Viaggio nella Sicilia Occidentale

Viaggio nel Trapanese: Incroci di culture, spiagge meravigliose, antiche tonnare
Scritto da: Gafforio
viaggio nella sicilia occidentale
Partenza il: 31/07/2020
Ritorno il: 10/08/2020
Viaggiatori: 9
Spesa: 1000 €
Il viaggio nella meravigliosa Sicilia, in questo caso nel Trapanese, è stato concepito tenendo presente un triplice itinerario turistico: 1) l’incomparabile ricchezza storico-archeologica di un territorio che fin dai tempi più antichi ha attirato popoli da tutte le latitudini: Fenici, Greci, Romani, Vandali, Bizantini, Arabi, Normanni, Aragonesi ecc.; 2) le bellezze naturali, in questo caso le incantevoli spiagge che si susseguono lungo il litorale senza soluzione di continuità; 3) le tonnare presenti praticamente lungo tutta la costa.

Abbiamo preso in affitto una villetta poco distante da Castellammare del Golfo e abbiamo organizzato le giornate nel seguente modo: la mattina di buon’ora (alle ore 08.00 ca) ci rechiamo al porto per attendere il ritorno dei pescatori locali e acquistare pesce fresco; conviene non ritardare perché tutto il pescato viene venduto all’istante e le persone in attesa sono tante. Acquistato il pesce la seconda meta è il mercato della frutta e verdura (via delle Mura), ogni giorno rifornito dagli agricoltori del circondario e il panificio accanto che vende anche biscotti, cornetti, dolci e il tradizionale pane cunzato da portare in spiaggia.

Dopo colazione si partiva per le mete turistiche, spuntino veloce e pomeriggio al mare per il meritato relax.

Di sera cena a casa con il pesce acquistato o ordinando alla Gastronomia Scaraglino (via Segesta) con consegna a domicilio. Il menù comprendeva (prezzo/qualità ottimo) piatti locali quali il cous cous di pesce con il classico brodo, le zucchine ripiene, melanzane alla sicilianei ecc.; pizza di tutti i tipi e per finire i dolci preparati al momento come i cannoli e le cassatine veramente deliziosi, il tutto accompagnato con vino del trapanese acquistato durante i vari itinerari: l’Alcamo, il Catarratto, il Frappato d’Erice, il Grillo di Salaparuta e per terminare un amaro che è stata per noi una vera sorpresa: l’Amaro Punico, prodotto a Marsala.

1° agosto 2020

Castellammare del Golfo

Il primo giorno di vacanza dedichiamo la mattina alla visita di Castellammare del Golfo (Castrum ad mare de gulfo), partendo dal grazioso porto che è ed è stato il nucleo fondamentale del borgo fin dal V sec. a.C., quando è stato realizzato per essere l’emporio di Segesta. Anche con l’avvento degli arabi nell’800 Castellammare (al-Madariğ) mantiene la sua vocazione di porto commerciale fino al 1300 quando, a causa dell’appoggio dato agli Angioni, venne chiuso dagli Aragonesi. L’attività commerciale iniziò a ripartire dai Vespri siciliani e alla fine dell’1800, come narrano i nativi, il porto fu anche utilizzato per commerci non leciti o per imbarcare di nascosto chi era costretto a lasciare l’isola.

Partiamo dal Castello edificato dagli Arabi e completato dai Normanni, ora polo museale, e ci spostiamo, attraversando la Marina con tutti i suoi locali, verso la parte alta del paese, ovvero il centro storico che ha il suo fulcro in C.so Garibaldi. Da non perdere la Chiesa Madre (La Matrici).

Dopo un frugale pasto a base del tradizionale “pane cunzato” (pane condito con pomodori, formaggio, acciughine, sale, pepe, olio, origano), ci siamo diretti verso la Tonnara di Scopello (10 km). Lungo la strada abbiamo fatto una breve sosta presso il belvedere sopra Castellammare, dove lo sguardo abbraccia tutto il golfo con il porto, il castello, le case.

La strada e il parcheggio a pagamento (5 euro, spesi bene perché la municipale passa spesso e la multa per parcheggio su strada è di 29 euro) sono posizionati in alto rispetto alla tonnara.

Il biglietto per la visita della tonnara e per accedere alla Spiaggia dei Faraglioni è costato 7 euro (comprensivi della visita alla tonnara), ma il prezzo già vale solo per lo spettacolo: la tonnara completamente ristrutturata in basso davanti a una caletta dall’acqua limpida e un mare blu maculato di verde, sul lato sinistro due antiche torri di avvistamento vigilano dall’alto delle rocce, mentre dall’acqua sorgono gli iconici Faraglioni. Il tutto immerso in una vegetazione selvaggia.

