo da pagare per aver scatenato la maledizione di Petra! Considerazioni finali: − Istanbul è sempre affascinante, agosto non è però la stagione migliore, l’umidità è elevatissima e gli odori della città che ho trovato tanto gradevoli nell’aria fresca invernale diventano pesanti e quasi nauseabondi in estate, la primavera e l’autunno sono sicuramente i momenti migliori per una visita. − Damasco con la sua Città Vecchia fa sognare un mondo che abbiamo letto solo sui libri, una cultura totalmente diversa dalla nostra, che ti prende e ti incuriosisce, più apprendi di questo mondo e più vorresti sapere. − Bosra merita senza dubbio una tappa, se si va di fretta si può visitare solo la Cittadella con il Teatro Romano, un vero capolavoro ben conservato. − Jerash è il più bel sito archeologico giordano, il 70% è ancora sepolto sotto terra, una passeggiata tra i resti, dall’Ippodromo alla Piazza Ovale, al Tempio di Artemide, al Cardo Maximus, è un pieno di cultura. − Petra non ha rivali: il Siq, la roccia scavata, il Tesoro, la scalata al Monastero, i beduini. È un’esperienza da vivere godendosi ogni momento di questa lunga passeggiata nella capitale del Regno di Nabatea. − Wadi Rum, il deserto di Lawrence d’Arabia, con i suoi segreti e suoi colori non può essere tralasciato. Il tè sotto la tenda beduina è una piacevole tappa per apprezzare l’ospitalità di questo popolo. − Mar Morto con i suoi resort è una tappa gradita dopo Petra e il Wadi Rum, è divertente galleggiare sulle acque salate e piacevole riposare ai bordi della piscina e usufruire di tutti i moderni servizi di un buon complesso alberghiero. − La NBTS Viaggi a cui ci siamo rivolti in Italia si è a sua volta appoggiata a due tour operator locali. L’organizzazione dell’agenzia siriana è stata perfetta, siamo anche stati contattati telefonicamente dal personale per sapere se tutto procedeva bene. Giudichiamo pertanto ottimo l’operato della Nawafir. L’agenzia giordana, Plaza Tours, non si è mai fatta sentire, ci ha assegnato un minibus un po’ stretto e scomodo per i lunghi tragitti, ha fissato la visita di Umm Qays in un orario in cui il sito era chiuso per via del Ramadan, la guida assegnataci per l’ultimo giorno era scontrosa, insofferente e piuttosto sbrigativa in ogni commento e descrizione e per finire ci ha lasciati al ristorante e, solo ed unicamente con l’autista che non conosceva l’italiano, abbiamo raggiunto il confine con la Siria mentre noi abbiamo pagato per una guida parlante italiano durante tutto il tour. Riteniamo l’assegnazione di questa guida poco adatta a svolgere tale lavoro e il nostro abbandono nelle mani dell’autista (proprio per varcare un confine dove potevano nascere questioni con il personale militare di frontiera con nessuno che potesse tradurre in italiano) un comportamento poco corretto nei nostri confronti e soprattutto poco professionale. − Il nostro tour prevedeva la scelta tra il pacchetto degli hotel 4 stelle e il pacchetto degli hotel 5 stelle, noi abbiamo scelto la prima opzione. Consigliamo però, almeno per le partenze individuali, a fronte ovviamente di una corretta maggiorazione, la richiesta di un hotel 5 stelle a Petra anche per chi acquista il pacchetto dei 4 stelle. Gli hotel di Damasco, Amman e Mar Morto sono stati all’altezza della loro classificazione, l’hotel di Petra era una struttura non curata e poco accogliente che assolutamente non valeva il prezzo pagato. Consigli per la sopravvivenza: − Per la visita di Petra portatevi qualche monetina da donare alle gentil donzelle beduine!


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