Back in sierra leone – agosto 2007

Campo missionario dal 14-08 al 27-08 2007PREMESSA: Vedi prima “APOTO TOUR IN SIERRA LEONE 2006” Non è facile conoscere l’Africa, la sua gente, i suoi missionari, i suoi paesaggi, e non sentire l’impulso di tornarci. Quest’anno qualsiasi riflessione famigliare/logistica/economica ci sconsigliava un ritorno, eppure io e mia moglie...
Scritto da: bume
Partenza il: 14/08/2007
Ritorno il: 27/08/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Campo missionario dal 14-08 al 27-08 2007

PREMESSA: Vedi prima “APOTO TOUR IN SIERRA LEONE 2006” Non è facile conoscere l’Africa, la sua gente, i suoi missionari, i suoi paesaggi, e non sentire l’impulso di tornarci. Quest’anno qualsiasi riflessione famigliare/logistica/economica ci sconsigliava un ritorno, eppure io e mia moglie Nicoletta abbiamo deciso di riprendere il viaggio in direzione Lunsar, Sierra Leone.

Il campo aveva una durata di 25 gg, ma per motivi di lavoro anche questa volta sono stato obbligato ad una esperienza parziale, partendo il 14 (anziché il 2 con il resto del gruppo) per poi tornare insieme agli altri il 27 agosto (l’esperienza mi ha insegnato che dovendo scegliere è meglio partire dopo piuttosto che tornare prima…).

14.08 MARTEDI Il volo era originariamente fissato per lunedi 13, ma giusto tre gg. Prima abbiamo saputo dall’agenzia viaggi di uno slittamento al 14. Il motivo, non specificato, è presumibilmente legato alle elezioni politiche in programma per domenica 12.08, le prime del dopoguerra senza la supervisione dei caschi blu.

Percorso e compagnia aerea non cambiano: Bologna-Bruxelles-FreeTown (per totali 11 ore c.Ca) con la Bruxelles Airlines. L’attesa di arrivare ci rende impazienti. Dall’aereo scendono anche alcuni padri italiani ai quali ci uniamo in quanto essendo loro conosciuti dal personale dell’aeroporto le operazioni di “dogana” sono agevolate, e si evitano inconvenienti che possono essere inscenati per spillare soldi agli occidentali. Ci aspettano Suor Elisa e Mr.Conteh, sui quali ci lanciamo in un abbraccio atteso da mesi.

Sulla Jeep ci guardiamo intorno: La gente che saluta, i bambini che corrono incontro gridando “apoto!”, il percorso a zig-zag tra le buche, la terra rossa, il calore delle sisters e degli altri campisti una volta arrivati in Convento… bello sentirsi a casa! Quest’anno il gruppo proveniente dall’Italia è più numeroso: siamo in 23, tra i quali una sola suora (Suor Veronica), Don Paolo neo-curato di Poviglio che ha sostituito Don Giovanni dal settembre scorso, Ermanno, fotografo avventuriero che girerà per suo conto la Sierra Leone con l’intenzione di fare un ampio reportage, Amalia, che è una dottoressa oncologa di Poviglio unitasi per prestare servizio volontario all’ospedale di Lunsar, Giuseppe e Roberto, abili tuttofare non più ventenni che prestano aiuto nei lavoretti pratici presso il convento (manutenzione, idraulica, ecc…Coadiuvati dai due Walvoil Griso e Luca), Roberta, proveniente dalla Milano bene ma in realtà molto alla mano, la Betta e Massimo, già presenti con noi nel campo 2006, e tanti altri nuovi compagni di viaggio da varie parti delle province di Reggio e Parma.

Le sisters sono sempre quelle, con l’aggiunta di suor Yukele e suor Pauline, dalla Nigeria, suor Benedetta che l’anno scorso era a Mile 91 e suor Letizia, giapponese con l’hobby del motorino, con il quale gira per Lunsar con tanto di casco rosso in testa. Mitica.

