Intrigante Serbia

Viaggiando attraverso la pianura Pannonica, da Novi Sad fino ai confini col Kosovo a Novi Pazar, soffermandosi qualche giorno nella ruvida Belgrado
Scritto da: Fabribordi
intrigante serbia
Partenza il: 21/04/2013
Ritorno il: 28/04/2013
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
Qualche giorno dopo essere tornato da una settimana nei Balcani, eccomi qui a descrivere la mia esperienza di fine aprile in terra serba: dalla pianura pannonica dove si adagia Belgrado a Novi Sad in Vojvodina, fino ai confini col Kosovo e più precisamente a Novi Pazar, nella regione del Sangiaccato. Belgrado resta comunque il fulcro del mio viaggio e la ragione della mia partenza. Incuriosito da queste terre fin dagli anni ’90, quando le emittenti televisive trasmettevano le immagini terribili del conflitto, riesco – da allora – a scorgere qualcosa di forte, qualcosa che mi scuote dentro e mi rende quelle terre più ospitali di quanto non lo siano in realtà. Siamo a due passi dall’Italia, ma l’Occidente sembra in realtà molto lontano ed io ci vado proprio per questo. Atterrato a Belgrado con un volo low cost, mi dirigo verso il centro città con un autobus che percorre il tragitto Aeroporto Nikola Tesla / Piazza Slavija, a un paio di chilometri dalla stazione centrale dei treni della capitale serba.

Belgrado significa città bianca, anche se di bianco, al di là dell’origine storica, ha ben poco. Città costituita da più città, ruvida, eclettica, sporca, pungente, aggressiva e passionale. Questi sono gli aggettivi che meglio descrivono – a mio avviso – l’ex capitale della federazione iugoslava.

Avvicinandomi al centro, balzano subito agli occhi gli enormi palazzoni di cemento di stampo socialista e la famosa “Porta di Belgrado”, dalla forma davvero peculiare. Una volta attraversato il ponte sulla Sava, la stazione dei treni si trova a due passi. A proposito, mi raccomando con tutti i viaggiatori diretti a Belgrado di stare molto attenti a non cadere nelle trappole chiamate “taxi”, non avrebbe davvero senso per il breve tragitto aeroporto/città pagare 40€ (questa è la cifra che ho sentito domandare ad un povero turista sprovveduto), al posto dei modici 3€ richiesti per lo stesso tragitto in pullman.

Per pernottare in città ho optato per un hotel essenziale, ma carino, nei pressi della stazione dei treni/pullman per essere più comodo negli spostamenti. La scelta si è rivelata azzeccata, anche perché da lì, in pochi passi, in salita a onor del vero, ci si trova in Knez Mihailova, la via commerciale più importante della città con alcuni bellissimi palazzi di espressioni ed epoche diverse. Di Belgrado mi ha subito catturato la varietà di stili architettonici che coesistono da decenni, dovuta al fatto che non ha avuto una storia tanto semplice negli ultimi 2000 anni, avendo subito guerre, battaglie e terremoti.

Lasciato il bagaglio in camera mi dirigo subito verso il centro e la mia prima impressione è stata di sconcerto ma anche di consapevolezza per la scelta intrapresa. Mi sono detto, Belgrado è una città per viaggiatori, non per turisti. Il turista medio, senza offendere, abituato alle morbide, seppure straordinarie, Parigi, Londra e Barcellona, avrebbe preso un aereo per il ritorno. Tutto, come sappiamo, dipende dal significato che vogliamo inferire al viaggio e al nostro concetto di bello, che nel mio caso coincide sempre più spesso col più colto significato di “sublime” dell’epoca preromantica, dove anche l’oggettivamente brutto può provocare emozioni importanti per cui vale la pena di vivere.