La Spiaggia dei Faraglioni, così chiamata impropriamente, è in verità una piattaforma di cemento che può accogliere un ristretto numero di bagnanti, per cui si consiglia di arrivare presto la mattina, anche per poter utilizzare le sdraio messe gratuitamente a disposizione. Altro consiglio utile: munirsi di scarpette da scoglio per entrare in acqua.

La costruzione della tonnara risale al XIII sec., poi con il passare dei secoli fu ulteriormente ampliata: nella seconda metà del 1400 dalla famiglia dei San Clemente, poi dai Gesuiti che costruirono anche una chiesetta ed infine dalla famiglia Florio. L’attività della pesca al tonno proseguì ininterrottamente fino alla fine degli anni ’80 del Novecento. Ora una parte della tonnara è stata destinata ad appartamenti che vengono locati ai turisti e una parte è stata destinata a museo.

La Tonnara ospita un diving center che organizza immersioni ed escursioni in gommone.

È presente anche un piccolo posto di ristoro.

La sera ritorniamo al porto di Castellammare per cenare alla Cambusa: ottima cucina di pesce e prezzo contenuto (antipasto, 2° piatto e vino 25 euro a persona).

2 agosto 2020

Grotta Mangiapane (ca 30 km da Castellammare)

Oggi la nostra meta è la c.d. Grotta di Mangiapane, a Custonaci.

Agli inizi dell’800 il patriarca della famiglia Mangiapane, per ottenere una maggiore protezione dalle intemperie e dal caldo, decise di costruire all’ingresso della grotta alcune case e di utilizzare l’ampia parte interna come stalla. Con il tempo l’insediamento si è allargato e sono state realizzate altre case fuori della caverna così da costituire un piccolo villaggio abitato fino al 1950 ca.

Oggi il piccolo borgo di pescatori/allevatori è stato interamente restaurato e adibito a museo all’aria aperta. Ogni piccola casa è stata inoltre arredata con le suppellettili dell’epoca e sono stati minuziosamente ricostruiti anche i vari ambienti: il forno, il barbiere, l’arbitrio per lavorare la pasta, la taverna, il calzolaio ecc.

Sono presenti anche recinti che ospitano animali come i pavoni, gli asini o le ormai rare capre girgentane, dal lungo vello e dalle lunghe corna a spirale, importate dagli antichi coloni Greci. Da queste capre si ricava un latte utilizzato per produrre un ricercato formaggio.

Per l’accesso al borgo l’offerta è stata libera.

Terminata la visita a questo suggestivo borgo ci siamo diretti alla vicinissima Baia di Cornino, con la sua spiaggia ben attrezzata (ombrellone 7 euro, sdraia 4) di sabbia e rocce. Si consiglia di portare le scarpette da scoglio.

3 agosto 2020

Riserva dello Zingaro (ca 50 km da Castellammare)

A causa della mattinata piovosa, abbiamo deciso di riservare il pomeriggio al mare. Ci siamo quindi diretti verso la famosa Riserva dello Zingaro, e più precisamente all’ingresso nord, quello presso San Vito Lo Capo (biglietto 5 euro).

All’interno della Riserva è possibile effettuare un’escursione di ca 7 km che permette di visitare tutte le calette più famose ed accessibili.

Questo è il decalogo per chi intraprende il cammino nel mese di agosto: arrivare la mattina presto o il tardo pomeriggio per via sia dell’alta temperatura che della grande affluenza di turisti, indossare pantaloni comodi e lunghi per l’attraversamento della macchia mediterranea, utilizzare scarpe da trekking (tra l’altro il regolamento della Riserva vieta gli infradito) perché i sentieri sono spesso ripidi, portare una riserva di acqua perché l’unico punto di ristoro è rappresentato da un furgone all’entrata della Riserva e infine portare un ombrellone per ripararsi dal sole.

Noi abbiamo deciso di puntare sulla spiaggia più vicina (ca 800 m), nonché la più bella e la più grande rispetto alle altre (anche la più frequentata), cioè la minuscola e splendida Tonnarella dell’Uzzo.

4 agosto 2020

Segesta (ca 22 km da Castellammare)

All’arrivo è possibile parcheggiare gratuitamente in un piazzale a circa 500 m dall’entrata del parco archeologico o nel parcheggio a pagamento a pochi metri dalla biglietteria.

La figura del tempio emerge maestosa, isolata sopra una collina in un paesaggio immutato da secoli, esattamente come è apparso nel 1885 a Maupassant «… sembra appoggiarsi alla montagna, anche se un profondo burrone lo separa; ma si allarga dietro di lui, e sopra di lui, lo racchiude, lo circonda, sembra ripararlo, accarezzarlo. E si staglia mirabilmente con le sue trentasei colonne doriche, contro l’immenso drappeggio verde che fa da sfondo all’enorme monumento, in piedi, tutto solo, in questa sconfinata campagna».

