Europa e Nord Africa on the road

23 giorni e 6800 km attraverso l'Europa occidentale e il Marocco, un 'esperienza incredibile divisa in 2 continenti, 5 paesi, decine di regioni e oltre 20 città.
Scritto da: lucazeppelin
europa e nord africa on the road
Partenza il: 06/08/2010
Ritorno il: 28/08/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
6-28 agosto 2010, 23 giorni e 6800 km in viaggio per l’Europa e il Marocco.

Dopo oltre due mesi di pianificazione e preparativi arriva finalmente il giorno della tanto attesa partenza.

6-8 Si parte da Bologna di prima mattina; siamo io, la mia ragazza, un’auto piena di bagagli e un mondo di aspettative per un viaggio che sogniamo di fare da anni. Prima destinazione da raggiungere … Caissargues, un piccolo paesino alle porte di Nimes dove abbiamo pensato di trascorrere la notte prima di raggiungere la Spagna.

Verso le due del pomeriggio raggiungiamo St. Tropez, località per noi ancora da vedere, e decidiamo così di fermarci a fare un giro per il paese, fare un bagno, bere qualcosa e prendere un’oretta di sole, giusto per spezzare un attimo il tragitto, per poi rimetterci in viaggio attraversando la Costa Azzurra, la Camargue e la Linguadoca. Verso sera raggiungiamo il nostro albergo (l’Hotel de France) una struttura fatiscente che sconsiglio vivamente a qualsiasi viaggiatore del mondo, laddove superato lo sconforto iniziale, ceniamo al sacco e andiamo subito a dormire, stremati dalla giornata infinita.

7-8 Lasciamo con grande piacere l’Hotel de France e ci mettiamo in marcia in direzione Barcellona, dove due anni fa abbiamo già avuto modo di trascorrere cinque giorni e dove abbiamo deciso di prenotare l’albergo per una sola notte giusto per passare una serata al Porto Olimpico a bere sangria e mangiare la squisita e indimenticabile paella; in autostrada incontriamo il grande esodo dei francesi diretti in Spagna … Tutto bloccato! Decidiamo così di uscire e di fare un po’ di strada “normale”: siamo ancora in Francia, ma avvicinandoci al confine i paesini che incontriamo cominciano a diventare sempre più spagnoli; anche la vegetazione inizia a divenire spoglia e arida da verdeggiante e folta come era prima … Fa sempre più caldo, cosi ci spingiamo verso la costa dove troviamo un affascinante luogo di villeggiatura, Argeles sur mer! Fermiamo la macchina, ci infiliamo in un chiosco a mangiare una baguette e poi via in spiaggia, a fare il bagno in un mare meraviglioso con vista sui Pirenei e a farci cuocere un pochino dai raggi del sole. E’ arrivato il momento i rimetterci al volante per raggiungere la nostra meta.

A Barcellona arriviamo a metà pomeriggio, tempo di sconfiggere il traffico metropolitano e di raggiungere il nostro albergo (l’Acta Mimic) che consiglio a tutti: centrale, curato, ottimo rapporto qualità prezzo, situato in fondo alle Ramblas e a 200 metri dalla spiaggia; scarichiamo qualche valigia e corriamo nell’affollatissima spiaggia, dove riusciamo a trovare un angolino per stendere i nostri teli e a riposarci un po’ guardando divertiti, tra gli altri, dei ragazzi che fanno una partitella di calcio. Giunta l’ora dell’aperitivo, ci accingiamo in un chirinquito sul lungomare a bere un paio di tequila, dopodiché torniamo in albergo a prepararci per la sera, diretti ovviamente al porto olimpico, dove mangiamo come previsto paella catalana, beviamo sangria e passiamo una serata fantastica.

8-8 Partiamo da Barcellona con direzione Valencia dove abbiamo prenotato per due notti. Il viaggio non è molto lungo, anche perché l’autostrada che collega le due città è in perfetto stato e davvero poco trafficata, … Unico difetto: è un tratto molto oneroso!!! Arriviamo a destinazione dopo pranzo, ci sistemiamo al nostro hotel (Hotel Turia) che consiglio, pulito, vicino al centro, economico, prendiamo un autobus che ci indica il portiere dell’albergo e in pochi minuti raggiungiamo la parte marittima di Valencia. Facciamo una passeggiata per il lungomare, un sonnellino di un’oretta in spiaggia accompagnati da un tempo, purtroppo non molto bello, facciamo un aperitivo a base di sangria, e poi una gran cena di pesce in un ristorante sul mare.

9-8 Per il primo giorno da quando siamo partiti non dobbiamo toccare l’auto, e siccome è una giornata meravigliosa acquistiamo due biglietti per il Tour di Valencia con il bus scoperto. Una soluzione molto interessante che vale la pena provare, si può scendere e salire quante volte si vuole, ci sono tantissime fermate, è utilizzabile tutto il giorno ed effettua due percorsi distinti: la Valencia classica e quella marittima. Partiamo con quella classica, scendiamo e passeggiamo per le vie del centro, ammiriamo il Palacio Real, la Puerta de Serranos, il Mercado Central, la Torres de Quart, Plaza de la Reina, el Miguelete, ma ovviamente il tempo non ci consente di visitare accuratamente ogni monumento; successivamente ci spostiamo verso la parte marittima dove troviamo l’Oceanografico, l’Aquarium, il ponte di Calatrava, e il circuito del Gran Premio di Formula Uno.

Dopo una giornata intensa in visita alla meravigliosa Valencia, la sera ceniamo a base di vino e tapas fuori da un piccolo locale nella parte vecchia della città; la cosa che più ci stupisce di questa città rispetto ad altre grandi città dove siamo stati come Londra, Parigi, Roma, Berlino, la stessa Barcellona, è la sua tranquillità, il senso di pace e di vivibilità che trasmette, non abbiamo mai avuto un senso di pericolo né di freneticità, ci stupisce l’aria che si respira ….. In piena Spagna abbiamo trovato un oasi di pace e di benessere.

10-8 Lasciamo Valencia con il rimpianto che un giorno in più ci sarebbe piaciuto restare, ma con l’entusiasmo per raggiungere la nostra prossima lontanissima meta, Algeciras, nel profondo sud, l’ultimo baluardo europeo del mar Mediterraneo prima dell’oceano Atlantico. Attraversiamo cosi la Comunitad Valenciana, la Region de Murcia ed entriamo finalmente in Andalusia, accolti dalla mitica sagoma del toro nero in cima alla collina, una delle immagini più note di tutta la Spagna, ma che qui trova sicuramente la sua collocazione migliore.

Per l’ora di pranzo facciamo una sosta a Granada, ci fermiamo in un caratteristico ristorante, dove pranziamo in una terrazza, con l’immancabile Gazpacho, e un polletto andaluso, prima di entrare all’Alhambra; non a caso il 10 agosto è anche il nostro terzo anniversario, e credo francamente non ci sia posto più bello e romantico al mondo dove festeggiare l’evento, anche se i 47° all’ombra prevedono un grande spirito di sacrificio e di adattamento.

I meravigliosi giardini andalusi, le fontane e i giochi d’acqua non solo offrono una vista da paradiso terrestre, ma anche refrigerio; l’acqua è fresca, limpida e potabile, un ottimo motivo per immergere testa e braccia e per prendere qualche sorso direttamente dalle fonti di questo luogo incantato; l’Alhambra è uno dei luoghi più belli che abbia mai visto nella mia vita.

Terminata la nostra visita di circa 3 ore ripartiamo verso la nostra destinazione, l’ultimo tratto di strada sembra non finire mai! Lasciamo il torrido entroterra per la più fresca e trafficata costa, soprattutto nel mozzafiato tratto tra Malaga e Marbella, un luogo dove poi ci pentiremo non aver passato nemmeno una notte, quando iniziamo a scorgere in lontananza la sagoma inconfondibile di Gibilterra (che io ho affettuosamente soprannominato, il gigante che dorme) e capiamo che il viaggio sta per giungere al termine; arriviamo ad Algeciras una mezz’ora dopo, troviamo il nostro albergo (AC Algeciras) ottimo per le camere la posizione e il prezzo, tempo di farci una doccia, cambiarci e riprenderci dall’interminabile viaggio e usciamo! Poco distante troviamo un ristorantino con i prosciutti iberici appesi e decidiamo di fermarci per cenare a base di Funchal (un discreto vino rosè) e Tapas in abbondanza, chiudiamo cosi una giornata indimenticabile.

11-8 Ci alziamo di prima mattina per raggiungere il porto di Algeciras dal quale ci imbarchiamo per il Marocco, non appena espletate le pratiche di imbarco siamo sul traghetto, che in un’ora circa raggiunge Ceuta (insieme a Melilla una delle due province autonome spagnole in nord Africa) scendiamo e ci dirigiamo verso la frontiera di Stato; alla dogana c’è una fila impressionante di auto e camion, solo due sportelli fanno i controlli, è l’anticamera del Marocco, è la porta per la grande Africa, dove tutto scorre lentamente e le persone fanno tutto in mezzo a un caos totale e con molta, troppa calma.

Ci consegnano un pacco di moduli da compilare, tutti in francese, troviamo aiuto in un gruppo di persone che gironzolano intorno ai funzionari, gli diamo tutti i nostri documenti dell’auto e quelli personali e in cinque minuti, dietro una piccola mancia, ci compilano tutto loro, mentre uno ci fa avanzare in una corsia che si inventa facendo spostare altre auto e facendoci saltare un paio d’ore di fila; dopo un iter burocratico impressionante riusciamo finalmente a superare la dogana e ad entrare in Marocco, con direzione Fez.

Superiamo Tetouan e Chefcaouen, quando il navigatore (per il quale avevo appositamente comprato la mappa del Marocco su internet) impazzisce e ci fa prendere una serie di strade che in breve tempo ci portano sulle montagne dell’Atlante, attraverso strade distrutte, fatte da massi crollati, da polvere, terra e da qualunque cosa che non somigli all’asfalto. Sono le quattro ore più lunghe ed ansiose che abbiamo mai passato, siamo dispersi in mezzo alle montagne del Marocco, con navigatore e cellulari fuori uso, con un’auto da città, senza un’anima viva che ci possa aiutare e senza sapere dove andare, siamo disperati.

Decidiamo di andare avanti, anche perché fare retromarcia e tornare indietro è diventato impossibile, in macchina ci sono 53°, roba da svenire, e i nostri compagni di viaggio sono capre e asini, sicuramente più a loro agio di noi, attraversiamo qualche paesino fantasma, e poi un po’ alla volta iniziamo a intravedere un barlume di speranza. Riusciamo a tornare su una strada sterrata, che per quello che avevamo passato era un miraggio, il navigatore ricomincia a funzionare, e ad indicare che a Fez mancano “solo” un paio d’ore.

Otto ore dopo essere sbarcati in Africa, raggiungiamo finalmente il nostro albergo a Sidi Harazem a pochi chilometri da Fez (Sogatour Sidi Harazem) che non ha nulla a che fare con le foto viste su internet, l’hotel è una struttura immensa lasciata andare da almeno dieci anni, quello che doveva essere un’oasi di pace e benessere in mezzo alle montagne si stava rivelando un vecchio albergo abbandonato a se stesso; tuttavia siamo talmente stremati ed esausti, ed è talmente tanta la gioia di essere arrivati che non facciamo caso a tutto ciò, il fatto di poter avere una doccia, un pasto, e una stanza dove poter riposare è più di quanto potessimo desiderare. Facciamo una nuotata in piscina e poi ceniamo con un poulet a la citronelle, vera specialità marocchina, un capolavoro di profumi, colori e bontà, e con un improbabile rosè del rif marocchino, un vino acidissimo e imbevibile.

12-8 Il nostro programma di viaggio originale prevedeva la partenza per Beni Mellal, ma dopo la pessima esperienza del giorno precedente decidiamo di rimanere a Fez e di pianificare con cura le tappe successive; l’inizio del ramadan aveva fatto si che quei pochi clienti che c’erano la sera prima se ne fossero andati tutti, cosi ci ritroviamo io e la mia ragazza da soli in un albergo da 400 camere con una trentina di persone in teoria tutte a nostro servizio; dormono tutti e tutto il giorno (non mangiare e soprattutto non bere con 50° fuori per tutto il giorno è faticoso) facciamo in pratica quello che ci pare, è come essere a casa, in fondo per riposarsi non si sta poi cosi male, da internet prenotiamo per i tre giorni successivi un meraviglioso riad a Salè, alle porte di Rabat e passiamo la giornata ad oziare in piscina.

13-8 Lasciamo Fez senza troppi rimpianti, e ci dirigiamo verso Rabat dove speriamo di avere miglior fortuna con l’alloggio, attraversiamo un’altra città imperiale come Meknes e in un paio d’ore siamo a destinazione, anche se il problema delle città marocchine non è tanto arrivarci, bensì entrarci! Tra le altre cose, è giorno di mercato, ed infilarsi con un’auto moderna nelle minuscole vie delle medine con il mercato in corso non è proprio l’ideale; dopo aver chiesto informazioni in giro capiamo all’incirca dove rimane il riad, lasciamo la macchina in un “parcheggio” occasionale sulla sabbia e accompagnati dal “parcheggiatore” ci dirigiamo a piedi verso il nostro alloggio.

Veniamo accolti da Patrice, un signore francese sui 50 anni che anni prima aveva abbandonato la costa azzurra per cercare amore ed avventura in Marocco. Avendo trovato entrambi aveva deciso di rimanerci e di mettere in piedi una splendida attività, il riad è meraviglioso, un paradiso terrestre situato in mezzo ad un’antichissima medina marocchina, a duecento metri dal mare, sulle rive del fiume Oued Bou Rgegreb che divide Salè da Rabat la cui sorgente si trova nella montagna che due giorni prima ci aveva visto protagonisti; Patrice e la sua compagna ci mostrano la nostra suite e ci preparano un tè alla menta con qualche dattero, mangiamo e beviamo di gusto e ci prepariamo per uscire.

Nel rispetto delle tradizioni musulmane (considerando che siamo anche in pieno ramadan) la mia ragazza si mette un paio di pantaloni lunghi e una maglietta che copra anche le spalle, io evito di fumare, di mangiare e bere in giro, tuttavia per le anguste stradine della città tutti ci osservano come fossimo mosche bianche, è evidente che non sono molto frequenti i turisti da queste parti; compriamo qualche focaccina in una specie di forno, e qualche dattero in un piccolo negozietto, poi torniamo al riad e ci mettiamo a prendere un po’ di sole nel solarium.

14-8 Partiamo per andare a visitare Rabat, per attraversare il fiume utilizziamo una barca a remi che funge da traghetto, una volta alle porte della parte vecchia ingaggiamo una guida del posto che parla italiano, per pochi euro ci fa fare tutto il giro della medina e dalla qasba, poi proseguiamo da soli con la visita della parte nuova della città, moderna ma sicuramente meno affascinante di quella medievale, facciamo qualche acquisto nei souq, prendiamo un tè con qualche pasticcino in un bar con terrazza sull’Atlantico e poi torniamo al riad dove ci attende una squisita cena a base di cuscus e vino rosso della valle di meknes (molto forte ma decisamente buono), con tanto di dolci e shish (narghilè) finale.

15-8 Ultimo giorno pieno in Marocco, decidiamo di rilassarci, andiamo un po’ in spiaggia dov’è pieno di donne col burqa con i propri figli, ragazzini che giocano a calcio sulla sabbia, mi incanto a guardarli e mi viene voglia di unirmi a loro anche se mi vergogno a chiederlo, insomma, un classico ferragosto come sulle nostre spiagge, anche se mancano i bar, i lettini, gli ombrelloni, i topless, i racchettoni, i pedalò, gli happy hours ect ect, l’atmosfera è comunque piacevole; una coppia di ragazzi mi si avvicina per chiedermi cosa significa uno dei miei tatuaggi e tutto scorre via liscio; la sera ci facciamo accompagnare da un taxi in uno dei ristoranti migliori di Rabat, mangiamo di tutto e di più, tajine, arrostini, polpettine, agnello, zuppe, dolci, spendendo si e no 40 euro complessivi di una lauta mancia.

16-8 Dopo aver fatto l’ennesima ottima colazione nel riad, a base di frutta, yogurt, marmellate fresche, spremute e di tutto di più, salutiamo il gentilissimo Patrice e la sua compagna, prima di lasciare un po’ a malincuore quel luogo magico; ci rimettiamo in auto per tornare a Ceuta dove passeremo la notte prima di imbarcarci per tornare in Europa; questa volta il viaggio scorre via liscio, teniamo l’autostrada fino a Tangeri e poi tagliamo attraverso qualche montagna l’ultimo tratto di costa, facciamo il pieno prima della frontiera dove stavolta non incontriamo particolari problemi, e siamo di nuovo in Spagna.

Alloggiamo al Tryp Ceuta, un albergo in centro e a due minuti dal mare, bellissimo anche se un po’ caro, e facciamo un giro per la città. Ceuta è un posto incredibile, un lato della città è moderno, ben curato, in stile impero, ricorda Madrid sotto certi aspetti, l’altro è fatiscente, lasciato a se stesso, con palazzi scrostati e senza identità, ricorda molto il Marocco, in più ci chiediamo come ci si deve sentire soffocati vivendo in un luogo di 18 km quadrati chiuso da una frontiera da un lato e dal mare sui restanti tre. Tuttavia c’è allegria tra le persone, tanti bar pieni di giovani spagnoli che bevono e anche la spiaggia pullula di gente che gioca e si diverte.

17-8 E’ l’ora di dire arrivederci all’Africa, e di rientrare in Europa. Esattamente a metà del nostro viaggio, dopo aver preso il traghetto direzione Algeciras ci rimettiamo alla guida con meta Gibilterra, dove abbiamo prenotato all’hotel Bristol, in centro si, ma molto caro e senza parcheggio (anche se nel sito c’era scritto che c’era). Facciamo un giro per la città, nella quale a tutti gli effetti si respira aria di Regno Unito anche se con un clima migliore e persone decisamente più allegre, prima di andare a cena in un pub-ristorante folkloristico per una classica cena all’inglese.

18-8 Ci alziamo la mattina presto, facciamo una colazione a base di tè e bacon e ci avventuriamo alla scoperta della rocca di Gibilterra, l’unico luogo in Europa dove le scimmie vivono in libertà; prendiamo quindi la cabinovia e in pochi minuti siamo in cima. Da quassù si ammira uno dei panorami più incredibili del mondo, si vede il Marocco, la Spagna, tutta Gibilterra, il mar Mediterraneo e pure l’oceano Atlantico, lo stretto di Gibilterra e le mitologiche colonne d’Ercole, una l’abbiamo sotto ai piedi, e sull’altra vi eravamo il giorno prima, questo è l’ultimo baluardo Europeo prima dell’oceano, prima delle Americhe, qui l’uomo una volta credeva finisse il mondo, e da quello che si ammira sembrerebbe proprio cosi.

Dopo pochi passi ci accorgiamo subito di avere compagnia, un capannello di macachi gioca tra gli alberi, altri stanno seduti a spulciarsi proprio davanti a noi, un piccolino mangia una mela, uno ci guarda incuriosito, e dopo un paio di tentativi uno salta in braccio alla mia ragazza, inizia a tirarle il fermacapelli, prova a rubarle gli occhiali e infine tenta di spulciarla, tra le risa dei passanti. Queste scimmie sono uno spettacolo inimmaginabile, decidiamo di visitare le grotte piene di stalattiti e stalagmiti, meno affascinanti di quelle di Frasassi ma sicuramente meritevoli di una visita; prima di tornare giù ci fermiamo ad osservare qualche altra scimmia, con la voglia di portarcene una a casa.