15-16.08 MERCOLEDI e GIOVEDI Anche se è ferragosto e quindi festa di precetto, le suore decidono di lasciare comunque aperta la scuola in quanto quest’anno il campo estivo è più corto del solito (sono praticamente 3 settimane anziché 4, delle quali una e mezzo già passata).

Come noi, anche i bambini della scuola estiva sono cresciuti di numero: ce ne sono 500 c.Ca (visti tutti insieme fanno un certo effetto..), suddivisi in 15 classi ciascuna con un teacher italiano e uno locale (quest’anno sia ragazze che ragazzi). Tra gli insegnanti africani c’è Finda, una ragazza che porta ancora addosso i segni del suo passato da bambina soldato, e il cui fidanzato è uno dei tanti sierraleonesi mutilati (gli manca un braccio) dai ribelli durante la guerra.

Appena io e Nicoletta varchiamo la porticina che separa il cortile del convento da quello della scuola, tanti bambini ci vengono incontro e ci salutano, qualcuno cantandoci le canzoncine che suonavamo lo scorso anno. Ci hanno riconosciuto! Qualcuno ricorda anche i nostri nomi! Anche noi rivediamo i volti noti di alcuni bambini, che ovviamente sono cresciuti.

Durante l’adunata Sister Tessy ci ri-presenta e dice ai bambini che siamo tornati da sposati, provocando ovviamente le loro risatine. Seguono i canti, qualcuno dello scorso anno ma tanti nuovi, e l’inno nazionale, accompagnato da una abbondante pelle d’oca e emozioni che mancavano da 12 mesi. Sister Tessy è ancora più scatenata, insegna ai bambini degli pseudo balli gridando “everybody do as I do” e proponendo loro le mosse più assurde che provvediamo a filmare e registrare (intanto che ridiamo sotto i baffi..).

Noi 2 siamo sempre gli “insegnanti” di musica, e rifacciamo le canzoncine che già conosciamo aggiungendone qualcuna nuova e “didattica”, come “colors”, durante la quale i bambini con indosso vestiti del colore appena citato devono alzarsi e girare su se stessi. Alla fine della mattina, dopo 4 ore di sgolata, la voce ne risente un po’, ma la soddisfazione di far divertire questi bambini è molto maggiore della fatica.

La ricreazione, sempre della durata di un’oretta c.Ca, è dedicata a balli, canti, giochi e confusionarie partite di pallone con squadre, campo e porte (fatte con 2 ciabatte) non ben definiti. Quest’anno non c’è Alberto, e qualche mattina provo a cimentarmi ai bonghi con scarsi risultati assieme al mitico Peter Kapindi, insegnante di musica durante l’anno scolastico, ma tanto basta per divertirci un po’ tutti insieme, italiani e africani.

Al pomeriggio l’attività principale è la copertura dei libri che serviranno alle ragazze della secondary school per la stagione 2007/08. Viene usato del nylon, ed è una operazione necessaria perché altrimenti l’umidità li rovinerebbe nel giro di poco tempo. E’ una occasione per stare insieme e fare quattro chiacchere. Tre di noi sono invece impegnati con il corso di computer, già proposto lo scorso anno, mentre la Betta è indaffaratissima con le adozioni a distanza, che sono da aggiornare una per una indicando se il bambino/a è stato promosso o no, inserendo la foto nuova, segnando se è già stata rinnovata o no, ecc.. (le adozioni sono oltre 400, mica briciole..). Al proposito io e Nicoletta abbiamo la fortuna di trovare tra i tanti bambini anche i nostri 2 adottati ai quali abbiamo così la possibilità di consegnare di persona un regalino utile per la scuola.