Per chi è appassionato di storia recente o comunque dell’ultimo secolo è una località da non perdere. Non è questo il luogo per discettazioni storiche, ma prima di affrontare un viaggio nei Balcani, in qualsiasi luogo, sarebbe opportuno informarsi almeno per sommi capi su quelle che sono state le vicissitudini vissute da queste popolazioni e dall’immane tragedia che si è consumata non più di 20 anni fa. Solo così, si può entrare davvero in contatto con la gente del posto e capire alcuni lati del comportamento, così comuni tra molti di loro. Una popolazione passionale, fiera, nazionalista, esagerata; qui si vive ancora di miti e storia. Il mito della grande Serbia è ancora vivo, nessuno te lo dirà apertamente ma è percepibile. La storia si respira attraverso tutti i sensi nella capitale serba, in primis quello della vista. Come non riflettere davanti ai palazzi del Governo ancora distrutti a due passi dalla stazione, lasciati appositamente in quelle condizioni come monito e come prova del terrore che hanno provocato i bombardamenti americani nel 1999. Viene spontaneo rattristarsi per i morti di Belgrado e dintorni, ma chi pensa ai musulmani trucidati a Srebrenica o agli stupri etnici di Foca in Bosnia Erzegovina? Come è possibile che nella civilissima Belgrado, le vie centrali siano tapezzate di manifesti inneggianti i ben noti criminali rinchiusi a L’Aia. Farli tornare in patria perché lì – poveretti – non ottengono le dovute cure? Di fronte ad alcuni fatti evidenti e ad alcune verità storiche non riesco a tacere. Ho incontrato persone deliziose che mi hanno illuminato su alcune scritte, una ragazza simpaticissima e molto loquace mi ha aiutato nella traduzione dal cirillico di alcuni manifesti e graffiti. Talmente nazionalisti e fieri di loro stessi, che ancora ricordano come vanto(?!) la sconfitta coi Turchi del 1389 dove perirono migliaia di serbi. Per chiosare l’excursus storico, posso capire molto empaticamente la storia di una terra così difficile e travagliata (lo chiamano il ventre molle d’Europa), ma non appoggerò mai nessuna giustificazione o alibi che cerchi di capire le atrocità perpetrate dal generale Mladic. MAI.

Parlando ancora del carattere dei serbi posso dire di avere incontrato, quasi sempre (non agli sportelli delle stazioni), persone disponibili e gentili, con un forte desiderio di conoscere lo straniero e con una gran voglia di migliorarsi e purtroppo di omologarsi agli stati europei più occidentali. La vita da queste parti, nonostante gli evidenti avanzamenti, è ancora molto dura, qui si vive ancora di necessario, il superfluo è ancora al di là da venire, anche perché la maggior parte non può permetterselo. La vita costa molto cara e l’inflazione anche se non più iper- come negli anni 90 – è ancora molto alta. Uno stipendio medio è di ca. 3/400 euro, e l’unica cosa che costa meno rispetto a noi è il cibo, alcolici compresi. Si può mangiare davvero con poco, 2 burek e una bibita li puo trovare in una pekara a meno di 2 euro. Quello che mi sconvolge, invece, è che tutto ciò che viene esportato (quasi tutto il resto) costa più che da noi. L’abbigliamento e tutto quello che è tecnologico ha prezzi da capogiro. Può uno stipendiato medio con 300€ mensili comprarsi un pullover da Zara a 60 euro? Eppure, molte persone qui vivono serene, si vive alla giornata e si pensa a cosa mangiare per cena. Questa è la priorità. Ho conosciuto una signora a Novi Sad, la quale mi ha detto che in occidente siamo viziati e che da loro se si ha da dormire, da mangiare e quindi un lavoro, si ha la forza per sorridere e star bene. Valori da noi dimenticati o forse superati. Belgrado è inoltre una città di forti contrasti, si passa dal negozio all’ultima moda del centro alle botteghe polverose della periferia, dai tram evoluti ai catorci regionali che partono dalla stazione alla volta delle più lontane cittadine serbe. La stazione di Belgrado è alquanto fatiscente.

Cosa mi è piaciuto di più della capitale serba? Be’, sono abbastanza certo che il parco di Kalemegdan è davvero strepitoso: uno dei parchi più belli in Europa ed è anche molto ben tenuto considerando i canoni balcanici. Dal parco, che si trova in zona rialzata, si gode di un panorama eccezionale: l’unione del maschio e della femmina per usare una metafora. Infatti, da qui si apprezza in tutto il suo splendore la Sava che si immette nel grande Danubio, che qui di blu ha ben poco. Due fiumi di tutto rispetto e a dir poco impressionanti, soprattutto in questo periodo grazie al disgelo primaverile e alle perduranti piogge che si sono verificate in Europa. Da quassù si scorge nitidamente la cittadina satellite di Zemun, qualche palazzone di cemento e la sconfinata pianura pannonica.

