Scozia, ma è un sogno?

La Scozia non è solo castelli e mostro di Loch Ness, è anche le sterminate brughiere del Nord, le spiagge rosa, i bianchi villaggi dei pescatori e, non da poco, la cordialità con cui la gente ti accoglie
Scritto da: girovaga54
scozia, ma è un sogno?
Partenza il: 27/07/2012
Ritorno il: 11/08/2012
Viaggiatori: 5
Spesa: 2000 €
Molti turisti arrivano in Scozia attratti dai luoghi comuni: il mostro di Loch Ness, i castelli diroccati, i fantasmi, le cornamuse.

Venerdì 27 luglio

La partenza è prevista dall’Aeroporto di Ciampino con il volo Ryanair FR 6682 per Edimburgo delle ore 11:05.

Utilizziamo ancora una volta il parcheggio Alta Quota per lasciare in custodia la nostra vettura al prezzo di € 62,00 per 16 giorni. Comodissimo: una navetta ci porta in aeroporto e una navetta ci verrà a riprendere al nostro rientro.

Il volo parte con un considerevole ritardo (quasi un’ora) e di conseguenza atterriamo ad Edimburgo alle 14:00 anziché alle ore 13:15. Mangiamo velocemente un toast in aeroporto al “Caffè Nero”, una catena di ristorazione locale.

Rifocillati, ci avviamo al banco della Europcar per ritirare la nostra vettura: ci assegnano una Vauxhall Insignia SW che risulterà poco confortevole per le esigenze di cinque persone, visti gli spazi ridotti dell’abitacolo e del bagagliaio.

Ci dirigiamo verso Edimburgo per raggiungere il nostro alloggio in 8, Newington Road, la Southside Guest House (www.southsideguesthouse.co.uk). Questa è una bellissima casa di epoca vittoriana, con il classico giardinetto chiuso da un piccolo cancello: è gestita da Franco Galgani, un signore fiorentino che ha impresso eleganza alla sua casa. Le camere deliziose (quella matrimoniale fornita anche di un bowindo), i bagni pieni di accortezze verso l’ospite, la sala della colazione con la tavola imbandita come quella di un grande albergo, ne fanno uno dei B&B; più ricercati della città. Inoltre, il signor Galgani ci ha fornito anche un posto auto riservato, a pochi isolati di distanza dalla casa.

Ci riposiamo un po’ e poi affrontiamo una lunga camminata verso il centro della città per orientarci. C’è il sole, anche se tira un forte vento e la temperatura è fresca: Edimburgo ci appare subito bellissima. Percorriamo Nicholson Street, South Bridge e North Brigde, godendo nel frattempo di bei panorami sia sul castello che sulla collina di Edimburgo, la Arthur’s Seat (in realtà è un vulcano estinto da tempo), e attraverso St. Andrew Square, ci troviamo in George Street dove si trova il solito Hard Rock Cafè per l’acquisto rituale della T-shirt. Scopriamo con sorpresa che lungo Princes Street e le strade adiacenti sono in corso i lavori per la costruzione della linea tramviaria della città, per lo smaltimento del traffico, che partirà addirittura dall’aeroporto.

Si è fatta l’ora di cena: nei paesi anglosassoni si cena un po’ prima rispetto alle nostre abitudini e ci affidiamo ai consigli del signor Galgani che ci fornisce l’indirizzo di un ristorante-pub “The Salisbury Arms” in 58, Dalkeith Road (www.TheSalisburyArmsEdinburgh.cp.uk), a tre isolati dal B&B.; Ottimo posto, di tono: una bellissima sala con divani e tavolinetti bassi funge da lounge e un bel giardino ospita i clienti per bere all’aperto, tassativamente non oltre le 21:00; dopo tale ora, i clienti si devono trasferire all’interno. Spendiamo £ 20 a persona. Soddisfatti, ma anche molto infreddoliti, ci ritiriamo nella nostra fantastica casa.

Sabato 28 luglio

La sala della colazione è di grandissima eleganza, con arredi e oggetti d’epoca, e la tavola apparecchiata con maestria: altrettanto eccellenti i vari dolci che ci vengono serviti.

Stamattina visiteremo l’Edinburgh Castle, negli anni utilizzato sia come residenza reale che roccaforte militare, edificato sui tetri dirupi del Castle Rock, la formazione rocciosa di natura vulcanica che domina tutta la città. Uscendo dal B&B;, attraversiamo il Meadows Park, un piacevole spazio verde molto curato che ci consente di fare una scorciatoia: ci troviamo così alla Greyfriars Kirk dove si trova la tomba del cane Bobby. Bobby era quel famoso cane che ha vegliato la tomba del suo padrone per quattordici anni, senza mai allontanarsi, tanto che è stato adottato dalla cittadinanza che lo nutriva e lo curava quotidianamente. Commovente è la sua statua, posta all’incrocio che scende verso Grassmarket. Molto belle le case settecentesche lungo la strada. Noi ci dirigiamo verso il Royal Mile (è l’arteria che corre lungo tutta la città, dal Castello al Palazzo di Holyroodhouse), e svoltando a sinistra, lungo Lawnmarket e Castle Hill ci troviamo sulla Esplanade, già tutta pronta per il Royal Military Tattoo, la famosa manifestazione di parate di bande militari che si terrà fra pochi giorni. L’ingresso al Castello costa £ 16 a persona, ma vale sicuramente la pena di spenderle per ammirare sia le costruzioni racchiuse all’interno delle mura, sia il panorama che si gode dagli spalti sulla città e verso il mare. Visitiamo così lo Scottish National War Memorial, la Great Hall, il Royal Palace che custodisce gli Honours of Scotland e la famosa Stone of Destiny, la pietra su cui venivano tradizionalmente incoronati i re scozzesi, i Royal Apartments, con la camera da letto di Maria Stuarda, la St. Margareth’s Chapel, l’edificio più antico di Edimburgo, costruito in onore di una regina divenuta poi santa.

Terminata la visita del Castello, che ci impegna per circa due ore, ripercorriamo il Royal Mile in discesa, ammirando tutti gli edifici storici che si susseguono lungo i suoi lati, entrando qualche volta nei closes (i vicoli) che si aprono lateralmente, fino a raggiungere la St. Giles Cathedral, una bella chiesa del XV secolo. Dobbiamo pagare per avere il permesso di fotografare, ma l’interno merita senz’altro di essere ricordato.

Si fa sentire un certo languore: ci accorgiamo che nei pressi della cattedrale c’è il “Caffè Nero”, lo stesso dell’aeroporto, che con £ 26 in cinque ci permette di rifocillarci. A questo punto, Dario, Riccardo e Mario decidono di andare allo stadio (loro fanno sempre questi tour non proprio turistici durante i nostri viaggi), mentre Fabio ed io continueremo a percorrere il Mile fino in fondo: ci capiterà così di imbatterci in un paio di matrimoni con tanto di cerimoniere in kilt e cornamusa. Davanti alla Canongate Kirk ci fermiamo ad osservare la scena. Arriviamo così fino al Palace of Holyroodhouse, paghiamo un altro salato biglietto di ingresso (£10,50 a persona) ed entriamo in quella che è la residenza dei reali inglesi quando soggiornano ad Edimburgo. Gli interni ovviamente trasudano lusso. Interessanti le camere di Maria Stuarda e di suo marito, lord Darnley, che presentano gli arredi e i tessuti originali. Usciti sul parco, da cui si gode una bella vista sulla Arthur’s Seat, si raggiungono le suggestive rovine della Holyrood Abbey risalente al XII secolo, circondata da un magnifico parco.

Prima di percorrere Calton Road, diamo un rapido sguardo al nuovo Parlamento Scozzese, costruito in stile moderno ed inaugurato dalla Regina Elisabetta nel 2005: l’edificio stride non poco con il Palazzo che ha di fronte, ma non è neppure sgradevole.

Calton Road costeggia un cimitero dove sono sepolte numerose personalità e sale, passando sotto la Waverley Station, verso la New Town: da qui, percorrendo rapidamente George Street, in quanto colti da un improvviso acquazzone, ritorniamo a Princes Street e di lì, sempre a piedi, in Newington Road.

Anche stasera torniamo a cena da “The Salisbury Arms”, non pentendocene affatto (spenderemo £ 90).