Qualche volta ci si trova anche con i teacher africani per programmare insieme le lezioni; Un pomeriggio tuttavia proponiamo loro di vedere insieme il cartone animato “Kiriku e la strega Karaba”, principalmente per lanciare il messaggio che le streghe non esistono, mentre i loro commenti finali ci fanno capire che il film ha avuto l’effetto esattamente contrario.. È dura togliere dalla testa convizioni così fortemente radicate nella loro cultura, e di certo non ci possiamo riuscire noi in pochi giorni… Per contraccambiare il giorno dopo loro ci propongono un film nigeriano lungo e quasi incomprensibile, pieno di stregonerie varie. Qualcuno si dilegua, ma per rispetto verso di loro la maggior parte di noi resta fermo nonostante per il nostro punto di vista il film sia veramente inguardabile… Una mattina, al posto di due ore di lezione, proiettiamo ai bambini il film di Kiriku già visionato con i teacher, ma dalle loro reazioni intuiamo che non devono aver capito granchè… Girando per la secondary school notiamo che proseguono i lavori di ampliamento dell’edificio, con una nuova ala che sarà destinata a dormitorio per le ragazze che alloggeranno qui. I lavori procedono a rilento, diretti da un affarista libanese di Free Town che mi ispira poca fiducia di nome Alì. La mia impressione è che il trattamento che questo personaggio riserva ai suoi operai non sia sindacalmente ineccepibile.

Non mancano naturalmente anche i giri in paese, durante i quali, accompagnati da orde di bimbi, compriamo le stoffe per i vestiti africani, e le tipiche ciabatte locali.

La sera del 15 agosto festeggiamo il compleanno di Mr.Conteh, che resta a cena con noi. Si mangia la torta che le suore ci hanno gentilmente preparato e gli regaliamo un portafogli che abbiamo appositamente portato dall’Italia.

17-18-19.08 VENERDI SABATO DOMENICA Il venerdi sono sospese le lezioni per partenza direzione Free Town e Lakka, si va al mare! La mattina ci si avvia di buon ora con pulmino + jeep e si fa tappa dai padri salesiani in capitale per i bisogni fisiologici. C’è tempo anche per fare due tiri a basket con Sister Tessy che si rivela abile giocatrice (memorabile la foto che la mostra in “volo” mentre tira a canestro…). Ritroviamo Free Town così come l’avevamo lasciata: una bolgia di persone e sporcizia; Purtroppo, come prevedibile, in un anno le cose non sono migliorate granchè.

Ci dividiamo in 2 gruppi: Il primo fa l’immancabile tappa al mercato coperto, dove si trova un sacco di artigianato sierraleonese. Ognuno acquista oggetti di ogni tipo, ma per fortuna nessuno pensa di portarsi a casa cose troppo ingombranti come il rinoceronte di Tommy dello scorso anno, perché sul pulmino siamo in tanti e già abbastanza stretti. Il secondo gruppo fa un giro a piedi per la città, cosa che l’anno precedente non era stata possibile, con tappa al gigantesco “cotton tree”, l’albero simbolo della liberazione dalla schiavitù. Dopo un oretta c.Ca i due gruppi si invertono e verso fine mattina si riparte. La tappa successiva è il supermercato molto “occidentale” dei libanesi, lo stesso del 2006, dove tra i diversi prodotti europei troviamo anche il lambrusco della cantina di Gualtieri!!! Obbligatoria la foto mia e di Johantan (che è di Pieve di Gualtieri) con la bottiglia.

Ci fermiamo poi a casa di Alì, che ci ospita per consumare il ns.Pranzo al sacco nella sua abitazione, non paragonabile in termini di lusso all’ambasciata inglese dove facemmo tappa lo scorso anno ma sicuramente molto superiore alla media di queste parti.

Dalla capitale proseguiamo verso nord su una strada sterrata e piena di buche (povero pulmino..) in direzione Lakka. Durante l’ultimo tratto ci lasciamo sulla destra l’ospedale di Emergency, uno dei pochi presenti in Sierra Leone.

