Agrigento, da millenni un’emozione da vivere

Dai Monti Sicani alla Scala dei Turchi, una “passeggiata” alla riscoperta dell’agrigentino, tra storia, natura ed enogastronomia
agrigento, da millenni un’emozione da vivere
Partenza il: 27/07/2015
Ritorno il: 03/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
È una calda mattina di sole di fine luglio e il cielo è di un azzurro così intenso che sembra quasi fatto di smalto. All’orizzonte si staglia il profilo del monte Cammarata, che con i suoi quasi 1.600 metri sembra darci il benvenuto nel territorio che si stende ai suoi piedi. Io e Gianni (amico di lunghissima data) ci troviamo nella provincia di Agrigento e il nostro viaggio alla sua scoperta, per me, riscoperta per Gianni, che è siciliano, sta per iniziare proprio da qui.

Dalle generose colline agrigentine, verso sud, scivoliamo infatti quasi inavvertitamente sulla costa bassa e sabbiosa che si affaccia senza soluzione di continuità sul Canale di Sicilia, un angolo di Mediterraneo talmente bello da lasciare senza fiato. Decidiamo di ripercorrere questa terra a ritroso, dalla costa all’entroterra, per tornare qui, alle pendici del monte Cammarata e porgergli un altro saluto.

Partendo da Porto Palo e Lido Fiore (Menfi), passando per Eraclea Minoa (Cattolica Eraclea) e la Riserva Naturale di Torre Salsa, Siculiana Marina e giungendo alla Scala dei Turchi (Realmonte), per poi proseguire verso Lido Azzurro (Porto Empedocle), Kaos e San Leone (Agrigento), le molte spiagge della costa agrigentina sono tutte dei gioielli di straordinaria bellezza che corrono da nord a sud come perle di una collana di fine sabbia dorata. E non dimentichiamo l’arcipelago delle Pelagie che si addentra in pieno mar d’Africa, dal quale emergono Lampedusa e Linosa: luoghi di equilibrio e di armonia da vivere come veri e propri “santuari della natura”. Luoghi ideali dove rilassarsi prendendo la tintarella o immergendosi in un mare cristallino in cui l’azzurro nitido e intenso sfuma in un verde smeraldo limpido e trasparente. «Ogni tratto di costa, ogni spiaggia, ogni lido ha una storia millenaria alle spalle», dichiara Gianni. «Oltre ad offrire uno spettacolo naturale sempre differente, sempre affascinante, sempre straordinario», aggiungo io. Ma addentriamoci adesso nell’entroterra agrigentino per scoprire quanto ancora sa offrirci questa terra “plasmata dagli dèi”. Partiamo dalla spiaggia di San Leone e risaliamo verso Agrigento: l’antica Akragas dei greci.

La città di Agrigento, “la più bella città dei mortali” come la definisce Pindaro, fu fondata da coloni greci provenienti da Gela nel 582 a.C. Grazie alla sua posizione strategica e alla vicinanza del mare, la città crebbe in potenza e splendore, e raggiunse il massimo sviluppo con Terone intorno al V secolo a.C. Caduta nelle mani dei Cartaginesi, nel III secolo a.C. fu conquistata dai Romani che la ribattezzarono Agrigentum. A testimoniare la potenza e l’importanza dell’antica Akràgas (come sottolinea Gianni) resta oggi l’imponente Valle dei Templi, caratterizzata tra l’altro dai resti di ben dieci templi dorici; santuari; edifici pubblici; necropoli; opere idrauliche come il giardino della Kolymbetra e gli ipogei; ben 12 chilometri di mura e fortificazioni e un quartiere ellenistico-romano costruito su pianta greca. A salvaguardia di questo immenso tesoro storico-architettonico viene fondato il Parco archeologico e paesagistico della Valle dei Templi che, dichiarato nel 1997 “Patrimonio mondiale dell’umanità” dall’UNESCO, comprende l’intera area dell’antica Akràgas greco-romana estendendosi per 1.300 ettari, su un’area che dal crinale sud della Rupe Atenea degrada fino alla costa. Un solo giorno non basterà a girarla tutta né a raccontarla.

Ma è d’obbligo descrivere almeno la via Atenea, arteria principale e salotto della città. Partendo da piazzale Aldo Moro, che segna l’ingresso alla Agrigento medioevale, imbocchiamo verso ovest via Atenea. La via è ancora oggi la strada principale della città e scorre sinuosa fino a piazza Luigi Prandello. Sulla strada si affacciano per tutto il suo percorso numerosissime vie e viuzze strettissime tipicamente arabe e anche la via Atenea, in alcuni punti, si riduce di molto. Questo tessuto intricato dona all’arteria cittadina un suo indiscutibile fascino da godersi passo dopo passo. La via è, infatti, il salotto della città. Ricca di negozi, di bar – dove si gustano deliziose granite di limone e squisiti biscotti alla mandorla – e di ristorantini, la via Atenea è un luogo ideale per fare shopping diurno a due passi dalla magnifica Valle dei Templi, ma è anche un punto d‘incontro per i tanti giovani che nelle ore serali invadono allegramente i suoi locali notturni e le pizzerie.

ANCHE IL CARATTERISCO QUARTIERE DEL RABATO MERITA ALMENO UNA CITAZIONE

Questo scorcio di centro storico cittadino, il quartiere Rabato, abbraccia la via Garibaldi, Santa Croce e un susseguirsi di piccoli cortili e di strettissime viuzze. Con i suoi cortili arabi, le sue chiese barocche e le sue tradizioni popolari è una delle zone più antiche e caratteristiche della città dei templi. «Il nome Rabato è di origini arabe e significa “sobborgo fuori le mura”»,mi spiega Gianni, che si sta rivelando una guida davvero utilissima! Lungo la strada che lo attraversa, l’odierna via Garibaldi, si scorgono qua e là tracce di edifici e costruzioni trecentesche, come quello che rimane di un elegante portale chiaramontano incastonato nel muro e situato ben più in alto del livello stradale. Il portale fu inglobato nelle murature del convento dei Mercedari Calzati, oggi non più esistente. Sconquassato da una rovinosa frana nel 1745, ci hanno detto, il quartiere ha ritrovato la sua vitalità negli ultimi anni grazie a un movimento di riqualificazione urbana e culturale del borgo. Ancora oggi scenario della suggestiva processione del Venerdì Santo che rappresenta l’incontro tra il Gesù “appassionato” e la Madonna Addolorata.

Ma dobbiamo lasciarci Agrigento alle spalle per entrare nel cuore della sua provincia: una terra che racchiude in sé non solo tesori storico-archeologici noti in tutto il mondo, ma che sa affascinare anche per la sua natura, fatta di contrasti, come quello tra le vette dei monti Sicani a nord della provincia e le loro asprezze che si stemperano nei dolci paesaggi collinari immersi in un’atmosfera onirica, dove la luminosità del cielo accentua la grazia ruvida del territorio. Questa terra è un susseguirsi di colline, sinuose vallette e corsi d’acqua a tratti interrotti dai monti solitari che puntellano la provincia. Panorami “impreziositi” da distese di vigne, di campi coltivati a grano, di uliveti, di immensi mandorleti, agrumeti e frutteti. Qui la natura è sempre stata generosa: in questa terra, la pazienza e l’abilità dell’uomo sono riuscite a creare prodotti davvero unici come l’arancia Bionda di Ribera (IGP), l’uva Italia, la pesca di Bivona, il carciofo spinoso di Menfi e molte altre eccellenze agroalimentari da gustare, tra le quali spiccano i vini. Qui gli agrigentini hanno saputo produrre vini di grande qualità, tra i quali spiccano oggi ben quattro DOC (Menfi, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita di Belice e Sciacca bianco). Ma tutta la provincia è particolarmente vocata alla viticoltura ed è costellata da decine e decine di realtà produttive. Questa accentuata vocazione al vino ha portato alla creazione della Strada del vino “Terre Sicane” (da Sambuca di Sicilia, passando per Santa Margherita di Belice e Montevago, fino a Menfi e alla spiaggia di Porto Palo), che ci ha permesso la scoperta di un territorio estremamente affascinante e un po’ fuori dai grandi itinerari del turismo di massa. Lungo la Strada del vino ci siamo goduti un’offerta integrata di territorio, cultura e natura, caratterizzata dai vini della tradizione agrigentina, seguendo un percorso che si snoda tra vigneti e cantine aperte al pubblico, ma che attraversa anche il cuore della provincia fino a lambire la catena dei monti Sicani.

Stiamo per tornare all’origine del nostro viaggio. Stiamo per risalire sulle pendici di quel gigante buono che ci ha visto partire alla scoperta (o riscoperta) di questa terra suggestiva in ogni suo aspetto.

A cavallo tra le province di Palermo e Agrigento, infatti, quasi a segnarne i confini, si stendono i monti Sicani: un’area suggestiva dal punto di vista naturalistico scandita da fitti boschi, verdeggianti pascoli d’altura, fiumi, torrenti e dalle elevate vette che caratterizzano un paesaggio ancora integro. Dalle alte vette dei Sicani, ci vuol poco a ritrovarsi immersi poi nella Riserva Naturale Orientata della Foce del Fiume Platani, incastonata tra le bianche rupi di Capo Bianco, da godersi con gli occhi e col cuore…

Ma natura, storia e cultura, in queste terre, non significano solo tesori archeologici, monumenti normanni, sale di musei, pagine scritte da autori illustri, cale e calette incontaminate o affascinati percorsi tra i boschi. Qui la Storia si fa “racconto”, “aneddoto”, i prodotti della natura si fanno “prelibatezze” e la cultura si veste di “tradizione”. Per noi è stato quasi naturale immergerci in questa cultura diffusa e nelle tradizioni popolari. Siamo diventati parte della comunità, e quasi inconsapevolmente, ne abbiamo condiviso i ritmi, i sapori e le suggestioni. In questa terra, ci siamo accorti, che “turismo” vuol dire “relazione”, rapporti autentici tra le persone e il territorio, tra la natura e la storia, tra l’ospite e la generosa (e millenaria) ospitalità agrigentina.

Tutto questo, dal 2015, ha un suo marchio d’area: Agrigento – Terra di storia, natura ed enogastronomia, che vuole valorizzare e promuovere l’unicità, la bellezza, le tradizioni e la capacità di accogliere i visitatori che caratterizzano questa provincia. Il suo rigido disciplinare e l’attenta selezione di aziende, strutture ricettive, attività e organizzazioni garantiscono ed esaltano la qualità dell’offerta turistica del territorio e le sue eccellenze. Ecco perché un viaggio in questa terra è più di un’esperienza. È piuttosto una ininterrotta emozione che ci cattura e che, lanciando un ultimo sguardo al profilo di monte Cammarata, non può che invogliarci a tornare per riviverla ancora.



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