Domenica 29 luglio

A malincuore oggi dobbiamo lasciare Edimburgo: cominciamo il nostro viaggio verso il Nord della Scozia, stasera dovremo essere ad Inverness. Saldiamo il conto del B&B;: £ 450 per tre meravigliose camere. Abbiamo deciso di arrivare con comodo ad Inverness, non volendo tralasciare di vedere quanto troveremo lungo il percorso. Arriviamo a Culross intorno alle 11:30: un villaggio seicentesco affacciato sul River Forth, pittoresco e uno dei meglio conservati in Scozia. Capitiamo nel bel mezzo di una festa paesana allestita su un prato, come quelle che si vedono nel telefilm dell’ispettore Barnaby. Alcune donne vendono le loro marmellate e le torte di carote, altri cuociono le trote intere affumicandole. Dopo una passeggiata per il paese, in cui ci capita di vedere un bel giardino “segreto”, le rovine di una abbazia e la chiesa parrocchiale (curioso: in un lato di una navata è allestito uno spazio giochi per bambini per intrattenerli durante le funzioni), poiché si è fatta l’ora di pranzo, approfittiamo delle leccornie in vendita negli stand della festa per rifocillarci: ottime le trote! Altrettanto buono il panino con la porchetta locale e la torta di carote, il tutto per £ 20 in cinque.

Ci rimettiamo in marcia, e percorrendo la piacevole campagna del Perthshire, ci fermiamo a Dunfermline per ammirare le imponenti rovine della abbazia risalente al XII secolo accanto alla quale sorge, dal XIX secolo, una chiesa che ospita le spoglie di Robert the Bruce, il più famoso dei re scozzesi.

La tappa successiva è Perth: per mancanza di tempo, però, non ci fermiamo in città, ma ci dirigiamo direttamente allo Scone Palace, l’imponente residenza dei Murray, conti di Mansfield, enorme e adagiata in uno stupendo parco con tanto di pavoni. L’ingresso è un po’ caro: £ 10 a testa, ma gli interni, sontuosi, sono da vedere. I proprietari, che tutt’ora abitano nella dimora, appartengono all’elite dell’aristocrazia britannica, come testimoniano le foto che li ritraggono negli anni con i vari membri della Casa Reale. Qui avvenne l’incoronazione del primo re scozzese e qui era custodita, fino al 1296, la Pietra del Destino che abbiamo ammirato ad Edimburgo. Ora ce ne è una copia nel prato davanti alla cappella.

Riprendiamo la marcia lungo il percorso del fiume Tay per visitare la Dunkeld Cathedral: questa si trova in uno spiazzo erboso proprio sulle rive del fiume, in una posizione scenografica che è godibile appieno nelle giornate di sole; purtroppo, il sole, che c’era stato fino a quel momento, lascia il posto ad un mezzo nubifragio e dobbiamo limitare la nostra visita al solo interno della cattedrale.

Ovviamente, risaliti in macchina e presa la A9 verso Inverness, il sole ritorna a splendere.

Arriviamo ad Inverness intorno alle 20:00 e ci sistemiamo nel nostro secondo B&B;, altrettanto bello quanto il primo: la Moyness House (www.moyness.co.uk), una casa vittoriana con un bel giardino e stanze molto accoglienti. Ci riceve il signor Richard Jones, molto cortese ma anche molto loquace. E’ tardi, abbiamo fame e notiamo che alcuni dei locali segnalati dalla nostra cara Lonely Planet sono chiusi (forse perché è domenica): troviamo un pub di fronte al Castello, The Castle Tavern in 1, View Palace (www.castletavern.net) che a fine viaggio si rivelerà quello da ricordare senza infamia e senza lode. Siamo molto stanchi e riattraversato il ponte sul fiume Ness, ci dirigiamo verso casa per un sonno ristoratore.

Lunedì 30 Luglio

Usciamo abbastanza presto dal B&B; e dedichiamo la prima parte della mattina alla visita di Inverness: la cittadina è veramente gradevole, adagiata lungo le rive del fiume Ness su cui si rispecchiano, da un lato, palazzi d’epoca che oggi ospitano alberghi e ristoranti e dall’altro la mole del castello che incombe dall’alto. Viene chiamata “la porta delle Highlands” e in effetti poi percepiremo che è l’ultimo avamposto veramente abitato prima del “nulla”, cioè delle immense distese delle brughiere. Ci dirigiamo verso il centro cittadino, fino alla stazione, di fronte alla quale si trova un antico esempio di centro commerciale, il Victorian Market, con le sue strutture liberty e alcuni negozi con vecchi arredi. Gironzolando qui e là ci capita di entrare anche in qualche negozio, tra cui un grande magazzino dove Dario e Riccardo approfittano per comprare alcune cose a pochissimo prezzo: notiamo, infatti, che i saldi sono veramente tali. Non trascuriamo ovviamente l’acquisto di alcune sciarpe di lana di foggia scozzese e di un classico plaid.

In tarda mattinata, dopo una puntata al supermercato della catena “Tesco”, partiamo verso il Loch Ness, che è il posto che mi è piaciuto di meno in Scozia. Lo specchio d’acqua è veramente cupo, come lo descrivono le leggende, ma il contesto non ha niente a che vedere con altri luoghi che visiteremo in seguito. Ci guardiamo bene dal visitare l’Exhibition Centre, una mostra permanente dedicata alle presunte apparizioni del mostro: eppure il parcheggio è pieno di vetture. Superato il Loch (in Scozia, con questo termine, si indica sia un lago che un fiordo marino), arriviamo a Fort Augustus, un piccolo villaggio di poche case in pietra rossa, attraversato dal Caledonian Canal, il canale costruito appositamente per mettere in comunicazione il Mare del Nord con l’Oceano Atlantico, con notevole risparmio di tempo, evitando così la circumnavigazione delle coste scozzesi. Il villaggio è pieno di turisti che vengono per assistere allo spettacolo delle chiuse lungo il canale che si aprono a intervalli regolari, permettendo il passaggio delle imbarcazioni: queste vengono spinte a mano e superano un dislivello totale di oltre tredici metri.

E’ l’ora di pranzo e decidiamo di fermarci in un localino simpatico, il Loch Inn, proprio di fronte alle chiuse. Mangiamo benissimo, spendendo £ 50 in cinque.

Per il ritorno a Inverness, scegliamo di non ripercorrere la stessa strada dell’andata, ma di inoltrarci nel Glen Affric, non prima di aver dato solo uno sguardo, da lontano, alle rovine dell’Urquhart Castle: in realtà, il castello non ci interessava affatto essendo troppo turistico e con un prezzo che trovo eccessivo. Il Glen Affric (glen, in Scozia, vuol dire valle) è piuttosto stretto e solcato da diversi corsi d’acqua, tra cui il fiume Affric che, a pochi chilometri dal villaggio di Cannich, forma le Dog Falls. Per visitarle, lasciata l’auto al parcheggio, ci inoltriamo in un sentiero che sarebbe stato piacevole da percorrere, se non fossimo stati assaliti da nugoli di moschini, proprio come descriveva la nostra guida che ci consigliava di procurarci una retina per il viso. A Cannich, oltre quattro case, c’è una grande chiesa su uno spiazzo erboso: decidiamo di visitarla e ci capita una cosa curiosa. Ancora prima di spegnere il motore, una suora grassottella e gioviale apre una porta e si lancia sulla nostra vettura consegnandoci la chiave della chiesa, da restituire a visita terminata: forse eravamo i primi turisti a ricomparirle davanti dopo un notevole lasso di tempo!

Andiamo a visitare anche il villaggio di Tomich, costruito in epoca vittoriana per alloggiare i braccianti: infatti il villaggio è costituito da casette tutte uguali, ovviamente oggi riadattate secondo il gusto degli attuali proprietari. Gradevole.

Il tratto del Glen Affric verso Inverness presenta un paesaggio diverso: più piano ed ampio, con pascoli e foreste.

Questa sera ceniamo alla “Riva Pizzeria” in 4-6 Ness Walk (www.rivarestaurant.co.uk): la pizza è stata dignitosa.

E’ d’obbligo una passeggiata in notturna lungo le rive del Ness: il fiume con i colori del tramonto assume un tono blu intenso. Lungo la sponda destra, oltrepassate alcune bellissime case con fantastici giardini, ci si inoltra in una zona boscosa, dove vari ponticelli collegano le piccole isole disseminate in questo tratto di fiume. Inumiditi e anche qui tormentati dai moschini, ci ritiriamo al caldo del nostro B&B.;

Martedì 31 Luglio

Oggi è previsto di esplorare la zona a est di Inverness, dove si trovano parecchi siti preistorici o legati ad avvenimenti storici. E’ una bella giornata di sole, direi che fa quasi caldo per essere a questa latitudine. Prima di uscire da Inverness, Dario ci porta a visitare il Caledonian Stadium, per arricchire la sua collezione di sciarpe di club calcistici: non solo il negozio è aperto, ma la gentile fanciulla che lo gestisce ci chiede se vogliamo visitare lo stadio; figurarsi se Dario e Riccardo si lasciano sfuggire questa occasione, da veri appassionati. Finalmente, percorrendo varie stradine in mezzo ai campi, attraversiamo l’area di Culloden, su cui si svolse il 16 aprile 1746 la battaglia più famosa della storia scozzese, dove gli Scozzesi persero la speranza di indipendenza dall’Inghilterra, per la quale avevano fin a quel momento lottato. L’area ospita anche un Visitor Centre che illustra le vicende di quella giornata, ma noi non ci fermiamo, diretti al cosiddetto “Clava Cairns”, un sito archeologico risalente all’età del Bronzo, composto da tre tumuli con camere ipogee. Ovviamente, Dario è molto interessato all’ambiente e ci fornisce anche delle spiegazioni sulla disposizione delle pietre infisse nel terreno e sul loro significato. L’ingresso ai Clava Cairns è libero, delimitato da un semplice cancello di legno tipo staccionata.