Arriviamo a destinazione a metà pomeriggio. Il posto è molto bello, peccato per il tempo nuvoloso. Si tratta di una cascina un po’ lasciata andare ma in condizioni ancora accettabili che gli inglesi utilizzavano ai tempi del colonialismo come struttura balneare. La stessa è da tempo gestita dall’associazione di Padre Berton, un missionario italiano che fino ad un paio d’anni fa l’ha utilizzata come centro di recupero degli ex bambini soldato. Suor Elisa ottiene ogni anno il permesso di occuparla un week end per regalare ai campisti italiani tre giorni di svago. La casa è abitata e gestita da due famiglie locali con diversi bambini con i quali ovviamente facciamo conoscenza e giochiamo.

Passeggiando lungo la spiaggia notiamo alcuni pescatori che tirano le reti da riva e a mano, come si faceva da noi ormai decenni fa. Sono ancora ben evidenti i segni di strutture turistiche ad oggi poco utilizzate ma sicuramente in voga nel periodo coloniale, ormai usurate dal tempo e dalla guerra: Notiamo ad esempio quello che probabilmente era un villaggio turistico, oltre ad un locale con tanto di insegna “Hard Rock Restaurant”. Troviamo anche un esemplare della “ravinala”, la pianta a ventaglio che abbiamo ben conosciuto in Madagascar, ma presente anche in tante altre zone dell’Africa.

In tanti di noi si tuffano subito in acqua, comprese le suore e Mr.Conteh. Particolare non di poco conto: qui non esiste l’acqua corrente, quindi per ci si “lava” a secchiate in un ruscello. Per bere abbiamo invece una buona scorta di bottiglione di plastica. La sera, al contrario di Lunsar dove si preparano le lezioni per il giorno dopo, è dedicata solo a giochi (lupus, il pezzo forte della Linda) e canti, con tanto di momento in spiaggia nel quale c’è sempre qualcuno che ad un certo punto dice “facciamone una che sanno tutti”… Il sabato, oltre ad una lunga passeggiata, è dedicato alla costruzione di un maxi-castello di sabbia insieme ai bambini africani e ad una partitella di calcio sulla spiaggia a squadre miste (che fatica!), con bagno refrigerante finale durante il quale mi rendo conto di quanto è potente la corrente qui (e quanto poco buona è l’acqua di mare da bere..).

La domenica, dopo la messa mattutina e il pranzo, si riparte in direzione Lunsar.

20-21-22-23.08 LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI La settimana procede con le normali attività scolastiche (ad eccezione dei giochi della gioventù organizzati il giovedi mattina da Bose, il “professore di ginnastica” italiano), mentre al pomeriggio abbiam la possibilità di fare altre attività.

Un giorno visitiamo l’ospedale di Lunsar dove presta servizio Amalia, che ci descrive la tragica situazione derivante dalla mancanza di tante attrezzature basilari, alcune delle quali presenti ma non funzionanti. La struttura è gestita da medici spagnoli, ma non è un ente benefico: Tutte le prestazioni sono a pagamento, e chi non se lo può permettere non ha possibilità di curarsi. Già questo particolare raccontato fa rabbrividire, figurarsi per Amalia che è sul posto e la sera con gli occhi lucidi ci racconta come le sia capitato di vedere persone gravemente malate rifiutate (uno ad esempio è arrivato in peritonite e non è stato ricoverato) e altre morire a causa delle carenze sanitarie… Tutto ciò considerando che questo ospedale è uno dei migliori della nazione… Un altro pomeriggio andiamo a far visita ai frati salesiani di Lunsar, dove l’anno prima avevamo conosciuto Padre Mario che non c’è in quanto temporaneamente tornato in Italia. Incontriamo invece un cooperante italiano (i cooperanti sono collaboratori che a differenza dei volontari sono stipendiati) che ci racconta come le elezioni, i cui risultati ancora non si conoscono, non porteranno secondo lui grandi cambiamenti: Gli attuali governanti, ormai impopolari, continuano ad arricchirsi con gli aiuti internazionali mentre la gente muore di fame; Anche gli sfidanti tuttavia, nel caso dovessero vincere (come effettivamente si saprà poche settimane dopo), non sarebbero secondo lui molto migliori dei predecessori.