La Knez Mihailova è un corso brulicante di caffè affollati in tutte le stagioni. Lungo questa via si affacciano alcuni edifici eleganti come la Scuola di Belle Arti o l’edificio art nouveau dell’Accademia Serba delle Belle Arti e delle Scienze. Dal lato opposto del Parco Kalemegdan si trova Trg Republike, luogo d’incontro molto frequentato e utilizzato spesso per concerti e mostre. In Trg Republike si trovano il Teatro e il Museo Nazionale, che nei giorni in cui ero a Belgrado era chiuso per lavori. La zona più bella a mio avviso è quella che precede il parco nei dintorni di Kralja Petra, dove si trovano a pochi passi la chiesa ortodossa di Saborna, bellissimo esempio di tardo barocco, accanto alla quale si trova la tomba del linguista Karadzic e il palazzo della principessa Ljubica, un tipico edificio balcanico, nelle cui sale si possono ammirare oggetti e suppellettili Biedermeier, bellissimi tappeti ed un bianchissimo hammam dove la stessa principessa adorava farsi massaggiare. Nel quartiere di Dorcol si trova l’unica moschea rimasta a Belgrado, quella di Bayrati, più volte al centro di tumulti e attacchi vandalici. Non lontano da qui si trova la zona più in voga del momento per quanto riguarda la vita notturna. Bar, wine-bar, taverne, ristoranti … uno dietro l’altro. La Strahinijica Bana viene soprannominata Silicon Valley, per le ragazze rifatte che da queste parti abbondano. Sarà per l’ora in cui abitualmente mi trovavo in questa zona ma non ho avuto quest’impressione. La differenza è che qui vedi la cosiddetta Belgrado bene, fatta di gente imborghesita, starlette, figlie di diplomatici e politici.

A proposito di ristoranti, faccio una breve digressione sulla cucina serba. Potrei riassumere con due parole: too much! Con questo non voglio assolutamente significare un’accezione negativa, anzi, ma è doveroso affermare che è una delle cucine più pesanti e con presenza di carne tra quelle che io abbia mai provato in vita. Per i vegetariani è davvero dura, si trovano insalate e altri snack, ma bisogna sempre verificare gli ingredienti, perché anche nel più vegano dei piatti si nasconde qualcosa di sospetto. I serbi mangiano tanto e a tutte le ore. Per loro la colazione è un vero e proprio pasto che predilige il salato. Alla mattina è normale vedere gente per strada che si ingozza di burek ripieni della qualsiasi: formaggio, kajmak, carne macinata, aglio … insomma, sapori forti appena svegli. Il pranzo è più leggero, forse perché si ha poco tempo, ma con la cena ci si riscatta con un pasto luculliano e pieno di carne. Passando ai piatti, in Serbia regna incontrastato il kajmak (una specie di latte cagliato dalla consistenza del formaggio fresco). Viene servito puro o amalgamato con olio, paprika e altri ingredienti. Davvero squisito. Abbiamo già accennato al burek, involtino di pasta sfoglia ripieno di carne, patate, funghi ecc.. Spesso viene gustato con lo yogurt che qui è decisamente saporito. Come in tutti i Balcani, anche in Serbia si mangiano i cevapcici, piccole salsiccette di carne speziata da assaporare con kajmak o ajvar (altro condimento diffuso nei Balcani a base di peperoni e paprika). La pljeskavica è un hamburger di carne di vitello, c’è anche la versione ripiena di aglio e kajmak (slurp!). Carne e ancora carne. Arriviamo ad uno dei miei piatti preferiti: la Schnitzel di Karadorde, un involtino a forma di grosso salame ripieno, anche questo di Kajmak, e ricoperto da panatura. Altro piatto di evidente origine greca è la musaka e la squisita sarma (carne tritata e riso avvolta in foglie di cavolo nero). L’insalata nazionale è la Srpska Salata a base di pomodori, cipolla, cetrioli e dadini di formaggio.

La tradizione dei dessert da queste parti si spreca. Belgrado è un crocevia anche per la cucina, qui convergono le tradizioni più difformi. Influenze mitteleuropee, greche, turche e balcaniche ovviamente. Qui tutto si fonde dando vita a dolci dal carattere proprio e ben definito. Uno dei miei dolci preferiti è la Tufahija, una semplicissima mela cotta in sciroppo al caramello ripena di noci, mandorle, cannella e guarnita con una densa panna. Divina! Che dire della Krempita, conosciuta anche come Kremsnite. Strati di pasta sfoglia alternati da crema densissima alla vaniglia (non è una semplice millefoglie). Ne ho mangiate in Slovenia a Bled e in Croazia a Samobor, entrambe patrie di questo dolce, ma quella che ho divorato a Novi Sad in un bar della fortezza di Petrovaradin non ha eguali. Un vero e proprio pasto, mezzo chilo di dolce… un orgasmo di sapore e golosità. Inoltre si trovano tantissime pasticcerie turche dove assaporare baklava e kadaif. Altra possibilità è data dalle palacinke, crepes ripene un po’ più pesanti di quelle francesi che tutti conosciamo. Le migliori le ho mangiate alla Trattoria Kosava, irrorate da una liquida crema di latte e frutti di bosco con il loro succo. Il caffè è ottimo, sia quello alla turca che quello espresso, la birra (pivo) è davvero corroborante. Per finire si passa alla rakija, la grappa, che distillano in Serbia con passione. Mi rammarico di non aver trovato, forse per la stagione avanzata, la bevanda Salep, a base di latte caldo mescolato con radice di orchidea selvatica.

Prima di procedere con questo viaggio stravagante vorrei far cenno al clima e alle temperature registrate in questo scorcio di aprile a Belgrado. Premetto che, a differenza di quello che molti pensano di questa città, la capitale serba non è fredda come alcune capitali nordiche o altre realtà situate più ad est. Anzi, a parte alcune gelide giornate invernali quando soffia la Kosava, il clima è moderatamente continentale con molti picchi caldi anche nelle mezze stagioni. D’estate è normale raggiungere 40 gradi e il centro città, in alcune notti di luglio/agosto, diventa un vero e proprio forno. Partito dall’Italia con pioggia e freddo, atterrato all’aeroporto ho trovato ad accogliermi un clima tiepido e secco. Col passare dei giorni la temperatura è salita di ca. 8/10 gradi facendomi trascorrere gli ultimi scampoli a 30/32 gradi centigradi. E siamo solo ad aprile!

Ma continuiamo con il viaggio visitando il quartiere di Skadarska, da alcuni soprannominata “la Montmartre di Belgrado”. Nonostante il paragone lasci evidentemente perplessi, almeno per chi conosce Parigi, è vero che in questa parte della città si respira un’atmosfera bohémien molto piacevole. I ristoranti, però, sono vere e proprie trappole per turisti ed io ne sto alla larga. Più che per una cena, sceglierei questa zona per un drink poco impegnativo attardandosi e godendosi il panorama con il continuo viavai di gente.

In centro a Belgrado, poco prima della Knez Mihailova, troviamo l’hotel più famoso della città: il bellissimo Hotel Moskva. Trattasi di una vera istituzione belgradese, è un enorme edificio dai colori sgargianti e dall’intrigante stile art nouveau. Nonostante le recensioni di chi ha dormito in questa struttura non siano degne del nome che porta, è vero anche che ci si può fermare nel dehors per un tè o una fetta di torta, in modo da assaporare almeno per un attimo quell’atmosfera d’antan tipica di inizio novecento. Pochi passi dal Moskva troviamo il mercato Zeleni Venac, punto cruciale della città in quanto snodo commerciale dei trasporti. Consiglio una scappata al mercato più che altro per ammirare lo svolgersi del commercio e per gustare quella frenesia tipica di tutti i mercati del mondo. Molte le bancarelle con verdura e frutta fresca e davvero fotogenici , e secondo me piccanti, i peperonicini appesi. Ricordiamo che la Vojvodina in Serbia è, assieme alla Slavonia in Croazia e all’Ungheria, patria dei peperonicini e di quella gustosissima spezia che è la paprika. Nel mercato si vedono donne anziane impegnate a vendere i prodotti dell’orto, arbanelle piene di ogni ghiottoneria ed enormi tranci di strudel al papavero.

Una bella e lunga passeggiata (attrezzatevi con scarpe adatte) è quella che vi porta a Zemun, sobborgo satellite di Belgrado, quasi un proseguimento i cui confini in realtà non sono ben delimitati. Sono circa otto i chilometri che separano il centro di questo paesone dall’interessante architettura al cuore di Belgrado. Zemun è tranquillamente raggiungibile con i mezzi per i più sfaticati, ma un percorso nella periferia belgradese non farà altro che incuriosirvi e farvi notare caratteristiche che da un autobus non riuscireste a scorgere. Io sono partito a piedi dalla stazione dei treni, da lì potete proseguire per la Karadordeva imboccando il Brankov Most, da lì una serie di prati punteggiati da enormi palazzoni socialisti vi faranno compagnia assieme al Danubio, che in questo punto è davvero ampio e spettacolare. In questa parte della città si trovano alcuni dei più bei locali della Belgrado notturna. Piccola parentesi in proposito. La capitale serba è considerata, a ragione, la Barcellona dell’Est Europa. Ve ne accorgerete sicuramente in centro città con i numerosi bar e club disseminati per la vie, ma ancor più in periferia e lungo le banchine dei due grandi fiumi dove si trovano decine e decine di locali costituiti di solito da barconi sull’acqua o da veri e propri edifici legati a grosse funi metalliche a trattenerli dalla corrente. E’ qui che si incontrano e si danno appuntamento i migliori dj internazionali di musica house, techno e hardcore, anche se la turbofolk è quella che va per la maggiore. Si tratta di una mischung di technomusic e musica etnica/folk locale che dà l’impressione di trovarsi in Turchia grazie alle percussioni e ai suoni tipici mediorientali. Caratteristica inquietante di Zemun è che proprio qui è nata una delle organizzazioni criminali più note del paese: “Il clan di Zemun”. Direi che i turisti non corrono assolutamente alcun pericolo!

Uno dei simboli ad accogliervi a Belgrado è la Chiesa di Sveti Sava. Visibile da ogni parte della città, è un enorme esempio di chiesa ortodossa, molto bella soprattutto all’esterno; peccato per i lavori all’interno che hanno cancellato anche l’ultimo alone di spiritualità. La Chiesa è stata costruita in onore di San Sava, fondatore della chiesa ortodossa serba. Poco più a sud, ma complicato da raggiungere a piedi per chi è munito di cartine non aggiornate come me (?!), è la tomba del Maresciallo Tito, là dove si trova la Casa dei Fiori. Interessanti le collezioni di oggetti regalati a Tito dai grandi della terra.

Un museo tra i più interessanti è quello dedicato a Nikola Tesla, scienziato serbo che tanto ha dato al mondo della fisica e dell’elettronica senza il quale non avremmo tante facilitazioni moderne che tanto ci piacciono. Consiglio spassionato, informatevi prima per la visita del museo, per ben due volte sono tornato indietro, la prima perché c’era un gruppo di studenti numeroso che impediva ulterori ingressi, la seconda perché non c’era la guida disponibile, e visitare il museo senza guida non ha molto senso visto il gran numero di prototipi interessanti che necessitano di spiegazioni. Ho riscontrato, comunque, poca disponibilità nel personale.

Ecco, faccio una piccola divagazione sul personale dei musei e dei luoghi pubblici che può essere riassunta in “Dio ce ne liberi”, magari sostituendo i vecchi tarpani dell’era Tito con i più giovani e promettenti ragazzi. E’ facile trovare signore e signori stanchi, stufi, e poco accomodanti nelle risposte seduti dietro agli sportelli, che magari ti rispondono in modo secco leggendo un giornale o sorseggiando una bibita. Qualche piccola eccezione esiste giusto per confermare la regola. Non da ultimo, pensavo sinceramente che l’inglese fosse molto più conosciuto, in realtà ho incontrato qualche difficoltà persino in stazione, dove, tra personale non poliglotta e scritte in cirillico, non sono riuscito, per pochi attimi, a cavare un ragno dal buco. Tuttavia, le soluzioni si trovano sempre… ci mancherebbe.

Dopo due giorni a Belgrado, sento il bisogno di esplorare un’altra parte della Serbia molto interessante: la Vojvodina. Anche qui si sono fatte sentire in passato tensioni legate all’indipendenza della regione ma la situazione è decisamente meno complicata rispetto al Kosovo o alla Repubblica Srpska in territorio bosniaco. Questa è la terra delle grandi pianure, anzi di una grande pianura, quella pannonica. Pensate che c’ è un detto locale che sostiene che le montagne più alte da queste parti sono i cavoli! Infatti, la coltivazione degli ortaggi è molto popolare e i frutteti sono ovunque. Le due città più importanti di questa regione sono Novi Sad, il capoluogo amministrativo e Subotica, al confine con l’Ungheria, il cui centro storico è un vero gioiello art nouveau. Ho avuto il piacere di gironzolare per un’intera giornata a Novi Sad, facilmente raggiungibile da Belgrado con due ore di treno (e che treno!) e poco meno con il pullman. All’arrivo Novi Sad mi ha accolto con una ventata di freschezza; difatti è una vitale città universitaria piena zeppa di locali e bar all’aperto e dai bellissimi edifici storici. Mi ha impressionato il numero di cani randagi sul vialone che dalla stazione porta al centro. Vero gioiello di Novi Sad è la fortezza di Petrovaradin raggiungibile a piedi con una lunga ma piacevole passeggiata attraversando il bellissimo Danubio che in questo tratto è davvero maestoso. Da notare i resti del vecchio ponte abbattuto dagli americani nel 1999. La vista da quassù è davvero magnifica e spazia verso la verde regione di Fruska Gora dove si trovano alcuni interessanti monasteri. La fortezza è stata progettata da Vauban contro l’invasione dei turchi e viene soprannominata la “Gibilterra del Danubio”.

Nonostante alcune evidenti difficoltà consiglio di spostarsi verso il sud della Serbia. Se gli sciatori in inverno saranno felici di scivolare sui pendii innevati di Zlatibor o Kopaonik, io prediligo i centri storici che in un certo senso racchiudono qui le vere radici serbe. Più ci si avvicina al Kosovo e più si sente che le radici della Serbia sono qui e non in Vojvodina per esempio. I monasteri si sprecano, i trasporti sono davvero carenti e l’atmosfera diventa sempre più “turca”. Novi Pazar è la mia meta, raggiungibile con un tragitto piuttosto lungo dalla stazione di Belgrado. L’architettura è davvero peculiare, di stampo ottomano ovviamente e al posto delle chiese ortodosse svettano i minareti. Qui la lingua turca è decisamente diffusa e il caffè espresso lascia il posto al caffè turco. Se nel centro si trova un bazar ottomano, la periferia è composta da palazzoni di cemento. Peccato per aver trascorso poco tempo in questa città i cui dintorni offrono davvero molto. Di qui al Kosovo è un tiro di schioppo e si può raggiungere ufficiosamente con alcuni pullman che passano di qua con partenza da Belgrado.

In conclusione posso riconfermare la mia passione per l’Est Europa, non perché sia bella in senso assoluto, ma perché ci sono un sacco di spunti da cui trarre insegnamento e perché ci sono ancora valori, da noi ormai svaniti. Trovo che le persone da queste parti abbiamo una passione sfrenata e fisici temprati per superare le avversità più disparate. Poi chi è appassionato di storia troverà pane per i suoi denti, un passato difficile ma che contribuisce a rendere il tutto ancora più interessante. Tutti i viaggiatori dovrebbero prima o poi passare da queste parti, i Balcani non possono mancare nel taccuino di viaggio di un backpacker ma anche di un viaggiatore piuttosto comodo, come sono stato io in questo caso. La stupenda Slovenia e le coste croate o quelle molto cool del Montenegro non ci fanno capire fino in fondo i veri Balcani e la loro peculiare selvatichezza. Un viaggio a Sarajevo, Mostar, Srebrenica o a Belgrado, oppure ancora a Skopje in Macedonia ti fa capire i Balcani, quelli veri, quelli privi di ogni superfetazione. Prossima puntata? Be’, mi piacerebbe molto Jajce e le sue cascate in Bosnia per poi perdermi nelle strette vie della Bascarsija a Sarajevo.

BALCANI…ARRIVO!



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