Siamo ora diretti a Fort George, uno straordinario forte settecentesco circondato da bastioni che si affaccia sulle acque di un azzurro intenso del Moray Firth. Poiché la maggior parte dei turisti guardava attentamente giù dagli spalti, ci siamo incuriositi e diretti anche noi ai posti di osservazione: c’erano i delfini!

Il biglietto di ingresso è di £ 6,90 a persona e, compresa nel prezzo, viene fornita anche una audio guida in italiano, indispensabile per orientarsi nell’immenso spazio del forte: la sensazione che ho avuto è stata quella di ripercorrere le vicende descritte nel libro “Il deserto dei Tartari”, con gli alloggi dei soldati semplici e quelli degli ufficiali, le prigioni, la mensa, la polveriera e la cappella. Un forte lontano da tutti e da tutto, dove la vita all’interno era indipendente dal mondo esterno: oggi è utilizzato dall’esercito inglese come base di addestramento per il famoso Reggimento Scozzese “Black Watch”. La visita dura circa due ore, molto intense: a noi è piaciuto veramente tanto.

Alla fine della visita, ci fermiamo alla caffetteria all’interno del forte, consumando dei toast e torta di carote.

Ripartiamo da Fort George e ci fermiamo a Nairn, anzi nella frazione di Nairn chiamata Fishertown, cioè l’antico quartiere dei pescatori. Lasciata la macchina ad un parcheggio, affrontiamo una lunga camminata in mezzo a casette bianche e ricche di fiori che ci conduce ad una vasta spiaggia: anche quest’anno ci è consentito di calpestare il fondo del mare, grazie alla bassa marea che c’è sempre in questo periodo dell’anno.

Ripassiamo per Inverness e, considerato che sono solo le 16:00, attraversiamo il Kessock Bridge e ci dirigiamo verso la Black Isle, una penisola che si estende a nord: in realtà, non si sa perché è chiamata black, visto che l’ho trovata particolarmente ariosa ed assolata. La tappa prevista è il delizioso borgo di Cromarty, silenzioso e discreto, affacciato sul fiordo (Firth) che porta il suo nome, composto da numerose case ottocentesche, molto eleganti. Scendiamo sulla immensa spiaggia, dove tira un vento fortissimo e da cui sembra di poter toccare con mano la costa orientale della Scozia, al di là del fiordo. Unico neo: il panorama è deturpato dalla presenza di alcune piattaforme petrolifere.

Passeggiando, adocchiamo un simpatico locale nei pressi del porticciolo, il “Sutor Creek” (www.sutorcreek.co.uk), gestito da ragazzi molto giovani e che solitamente serve piatti di pesce, crostacei e molluschi locali, tutte le sere tranne il lunedì e il martedì: ovviamente, è martedì e il locale fa solo pizze cotte a legna. Comunque, ci attira l’idea di cenare in questo bel posto, ma essendo ancora presto, facciamo prima una puntata a Rosemarkie, un borgo vicino a Cromarty, dove si può fare una passeggiata lungo le gole e le cascate del Fairy Glen.

Ritorniamo a Cromarty e bisogna dire, le pizze non erano niente male.

Mercoledì 01 Agosto

Dobbiamo lasciare anche Inverness, sebbene a malincuore: anche qui ci siamo trovati molto bene. Saldiamo il conto del B&B; e iniziamo la nostra avventura nelle vere Highlands. Purtroppo, la giornata non è delle migliori, proprio oggi che dobbiamo percorrere totalmente una strada costiera: una densa foschia impedisce di godere dei panorami e ci accompagnerà per tutto il percorso. Passiamo attraverso la gradevole cittadina di Tain, fermandoci velocemente presso la Glen Morangie Distillary. Successiva tappa è la cittadina di Dornoch dove visitiamo l’elegante cattedrale del XIII secolo, in stile gotico con vetrate istoriate moderne. Proseguiamo poi per Golspie: a un miglio dall’abitato si trova l’imponente Dunrobin Castle, la più grande residenza delle Highlands appartenente ai conti e duchi del Sutherland. Il maniero e i suoi magnifici giardini si affacciano sul Mare del Nord, oggi nero e tempestoso. Di grande effetto. Decidiamo però di non visitarne gli interni, dovendo fare ancora tanta strada prima di imbarcarci stasera per le Isole Orcadi.

All’ora di pranzo siamo nei pressi di Hemsdale e ci fermiamo nel locale consigliato dalla Lonely Planet: La Mirage in 7-9, Dunrobin Street (www.lamirage.org), un locale a dir poco eccentrico, tutto rosa, pizzi e merletti. Il nostro tavolo è accanto ad un gigantesco orso di peluche con un gilet di raso rosa che, a sua volta, è sotto una palma. Il locale era stato dedicato dalla sua precedente proprietaria alla scrittrice Barbara Cartland, autrice di romanzi rosa. Però, si è mangiato molto bene, spendendo £ 45 in cinque.

Riprendiamo il percorso lungo quelle che dovrebbero essere scogliere e spiagge, ma che possiamo solo intuire. Peccato! Arriviamo a Wick e ci fermiamo per un caffè caldo (fa molto freddo) in un bar chiamato De Vita’s, gestito da una famiglia italiana emigrata da Brindisi. E’ la volta di Thurso: arriviamo intorno alle 17:45 e pensiamo che sia scattato il coprifuoco. Non c’è anima viva, tutti i negozi sono chiusi come se un disastro nucleare si fosse abbattuto sulla cittadina poco prima del nostro arrivo e gli abitanti fossero stati evacuati. Per gli Scozzesi, questa è già l’ora di ritirarsi per la cena.

Il traghetto della Northelink Ferries per Stromness parte alle 19:00 da Scrabster, ma noi dobbiamo essere al check-in mezz’ora prima. I biglietti sono stati già acquistati on line da Roma parecchio tempo prima, al costo di £ 144 per cinque persone più una vettura, perché d’estate i posti per le automobili sono limitati e non si può rischiare. La traversata dura un’ora e mezza, con una nebbia sempre più fitta, che a malapena fa intravvedere l’Old Man of Hoy a cui passiamo accanto. Il mare non è però agitato e vista anche l’ora tarda in cui dobbiamo sbarcare, preferiamo mangiare qualcosa nel ristorante del traghetto: oltretutto, alla faccia del traghetto, grande e lussuoso e, di conseguenza, adeguato anche il ristorante: ho mangiato una ottima “soup”.

Arriviamo in perfetto orario a Stromness e riusciamo a trovare subito il nostro alloggio: Burnside Farm, in North End Road (www.burnside-farm.com), una vera e propria fattoria, con tanto di mucche, in magnifica posizione su una collinetta dominante il porto della cittadina. Ci accoglie la simpatica signora Joy, che mi ha subito ricordato il personaggio di Trudy, la compagna di Gambadilegno. La casa è veramente gradevole, con un piccolo ambiente a vetrata, il cosiddetto “porch”, in cui avremmo fatto poi la colazione.

Sono le 21:00, ma nonostante la nebbia, il cielo è ancora chiaro e, posati i bagagli, facciamo un giro a Stromness, un paese che si svolge tutto in lunghezza, con una unica via centrale su cui si affacciano negozi, alberghi e abitazioni. E’ veramente freddo stasera, siamo avvolti dalla nebbia, lontanissimi dalle nostre abitudini, sembra tutto irreale, eppure quasi struggente: poi, ci dà un senso di benessere ritornare al caldo della casa e dormire sotto il piumone.

Giovedì 02 Agosto

Mi sveglio riposatissima, guardo fuori dalla finestra e a fatica vedo i contorni del porto e le altre piccole fattorie sparse nei prati: ad un certo punto vedo passare davanti alla mia finestra le mucche della nostra fattoria, governate da Robbie, il marito di Joy. Scendiamo per la colazione. E che colazione! La signora Joy sembrava non aspettasse altro che preparare per noi le sue buonissime torte, che ci ha servito insieme a marmellate fatte in casa, formaggi di sua produzione e tante altre leccornie. Sembrava non finire mai di coccolarci, allegra e spiritosa, a volte persino insistente. Ci fornisce anche dei libri che riguardano le maggiori attrazioni dell’isola. Così satolli, ci prepariamo ad affrontare la nostra giornata. A soli pochi minuti di auto dalla fattoria si trovano i Menhir di Stennes, quattro degli originali menhir che componevano questo cerchio preistorico del 3300 a.C. A poca distanza da questi impressionanti megaliti (uno di essi è alto 5,7 metri) si trovano gli scavi del Barnhouse Neolitich Village che ci fa comprendere come tutta l’area sia stata abitata in modo continuativo per tutto il periodo neolitico. Ancora più suggestivo, un miglio oltre questi siti, è il Ring of Brodgar dove i menhir ancora in piedi sono addirittura ventidue (l’anello, originariamente, ne comprendeva sessanta). La suggestione di questi luoghi è notevole, forse resa ancora più intensa dalla foschia che li avvolge, dal colore dell’erica e dal vento che la agita. Le Orcadi, Orkney per gli Scozzesi, hanno qualcosa di magico, fuori del tempo.

Ci dirigiamo ora verso il sito archeologico più importante dell’isola, Skara Brae, un villaggio neolitico considerato addirittura unico al mondo perché conservatosi praticamente intatto, da 5000 anni a questa parte, grazie alla sabbia che lo ricopriva fino a che, nel 1850, una violenta tempesta lo riportò alla luce. Si tratta di alcune abitazioni in cui si distingue perfettamente ogni vano, il focolare centrale, la dispensa per gli utensili, l’incasso dei giacigli: interessante è la disposizione delle aperture, che permettevano una circolazione dell’aria in modo che i fumi non ristagnassero all’interno, ma, nel contempo, fosse riparata dalle intemperie. E pensare che Skara Brae è anteriore alle piramidi di Giza e a Stonehenge. Il costo del biglietto di ingresso è di £ 7 a persona, che include però anche la visita alla Skail House, una dimora signorile ubicata sempre nell’area del sito, tutto con l’ausilio di una audioguida. E’ chiamata la “Casa del Vescovo”, perché originariamente fu abitata dal prelato della zona dal 1620. Divenne successivamente una residenza privata dei Lairds Graham Watt e conserva degli arredi pregiati e una magnifica biblioteca fornita di un ingegnoso scomparto segreto, nonché il letto a baldacchino del vescovo e un servizio di piatti di ottima fattura regalato dal capitano James Cook alla famiglia dei proprietari. La cosa strana è che tutto è predisposto come se i padroni di casa fossero appena usciti, la tavola apparecchiata, i vestiti della signora sul letto, fotografie di famiglia e ricordi dappertutto. Gli ospiti si muovono in punta di piedi, quasi per non disturbare.

Pranziamo al Point Visitors prima di proseguire per Kirkwall. La nebbia non si dirada, ma a me non dispiace, perché in realtà ci rende l’idea di come sia solitamente l’ambiente delle Orcadi.

Kirkwall è considerata la capitale dell’isola, vivace e con la bellissima cattedrale di St. Magnus risalente al XII secolo. L’interno è imponente, le navate divise da robuste colonne di pietra rossa e gialla, e conserva la memoria della sua fondazione scandinava; l’altare in legno riporta incisioni in lingua norrena: d’altra parte qui erano di casa i Vichinghi, in quanto le Orcadi sono state per lungo tempo un loro possedimento, considerata la vicinanza con la Norvegia. Piacevole ci risulta la passeggiata per le vie della cittadina e la breve visita alla Highland Park Distillery.

Continuiamo il nostro percorso sull’isola che ci porta ora presso le scogliere di Mull Head: parcheggiata l’auto, ci incamminiamo su un pianoro che termina a strapiombo sul mare. Nonostante la nebbia, la bellezza del panorama che si intravvede ci coinvolge, su uno scoglio si percepiscono le sagome dei cormorani, indifferenti alle onde che si infrangono intorno a loro. Sarei rimasta lì a lungo, ma il vento è violento e il freddo comincia a penetrare attraverso gli indumenti, seppure invernali. Quando ritorno al parcheggio, non so più come pettinare i capelli, completamente inumiditi.

Ultima tappa della nostra giornata è l’isola di Lamb Holm, collegata all’isola principale dalle Churchill Barriers, barriere formate da blocchi di cemento e navi affondate, volute da Churchill, durante la seconda guerra mondiale, a difesa della base navale nella baia di Scapa Flow: oggi queste barriere sono utilizzate come vie di collegamento. Su questa piccola isola sorge la Italian Chapel, costruita utilizzando un hangar e materiali di scarto dai prigionieri italiani impiegati nella realizzazione delle barriere. La cappella, piccolissima, ma tutta decorata, è molto suggestiva e fa comunque un certo effetto veder sventolare la bandiera italiana su un isola così remota: scopriamo, dal libro degli ospiti, che è anche molto visitata. Più che pregevoli i lavori in ferro battuto.

Ritorniamo alla nostra fattoria che è ormai ora di cena: scegliamo un pub sul porto “The Ferry Inn” (www.ferryinn.com), molto bello ed accogliente, dove mangiamo alla grande spendendo £ 90 in cinque.

Quando usciamo, pioviggina e ci sono 11°: e pensare che a Roma il termometro ha toccato i 40°.

Venerdì 03 Agosto

Anche il tempo dedicato alle Isole Orcadi è finito: riprenderemo il traghetto intorno alle 13:00. Saldiamo il conto alla nostra cara signora Joy che ci saluta dalla porta di casa come si fa con dei parenti e ci dirigiamo per prima cosa nella frazione di Quayloo dove si trova lo stabilimento della Orkney Brewery, una fabbrica di birra locale che Dario, da vero intenditore, ovviamente conosce. Il gentile signore che ci riceve ci illustra rapidamente le fasi della produzione e ci fa vedere alcuni ambienti, consigliandoci di partecipare alla visita guidata che ci sarà più tardi. Gli spieghiamo che non ci è possibile trattenerci perché siano vincolati all’orario del traghetto. Siamo diretti al piccolo porto di St. Margaret’s Hope, il centro principale dell’isola di South Ronaldsay, a sud della Italian Chapel, da dove partirà il traghetto della Pentland Ferries chiamato “Pentalina”. Stamani la foschia si è un po’ diradata e questo ci permette di apprezzare in pieno la vastità del paesaggio delle Orcadi, immense distese di pascoli punteggiati da rare fattorie, costruite tutte nello stile di Burnside Farm.

La partenza è prevista per le 12:55, ma dobbiamo trovarci mezz’ora prima all’imbarco: i biglietti sono stati già prenotati on line da Roma (al costo di £ 103 per cinque passeggeri più una vettura) ma, a differenza dell’andata, con questa compagnia il pagamento avviene sul posto prima di partire.

Il Pentland Forth, il braccio di mare che separa le Orcadi dalla Gills Bay, sulla punta estrema della costa scozzese, è dichiaratamente pericoloso perché sempre agitato e tempestoso. Persino gli Scozzesi ci scherzano su, affermando di essere miracolati se si riesce ad uscirne vivi. La cosa mi impensieriva alquanto, ma fortunatamente, oggi il mare è tranquillo, anzi esce il sole lungo il tragitto, e man mano che ci allontaniamo da St. Margaret’s Hope diventa sempre più suggestivo guardare indietro e vedere l’isola ancora avvolta dalla foschia.

Alle 13:30 siamo a Gills da cui si vede già distintamente il promontorio di Dunnet Head. Ci dirigiamo in questo luogo dove una stele ricorda che siamo nel punto più settentrionale della Gran Bretagna. Un grande faro, costruito dal nonno dello scrittore Robert Stevenson, si staglia sulla punta più alta della scogliera e il panorama intorno è notevole. La foschia si è diradata quasi completamente e la costa ci appare in tutta la sua bellezza.

E’ ora di pranzo, ma non riusciamo a trovare un posto dove rifocillarci, se non fermandoci a Thurso, dove però non riusciamo a soddisfare le nostre esigenze, essendo ormai tardi. Pazienza, un po’ di digiuno non ci farà certo male.

Dovremo oggi percorrere tutta la costa settentrionale per arrivare in serata a Durness: il paesaggio è diverso da quello finora visto nella parte centrale della Scozia o sulle Orcadi, siamo immersi nelle Highlands, ed è una sensazione meravigliosa: sembra di essere soli con la natura che ci circonda, immense distese di brughiera, solcate da ruscelli e da specchi d’acqua improvvisi, interrotte da rilievi montuosi ora brulli ora coperti di abetaie, fiordi e spiagge di un rosa quasi caraibico. Quello che colpisce è la mancanza di presenza umana, non si trovano abitazioni per miglia e miglia, solo natura incontaminata.

Pochi sono i villaggi che si incontrano ogni tanto lungo la strada costiera e quei pochi formati da uno sparuto nucleo di case. A Dounreay, si affaccia sul mare una centrale nucleare, la prima costruita nel mondo per produrre energia elettrica per usi civili: sarà smantellata entro il 2025. Successiva tappa è il promontorio di Strathy Point. Bisogna lasciare l’auto e inoltrarsi attraverso i pascoli: la camminata dura circa venti minuti, ma vale sicuramente la pena di affrontarla, considerato il panorama aperto sull’Oceano Atlantico che si prospetta dalle scogliere.

Ripreso il percorso, ci fermiamo a Bettyhill, allettati dal consiglio della Lonely Planet di poter assaggiare crostacei locali ed ottime torte da Elisabeth’s Cafè. Ci servono all’aperto, stile pic-nic in montagna. Accanto al Cafè c’è l’ingresso ad un cimitero di campagna che conserva, unitamente alle altre tombe, una stele dei Pitti con incisioni. L’ultimo tratto di costa, dopo aver toccato i borghi di Coldbackie e di Tongue, è senza dubbio il più spettacolare: il percorso si snoda lungo il Loch Eriboll che presenta dei panorami indescrivibili. Questo è il fiordo più profondo della Gran Bretagna, di una bellezza struggente.

Arriviamo quindi intorno alle 20:00 a Durness, un villaggio che vanta alcune delle spiagge più belle della Scozia, come avremo poi modo di vedere. Il nostro B&B;, Hillside (www.hillside-durness.cp.uk), è una casa di campagna semplice ma armoniosa, gestita da una famigliola (papà Tony, mamma Jill e la figlioletta Ellie) che sono l’immagine dell’ospitalità, con stanze curate, ma ancora in fase di rifinitura. E’ tardi e usciamo subito per cenare allo Smoo Cave Hotel (www.smoocavehotel.cp.uk) dove godiamo di un ottimo trattamento, spendendo £ 75 in cinque.

Sabato 04 Agosto

Dobbiamo lasciare subito Durness e i nostri simpatici padroni di casa. Li abbiamo conosciuti da poche ore, ma ci sono rimasti nel cuore, sono riusciti a farci sentire a nostro agio con la loro spontaneità. E’ calata di nuovo la nebbia, Tony ci dice che non è proprio tale, loro la chiamano “myst”, è qualcosa tra nebbia e pioggia.

Come prima tappa del nostro percorso odierno che ci condurrà a Ullapool in serata, ci fermiamo a tre chilometri dal B&B; per visitare l’ampia grotta chiamata “Smoo Cave”: l’entrata è situata in fondo al fiordo, sembra l’antro di Polifemo, un piccolo ponte ci porta di fronte ad una cascata che penetra giù fragorosamente da una cavità della volta e le cui acque defluiscono poi in mare. La grotta era abitata già circa 6000 anni fa. Vicino alla Smoo Cave c’è un monumento in onore di John Lennon, che trascorreva in Scozia le sue vacanze da ragazzo: infatti, in un cimitero vicino c’è la tomba della zia.

Poco distante dalla Smoo Cave è d’obbligo fermarsi a Balnakeil, una vecchia stazione radar trasformata in un centro di botteghe artigiane. Dicevo è d’obbligo, perché qui c’è il Cocoa Mountain, un laboratorio-negozio con tutti i tipi di cioccolato: imperdibile!

Le spiagge intorno a Durness sono tra le più belle che abbiamo visto, e noi ci fermiamo ogni volta che è possibile: Kinlochbervie, Oldshoremore da cui si vede Faraid Head, uno spettacolare promontorio, Sandwood Bay, una spiaggia immensa.

Dopo il villaggio di Scourie, la strada costeggia il Loch Glencoul, un fiordo circondato da montagne piuttosto cupe che riflettono il loro profilo nell’acqua. In fondo al fiordo – l’ambiente mi ha ricordato parecchio qualche fiordo norvegese – si trova il villaggio di Kylesku: dal molo partono le escursioni in barca sul Loch Glencoul per l’avvistamento delle foche; di fronte al molo, invece, troviamo l’accogliente ristorante del Kylesku Hotel (www.kyleskuhotel.co-uk) dove ci fermiamo per il pranzo in una bella saletta vista mare. Pranzo ottimo.

Il tragitto prevede ora la sosta al Faro di Point of Stoer, in una località chiamata Achmelvich: si tratta di una deviazione piuttosto lunga dal nostro percorso, ma i panorami sono mozzafiato e ne vale la pena. Siamo arrivati a Lochinver, dopo aver percorso la regione dell’Assynt, caratterizzata da un paesaggio di picchi spettacolari che si innalzano dalle brughiere.

Al termine di questa giornata intensa, che ci ha visto scendere e salire ripetutamente dall’auto ogni volta che uno scorcio lo meritava, arriviamo finalmente a Ullapool, una deliziosa cittadina di casette bianche che si allungano sul Loch Broom.

Il nostro B&B;, Tamarin Lodge (www.tamarinullapool.com), è sulla collina che domina il villaggio, piena di case bellissime circondate non da giardini, ma quasi da parchi. Rimaniamo incantati di fronte al nostro nuovo alloggio, una casa moderna, di un design particolare, ma ancora più incantati restiamo quando la signora Smith ci conduce nelle nostre camere: chiamarle camere è riduttivo, sono piccoli appartamenti con tanto di camera spogliatoio, bagni arredati in maniera fantastica. Vetrate a tutta parete permettono alla nostra vista di spaziare sulle acque del fiordo su cui si affaccia la casa.

Vorrei godermi appieno questa meraviglia, ma è ora di cena, oltretutto è sabato e i locali sono tutti pieni. La signora Smith ci consiglia di provare al “Seaforth” (www.theseaforth.com), uno dei pub più frequentati della cittadina. Ci fanno aspettare un po’ prima di trovarci un tavolo, ma poi ci fanno accomodare al piano superiore, vista mare. Una delle migliori cene. Fa freddo, una rapida ricognizione del villaggio e poi nella nostra magnifica casa.

Domenica 05 Agosto

Stamattina facciamo conoscenza con il signor Richard Smith, un ometto vivace, molto spiritoso che ricorda un hobbit dei racconti di Tolkien. Come tutti i nostri precedenti ospiti, anche Richard rimane un po’ deluso quando, dopo averci magnificato il menù della colazione, noi chiediamo di fare semplicemente una “light breakfast” con marmellata, toast, tè e caffè, al limite succhi di frutta o frutta fresca. Solo poche volte Dario e Riccardo hanno azzardato la Scottish breakfast: uova e bacon fritti, sausage (salsicciotti), black porridge (sanguinaccio), funghi, pomodori e salse varie. Richard ha però un asso nella manica: il lemon curd, una specie di crema al limone lavorata con uova, una cosa mai mangiata prima!!! Questa è di sua produzione, gli chiediamo se la vende, ci risponde che ne troviamo alcuni tipi al supermercato; però, la mattina dopo, oltre alla ricetta, ce ne regalerà un barattolo come omaggio.

Così rinvigoriti, ci fermiamo un po’ a Ullapool per qualche spesa e per girare il paese, poi ci dirigiamo verso i giardini di Inverewe: prima però, ci fermiamo alle Falls of Measach. In realtà si tratta di un orrido, in fondo al quale scorre un corso d’acqua e su cui, a circa cinquanta metri di altezza, è gettato un traballante ponte sospeso, che permette l’accesso a non più di sei persone alla volta. Mi aspettavo però qualcosa di più eccitante, orridi ben più degni di questo nome li ho incontrati da altre parti.

Comunque sempre molto belli sono i paesaggi che troviamo, prima attraversando la Dundonnel Forest e poi lungo le sponde del Little Loch Broom: da un paio di punti panoramici si gode uno spettacolo da lasciare senza fiato. Intorno alle 12:00 siamo di fronte all’ingresso dell’Inverewe Garden (costo del biglietto £ 10 a persona): il parco è molto esteso, per visitarlo occorrono più di due ore, con scorci sul Loch Ewe, e piante ed alberi di ogni parte del mondo che qui prosperano grazie all’influsso della Corrente del Golfo. E’ considerato un’attrazione tra le più consigliate della Scozia: devo dire, però, che a me non ha sortito un effetto speciale, pur essendo molto gradevole e ben tenuto, perché anche in Italia esistono giardini ancora più lussureggianti, per esempio, i Giardini della Mortella ad Ischia o quelli di Villa Taranto a Stresa (è pur vero che entrambi sono stati progettati da Inglesi).

Quando usciamo dai giardini, non ci rimane che pranzare velocemente al Café che fa parte della struttura e riprendere presto il percorso che ci porta a Gairloch sulle sponde dell’omonimo Loch: anche qui immense spiagge di sabbia rosa. Costeggiamo il Loch Maree fino a Kinlochewe e poi attraversiamo il Glen Torridon, una valle percorsa per tutta la lunghezza (circa 10 miglia) dalla A896, una single track stretta e tortuosa. Apriamo una parentesi: le single track sono strade ad una sola carreggiata, molto strette, dove a malapena passa un’auto per volta. Per fortuna, sono dotate continuamente di “passing place”, cioè delle piazzole che permettono, qualora due vetture si incontrino, che una delle due si possa accostare per favorire il passaggio dell’altra. Questa cortesia “deve” essere ricambiata con un cenno di saluto della mano tra i due conducenti.

Il Glen Torridon è circondato da montagne che vengono reputate piuttosto pericolose, perché le vette sono sempre coperte da nubi, tant’è vero che ci capita di assistere ad un salvataggio di uno scalatore da parte di un elicottero della Guardia Costiera. Costeggiamo lo Upper Loch Torridon fino a Shieldaig e per ritornare ad Ullapool, ripercorriamo il Glen Torridon, poi prendiamo la A832 fino a Garve: questo consente di accorciare i tempi del rientro, essendo una strada più veloce, anche se meno panoramica.

Vista l’esperienza positiva della sera precedente, ritorniamo a cena al Seaforth. Come sempre affollatissimo per cui, in attesa che si liberi un tavolo, facciamo una puntatina al porticciolo di fronte per assistere alla partenza di un grosso peschereccio. Poiché tutti i presenti guardavano insistentemente verso il bordo del molo, ci siamo avvicinati pensando che fosse successo qualcosa: sorpresa! Due foche! Stavano lì per farsi ammirare, scomparivano e ricomparivano e guardavano tutti con i loro musetti furbi.

Lunedì 06 Agosto

Oggi dobbiamo lasciare anche Ullapool: il percorso sarà lungo perché in serata dobbiamo essere sull’isola di Skye. Ripercorriamo la strada A835 fino a Garve, poi riprendiamo la A832 lungo il Glen Carron fino al villaggio di Lochcarron: ci fermiamo per una breve sosta e troviamo molto piacevole il villaggio, disteso lungo l’omonimo Loch. Passeggiando, possiamo apprezzare le casette linde e piene di fiori lungo la strada.

Oggi è una magnifica giornata di sole e il sole ci accompagnerà ormai fino al termine della nostra permanenza in Scozia. Per l’ora di pranzo siamo a Plockton e ci fermiamo a mangiare al Plockton Hotel in 41 Harbour Street (www.plocktonhotel.co.uk), un edificio d’epoca in pietra nera, con magnifici interni in legno e pavimento in moquette scozzese. Il ristorante è anche attrezzato con un piacevole giardino affacciato sul mare, dove ci saremmo accomodati volentieri se ci fosse stato posto. Il villaggio è veramente carino e scopriamo che ciascuna delle casette lungo la strada possiede un giardino fronte mare che i proprietari hanno abbellito con gusto diverso di fiori e piante, tutti ugualmente fantastici. Ci fermiamo un po’ nel paesino prima di riprendere il cammino fino al castello di Eilean Donan Castle: ci appare all’improvviso sulla destra e nonostante la bassa marea che lo rende meno scenografico, è comunque di grosso impatto visivo con quel suo ponte che lo collega alla terraferma e merita senz’altro la fama di cui è circondato. Si dice che sia l’attrazione più fotografata della Scozia, infatti il parcheggio è stracolmo di auto e pullman che scaricano turisti in continuazione. Anche per questo assalto non desideriamo visitare gli interni, perché oltretutto, dopo essere stato danneggiato gravemente nel 1719, nel corso di una delle guerre giacobite, è stato completamente ricostruito ai primi del Novecento. Ci accontentiamo di fotografarlo dai bordi del Loch Duich.

Siamo armai arrivati a Kyle of Lochalsh, l’ultimo villaggio prima del ponte che mette in comunicazione la Scozia con l’isola di Skye.

Skye è l’isola scozzese più grande e fa parte delle Ebridi Interne. Il primo villaggio che si incontra è Kyleakin, un tempo attivo porto sul Loch, ma ormai poco frequentato da quando il ponte ha sostituito il traghetto. Nessuno si ferma più in questa località, ma tutti i turisti proseguono direttamente per Broadford, considerato il centro amministrativo dell’isola, diretti a Portree, la capitale. Il paesaggio dell’isola si manifesta subito splendido, alternando brughiere, cime montuose, pascoli, scogliere, spiagge. Ogni angolo ci ha offerto un panorama diverso e indimenticabile.

Si dice che su Skye il tempo sia sempre variabile, ma che quando è bello, è bello davvero. Noi siamo stati veramente fortunati: cielo terso e mare azzurro intenso, seppure con le temperature fresche tipiche della zona.

Arriviamo a Portree intorno alle 18:00 e la cittadina ci appare subito deliziosa. E’ forse il villaggio che mi è piaciuto di più. Un centro vivace, un porto caratteristico con la sua fila di casette colorate che si specchiano nel braccio di mare chiamato Sound of Raasay. Quello che colpisce arrivando a Portree, è che la cittadina sembra un’oasi nel deserto, in quanto appare all’improvviso dopo chilometri di natura incontaminata e lo stesso paesaggio si ripresenta subito dopo l’ultima casa del villaggio.

Proseguiamo lungo la single track che collega Portree a Staffin, un pugno di case sull’omonima baia, dove ci sta aspettando il B&B; “Achtalean” in 5, Stenscholl (www.achtalean.co.uk), in realtà l’unica via della zona. La casa è deliziosa, con arredi semplici ma molto confortevoli. Fabio ed io abbiamo una camera mansardata con affaccio direttamente sulla baia. Ma la vera sorpresa sono i proprietari: una coppia di coniugi di mezza età ma incredibilmente giovani nello spirito, nemmeno un ventenne potrebbe trovare le energie che sprigionano; Greg, alto e slanciato, con un sorriso aperto ed accattivante, è un volontario del soccorso alpino, appassionato di montagna, come dimostrano le foto sparse nel soggiorno che lo ritraggono in varie ascese, soprattutto in Africa e sua moglie Sue, una donna solare con la passione dell’equitazione. Nei due giorni che abbiamo passato in casa loro, ci è sembrato di conoscerli da sempre.

Mentre sistemiamo le nostre cose, Riccardo si accorge che lungo la costa dell’isoletta, adagiata in mezzo alla baia, nuota una colonia di delfini. Non riusciamo più a staccare lo sguardo dallo spettacolo che involontariamente ci stanno offrendo.

Poiché Staffin non ha la possibilità di cenare, in quanto gli unici due locali chiudono alle 20:00, siamo costretti a ritornare a Portree: è molto tardi per gli usi scozzesi e rischiamo seriamente di andare a letto senza cena. Più di un ristorante ci dice che le cucine sono ormai chiuse. Fortunatamente, lungo il porto troviamo The Lower Deck, un locale molto caratteristico, che è arredato come fosse l’interno di una nave d’epoca. Mangiamo veramente bene. Quando usciamo, notiamo che l’alta marea è ritornata nel porto e l’aspetto è ancora più suggestivo. Fa molto freddo, ritornando verso il B&B;, il termometro dell’auto segna 8°.

Martedì 07 Agosto

La prima tappa del nostro percorso odierno prevede la visita alla Talisker Distillery a Carbost, nella parte sud occidentale di Skye. Perciò arriviamo fino a Sligachan, poi imbocchiamo la A863 da cui si vedono ormai benissimo le Cuillin Hills: si tratta della catena montuosa più bella della Gran Bretagna, anche se non presenta cime elevate, di aspetto quasi alpino. Parecchi alpinisti esperti le scelgono per le loro ascese, in quanto estremamente impegnative per le difficoltà che presentano. Da lontano, comunque, hanno una patina rosata che le avvolge e sembrano coperte di polvere.

Decidiamo unanimemente di partecipare alla visita guidata delle ore 11:15 alla distilleria di whisky (costo del biglietto: £ 6 a persona, comprensivo della degustazione). La visita è in inglese, ovviamente non capiamo tutto il procedimento che viene illustrato, ma alla fine riusciamo a comprendere la sostanza del discorso, immersi in un profumo insistente di whisky (il Talisker è uno dei più pregiati single malt).

Abbiamo perso quasi tutta la mattina nella distilleria e ora riprendiamo il tragitto costeggiando un mare cobalto: arriviamo nella penisola di Waternish e, su consiglio di Greg, pranziamo nel borgo di Stein, alla “Stein Inn” (www.steininn.co.ok), la più antica locanda di campagna di Skye, in una bella sala in pietra e legno. Sembra che qui si mangino i migliori sandwiches con la polpa di granchio: è vero, sperimentato!

Proseguiamo verso Ardmore Point, un punto panoramico da cui si ammirano notevoli scogliere e si gode della vista delle Ebridi Esterne. Un mare incantevole, sembra colorato con una miscela di azzurri. Torniamo indietro per la stretta single track fino a Dunvegan, dove si trova il castello omonimo sede del capo del clan dei MacLeod: il castello si affaccia sul mare e dal suo molo privato partono le escursioni per l’avvistamento delle foche. Non visitiamo gli interni del castello per mancanza di tempo, e continuiamo il percorso che ci riporterà a Staffin lungo la A850. Breve tappa ad Edimbane dove incontriamo una famosa Pottery (fabbrica di ceramiche) che, però, ha dei prezzi proibitivi: meno male che i manufatti non incontrano i nostri gusti e quindi non abbiamo la tentazione di comprarli.

Arriviamo a Uig, grazioso porto sul Loch Snizort, da cui salpano i traghetti per le Ebridi Esterne e poi, sempre su indicazione di Greg, ci fermiamo a Kilmuir dove si trova il cimitero che ospita la tomba di Flora MacDonald, l’eroina nazionale scozzese che aiutò Bonnie Prince Charlie nella fuga dopo la sconfitta di Culloden. Non potevamo farne a meno, Greg ne parlava illuminandosi in volto, e sull’isola di Skye ci sono continui riferimenti alle loro figure. Di fronte al parcheggio, prima del cimitero, è ricostruito un villaggio del XVIII e XIX secolo che rievoca la vita nei croft.

Sulla via del ritorno, in prossimità di Staffin, ci capita di assistere casualmente alla tosatura delle pecore: non sapevo che il vello venisse tolto in un pezzo unico e che in pochissimi istanti la pecora rimanesse nuda.

Fabio rimane colpito da una scenetta tenera che si sta svolgendo lungo il bordo della strada: un nonno insegna al nipotino a suonare la cornamusa.

Ritorniamo a cena a Portree e proviamo la cucina del Bosville Hotel, in 9-11 Bosville Terrace (www.macleodhotels.co.uk/bosville), nominato su tutte le guide turistiche: la sala è molto bella e la fama è ampiamente meritata.

Mercoledì 08 Agosto

Ci svegliamo un po’ prima stamattina perché dobbiamo essere all’imbarco del traghetto ad Armadale alle 12:35 per il check-in, ma prima vogliamo fare ancora un giro sull’isola. Salutiamo a malincuore Greg e Sue e per prima cosa ci fermiamo lungo la strada che da Staffin va a Portree per ammirare la Kilt Rock, una stupenda e imponente rupe di basalto che strapiomba nel mare ed è così chiamata perché il corrugamento della roccia sembra assomigliare alle pieghe di un kilt. Più avanti, sulla destra si intravvede l’Old Man of Storr, un pinnacolo di basalto, alto cinquanta metri, che sporge dalla montagna e che solo pochissimi scalatori hanno affrontato con successo. Ci stiamo ormai allontanando da questa terra selvaggia e particolare, dove penso di aver lasciato un pezzetto di cuore.

Da Broadford, deviando sulla single track B8083, percorriamo una vallata costeggiando ad un certo punto il Loch Slapin con l’intenzione di raggiungere il molo di Elgol, dove dicono che le onde si infrangano sempre rumorosamente, in seguito ad un curioso gioco di correnti marine: ci accorgiamo però che il tempo passa velocemente e rischiamo di perdere il traghetto, perciò torniamo indietro, seppur malvolentieri, ripercorrendo la stessa strada e arrivando ad Armadale giusto in tempo per l’imbarco per Mallaig con la compagnia Caledonian MacBrayne (il costo dei biglietti per cinque persone più un’auto è di £ 44).

Sbarchiamo alle 13:30 a Mallaig e percorrendo la A830, notiamo il borgo di Arisaig e ci fermiamo per il pranzo da “The Old Library” (www.oldlibrary.co.uk), una casetta bianca fronte mare, accanto ad un minuscolo emporio che funge anche da ufficio postale.

Lungo il percorso per arrivare in serata a Inveraray, troviamo l’occasione di fermarci altre volte: a Glenfinnan, perché la nostra guida consiglia di visitare il Museo Ferroviario presso la stazione, poi parcheggiamo in un punto da cui si vede da un lato il Glenfinnan Viaduct, un viadotto ferroviario con ventuno arcate, famoso anche per essere apparso in uno dei film di Harry Potter, e dall’altro il Glenfinnan Monument, una colonna celebrativa di Bonnie Prince Charlie, che rappresenta un highlander, eretta nel punto in cui diede inizio alla campagna militare conclusasi con la sconfitta di Culloden. Abbiamo l’occasione di veder passare sul viadotto il treno d’epoca a vapore che percorre la tratta panoramica Fort William-Mallaig: sembra una scena d’altri tempi.

Non ci fermiamo a Fort William, che pure ci appare, passando, una bella cittadina vivace, dominata dall’imponente mole del Ben Nevis, il monte più alto della Gran Bretagna, che ha la caratteristica di avere la vetta sempre ricoperta da una nuvola: pare che pochi siano riusciti a vederla. Dopo aver costeggiato il Loch Linnhe con le sue acque di un azzurro intenso, finalmente imbocchiamo il Glen Coe, la vallata più famosa della Scozia, un ambiente tipicamente montano.

Arriviamo ad Inveraray abbastanza presto, alle 18:15, e localizziamo immediatamente il nostro ultimo alloggio: Brambles Guest House, in Main Street West (www.bramblesguesthouse.com). E qui troviamo un contrattempo, risolto solo grazie alla gentilezza di un abitante del luogo. Descrivo la scena: Brambles è anche un bistrò che però chiude alle 17:30 e noi non troviamo nessuno, solo un biglietto del gestore che ci invita a contattarlo telefonicamente sul suo cellulare; proviamo più di una volta, ma inutilmente e nel frattempo attiriamo l’attenzione di una coppia di anziani, seduta ad un tavolo del locale accanto. Il signore intuisce che, essendo stranieri, forse non abbiamo capito bene quale prefisso fare e interviene chiamando con il proprio cellulare. Il gestore questa volta risponde e ci spiega come trovare le chiavi, una specie di caccia al tesoro. Ringraziamo cordialmente e abbiamo la sorpresa di trovare delle stanze magnifiche, una più bella dell’altra, enormi, ben curate, dei bagni semplicemente fantastici. Domani mattina, dovremo scendere per fare colazione nella sala del bistrò sottostante. Siamo entusiasti e presto riusciamo per vedere il paese, composto tutto di casette bianche risalenti al Settecento, affacciato sull’oceano che qui prende il nome di Loch Fyne. A sua volta, il Loch è circondato da colline, il tutto crea un insieme idilliaco.

Proprio di fronte a Brambles c’è il George Hotel (www.thegeorgehotelco.uk), risalente, come dice la targa, al 1720 e che funziona anche da pub: anzi, è stato premiato come miglior pub scozzese del 2011. Infatti, abbiamo mangiato molto bene, con un ottimo rapporto qualità-prezzo, in una bella sala di pietra e legno.

Giovedì 09 Agosto

Oggi ci spingeremo verso sud per esplorare la penisola di Kintyre. Sono pochi i turisti che la percorrono, e quasi nessuno si spinge fino alla punta estrema, il Mull of Kintyre, da dove l’Irlanda è a una manciata di miglia.

Eppure offre begli scorci sul mare e una strada costiera che corre in mezzo a fitte foreste: è vero, comunque, che risulta troppo lungo arrivare all’unica cittadina di un certo rilievo che viene considerata quasi la “capitale” di questa penisola: Campbeltown. La cittadina ha goduto di tempi migliori, in quanto in passato è stata un fiorente porto di pescatori e un importante centro della produzione del whisky (contava ben trentadue distillerie), ma una improvvisa crisi economica, nei primi anni del Novecento, ha portato alla diminuzione della produzione industriale e al declino turistico. Nel complesso, affacciata sul Campbeltown Loch, a me non è dispiaciuta, ma netta è la percezione del suo isolamento, sembra quasi estranea a quanto possa accadere a poche decine di miglia. Nemmeno i piccoli villaggi delle Highlands, che pure sono distanti gli uni dagli altri e circondati solo da natura, mi hanno trasmesso questa sensazione. Comunque, in alcune zone sembra un cantiere, forse si sta cercando di restituirle l’antico splendore.

Mangiamo qualcosa in un piccolo locale in 5, Main Street: “Fresh Bytes”, dove non c’è nessuno, siamo gli unici avventori, ma i gestori sono molto cordiali, si prodigano intorno a noi e ci servono degli ottimi toast e soup.

Ci dirigiamo verso il promontorio conosciuto come Mull of Kintyre, reso famoso da Paul McCartney con l’omonima canzone, per celebrare un luogo a lui caro, tanto che qui possiede una casa colonica. Dopo un lungo tratto di faticosa single track costiera, un brutta sorpresa: le ultime cinque miglia per arrivare al Mull si devono percorrere su una strada ancora più stretta e sconnessa che non è proprio il caso di affrontare, oltretutto con una vettura a noleggio. E nemmeno di arrivarci a piedi. Torniamo indietro e ci fermiamo a passeggiare sulla bellissima spiaggia di Southend, da cui comunque il Mull si vede, come si possono ammirare le coste dell’Irlanda del Nord, vicinissime. E’ qui che ci capita la “chicca” di questo viaggio: la conoscenza di un ospedale scozzese. Vi spiego: mentre camminiamo sulla sabbia, osservando che la marea sta lentamente avanzando, Riccardo confessa a Fabio che da un paio di giorni ha un foruncolo sulla gamba sinistra che gli da fastidio. Fabio guarda, e scopre che non è un foruncolo, ma una zecca. Caspita, una zecca!!! Bisogna toglierla prima possibile. E ora? Niente paura, torniamo a Campbeltown, dove il navigatore ci conduce di fronte al Pronto Soccorso dell’Ospedale. Alle 16:00 Riccardo, Fabio e Mario entrano all’accettazione e, da una vetrata, vediamo Riccardo compilare la scheda con i suoi dati. Dario ed io, rimasti fuori del Pronto Soccorso per non essere invadenti, ci mettiamo comodi nell’auto, rassegnati all’attesa. Invece, alle 16:30 Riccardo esce trionfante dal Pronto Soccorso con l’intervento di rimozione della zecca già eseguito. Eccezionale! Sia la tempistica che la cortesia del personale.

Tranquillizzati e, tutto sommato, anche divertiti, riprendiamo a risalire lungo la costa orientale della penisola fino a Skipness, un minuscolo villaggio da cui si ammira l’isola di Arran, facilmente raggiungibile con il traghetto. Il piccolo borgo è sovrastato dalle imponenti rovine dello Skipness Castle, l’antico possedimento dei Lords of the Isles, a cui si accede dopo una breve e piacevole passeggiata in mezzo al bosco. Impareggiabile è il panorama che si gode da questo punto, Arran di fronte, separata da un mare di un azzurro intenso, il verde dei pascoli e, presso la riva del mare, l’antica St. Brendan Chapel, una cappella del XII secolo priva di tetto che da quassù è particolarmente suggestiva. Ci sono dei colori da tavolozza, senza una nuvola in cielo.

A pochi chilometri da Skipness, un’altra piacevole sosta: Tarbert, un villaggio di pescatori, dalle piccole case colorate affacciate sul mare, ora centro della nautica da diporto, come testimoniano le numerose barche ormeggiate.

La giornata è stata lunga, anche un po’ faticosa e, non rinunciando comunque a fermarci ogni tanto per ammirare gli scorci azzurri del Loch Fyne, arriviamo finalmente ad Inveraray: ceniamo ovviamente al George Hotel, gustando ottime pietanze.

Venerdì 10 Agosto

Siamo agli sgoccioli del nostro soggiorno in Scozia ed oggi il nostro itinerario prevede di raggiungere Oban percorrendo la strada lungo il bellissimo Loch Awe, il più lungo della Scozia (circa 38 chilometri). In verità il percorso è un po’ impegnativo: da Cladich si snoda verso sud una stretta single track piuttosto difficoltosa che attraversa la fitta Eredine Forest regalando, tra i rami degli alberi, notevoli scorci sul Loch e sulla sua sponda opposta ammantata prima dalla Inverinan Forest e poi dalla Inverliever Forest. Quindi la strada, dopo la località di Ford, risale verso Nord, attraversa il borgo di Melfort, affacciato sull’omonimo Loch, costeggia il Loch Feochan tra Kilninver e Kilmore e arriva, dopo un paio d’ore a Oban.

Oban è una cittadina molto vivace, coloratissima, piena di gente anche perché il suo porto è scalo dei traghetti della CalMac per le isole di Kerrera e di Mull. E’ situata in una baia veramente incantevole, e oggi è resa particolarmente attraente dai colori del mare e del cielo e da un sole che raramente si vede così da queste parti. Siamo addirittura a maniche corte!!!! La cittadina è caratterizzata da un curioso monumento che la sovrasta dalla collina: la McCaig’s Tower, rimasta incompiuta dalla fine del XIX secolo e che vuole ricordare il Colosseo. Mi è sembrato un orpello inutile. Bellissima la passeggiata lungo la Corran Esplanade, il lungomare fiancheggiato da palazzetti in stile georgiano e dalla St. Columba Cathedral, cattolica. Imperdibile è, inoltre, gironzolare per il porto, dove si trovano numerosi chioschi che preparano gustose pietanze di pesce fresco sul momento. Su suggerimento della nostra inseparabile guida, noi ci dirigiamo verso quella che pare sia la bancarella più famosa, Shelfish Bar, un capanno verde sulla banchina sommerso dai clienti in coda: personalmente ho mangiato i migliori gamberetti che abbia mai assaggiato, appena pescati e preparati lì per lì, come le cozze e gli altri crostacei ad un prezzo veramente basso.

Intorno alle 15:00 è già ora di riprendere il cammino perché un altro interessante appuntamento ci aspetta: percorriamo la A85 fino a giungere all’estremità settentrionale del Loch Awe, dove, attraverso lo stretto Pass of Brander, le sue acque si riversano in mare. Nei pressi si trova la centrale elettrica di Cruachan che si può visitare partecipando a tour guidati ogni trenta minuti, al costo di £ 7 a persona. Riusciamo ad arrivare appena in tempo per l’ultimo, alle 16:15: ci fanno salire su un minibus elettrico che conduce i visitatori per oltre 800 metri all’interno della montagna Ben Cruachan dove si trova la centrale; sicuramente da consigliare, se non altro per vedere da vicino gli enormi macchinari che consentono il regolare funzionamento di una centrale.

Poco oltre, sulla via del ritorno verso Inveraray, possiamo ammirare le suggestive rovine del Kilchurn Castle che si staglia imponente in mezzo alla campagna.

Intorno alle 18:00 siamo già ad Inveraray, perché dobbiamo cominciare a preparare i bagagli: domani torneremo a Roma e quindi vogliamo goderci un po’ questo incantevole borgo gironzolando per le sue vie e ammirando la vista del suo castello, residenza dei duchi di Argyll, capi del potente clan dei Campbell. Le forme attuali, con le quattro torri coniche, sono la ricostruzione settecentesca della residenza medievale ed è posto in una posizione veramente scenografica.

Puntuali, all’ora di cena, ci presentiamo al George Hotel, dove, tra l’altro, essendo venerdì, ci siamo premuniti ieri sera di prenotare un tavolo.

Venerdì 11 Agosto

Ci svegliamo un po’ tristi, stamattina: tra poco il nostro ultimo itinerario ci porterà all’aeroporto di Prestwick, una località a cinquanta chilometri da Glasgow da dove ripartirà il nostro volo per Roma. Dobbiamo riconsegnare l’auto alle 14:00 e perciò non abbiamo molto tempo a disposizione, considerando che il navigatore dice che ci vorranno oltre due ore per arrivare. Usciti da Inveraray, imbocchiamo la A85 che costeggia il Loch Lomond, il più grande lago della Gran Bretagna, circondato quasi interamente da boschi. Non resistiamo ad effettuare una deviazione verso il villaggio di Luss, che si adagia sulle sue sponde e siamo contenti di averlo fatto. Luss sembra uscito da una cartolina: è composto di cottage in pietra pieni di fiori, fatti costruire nel XIX secolo dal proprietario terriero della zona per le famiglie dei propri mezzadri. Da poco sono stati ristrutturati per mantenere intatto lo stile del borgo che viene letteralmente preso d’assalto dai turisti. Si sta facendo tardi e noi ci dobbiamo ancora fermare a Kilmarnoch, un grosso borgo a breve distanza da Glasgow, dove Dario e Riccardo devono comprare la sciarpa della squadra locale al negozio dello stadio. Non senza essere rimasti prima impelagati nel traffico caotico che attanaglia Glasgow, arriviamo alle 13:55 al punto di riconsegna dell’auto, appena in tempo per non farci addebitare un giorno in più. Espletata questa formalità, ci rilassiamo mangiando qualcosa in un pub all’interno dell’aeroporto, in attesa del check-in. Il volo Rayanair FR 7342 delle 17:35 parte in perfetto orario e alle 21:25 atterriamo a Ciampino. Troviamo il pulmino dell’Alta Quota già ad attenderci: la nostra meravigliosa vacanza è finita, il ricordo delle Highlands si fa già struggente.

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Scozia: ma è un sogno?

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