Altro evento della settimana degno di nota è sicuramente la messa partecipata insieme da noi e dai teachers africani nella cappella delle suore, una serata prima di cena. Si prega, si canta e si suona insieme canti africani e italiani, ed è sicuramente un bel segno di fratellanza.

Passando dal sacro al profano c’è tempo anche per un dopo-cena in un “pub” di Lunsar (ovviamente è una baracca in legno, ma dotata di un generatore per le luci e la musica) con i teachers che ci accompagnano. Si balla tutta sera, e il particolare che salta più agli occhi è che qui anche gli uomini ballano in coppia, cosa che a noi ragazzi non garba ovviamente granchè… Un’altra sera Mr.Conteh, elegantissimo, organizza dalle suore una cena con torta preparata da sister Tessy per “festeggiare” il ns.Matrimonio, in segno di riconoscenza per il fatto che l’ho ospitato quando è stato in Italia insieme a suor Elisa lo scorso Natale. Porta anche un sacco di lattine di bibite per tutti, cosa non da poco da queste parti. La sua gentilezza è commovente, quasi imbarazzante.

24.08 VENERDI Mattinata dedicata alla festa finale con recite e balletti proposti da bambini e teachers, con canzoni e ringraziamenti reciproci. Segue partita a calcio tra gli insegnanti, una Italia-Sierra Leone che finisce con un fraterno 2-2 (uno dei due loro goal però è viziato da un’azione irregolare.. Da italiano medio non posso non lamentarmi dell’arbitraggio!). Seguono i saluti finali e al pomeriggio si parte per Mange Bureh! All’arrivo troviamo padre Joseph, attualmente da solo nella gestione di questo convento (L’anno scorso erano in 3, gli altri 2 sono nel frattempo tornati in patria). La sua attività è principalmente quella di girare per i villaggi della zona proponendo il catechismo e il suo aiuto. La forza di questo missionario che opera da solo sarà una delle cose che emergerà maggiormente nelle riflessioni finali.

La restante parte del pomeriggio è dedicata ad un giro in jeep con padre Joseph in uno di questi villaggi nella foresta, dove appena arrivati veniamo accolti dai pochi anziani presenti, che qui sono i capi e godono di molta considerazione (mica come da noi che sono sbattuti in ricovero). Ad ogni foto le persone rimangono stupite e divertite, in quanto sicuramente poco abituate a vedere dei bianchi e delle macchine fotografiche. Improvvisiamo una partitella a calcio (la seconda della giornata per noi), con il campo di una forma molto strana delimitato da capanne, persone, e anche da un pentolone dove le donne stanno cuocendo la cena che Massimo usa per un triangolo che lo mette davanti alla porta avversaria.

La serata è molto tranquilla, vista la stanchezza accumulata durante il giorno; Tra i bambini con i quali stiamo in compagnia ce n’è uno, detto “Bomba”, che diventerà per noi una sorta di mascotte.

25.08 SABATO Il sabato mattina siamo di nuovo in jeep, io ho Suor Elisa come autista, che riesce a passare indenne sopra un ponticello talmente malmesso che ancora oggi non mi so spiegare come abbia fatto. Il primo villaggio che visitiamo mi colpisce perché gli abitanti sono tutti radunati sotto una tettoia ad aspettarci e a guardarci, un po’ intimoriti, probabilmente vivendo il nostro passaggio come un evento più unico che raro. Putroppo in questo caso facciamo la figura dei turisti perché scattiamo diverse foto a questo gruppo di persone per poi ripartire immediatamente. In un altro visitiamo una scuola costruita dalle missioni (diversa da quella dello scorso anno). Facciamo anche un tragitto a piedi per incontrare tre rappresentanti di un villaggio che hanno appositamente attraversato una risaia in barca per venirci a salutare.