L’entrata per la visita del parco costa 6 euro per gli adulti, 3 euro per i ragazzi tra i 18 e i 23 anni, gratuito per i minori. Dalla biglietteria il tempio dista 400 m in lieve salita.

Una volta giunti in cima alla collina lo spettacolo lascia senza fiato (in verità anche per la salita sotto il sole): il tempio è imponente, con colonne immense, un’opera che sembra eseguita da titani per la grandiosità del sacro edificio.

Uno spettacolo che durante il Grand Tour ha portato in questo luogo magico, non senza disagi, viaggiatori e intellettuali come Goethe, Hackert, von Riedesel, Dumas ecc.

Il tempio è stato eretto alla fine del V sec. a.C. e, come ricavato da un’epigrafe dedicatoria ritrovata nel ‘500 e conservata nel Museo di Calatafimi, sembra essere stato consacrato ad Afrodite (Venere) Urania. Anche se il tempio è stato realizzato dagli Elimi, probabilmente fu innalzato con la cooperazione di maestranze provenienti dalle vicine colonie greche; è in stile dorico, classica pianta rettangolare con 6 colonne sul lato corto e 12 sul lato lungo per complessive 36 colonne, alte 10 metri, poggianti su una base composta da tre gradoni.

Il fatto che le colonne non siano scannellate, che non compaiano tracce della cella o del tetto ha fatto supporre ad alcuni storici che il tempio non sia mai stato completato, come già aveva ipotizzato l’Abbé de Saint-Non, nel suo viaggio a Segesta nel 1785, che anzi riteneva che proprio per questo motivo l’edificio si fosse salvato dagli incendi e dai saccheggi dei barbari.

Dopo aver contemplato la bellezza del tempio siamo ridiscesi verso la biglietteria, da dove parte un secondo percorso, circa 1,2 km in salita, che porta al teatro. Visto il gran caldo abbiamo deciso all’unanimità di rinunciare alla passeggiata e di prendere la navetta. Il biglietto costa 1,5 euro e si acquista presso la biglietteria del Parco.

Il teatro è stato costruito alla fine del III sec. nel punto più alto del Monte Barbaro, a settentrione, in un luogo ripido con una superba vista «sul golfo di Castellammare e i monti di Alcamo» mentre «ai piedi si svolge una valle selvaggia nel cui fondo corre il favoloso Krimolfo» (Gregorovius).

La struttura è stata edificata con grossi blocchi di pietra calcarea; la cavea, ovvero dove gli spettatori si sedevano, è in parte ricavata nella roccia e in parte costruita con un muro di contenimento. Gli ingressi (vomitori) sono due.

Vicino al teatro ci sono anche altre rovine: del castello normanno-svevo, della moschea, del macellum ecc.

In breve per quanto riguarda la storia di Segesta vari autori antichi narrano che la fondazione della città sia dovuta a profughi troiani e Virgilio precisa che fu lo stesso Enea, durante il suo passaggio in Sicilia, a fondarla. La città degli Elimi divenne con il tempo, grazie ai commerci e alla vicinanza con le colonie greche, prospera, ma ben presto entrò in collisione con Selinunte per una questione di territorio. Segesta prima chiese aiuto agli ateniesi, che ne approfittarono per tornare in Sicilia e portare guerra agli odiati Siracusani subendo però una severa disfatta. I segesti si rivolsero quindi ai Cartaginesi che piegarono Selinunte, ma successivamente furono severamente puniti dai siracusani. Durante la prima guerra punica la città si schierò dalla parte dei romani che la considerarono in seguito sempre fedele alleata, anche per via della comune origine troiana.

Segesta venne poi distrutta dai Vandali, gli arabi vi posero un presidio, i Normanni costruirono un piccolo castello che sotto gli svevi comprese anche un villaggio medievale.

Terminata la visita al parco, non senza una certa fatica per via della temperatura, ci rimangono due opzioni per trascorrere il pomeriggio: a) immergerci nelle acque termali di origine vulcanica dei vicini (ca 10 km) “bagni liberi di Segesta” (Polle del Crimiso), utilizzate fin dall’antichità per la salute del corpo e per la cura degli infermi; b) immergerci nell’acqua di San Vito Lo Capo … la seconda che hai detto.

Spuntino veloce al punto di ristoro contiguo alla biglietteria e via verso il mare.

San Vito Lo Capo è il classico paese mediterraneo formato di case basse bianche, con bouganville che spuntano dai balconi. La lunga spiaggia, con la sagoma del Monte Cofano sullo sfondo, è di sabbia bianca e fine, l’acqua cristallina e il fondale bassissimo: uno spettacolo per gli occhi. È possibile affittare sdraio e ombrelloni.

Era nostra intenzione concludere la giornata con una visita alle vicine Tonnare del Secco e di Cofano, ma abbiamo preferito fermarci ancora un po’ su questa meravigliosa spiaggia per poi fare una passeggiata su via Duca degli Abruzzi prima di rientrare alla base.

5 agosto 2020

Trapani (ca 50 km da Castellammare)

Trapani «città nobile di Sicilia, come molti sanno, è posta nelle postreme parti dell’isola, è quasi più vicina a l’Africa che altra terra de’Cristiani» nasce come emporio di Erice, fondato dagli Elimi e frequentato dai Cartaginesi con i quali gli Elimi mantennero sempre buoni rapporti. Con l’inizio delle contese con Roma, i Cartaginesi occuparono e fortificarono il porto facendone un caposaldo per le azioni contro la flotta nemica.

Caduto l’Impero Romano la città subì la stessa sorte delle altre località siciliane: invasioni barbariche, occupazione bizantina, araba, normanna ecc.

La leggenda vuole che a Trapani sia approdato Enea e che nei vicini lidi abbia trovato la morte il vecchio padre Anchise.

Trapani fin dal periodo arabo era famosa per la pesca del tonno, la produzione del sale, la lavorazione del corallo e la lavorazione a intaglio delle conchiglie, tutti prodotti che poi venivano commerciati in tutto il Mediterraneo e che ancora oggi fanno bella mostra in alcune vetrine del centro.

La nostra visita a Trapani è iniziata tra gli stretti vicoli della città per poi giungere nel centralissimo c.so Vittorio Emanuele «lastricato di pietre liscie, che attraversa quasi l’intera città» come scrive Bourquelot alla fine dell’800.

Il corso ha rappresentato la vera sorpresa del viaggio: lindo, con bei locali che si succedono senza soluzione di continuità (gelaterie, bar, ristoranti ecc.) e due monumentali chiese: la Chiesa barocca del Collegio dei Gesuiti e la Cattedrale di San Lorenzo; insomma tutto contribuisce a rallentare il cammino per godere a pieno di questo spettacolo e per favorire una sosta per un gelato, un aperitivo, uno spuntino. Terminato il corso proseguiamo sempre dritti fino ad arrivare alla Torre di Ligny, eretta nel 1671 su una lunga linea di scogli.

Al ritorno, prima di riprendere c.so V. Emanuele, facciamo una breve deviazione verso La Chiesa di Sant’Agostino. Anticamente dedicata a San Giovanni Battista, ospitò per anni i Cavalieri Templari per poi essere concessa, dopo la soppressione e la persecuzione dell’ordine monastico-militare, agli eremiti di Sant’Agostino.

Ci godiamo di nuovo l’attraversamento di c.so V. Emanuele e ci fermiamo a mangiare al ristorante Sottovento, menù da 20 euro con antipasto misto e cous-cous di pesce.

Terminato il pasto recuperiamo le auto e ci dirigiamo verso Mozia (28 km ca).

Mozia (Mothia) era un importante centro fenicio-punico dell’VIII sec. a.C. situato sull’odierna piccola isola di San Pantaleo. Nei tempi antichi era cinta da mura per tutto il perimetro dell’isola ed era «abbellita artisticamente in sommo grado con numerose belle case, grazie alla prosperità degli abitanti» (Diodoro Siculo). Era collegata alla terraferma da una strada rettilinea semisommersa che permetteva il passaggio di due carri affiancati.

Oggi un servizio di piccole imbarcazioni permette al turista di approdare all’isola per visitare il museo e i resti dell’antico centro.

I biglietti per il traghetto (A/R 5 euro adulti) si acquistano presso la Mozia Line, a pochi passi dal parcheggio.

Il viaggio dura circa 5 min., all’arrivo si deve pagare il biglietto di entrata (6 euro) che comprende la visita dell’isola e la visita del museo Whitaker.

All’inizio del ‘900 l’isola fu acquistata dall’inglese Joseph Whitaker, trasferitosi in Sicilia e arricchitosi con la produzione del marsala. Whitaker iniziò per primo ad effettuare scavi archeologici, e ora il museo accoglie i reperti della sua collezione e degli scavi che si sono succeduti nel tempo. Il museo contiene una collezione unica di stele votive puniche, sia per numero che per qualità, ceramica punica, greca (proveniente anche da Capo Lilibeo), romana, gioielli, collane di pasta vitrea e 2 opere d’arte uniche: la tragica Maschera di Mozia (purtroppo al momento della visita non visibile perché in prestito per una mostra) e la splendida statua, detta del Giovane di Mozia, che rappresenta un giovane coperto da una tunica, stretta sul petto da una larga fascia.

Terminata la visita al museo ci siamo mossi verso il luogo più suggestivo di tutta l’isola: il Tophet ovvero l’area sacra dove la leggenda biblica vuole venissero arsi vivi, come sacrificio, dei fanciulli. L’area sacra si trova in riva al mare e affiorano ancora dal terreno vasi incineratori e stele.

Ci siamo poi spostati, seguendo sempre la costa, verso la necropoli arcaica e poi verso il Santuario di Cappiddazzu, un’area sacra rettangolare con all’interno un edificio principale e altri minori, comprese le fondamenta di una piccola moschea.

Altra zona di grande interesse, non distante dal museo, è il Kothon un bacino di carenaggio.

Al rientro all’imbarcadero, all’entrata del bar Mamma Caura, troviamo una lunga fila di persone in attesa di entrare per godere comodamente seduti dell’ineguagliabile tramonto che tinge di rosa le saline con una scenografia che comprende sul lato destro, a pochi metri di distanza, il Mulino a vento d’Infersa, a sinistra altri due mulini più piccoli e in fondo l’Isola di Mozia e a seguire l’Isola Lunga.

Noi, però, torniamo indietro per visitare le altrettanto rinomate saline di Trapani e inaspettatamente, nello stagno di fronte alle saline, avvistiamo un nutrito gruppo di fenicotteri.

Le saline al tramonto sono uno spettacolo imperdibile!

6 agosto 2020

Favignana

Oggi ci rechiamo all’isola di Favignana per trascorrere un giorno intero al mare. L’isola è collegata a Trapani con un servizio di traghetti e di aliscafi delle Compagnie marittime Siremar e Liberty Line. Decidiamo di prendere il primo traghetto in partenza, come consigliatoci per via della grande affluenza turistica (A/R 20 euro a persona), la traversata è di 1 ora e 15 min con una breve sosta nel minuscolo porto dell’isola di Levanzo.

Una volta sbarcati era nostra intenzione visitare alcune delle più rinomate spiagge utilizzando il trasporto pubblico, ma con grande sorpresa veniamo a sapere che il servizio per il 2020 è stato sospeso, non rimane quindi che utilizzare i vari servizi di noleggio: auto, bici o scooter. Tuttavia dato che siamo un bel gruppo di persone e visto il gran caldo decidiamo di servirci di un minibus-taxi (A/R 6 euro a persona) per dirigerci senza perdere tempo a Cala Burrone, la spiaggia più grande e attrezzata dell’isola.

Cala Burrone comprende una piccola spiaggia libera di sabbia fine e morbida e una parte di costa rocciosa. L’acqua è cristallina, il fondale basso e in lontananza è possibile scorgere una linea netta che divide il colore dell’acqua da un verde chiaro a un bleu intenso. La spiaggia è ben organizzata con: un servizio di noleggio ombrelloni e lettini (15 euro 1 ombrellone e 2 lettini); un punto di ristoro, La Playa, dove è possibile fare colazione, pranzare e cenare (antipasti, primi e secondi piatti, vari tipi di couscous di pesce, insalatone, panini ecc.) e poi ancora bibite, granite, gelati, caffè ecc.; un servizio a pagamento (0,50 euro) che comprende toilette e docce.

A questo punto accantoniamo l’idea di andare a visitare le vicine spiagge di Cala Azzurra e Cala Rossa e prolunghiamo la sosta a lido Burrone. Nel pomeriggio ci facciamo venire a riprendere dal taxi che ci lascia a p.za Europa dove c’è la sede del Comune, nell’ex Palazzo Fiorio. Da qui ci dirigiamo verso p.za Madrice che prende il nome dall’omonima chiesa dedicata alla Madonna Immacolata Concezione e dopo una breve sosta ci spostiamo verso la spiaggia cittadina di Praia situata tra il porto e l’ex Stabilimento Fiorio.

La vecchia Tonnara, ora museo, che Ignazio Fiorio trasformò in uno stabilimento all’avanguardia per la lavorazione, la conservazione e l’inscatolamento del tonno, è assolutamente da visitare e le richieste, da quanto ci dicono, sono aumentate a seguito della pubblicazione del romanzo “I Leoni di Sicilia”, dove è narrata la saga della famiglia Florio.

7 e 8 agosto 2020

Spiagge di Castellammare del Golfo e di Alcamo Marina

In questi 2 giorni visto il tempo incerto abbiamo trascorso i pomeriggi sulle spiagge di Castellammare (Guidaloca) e di Alcamo Marina (anche qui è presente un’antica tonnara).

9 agosto 2020

Erice (ca 37 km da Castellammare)

Questa mattinata la destiniamo a Erice, uno dei borghi più belli della Sicilia, posto a 750 m di altezza, sulla sommità del Monte Erice che così descrive nel 1154 il geografo arabo Al-Idrisi «… è montagna enorme, di superba cima ed alto pinnacolo, difendevole per l’erta salita; ma stendesi al sommo un terreno piano da seminare. Abbonda d’acque. Avvi una fortezza che non si custodisce né alcun vi bada».

Erice nel 1167 mutò il nome in Monte San Giuliano, per via di una leggenda che legava l’intervento del santo alla conquista della vetta, allora in mano ai musulmani, da parte dei Normanni; nel 1934 fu ripristinato l’antico nome di Erice.

Il paese si può raggiungere con la funivia Trapani-Erice (tariffa ordinaria 9 euro A/R – minori 16 anni 4 euro A/R) o con l’auto; ci sono due parcheggi all’ingresso del paese e un parcheggio in cima, accanto alla chiesa di San Giovanni Battista.

A proposito un consiglio: anche se in piena estate, conviene portare sempre con sé il classico “maglioncino” perché spesso la temperatura è sensibilmente inferiore rispetto al resto dell’Isola.

Anche Erice, città sacra del popolo degli Elimi, vuole la leggenda sia stata fondata dagli esuli Troiani. La città anticamente è stata legata da alleanza con Cartagine, fu centro religioso anche nel periodo romano per poi decadere e spopolarsi con la fine dell’impero.

Fu in seguito occupata dagli Arabi, dai Normanni, dagli Aragonesi, dagli Angioini ecc. fino all’unità d’Italia.

Il nostro tour inizia, dopo aver attraversato Porta Trapani (così chiamata perché è orientata verso l’omonima città), dal Duomo (Real Chiesa Madrice), dedicato alla Vergine Assunta, la cui costruzione fu iniziata per volere di Federico III d’Aragona nei primi decenni del XIV secolo e ultimata nel 1372.

Il pronao ad archi ogivali fu aggiunto alla facciata nel 1426, nel 1685 sulla parete sud del Duomo furono murate 9 croci templari in marmo provenienti dal tempio di Venere, mentre il rosone che sovrasta l’entrata è stato realizzato nel 1954.

L’interno (biglietto di entrata 2,50 euro) è suddiviso longitudinalmente in tre navate separate da una serie di colonne sormontate da archi ogivali.

Nell’ala settentrionale del Duomo è presente una serie di cappelle di grande interesse storico per via dei diversi stili architettonici, a partire dal tardo-gotico (1510 ca).

A pochi passi dal duomo sorge l’alta torre campanaria quadrangolare, articolata su tre livelli. Il prezzo del biglietto per la visita all’interno è di 2,50 euro.

Da qui ci siamo avventurati all’interno del paese senza seguire un percorso preciso, la temperatura è mite, ideale per passeggiare attraverso queste stradine acciottolate strette tra antiche case di pietra dove all’improvviso si aprono pittoreschi cortili o ci s’imbatte in piccole e pittoresche chiese; la meta naturalmente è il Castello di Venere, passando per il Quartiere Spagnolo.

Il Quartiere Spagnolo è così chiamato perché si tratta di una costruzione, non terminata, che doveva servire per l’acquartieramento delle truppe spagnole a spese della popolazione ericina. Ora l’edificio, ristrutturato, è sede di mostre permanenti. Da qui ci siamo spostati verso la chiesa di San Giovanni Battista risalente a prima del 1300, pochi passi più avanti si incrociano due stradine: una volge verso il basso in direzione della Torretta Pepoli e l’altra sale verso le Torri del Balio e il Castello di Venere.

La Torretta Pepoli fu fatta edificare dal conte Agostino Pepoli tra il 1872 e il 1880 come solitario luogo di studio e di incontro con gli amici letterati e gli uomini di cultura dell’epoca.

La Torretta, restaurata recentemente, è stata destinata a Osservatorio di Pace e Faro del mediterraneo.

La stradina in salita porta alle Torri del Balio (dal normanno Baiulo, governatore), in tempi antichi erano collegate al Castello di Venere con un ponte levatoio. Anche le Torri sono state restaurate dal conte Pepoli che ne fece poi sua dimora, oggi fanno parte del Resort Torri Pepoli.

Da qui si può ammirare un incantevole panorama sul Tirreno: lo sguardo va da San Vito lo Capo, con il Monte Cofano sullo sfondo, fino al litorale di Valderice.

Proseguendo nel percorso, a pochi metri di distanza, si entra nel giardino “all’inglese” del Balio, sempre fatto realizzare dal conte Pepoli, e qui si apre un altro straordinario panorama, questa volta sul Canale di Sicilia: Trapani, le saline e in lontananza le isole di Favignana, Marettimo e Levanzo.

Dal giardino, percorrendo una leggera salita di pochi metri, si arriva al Castello di Venere, arroccato su un suggestivo sperone di roccia, costruito dai Normanni nel XII secolo e così chiamato perché sorge sul sito dell’antico Tempio di Venere Ericina (Afrodite per i Greci, Astarte per i Cartaginesi).

Una delle tante leggende su Erice (Iruka per gli Elimi, Erech per i Cartaginesi, Eryx per i greci e i romani e Gabel Hamid per gli Arabi) vuole che l’antica città sia stata fondata dai Troiani e che Enea vi abbia edificato «una sede vicina alle stelle» in onore di Venere, che sempre la leggenda vuole sia sua madre, e che poi vi abbia seppellito il corpo del vecchio padre Anchise, morto precedentemente sulle vicine coste di Trapani.

Il tempio era cinto, per difesa, da solide mura e all’interno, nello spazio delineato dal temenos, giovani sacerdotesse erano dedite alla sacra prostituzione.

Il biglietto per la visita costa 4 euro, varcata l’entrata si accede alla sommità del Monte Erice dove sono presenti resti punici, romani, medioevali e il famoso Pozzo di Venere.

Questa volta lo spuntino è consistito in una serie di arancine miste e granite.

Terminato il “lauto pranzo” siamo partiti per la consueta spiaggia.

La Spiaggia di Venere fa parte del comune di Erice (15 km ca), ma dista soli 3 km da Trapani. L’accesso è libero, la spiaggia è di sabbia, fondale basso e acqua trasparente, ben attrezzata (bar, ombrelloni 5 euro, sdraio 4 euro ecc.), l’ideale per un pomeriggio di relax.

Per ritornare a Castellammare abbiamo preferito percorrere la strada costiera fino al borgo di Bonagia dove è ancora presente l’antica Tonnara. Già attiva nel XIII sec., è stata distrutta durante l’incursione dei pirati saraceni nel 1624, subito ricostruita come baglio (in questo caso tonnara fortificata), è poi passata di proprietà più volte e attualmente è un resort (La Tonnara di Bonagia). La stupenda torre di avvistamento è stata invece destinata al Museo delle attività marinare.

10 agosto 2020

Monreale e Palermo

L’ultima giornata di vacanza è dedicata alla visita del Duomo di Monreale e del Duomo di Palermo, ambedue inserite dall’Unesco nel Patrimonio mondiale dell’Umanità per la cultura arabo-normanna e per l’arte bizantini, arabi, maestranze locali in una cooperazione unica nel mondo dell’arte, che ha coinvolto bizantini, arabi e maestranze locali ovvero cattolici, ortodossi e mussulmani.

Il Duomo di Monreale e quello di Palermo sono stati fatti edificare, in competizione, nello stesso periodo: il primo dal re normanno Guglielmo II il secondo dal suo ex precettore l’arcivescovo Gualtiero Offamilio.

Monreale

Sulla piazza principale si erge il Duomo di Santa Maria Nuova la cui costruzione è stata avviata a partire dal 1172 per volere di Guglielmo II, che dichiarò di aver ricevuto l’incarico direttamente dalla Vergine Maria.

La facciata, preceduta da un portico di fine ‘700, è stretta tra due massicce torri a pianta quadrata, di cui quella di sinistra risulta incompiuta.

L’entrata per effettuare la visita è posizionata sul lato sinistro, dove sotto l’elegante portico si trova la biglietteria (Duomo e Chiostro 10 euro – Chiostro 3 euro).

La pianta è a croce latina, divisa da tre navate sormontate da archi acuti poggianti su due file di 9 colonne. Raffinati mosaici su fondo oro, raffiguranti storie del Vecchio e Nuovo Testamento, fasciano senza soluzione di continuità le pareti. Due dei mosaici raffigurano Guglielmo che riceve la corona da Cristo e Guglielmo che in ginocchio offre la cattedrale a Maria.

In fondo alla navata centrale, al disopra dell’altare, l’enorme immagine del Cristo pantocratore.

Usciti dal Duomo, a due passi, c’è l’entrata del chiostro benedettino.

La pianta è quasi quadrata, il giardino al centro è circondato da un portico continuo il cui tetto poggia su archi acuti sorretti da una serie di colonnine di «squisita proporzione e incredibile snellezza» che «vanno a due a due, fianco a fianco, tutte diverse, alcune vestite di mosaici, altre nude: queste ricoperte di sculture di incomparabile finezza, quelle adornate da un semplice disegno di pietra» e «tutti i capitelli, di affascinante fattura, sono diversi» (Maupassant). In uno dei capitelli compare Guglielmo II che dona il chiostro a Gesù bambino.

In un angolo del chiostro si innalza una fontana dalla singolare forma di un fusto di palma stilizzato, la c.d. “fontana del re”.

Palermo

Peyrefitte così sintetizza la storia e la cultura di Palermo «è romana per il ricordo delle sue lotte contro Cartagine e per i mosaici della villa Bonanno. È araba per le piccole cupole di alcune sue chiese, eredi delle moschee. È francese per la dinastia degli Altavilla che l’abbellirono. È tedesca per le tombe degli Hohenstaufen. È spagnola per Carlo V. È inglese per Nelson e Lady Hamilton…».

All’arrivo posteggiamo le auto al parcheggio a pagamento del Tribunale e ci muoviamo verso piazza Giuseppe Verdi dove è situato il prestigioso Teatro Massimo, l’edificio lirico più grande d’Italia.

Da qui ci inoltriamo per la storica via Maqueda, realizzata all’inizio del ‘600 con lo scopo di incrociare via Vittorio Emanuele (antica strada del Cassaro) e dividere così il centro di Palermo in quattro Cantoni. All’incrocio delle due vie più importanti della città venne realizzata piazza Vigliena, detta dei Quattro Canti.

Proseguiamo per via Maqueda fino all’ottagonale piazza Vigliena, centro della Palermo barocca. Alle spalle dei Quattro Canti c’è piazza Pretoria con il Palazzo Senatorio, la chiesa di san Giuseppe dei Teatini e l’imponente Fontana Pretoria.

Prendiamo via V. Emanuele e dopo pochi minuti eccoci dinanzi alla maestosa Cattedrale di Palermo, fatta erigere nel 1184 dall’arcivescovo Gualtiero Offamilio e dedicata a Santa Vergine Maria Assunta in Cielo.

La facciata della Cattedrale è veramente imponente: ai lati due torri a bifore con colonnine, l’entrata è preceduta da un portico a tre arcate ogivali sorrette da tre colonne arabe, di cui la prima a sinistra presenta l’iscrizione di un versetto del Corano. Il lato a sinistra della facciata, su via Bonello, fronteggia l’antico Palazzo Arcivescovile, oggi Museo diocesano, ed è a questo unito da due grandi archi a sesto acuto di chiara ispirazione araba.

L’interno della Cattedrale, pesantemente rimaneggiato tra il 1781 e il 1801, è a tre navate divise da pilastri con statue di santi. La navata di destra custodisce le tombe imperiali e reali dei Normanni, a destra del presbiterio è situata la cappella di santa Rosalia, patrona di Palermo, con l’urna e le reliquie, nella cripta è invece presente il sarcofago di Offamilio. Naturalmente all’interno della Cattedrale sono presenti innumerevoli tesori dell’arte.

Usciti dalla Cattedrale, proseguendo per via V. Emanuele, dopo pochi metri sul lato opposto, ecco Palazzo dei Normanni (Palazzo Reale), attualmente sede dell’Assemblea regionale Siciliana. Il Palazzo è stato dimora dei re e imperatori normanni e contiene all’interno un’altra perla del patrimonio dell’Umanità: la Cappella Palatina, «quando si entra nella cappella, si viene colpiti come se ci si trovasse di fronte a una cosa sorprendente di cui si subisce il potere prima di averlo capito. La bellezza colorata e tranquilla, penetrante e irresistibile di questa chiesetta che è il capolavoro più assoluto che si possa immaginare, lascia immobili davanti a queste pareti ricoperte di immensi mosaici su fondo oro, risplendenti di una limpidezza morbida e illuminante» (Guy de Maupassant).

Nella Cappella, commissionata da re Ruggero II, maestranze cristiane si sono trovate a lavorare gomito a gomito con maestranze mussulmane dando vita a un’opera unica al mondo.

Il soffitto della navata centrale è composto da stupende muqarnas, tradizionali decorazioni arabe in legno dipinto, dove sono rappresentati animali, danzatrici, suonatori e scene di vita quotidiana alla corte del re.

Le pareti sono tappezzate di raffinati mosaici bizantini raffiguranti Dio pantocratore benedicente, storie bibliche, le vite di san Pietro e san Paolo e anche l’immagine della santa “barbara” Radegonda.

Il pavimento cosmatesco è composto da minuscole tessere di marmi pregiati che formano incredibili motivi geometrici.

Infine come non restare colpiti dal pulpito e dal singolare candelabro pasquale, splendida opera in marmo alta quasi 5 m.

A circa 500 m dal Palazzo dei Normanni c’è la chiesa di san Giovanni degli Eremiti, famosa per le sue cupole rosse, fatta edificare da Ruggero II nel 1136 probabilmente da maestranze arabe. Accanto i resti dell’antico chiostro, immerso nel verde, e del pozzo.

La vacanza termina a Palermo dove in serata prendiamo il traghetto per ritornare sul continente. I giorni trascorsi sull’Isola sono stati per tutti noi fantastici e l’unico rammarico è quello di non aver potuto visitare l’altra perla del Patrimonio dell’umanità, ovvero il Duomo di Cefalù.

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