Tornati all’auto ci rimettiamo in viaggio con direzione Siviglia, attraversiamo la dogana e si riparte; arriviamo nella città della luce nel primo pomeriggio, facciamo due biglietti per il bus scoperto e giriamo la città da cima a fondo, scendendo nella piazza principale e in ogni luogo che cattura la nostra attenzione. Verso sera ci fermiamo in un ristorante-enoteca a bere vino rosso andaluso (forte ma ottimo) e a mangiare jamon iberico e formaggi, prima di riprendere il bus e fare il giro notturno della città, …. Spettacolare!!!

19-8 Lasciamo Siviglia e la Spagna per raggiungere il Portogallo, torniamo dall’entroterra sulla costa con direzione Faro, per poi risalire verso la nostra prossima meta, Lisbona. Venendo da sud per entrare in città dobbiamo attraversare il ponte del XXV aprile (bellissimo e identico al Golden Gate Bridge di San Francisco) e dall’alto del ponte abbiamo una percezione di ciò che è la capitale portoghese, un continuo sali e scendi con quartieri sul mare, altri sul fiume e altri arroccati sui monti, già da qui comincia a piacermi.

Arriviamo al nostro hotel (Hotel Alif) ottimo rapporto qualità prezzo e per chi va in auto, essendo facile da raggiungere e vicino a tutte le fermate della metro e dei bus, e dato che abbiamo tre giorni decidiamo di pianificare con cura la visita alla città; appena usciti dall’hotel ci troviamo di fronte ad un’immensa arena, leggiamo i manifesti e scopriamo che proprio quella sera (quando si dice la fortuna) si tiene una gara de Pega (una sorta di corrida portoghese dove lo scopo non è quello di uccidere il toro, bensì di placarlo a mani nude) e dato che mi sono sempre rifiutato di assistere a una corrida perché lo trovo uno spettacolo indegno e disumano, ma che qui l’esito è totalmente diverso, acquistiamo subito due biglietti per la serata.

Prendiamo la metro e in cinque minuti siamo nell’anima di Lisbona, a Baixa, uno dei quartieri più antichi e caratteristici della città, facciamo una passeggiata fino a Praca do Comercio, e poi risaliamo un paio di scalinate da infarto fino al Bairro alto, pieno di barettini e ristoranti etnici, ci facciamo qualche sangria portoghese (non ho capito in cosa sia diversa dalla spagnola) e prendiamo un pollo al girarrosto con patate in un take away indiano. Tornando all’albergo acquistiamo anche una bottiglia di verdinho (un vino asprissimo ma almeno dissetante); ceniamo cosi in albergo e ci prepariamo per la gara di pega, uno spettacolo che dura quasi quattro ore (dalle 22 alle 2 circa) davvero divertente e da non perdere.

20-8 Decidiamo di visitare quei quartieri che il giorno prima non eravamo riusciti a vedere, vale a dire Castelo, Alfama, Rossio, Chiado e Santa Catarina, girando a piedi e con gli autobus che a Lisbona corrono ancora sulle rotaie come negli anni 50’. Sono tutti affascinanti e diversi tra loro, ognuno merita una visita, dal Castelo de Sao George si ha una veduta mozzafiato di tutta la città fino al ponte XXV de abril che da qui è ancora più affascinante; dopo diversi chilometri su e giù per Lisbona torniamo all’albergo, ci cambiamo e usciamo per la sera, andiamo a cena in un ristorantino meraviglioso che avevamo notato durante il giorno, situato nel Rossio proprio in mezzo ad una scalinata infinita che porta al Bairro alto, mangiamo un risotto di pesce fantastico, polpo alla brace e un branzino al sale, beviamo due bottiglie in due di un ottimo vino bianco della valle del Duero e facciamo amicizia con un irlandese e un californiano in vacanza.

21-8 Ultimo giorno a Lisbona, non ci resta che andare a visitare la torre de Belem; prendiamo un autobus, e sulle rotaie corriamo veloci verso l’omonimo quartiere. Arrivati a destinazione rimaniamo rapiti già da lontano dalla bellezza di questo capolavoro figlio dell’arte manuelina portoghese, appoggiata delicatamente sul fiume Tago, una vera delizia per gli occhi; dopo pranzo facciamo un po’ di shopping e visitiamo il giardino botanico di Lisbona, un’immancabile birra all’hard rock cafè, e poi di nuovo a cena per la nostra ultima serata nella capitale.

22-8 Lasciamo Lisbona con la volontà e la convinzione che ci torneremo tra qualche anno da tanto ci è piaciuta, facciamo una tappa a Fatima, ma dato che è domenica ci saranno un milione di persone, in un santuario più piccolo del duomo di Milano, arriviamo proprio all’ora della messa che si svolge all’esterno, ove è gremito di fedeli che pregano. Ovviamente la piazza centrale è inavvicinabile, ma si riesce benissimo ad entrare nella chiesa; dentro non è niente di che, nulla a che vedere con altri luoghi “commerciali” della cristianità come Lourdes, incontriamo migliaia di pellegrini da tutto il mondo, ma per lo più sono portoghesi, è una bella esperienza, fede o non fede.

Raggiungiamo Porto, nostra ultima meta del Portogallo, abbiamo prenotato un piccolo bed and breakfast (residencial Borsalino)un posto tranquillo che costa poco, gestito da una signora, niente a che fare con i grandi alberghi che avevamo avuto fin’ora ma va benissimo cosi; Porto è una città meravigliosa, la parte vecchia sembra ferma a fine 1800, quella nuova, sul lungo Duero è piena di bar, caffè, ristoranti, e gente che cammina tranquilla, famiglie, giovani, coppie, … . Ci fermiamo a prendere un paio di bicchieri di porto per aperitivo mentre un rasta uguale a Bob Marley strimpella alle nostre spalle proprio le canzoni del mito giamaicano; per cena prendiamo un piatto tipico, pescados y mariscos con bacalao, una delle cose più buone ma anche pesanti che abbia mai mangiato.

23-8 Partiamo da Porto per raggiungere La Coruna, in Galiza, estremo nord ovest della penisola iberica. Appena usciti dal Portogallo veniamo accolti dal ritorno in Spagna da un acquazzone stile caraibico all’altezza di Vigo, ci fermiamo cosi a Santiago de Compostela ma per via di alcuni lavori in corso ci tocca parcheggiare a qualche chilometro dal centro storico, proseguiamo così a piedi, armati di impermeabili e ombrelli. In quattro giorni siamo passati dai 46° di Siviglia, ai 30° di Lisbona, ai 20° scarsi di Santiago, ma non sono la pioggia il vento e il freddo ad impedirci di giungere fino alla meravigliosa cattedrale di San Giacomo, bensì le ore e ore di fila che ci attenderebbero se volessimo entrare, cosi facciamo un giro per la città e torniamo all’auto.

Arriviamo a La Coruna scortati dalla nostra nuvola di Fantozzi che non ci abbandona più fino a tardo pomeriggio quando, una volta dentro l’albergo (Eurostars Ciudad de La Coruna) semplicemente meraviglioso, la pioggia cala, usciamo a fare jogging tra i verdi prati galiziani, alla ricerca di rias da fotografare, e spiaggette da sfruttare il giorno dopo in caso di sole. La nostra corsa si trasforma ben presto in una passeggiata, rapiti da un paesaggio che anche grazie all’arrivo della nebbia fa pensare all’Irlanda o alla Bretagna, non di certo alla Spagna.

24-8 Ci svegliamo con un sole incredibile, troviamo una piccola lingua di sabbia scoperta dalla bassa marea in un’insenatura tra rocce e sorgenti d’acqua, proviamo a fare il bagno ma l’acqua avrà si e no 2°. Sprezzante e incosciente del pericolo decido comunque di fare un tuffo, è un mare troppo invitante per lasciarselo scappare, l’acqua è tanto congelata quanto trasparente, e fuori comincia finalmente a far caldo, è una giornata meravigliosa; verso il tardo pomeriggio facciamo un giro nella parte vecchia della città, e poi in quella nuova, modernissima e all’avanguardia, pulita e ben tenuta anche nei suoi angoli più remoti; la piazza centrale è bellissima, ci fermiamo in una specie di bistrot a cenare.

25-8 Da La Coruna ripartiamo con direzione Oviedo, attraversiamo la costa della morte in Galizia e ci fermiamo a Ribadeo, un piccolo e grazioso paesino, dove acquistiamo pane, prosciutto, frutta e formaggio, e un’immancabile bottiglia di vino per cena. Passata la Cantabria e dopo aver incrociato migliaia di pellegrini a piedi lungo il cammino di Santiago (dai pirenei a Santiago de Compostela) giungiamo finalmente nelle Asturie, una regione da scoprire, dove il turismo di massa non ha ancora messo piede; Oviedo è una bella città, una sorta di piccola Madrid, in giro c’è tantissima gente che beve sidro e chiacchiera seduta nei bar, visitiamo la cattedrale dov’è conservata una tela della sacra sindone, e poi ci riposiamo in albergo a Villa-Siero (l’h2 los fresnos) introvabile e non di certo un bel posto.

26-8 Da Oviedo ci mettiamo in marcia per raggiungere la nostra penultima tappa, Bilbao. Come il giorno prima facciamo pochissima autostrada e molta strada normale, arriviamo a Sondika, località del nostro albergo (Tryp Sondika) molto bello e a prezzi modici, prendiamo un autobus e in 15 minuti siamo di fronte al Guggenheim dove è presente una grandissima mostra di Anish Kapoor. Visitato il museo facciamo una passeggiata per la città, e incontriamo senza saperlo una festa stile Semana Grande, che attira gente da tutti i Paesi Baschi.

27-8 Penultimo giorno in viaggio, abbandoniamo Bilbao per fermarci poco dopo, a San Sebastian, al confine con la Francia. Facciamo un giro in macchina, ma il tempo brutto e la mancanza di parcheggi ci invitano ad andarcene, passiamo il confine e raggiungiamo Biarritz, deliziosa località di mare francese mezza spagnola e ancora basca nello spirito e nella lingua, paradiso dei surfisti, pranziamo e ripartiamo per Montpellier, nostra ultima tappa.

28-8 Partiamo da Montpellier senza aver visitato nulla (a dire il vero era una tappa di comodo per spezzare un viaggio altrimenti infinito) direzione Bologna, dove arriviamo nel tardo pomeriggio 6800 km dopo averla lasciata, iniziamo a disfare le valigie, ripensando e commentando tutti i luoghi meravigliosi dove siamo stati, e iniziando già a pensare al prossimo viaggio, personalmente mi lascio alle spalle i 23 giorni più belli ed emozionanti della mia vita.

Appunti di viaggio:

3 luoghi da vedere almeno una volta nella vita: l’Alhambra, la rocca di Gibilterra ed i suoi macachi, le coste della Galizia.

3 città da vedere: Lisbona, Valencia, Siviglia.

3 città sopra le aspettative: Porto, La Coruna, Bilbao.

3 esperienze indimenticabili: giocare con le scimmie, il ramadan in Marocco, la marcia dei pellegrini.

3 tragitti in auto: la costa dell’Andalusia, la costa della morte, la costa della Camargue.

3 piatti da assaggiare: la paella catalana in catalogna, il cuscus in Marocco, il pescados y mariscos con bacalao in Portogallo.



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