Nel pomeriggio suor Elisa decide di cambiar programma (originariamente dovevamo stare a Mangeh fino a domenica) e rientriamo a Lunsar. All’arrivo sister Berna ci accoglie saltando di gioia con tanto di “welcome, welcome!” come se fossimo stati via delle settimane, e invece è passato solo un giorno. Anche questa è ospitalità… 26.08 DOMENICA Il rientro anticipato ci da la possibilità di partecipare alla messa in parrocchia della domenica mattina, ricca di canti africani che registro con il walk man con lo scopo di metterli su cd. All’uscita incontriamo l’anziana sig.Ra che “ribattezza” gli italiani con un nome africano, e che l’anno scorso aveva addirittura regalato a Nicoletta il crocefisso che portava al collo. Va detto che è una delle poche persone abbastanza anziane incontrate in due anni di campo estivo, a testimonianza della ridotta speranza di vita che c’è qui.

Nel pomeriggio c’è il riordino delle stanze, preparazione delle valige la riflessione finale, in cerchio parlando uno alla volta. Ognuno vive ovviamente l’esperienza in modo diverso, personale, ed escono tanti pensieri, riflessioni, propositi, da ascoltare perchè credo che ci sia sempre qualcosa da imparare dai compagni di viaggio. Mi segno le frasi che più mi colpiscono e tengo questi appunti come uno delle cose più preziose del viaggio.

Arriva anche l’ultima serata a Lunsar, durante la quale facciamo gli auguri al Griso per il suo compleanno, e proponiamo una scenetta imitando e prendendo un po’ in giro le suore. Memorabile Johnny che imita sister Tessy con il suo “Everybody do as I do” e le sisters che se la ridono… Suor Berna (appassionata di musica, una sera ci ha suonato l’Ave Maria di Shubert con la clavietta..), Betta e Don Paolo improvvisano un terzetto di flauto dolce e la serata si conclude con una mega foto di gruppo venuta purtroppo sfuocata… 27.08 LUNEDI Arriva il giorno dei saluti. I teachers e alcuni bambini della scuola vengono a trovarci al momento della partenza, in tanti piangono, le foto non si contano, e qualche suora si nasconde senza farsi salutare, forse per non farsi vedere a piangere. In cortile in tanti versano qualche lacrimuccia. Penso al fatto che noi torniamo nel nostro mondo dorato e loro restano lì, e questo non mi lascia tranquillo. L’unica cosa che un po’ mi consola è sapere di aver vissuto una preziosa esperienza che pochi occidentali vivono e che mi ha ampliato non poco la visuale del mondo e della vita.

Voglio trascrivere alcune riflessioni dei miei compagni di viaggio emerse a fine campo: “…Con i soldi che spendo da noi per un paio di scarpe qui ci adotti 2 bambini e mezzo…” Marco “…Qui impari a lasciare perdere le piccolezze della vita quotidiana del nostro mondo…Come perdere il sorriso alla mattina per un clacson di troppo…” Beatrice “…Che rabbia: all’ospedale ci sono dei macchinari che salverebbero tante vite.. Ma non funzionano!” Luca “..Questa globalizzazione che a questa gente porta il cellulare ma non il diritto alla vita e alla salute…” Amalia Loro vorrebbero venire in Italia e noi vogliamo andare là…Loro non hanno nulla ma hanno tanto da insegnarci, noi abbiamo tutto ma lo apprezziamo poco… sono solo alcune delle riflessioni che mi vengono in mente, e chissà quante se ne potrebbero fare..

Non abbiamo saputo dare una risposta alla domanda “perché tornare?”, di certo c’è solo che non ce ne siamo mai pentiti neanche per un secondo.

Giovanni Cavalcabue giovanni.Cavalcabue@gmail.Com



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche