Ritorno a Mosca passando per l’anello d’oro

Eccomi a raccontare, ancora una volta, la mia esperienza di viaggio, questa volta verso le terre dell’est. L’idea di partire prende corpo quando, navigando in internet nel mese di aprile, scopro una conveniente tariffa Alitalia per Mosca: viaggio a/r da Brindisi a soli 159 euro, oltre tasse. Scoprirò, nelle settimane successive, che la...
Scritto da: Giovanni D
ritorno a mosca passando per l'anello d'oro
Partenza il: 30/07/2006
Ritorno il: 06/08/2006
Viaggiatori: fino a 6
Eccomi a raccontare, ancora una volta, la mia esperienza di viaggio, questa volta verso le terre dell’est.

L’idea di partire prende corpo quando, navigando in internet nel mese di aprile, scopro una conveniente tariffa Alitalia per Mosca: viaggio a/r da Brindisi a soli 159 euro, oltre tasse.

Scoprirò, nelle settimane successive, che la compagnia di bandiera mantiene basse le tariffe anche fino a date prossime a quelle della partenza, evidentemente soffre la concorrenza di operatori low cost che, mi risulta, operino dei collegamenti per Mosca con partenza da Rimini.

Trovata la tariffa aerea non resta che stabilire il periodo, inevitabilmente coincidente – per esigenze lavorative – con quello di maggior afflusso turistico nella capitale russa, ma tant’è: partenza il 30/07 e ritorno il 06/08.

Questo viaggio in terra russa non è una novità assoluta ma un ritorno al passato, esattamente al 1980 quando, studente universitario, partii insieme ad un gruppo di amici per un tour nell’allora capitale sovietica, con tappa a Leningrado (oggi restituita all’originario nome zarista di San Pietroburgo).

Non nascondo che in me c’è il desiderio di capire quanto la caduta dell’impero sovietico abbia inciso sulla gente e sulla città; ad esso si accompagna, però, la curiosità di visitare anche qualcosa di diverso, insomma un po’ fuori dai circuiti ordinari.

La presenza della famiglia, soprattutto di una bambina di 7 anni, mi trattiene dal pensare a mete più avventurose quali la traversate da occidente ad oriente compiute in Transiberiana ma anch’io, nel mio piccolo, potrò dire di aver calcato i binari di questa mitica linea ferroviaria, come spiegherò più avanti.

Dopo aver visionato un bel po’ di cataloghi di vari tour operators – che mi danno sempre delle ispirazioni – nonché aver trascorso più di qualche sera di una bizzarra e fredda primavera a scorazzare in rete, decido di dedicare parte del viaggio alla visita delle città del cosiddetto “anello d’oro”, una serie di centri posti a nord ovest di Mosca.

La prima cosa che comprendo, leggendo i non molti racconti di altri turisti per caso, è che bisogna ricorrere all’assistenza di un tour operator, non fosse altro che per i giorni dedicati all’anello d’oro; quanto a Mosca si tratta di una capitale raggiungibile come qualunque altra e, per quella, avrei potuto sicuramente fare da solo, una volta ricevuto l’invito dall’albergo (lo mandano via fax e, ove appartenenti a grosse catene internazionali, anche senza alcun sovrapprezzo rispetto alla camera).

Mi reco, allora, nella mia agenzia di viaggio di fiducia dove riescono a farmi avere un preventivo per il tour dell’anello: c’è un solo operatore italiano che lo organizza su base individuale ma la richiesta è decisamente spropositata.

Infatti per 4 giorni e 3 notti, con autista, guida e pernottamenti in pensione completa nei vari centri dell’anello mi viene prospettato un preventivo di 1.100 euro a persona, oltre i soliti accessori tipo quota di iscrizione etc.: solo 200 euro in meno del tour in catalogo di 8 giorni che comprende anche la visita di Mosca! Decido di provare anche con le agenzie di viaggio telefoniche, tipo Travelprice, Edreams etc: qui mi sento rispondere che su questi tipi di viaggio loro non possono offrirmi alcun vantaggio rispetto all’agenzia tradizionale, sicchè mi invitano a rivolgermi ad una di queste: ma come, sono agenzie solo per i viaggi più “di massa”? Insomma il tempo passa e mi ritrovo sempre e solo con i biglietti aerei; decido, allora, di cambiare strategia prima di dovermi rivolgere, per la ristrettezza dei tempi, al tour operator di cui ho parlato prima.

Ancora una volta l’aiuto viene dalla rete dove sono numerosi i siti che offrono l’organizzazioni di viaggi in Russia: si tratta, il più delle volte, di iniziative di russi che vivono in Italia ovvero di agenzie russe che hanno un sito in italiano.

Solo un sito (SanPietroburgo.It) appartiene ad un’agenzia italiana vera e propria ma la soluzione che mi propongono, pur interessante da un punto di vista economico, è alquanto disagevole.

Infatti il tour organizzato da loro prevede, in primo luogo, una visita di sole tre città e, in secondo luogo, che i trasferimenti tra una città e l’altra avvengano con i mezzi pubblici, una opzione che mi pare incompatibile con la ristrettezza dei tempi a disposizione e le difficoltà dell’alfabeto, ancor prima della lingua.

Insomma dopo qualche altro giorno di indecisione mi determino a rivolgermi ad un altro sito che, però, non è quello di un’agenzia italiana ma russa; il sito è quello di Easyrussia.It che, dopo aver ricevuto la mia mail di contatto, mi risponde a stretto giro con un preventivo dettagliato e conveniente, tanto che decido di affidare a loro le prenotazioni alberghiere anche per il soggiorno a Mosca.

Per farvi comprendere quello che dico basterà dire che la tariffa per il Marriot Grand di Mosca (un 5 stelle sulla Tverskaya ulitsa) è stata in media di 195 euro (solo pernottamento) contro i 300 euro del sito Marriott.

In totale, sia pure con qualche aggiustamento in corso d’opera e a causa del cambio, il costo totale del viaggio, visti ed assicurazione sanitaria compresi, è stato di 2.523 euro per due adulti ed una bambina (solo pernottamento a Mosca, mezza pensione a Suzdal, pernottamento e colazione a Yaroslav, guide e trasferimenti con autista privato): il pagamento è stato effettuato con autorizzazione ad addebito su carta di credito circa 10 giorni prima della partenza.

Dimenticavo di dirvi che i contatti, comunque, sono gestiti da Gianluca, un signore italiano che opera in provincia di Milano.

Potrebbe sembrare tutto semplice ma, vi prego di credermi, ho avuto non poche perplessità ad affidarmi ad un tour operator russo anche se, a dire il vero, i contatti con il citato Gianluca hanno contribuito non poco a vincere l’iniziale diffidenza (perciò fidatevi!).

La scelta, però, si è rivelata quanto mai opportuna per rimediare a quello che Alitalia mi avrebbe combinato il giorno della partenza: probabilmente, ove mi fossi affidato ad un’agenzia italiana, non sarebbe stato altrettanto agevole risolvere le difficoltà insorte.

Arriva finalmente domenica 30 luglio: lo so, è uno di quei giorni in rosso sul calendario delle partenze (è anche la prima volta che viaggio in un periodo così cruciale ma non c’era alternativa), ma la nostra compagnia di bandiera, mi spiace dirlo, ha tradito la mia fiducia.

Infatti, arrivati in aeroporto con congruo anticipo, scopriamo una volta in fila per il check-in, che il volo per Roma è stato cancellato per imprecisate ragioni tecniche, anzi, più precisamente, l’aeromobile non sarebbe neppure arrivato la sera prima.

Nel coro di proteste generali una domanda è nata spontanea: Alitalia, che possiede tutti i miei numeri di telefono perché socio Mille Miglia, non poteva avvisarmi la sera prima piuttosto che costringermi ad una levataccia? La risposta dell’addetto al banco accettazione – il quale ha confermato la mia convinzione che queste “cortesie” non usano nella nostra compagnia – è stata che avrei potuto essere spaventato da una telefonata pervenuta in tarda serata! Sorvolo sulle estenuanti code che ho dovuto fare per cercare di trovare la soluzione al problema e spiego perché, poco prima, ho detto che la scelta di un’agenzia russa si è rivelata opportuna.

Invero tra i documenti di viaggio avevo avuto il numero di telefono cellulare del referente russo che parlava italiano, al quale rivolgermi per ogni esigenza.

Il primo dubbio, evidentemente, è stato quella della necessità di partire proprio nella data riportata sul visto, ossia il 30 luglio, per non avere problemi alla frontiera.

Rassicurato da Alexander sul fatto che non avrei avuto problemi, sono stato dirottato da Alitalia su un volo pomeridiano per Roma dove, alle ore 23,00 avrei dovuto imbarcarmi su un volo Aeroflot con arrivo a Mosca alle ore 5,00 del mattino successivo: solo 12 ore di ritardo sul programma! Il secondo dubbio da sciogliere riguardava il programma di viaggio; infatti – secondo l’itinerario originario – avremmo dovuto trascorrere la prima notte a Mosca e poi ripartire il giorno dopo in direzione dell’anello.

Dopo un breve conciliabolo con i referenti dell’agenzia (la domenica pomeriggio), abbiamo stabilito che la cosa più saggia sarebbe stata anticipare l’inizio del tour dell’anello, partendo direttamente dall’aeroporto di Mosca.

Finalmente a bordo del Tupolev di Aeroflot – non senza qualche riserva mentale – siamo stati colti da un immediato senso di insicurezza: dalle bocchette di aerazione veniva fuori una specie di fumo che si è rivelato, poi, essere una spese di vapore acqueo assolutamente usuale secondo quanto riferitomi da un passeggero italiano, spesso in viaggio con la compagnia russa.

Terminata la fuoriuscita di vapore è arrivata un’aria gelida che neanche la chiusura delle bocchette ha attenuato, con il risultato di arrivare a destinazione con la cervicale bloccata.

L’impatto con l’aeroporto di Mosca, alle 5 del mattino (o, meglio, alle 3 italiane), non è stato dei migliori: un ambiente più simile ad una stazione di metropolitana che ad un’aerostazione! Espletate le formalità di frontiera (a proposito, troverete i moduli da compilare, rigorosamente in russo, su un banco posto prima del controllo doganale), siamo passati al controllo documenti e poi a quello bagagli dove, a caso, vengono effettuate verifiche a cui noi siamo sfuggiti.

Nel frattempo sono già le 6 e finalmente, siamo fuori dove il nostro autista ci aspetta con una decorosa vettura occidentale: si parte in direzione di Vladimir.

Il ricordo del tragitto (tra un abbandono al sonno e l’altro) è quella di una lunga strada senza curve di oltre 200 km., fiancheggiata da boschi di betulle e presidiata da autovelox della polizia, tanto da indurre l’autista a mantenere un’andatura che ci avrebbe fatto addormentare anche se non avessimo avuto sulle spalle una notte in bianco.

Finalmente, intorno alle 9,30, arriviamo a Vladimir e veniamo condotti presso la sede del locale museo dove, per quello che ho capito, viene offerto il servizio guida; in effetti lì incontriamo la nostra prima guida, una simpatica ragazza inequivocabilmente slava che risponde al nome di Julia.

La nostra prima meta, però, non è la città ma un centro a pochi km di distanza, Bogoljubovo, dove visitiamo, innanzitutto, il monastero e la cattedrale dell’Assunzione.

All’interno del complesso vi è una folta comunità monastica femminile che si dedica alla coltivazione di quanto occorre alla sua sussistenza ed all’allevamento: è il primo impatto con gli stili architettonici che diventeranno via via più consueti: struttura imbiancata e cupole a cipolla di colore azzurro.

Dopo questa breve visita esterna del monastero intraprendiamo una passeggiata di circa 1,5 km in direzione della chiesa dell’Intercessione sul fiume Nerl; per raggiungerla dobbiamo attraversare la strada ferrata, costeggiando una graziosa stazione ferroviaria in legno colorato di tinte pastello: i binari sono quelli della mitica transiberiana che corrono diritti verso l’infinito oriente.

La passeggiata è resa piacevole dalla bella giornata di sole, dai piccoli stagni che punteggiano le distese di prati che si aprono nella folta boscaglia, dai corvi che svolazzano con il loro inconfondibile verso sull’erba appena tagliata.

Durante il tragitto Julia ci racconta qualcosa della vita dei giovani russi: è contenta di Putin e delle possibilità che la Russia di oggi offre a chi abbia voglia di rischiare; i ragazzi si sposano presto ed ancor prima divorziano e, tutto sommato, non rimpiange l’Unione Sovietica che, peraltro, ha potuto conoscere solo durante l’infanzia.

La chiesa dell’Intercessione è collocata su una collina in riva ad un fiume e Julia ci dice che, durante l’inverno, la si raggiunge con la slitta: l’esterno in pietra scolpita è sicuramente più interessante dell’interno.

Rientriamo, sempre con il nostro autista, a Vladimir e qui dedichiamo il resto della mattinata alla visita della cattedrale di San Demetrio – anche questa in pietra scolpita, molto bizantina – ed alla cattedrale dell’Assunzione, che si erge su una piccola altura da dove si gode una splendida vista sia della città che, sull’altro lato, del fiume che scorre in basso.

Purtroppo la cattedrale dell’Assunzione è chiusa e possiamo vederla solo dall’esterno, a differenza di quella di San Demetrio dove ci colpisce, in particolare, la grande croce ortodossa ricoperta d’oro che, un tempo, ornava la cupola e che, oggi, è stata sostituita da una copia.

A proposito: la mezza luna che vedete alla base delle croci ortodosse indica, a seconda delle interpretazioni, la navicella divina che conduce al cielo ovvero la vittoria sui turchi.

L’ultima tappa è la Porta d’oro, una bianca porta d’accesso – sormontata da una cupola d’oro – alla città che un tempo era cinta da bastioni in terra di cui oggi restano tracce su un lato della porta.

Dopo aver cambiato denaro in un ufficio posto all’interno di un centro commerciale posto a poche diecine di metri dalla porta d’oro, la guida ci suggerisce di andare a mangiare in una trattoria posta in un giardino a lato del monumento, sul versante dove è ubicato il teatro comunale.

E’ una piccola trattoria preceduta da un bar, costruita in legno a mò di isba: la sala da pranzo è al primo piano e qui mangiamo tre zuppe e tre piatti di carne (non chiedetemi il nome), oltre a birra ed acqua, spendendo poco meno di 30 euro.

Nel frattempo la giornata è diventata grigia, ci salutiamo con Julia che è attesa da un altro gruppo di turisti e riprendiamo la strada in direzione di Suzdal, la nostra meta per la notte.

Altro tragitto nel consueto paesaggio russo e, finalmente, raggiungiamo l’hotel Goriacie Kliuci.

Apro qui una piccola parentesi per questa struttura situata alla periferia di Suzdal per dirvi che si tratta di una struttura veramente bella.

Infatti, oltre ad classico hotel, l’attrattiva principale è rappresentata dalle casette in legno disseminate in una sorta di piccola penisola circondata dalle acque di un laghetto.

Gli ospiti sono pochi e prendiamo possesso dell’isba dopo averla scelta: è tutta rigorosamente in legno e mia figlia si sente un po’ come nella casa dei nani nel bosco (ricordate Biancaneve?).

Dopo aver gustato il piacere di stendersi su un letto, siamo fuori nel parco, a visitare la struttura che, tra l’altro, è dotata di una serie di isbe dove si può praticare la sauna.

Inoltre c’è un mulino a vento e, volendo, si può pescare in quanto noleggiano anche le canne (il pesce ve lo preparano alla griglia); per il resto fiori e verde a profusione.

Ma la cosa che più ha sorpreso mia figlia è stata la possibilità di prendere una barca e fare un giro nel lago che circonda il complesso; anzi è stato davvero divertente raggiungere la nostra isba ed invitare mia moglie – che era rimasta in camera – a fare un giro in barca raggiungendoci dalla scaletta situata sul retro di ogni casa.

La nostra prima sera in Russia si conclude molto presto (anche se il sole ci tiene compagnia fino alle 22,00), dopo una cena al ristorante dell’albergo (non è granchè, ma avevamo la mezza pensione) ed un passaggio nella sala giochi dove io e mia moglie ci cimentiamo – senza grande successo – in una partita a biliardo mentre mia figlia si diverte con un play ground.

L’indomani abbiamo appuntamento con un’altra guida – Anna – che ci aspetta alle 10,00 dinanzi al monastero del Salvatore e di Sant’Eutimio, il più grande monastero di Suzdal circondato da un’alta cinta di mura in mattoni rossi interrotta da varie torri.

Arriviamo che è ancora presto, il monastero è chiuso e vediamo arrivare alla spicciolata le impiegate che poi ritroveremo sparse nel complesso; l’aria è fresca e piacevole e ci godiamo il sole dinanzi all’ingresso osservando il colore rosato dell’intonaco che incornicia alcune icone.

Finalmente arriva la guida e, dopo i convenevoli di rito, entriamo nel monastero (i biglietti sono già pagati).

Per prima cosa ci colpisce la grande sensibilità che gli abitanti di Suzdal hanno per la loro città che è un po’ un museo all’aria aperta: sono sempre prodighi di spiegazioni e fieri di vivere in un posto così bello.

Visitiamo la cattedrale della Trasfigurazione dove ammiriamo un grande ciclo di affreschi che ricopre le pareti, assistiamo ad uno spettacolo di un coro russo molto suggestivo e, da ultimo, ci soffermiamo ad assistere ad un concerto di campane proveniente dall’adiacente campanile.

Il signore che si occupa di intrattenere i turisti sale sul campanile e qui, facendo muovere contemporaneamente braccia e gambe, fa scoccare un numero impressionante di campane di tutte le dimensioni.

Nel monastero non mancano, naturalmente, le abitazioni dei monaci e tutto il complesso, in definitiva, è molto bello e merita la visita.

Dopo avere concluso la nostra prima tappa Anna ci porta in giro, con un taxi, a vedere Suzdal da un luogo panoramico: il paesaggio è bucolico, tutto sembra essersi fermato a qualche secolo addietro ed anche i ritmi della gente che vi abita sono molto rilassati; insomma Mosca è lontana! La seconda tappa è il Cremlino le cui cupole azzurre, punteggiate da stelle dorate, sono il punto di attrazione dello skyline della città.

Prima, però, facciamo una breve sosta al monastero della Deposizione, che si trova di fronte alla piazza rossa di Suzdal; ha un campanile con una guglia d’oro che è la più alta costruzione della città mentre, all’interno dell’ampio cortile, vediamo suore che accudiscono delle piccole capre intente beatamente a brucare l’erba: molto pittoresche due piccole costruzioni gemelle che si trovano all’interno.

Giunti al Cremlino, circondato da un alto terrapieno, entriamo subito nella cattedrale della Natività della Vergine, al cui ingresso è collocato una antica porta ricoperta di lamine dorate ormai scurite dal tempo.

L’interno è semplicemente sfarzoso, con le pareti dell’iconostasi tutte tappezzate da icone con figure di santi; bello il lampadario, gli affreschi ed un grande lanternone in metallo dorato e mica che un tempo veniva trasportato in processione.

Inebriati da tanta bellezza usciamo nel territorio del cremlino, visitando dall’esterno il palazzo dell’arcivescovo e la chiesa in legno di San Nicola.

Terminato il giro raggiungiamo il vicino museo dell’architettura lignea, dove è possibile vedere uno spaccato della vita contadina di un tempo visitando una serie di edifici qui trasportati dal circondario; vi sono anche due chiese in legno costruite senza uso di chiodi ed un mulino a vento messo in funzione all’ingresso dei turisti.

Nel frattempo è arrivata l’ora del pranzo e la nostra guida ci congeda, proseguiremo la visita della città per conto nostro; prima ci consiglia, però, di raggiungere il ristorante Trapeznaja, ubicato nei pressi del monastero del Salvatore.

Dopo un tragitto di circa 1,5 km per ritornare sui nostri passi, giungiamo in prossimità del monastero ma, nonostante tutti i tentativi, non riusciamo a venire a capo di questo ristorante finchè un gruppo di ragazze divertite non ci dice che dobbiamo scendere al di là del fiume Kamenka.

In effetti, costeggiando le mura del monastero, troviamo un sentiero che scende verso il letto del fiume e qui, dopo aver attraversato un ponticello, ci troviamo in un quartiere molto bello, di case in legno, che confinano con le bianche mura del monastero dell’Intercessione al cui interno si trova il ristorante.

La fame si fa sentire ma, amara sorpresa, scopriamo che quel giorno il ristorante è interamente prenotato dai gruppi; le cameriere, comunque, ci indicano un vicino ristorante che fa parte di una specie di residence e che potrete trovare facilmente perché è a soli 100 mt. Sul lato opposto della strada.

Scendiamo nel piano interrato e qui consumiamo il nostro secondo pasto in terra russa che, tuttavia, si rivelerà non proprio eccezionale; ormai abbiamo appreso le abitudini culinarie russe ed iniziamo i nostri pasti sempre con una calda zuppa.

Il conto totale, per primo, secondo piatto e bevande, si aggira sui 35 euro.

Terminato il pranzo ci tocca risalire verso il centro storico ma, anziché riprendere la strada fatta all’andata, preferiamo seguirne un’altra che ci porterà nei pressi della piazza del mercato.

Prima, però, mia figlia ci costringe ad una sosta in un parco giochi che si apre in mezzo ad un prato incolto: qui la spontaneità dei bimbi che lo popolano induce mia figlia ad stabilire subito un feeling (ma forse è il linguaggio universale dei bambini); ci colpisce, soprattutto, la vetustà dei giochi di sicura origine sovietica e l’abbigliamento semplice di alcuni bambini.

Dopo aver faticato non poco a tirare via la bambina dal parco giochi, raggiungiamo la piazza del mercato, piuttosto male in arnese, dove vi sono una serie di negozi e di bancarelle di souvenir.

Quello che mi colpisce, però, sono le vecchiette che vendono prodotti della terra, in particolare mirtilli e lamponi che non mi faccio sfuggire.

Il sole è ancora alto nel cielo ma la città si sta spopolando ed allora decidiamo di rientrare in albergo, prendendo un taxi fermo proprio davanti alla piazza del mercato: la tariffa, come abbiamo scoperto la mattina, è di 50 rubli (1,5 euro ca.) per qualunque destinazione della città.

Il nostro hotel è sempre molto bello, accarezzato dalla luce del sole pomeridiano che riscalda le travi in legno delle isbe.

Oggi, però, è popolato da un po’ di russi che sono intenti a fare la sauna: dopo il trattamento all’interno, con acqua calda e verghe di rami di betulla, si lanciano letteralmente dalla sauna nelle fredde acque del lago, destando la meraviglia di noi tutti che troviamo quelle acque, nonostante il sole, decisamente gelide.

Il nostro pomeriggio termina con un giro in barca ancora più lungo del precedente ed una scalata del mulino: dopo la cena subito a letto – anche perché la tv non riceve i programmi italiani – guardando dalla finestra un magico cielo infiammato di rosso che avvolge la campagna russa specchiandosi nel lago. La mattina dopo è tempo di far le valigie, ripartiamo in direzione di Jaroslav; nella reception ci aspetta già il nuovo autista che, a bordo di una monovolume, ci porterà a destinazione.

Confesso che il tragitto è tutt’altro che confortevole, le strade sono piuttosto dissestate e, cosa ancora più singolare, costellate di tanti posti fissi di polizia.

Proprio ad uno di questi il nostro autista viene fermato ed invitato a scendere mentre noi restiamo in macchina; in uno stentato inglese ci dice che si tratta di un controllo di routine ma, a dispetto delle rassicurazioni, rimarrà nella caserma quasi un’ora tanto che ormai lo davamo per arrestato (ha preso una inspiegabile multa!) Questa sosta imprevista ha rallentato la nostra marcia tanto che riceviamo un sms del nostro corrispondente che ci chiede le ragioni del ritardo.

A Jaroslav, che è una città di circa 600.000 abitanti, si avverte subito la differenza con i piccoli centri dei due giorni precedenti; c’è traffico (quello che mancava in occasione del mio primo viaggio in Russia, anche nella capitale) ed un fermento tipico della vita metropolitana.

Prendiamo alloggio all’hotel Ring Premier, un 4 stelle che consiglio vivamente ( a fianco, per chi fosse interessato, c’è anche un Mc Donald’s); l’unica nota stonata è che ci danno una stanza al II piano che, a causa di lavori in corso al primo, dobbiamo raggiungere parzialmente a piedi (anche con le valige!).

Dopo un breve riposo scendiamo nella hall dove ci attende Olga, la nostra guida che con molta lentezza traduce i suoi pensieri in italiano.

Prendiamo un taxi e raggiungiamo il centro storico (in verità vicinissimo all’hotel); il nostro giro inizia nei pressi della chiesa dell’Epifania, tutta in mattoni e maioliche colorate.

Raggiungiamo poi il Monastero della Trasfigurazione, entrando dal lato del fiume, e qui saliamo in cima al campanile dove si gode una splendida vista della città.

La cattedrale è chiusa e così ci aggiriamo all’interno del monastero dove, ancora una volta, assistiamo ad un concerto di campane (questa volta il campanaro ed i suoi strumenti sono alla base del campanile); molto belle le casette per le api, miniature di architettura russa dove alloggiano i produttivi insetti e, per chi fosse interessato, si può vedere un grande orso in gabbia che si aggira malinconicamente (questo animale è il simbolo della città).

Dopo la visita del monastero Olga ci conduce sul lungo fiume, molto spettacolare per la vista dall’alto: è la festa del profeta Elia e le strade della città sono invase da marinai russi molto presi dai canti e dal consumo di vodka.

Scattate le foto di rito alla confluenza dei fiumi Volga e Kotorosl, dove lo sguardo spazia fino alle 15 cupole (un’eccezione secondo Olga) della chiesa di S. Giovanni Battista, dirigiamo verso la chiesa del profeta Elia: molto bella, peccato che, a causa della festa, l’orario di chiusura sia stato anticipato ma anche l’esterno – che prospetta sulla grande piazza Sovetskaja – è interessante perché interamente affrescato.

Il nostro giro della città si conclude in un parco giochi sito nei pressi del teatro cittadino, dove una folla di mamme si accalca intorno a scatenati bambini, in un placido pomeriggio di sole.

Il nostro stomaco, dopo la lunga passeggiata, reclama attenzione sicchè chiediamo ad Olga di tenerci compagnia a cena, anche perché la presenza di una interprete torna sempre comodo quando si tratta di consultare un menu.

La scelta, su sua indicazione, cade su un caffè situato all’estremità del parco, a pochi metri dal teatro (da cui prende il nome): ceniamo all’aperto con una zuppa di rapa rossa (borsch) ed un secondo presentatoci in una terrina di coccio, coperta da una crosta di pasta frolla; all’interno patate e pezzi di carne ma c’è anche la variante con pesce.

Il conto, per 4, si aggira sui 30 euro, birra e dolce compreso (bliny coperti da una salsa al latte e miele); Olga ci racconta la sua idea dell’Italia.

Non facciamo in tempo a disfare la valigie che dobbiamo ripartire: è la volta di Mosca ma, sulla strada, faremo una tappa a Rostov.

La mattina dopo, nella hall, ci aspettano due ragazze (Caterina) che, pur non essendo previsto, ci accompagneranno fino a Mosca. Sono molto simpatiche, sono studentesse universitarie alle prime armi con l’italiano ma accompagnano con la loro giovinezza e freschezza l’uso del vocabolario che consultano di frequente.

L’autista, Vassily, carica i bagagli a bordo di una specie di spartano monovolume e partiamo in direzione della capitale.

Lungo la strada – un interminabile rettilineo – mi colpisce la lunga teoria di venditori ambulanti che troviamo sul margine della carreggiata e che si concentrano, soprattutto, nei pressi di quelle che sembrano fermate di autobus: si vende di tutto ma, in particolare, ortaggi e splendidi funghi provenienti sicuramente dalle foreste che crescono ai bordi della strada.

Kostroma è una piccola cittadina molto fatiscente ma prezioso è il suo Cremlino, posto sulle rive del lago nero.

Il complesso, dall’esterno, non si presenta in buone condizioni (forse anche a causa del tempo uggioso) ma, tuttavia, è davvero pittoresco con le sue porte di ingresso sormontate da cupole scure e guglie.

Visitiamo, dopo aver pagato l’ingresso – anche per la macchina fotografica – una serie di palazzi e chiese; la più bella è quella del Salvatore, tutta affrescata ed al cui interno colpisce una massiccia porta circondata da tondeggianti cornici rivestite di lamine dorate.

Sparsi nel territorio si trovano una serie di donne vestite in costume che saranno liete di farsi fotografare con voi.

Ultimata la visita del cremlino facciamo una sosta a delle piccole baracche collocate all’esterno dove è possibile acquistare campanelle e finift, piccoli gioielli smaltati caratteristici della città.

Riprendiamo la via di Mosca non senza aver fatto tappa, lungo il tragitto, ad una delle tante trattorie che costeggiano la strada dove c’è anche un piccolo orso in gabbia: l’autista, qui, è di casa e mangiano in uno spazioso locale consumando zuppe e pesce; il conto, autista e guide comprese, è di poco meno di 40 euro.

La strada per Mosca attraversa pochi villaggi la cui nota caratteristica è la cupola del campanile di una chiesa, spesso in rovina; dispiace che un così importante patrimonio monumentale sia praticamente abbandonato anche se, secondo le nostre guide, i nuovi ricchi russi trovano molto politically correct investire nel restauro delle chiese dei loro villaggi di origine: sono le cupole rifatte in alluminio.

Finalmente giungiamo alla periferia della capitale, dove una lunga fila di auto rallenta la nostra marcia; trovo una città molto più curata di un tempo e, soprattutto, molto più occidentalizzata.

Salutati i nostri accompagnatori prendiamo possesso della nostra camera al Marriot Grand hotel: tipica camera all’americana, molto spaziosa e con letti enormi, anche quello della bambina.

L’albergo è davvero bello, molto elegante a partire dagli ascensori panoramici; è anche dotato di due ristoranti molto usati per banchetti dai moscoviti.

Siamo un po’ stanchi ma la voglia di calarci nella vita della città è tanta: usciamo, allora, diretti alla piazza rossa che raggiungiamo percorrendo la Tverskaya, una enorme strada a 4 corsie che è costellata da eleganti negozi delle griffe più famose.

Tutto a Mosca è grande, a cominciare dai palazzoni imponenti che fiancheggiano ogni strada e che ci spingono ad alzare gli occhi fino alla piazza rossa: è una sensazione diversa dai grattacieli di New York, ci sentiamo di più in terra europea.

Le prime luci della città si accendono intorno a noi ed una gran folla si accalca dinanzi alle vetrine di sfarzosi negozi, soprattutto megastore di telefonini.

La Tverskaya termina sulla piazza del maneggio, dominata dalle mura del Cremlino e dalla statua equestre di un maresciallo di cui non ricordo il nome; tutta l’area, comunque, è preceduta da un grande centro commerciale sotterraneo dove consumiamo la nostra cena ad uno dei tanti ristoranti self-service che offrono cucina russa ed italiana, oltre ai classici hamburger.

Terminata la cena (decisamente più cari i prezzi rispetto all’anello d’oro), non possiamo che concludere la serata con una breve visita alla piazza rossa, con la strana sensazione che da un momento all’altro sarebbe venuta fuori una delle classiche parate militari di un tempo: la magia, a distanza di un quarto di secolo è rimasta la stessa anche se fa un po’ di impressione vedere il mausoleo di Lenin sguarnito da quelle guardie il cui cambio al passo dell’oca, un tempo, era momento di attrazione per tutti i turisti.

Oggi le guardie si sono trasferite nel giardino di Alessandro, al lato del Cremlino, dinanzi ad un braciere acceso a memoria di un militare ignoto caduto in guerra.

Rientriamo in albergo scegliendo ancora una volta di fare il tragitto a piedi (sono circa 20 minuti dalla piazza rossa), ma siamo contenti di vedere la città e le sue strade dove si aggirano centinaia di Suv, status symbol dei nuovi ricchi (c’è anche un autosalone a tre piani dove vendono Lamborghini, Porsche ed altre macchine vip).

L’appuntamento con Evgenji, l’indomani, è nella hall dell’albergo dove la nostra guida si presenta anche con anticipo.

La giornata è nuvolosa e sembra che debba rovesciarsi un acquazzone da un momento all’altro; decidiamo di servirci della metropolitana per gli spostamenti ed acquistiamo, così, un carnet di 10 biglietti che, al prezzo di 125 rubli (3 euro), consente di risparmiare rispetto ai biglietti singoli (potete mettere l’importo sul banco della cassa e vi daranno il carnet).

Le visite della giornata sono quelle classiche del turista a Mosca: la piazza rossa con San Basilio ed i Gum, il territorio del Cremlino con le cattedrali (qui la folla è tanta ma riusciamo ad evitarla perché la guida ci infila in un gruppo di francesi).

Nella cattedrale dell’Assunzione – molto bella ma non fotografabile – acquistiamo delle uova in legno, con immagini della madonna, il cui prezzo è destinato ai restauri del monumento.

Sorprende nel Cremlino la contrapposizione – inusuale per noi – tra gli edifici religiosi e quelli civili, ivi compreso il palazzo del presidente Putin; attenti a non uscire dalle strisce pedonali nell’attraversare la strada perché vi sono dei poliziotti zelanti che vi inviteranno a servirvene agitando il manganello e fischiando. Ultimata la visita del Cremlino decidiamo di raggiungere la galleria Tretiakov, servendoci della metro che prendiamo a ridosso delle mura dei palazzi degli zar, nella piazza dominata dal Bolschoj coperto dalle impalcature e chiuso per i prossimi due anni.

Prima di iniziare la visita del museo, nel cui cortile vi è una strana struttura in canne di bambù, decidiamo di mangiare qualcosa nel caffe e qui restiamo letteralmente atterriti dal modo in cui la nostra guida consuma un piatto di pasta: condito con panna e zucchero; gli raccomando di non chiedere piatti simili qualora dovesse venire in Italia! La galleria è enorme e la visita non dura meno di due ore anche se la parte che più ci ha colpito è la grande collezione di icone provenienti dalle chiese saccheggiate nel periodo rivoluzionario.

Il tour si conclude dirigendo verso l’albergo dopo aver visitato una serie di stazioni della metropolitana; naturalmente non la nostra giornata anche perché, dopo un breve riposo, siamo di nuovo in strada per trovare un ufficio postale dove acquistare i francobolli per spedire le cartoline di rito agli amici; v’è un grande ufficio proprio sulla Tverskaya, in prossimità del n.17.

Prima di congedarci con Evgenji, però, cerchiamo di farci aiutare da lui nell’acquisto dei biglietti per il circo, per la sera del giorno dopo: tutti i chioschi disseminati per strada, tuttavia, ne sono sforniti sicchè non resta altro da fare che recarsi al circo poco prima dell’inizio dello spettacolo.

La serata si conclude con una cena al ristorante Gudunov, situato a ridosso delle mura del Cremlino nella piazza dei teatri, vicino alla stazione della metro.

E’ decisamente un posto per turisti (i camerieri sono in costume) ma il posto è davvero bello e c’è anche un piccolo gruppo che intona canti popolari, rigorosamente in abiti d’epoca, che ci allieta durante la cena.

Vi consiglio vivamente di prendere un piatto che si chiama beefstroganoff (così nel menu) e con il quale potrete fare una cena completa; infatti vi porteranno un tegame realizzato in pane appena cotto, addirittura con il coperchio, all’interno del quale troverete funghi e carne; potrete accompagnare il contenuto con il contenitore.

Il conto, ovviamente, è allineato con il tipo del locale e lo scopriremo solo alla fine perché sul menu i prezzi sono espressi in una loro unità di misura che, se ho compreso bene, equivale ad 8 rubli (totale speso per una zuppa, tre secondi piatti, bevande e un dolce, circa 100 euro – il servizio non è compreso).

Il giorno dopo ci muoviamo da soli per la città ma, con amara sorpresa, il tempo è decisamente brutto, piove a dirotto e dobbiamo attendere in albergo che il violento nubifragio che si è scatenato allenti la sua morsa.

La nostra meta del giorno è il monastero di Novodevic che raggiungiamo con la metro, dopo avere sfidato le enormi pozzanghere che rendono impossibile camminare sui marciapiedi.

Arriviamo attraverso una nebbia caliginosa che avvolge tutto, dopo aver chiesto informazioni ad un gruppo di militari in mimetica azzurra che presidiano la stazione della metropolitana: le loro indicazioni ci porteranno nella direzione opposta.

Il quartiere dove è collocato il monastero è abbastanza grigio e decadente e, soprattutto, si nota una forte presenza di militari che desta in noi qualche inquietudine.

Il monastero è una meta classica per le coppie di sposi che, a bordo di limousine bianche con due anelli posti sul tetto, sciamano all’interno per fare le foto, mentre il resto degli ospiti attende nel parcheggio.

La bianca cattedrale di Smolensk, le cui cupole dorate ci hanno guidato da lontano, è chiusa e non ci rimane che aggirarci nel territorio del monastero dopo aver visitato una mostra temporanea e la chiesa dell’Assunzione, dove viene praticato il culto e si respira davvero l’aria di un luogo di preghiera; sono in molti, infatti, che accendono i piccoli ceri inginocchiati dinanzi ad icone della madonna. Usciamo dal monastero mentre ha ripreso a cadere la pioggia: nei pressi della stazione della metro entriamo in un chiosco dove vendono dolci che consumiamo nell’atrio della stazione.

Rientriamo mestamente in albergo, con un po’ di malinconia addosso perché la pioggia ha rovinato il programma della giornata; per rinfrancarci andiamo tutti nella piscina dell’hotel a trascorrere una parte del pomeriggio.

La serata, tuttavia, non è conclusa perché dobbiamo procurarci i biglietti per il circo: la guida ci ha detto che lo spettacolo inizia alle 18,00 sicchè ci muoviamo per tempo.

Giunti nella piazza scopriamo che non si tratta di un circo nel senso comune del termine: la struttura moderna è fissa ed ha una facciata tutta a vetri con una grande scalinata mentre la biglietteria è in basso a sinistra.

Ci mettiamo in fila non senza essere stati fermati da un gruppo di bagarini che volevano venderci i biglietti: rivolgiamo loro un cortese rifiuto.

La sorte, però, ci è avversa: proprio mentre arriva il mio turno la bigliettaia mette fuori un cartello con su scritto che i biglietti sono tutti esauriti; ritorniamo, allora, dai bagarini che vengono presi d’assalto da una folla di persone.

Conquistati i nostri biglietti (sicuramente pagati a caro prezzo rispetto al posto che andremo ad occupare), scopriamo che lo spettacolo inizia alle 19,00; inganniamo l’attesa nella piazza antistante il circo dove un numeroso gruppo di sculture di clown in bronzo, oltre ad una spettacolare fontana sul tema, rappresenta una calamita per nostra figlia.

L’interno della struttura circense è disseminata di negozi di giocattoli e di posti dove i vostri figli potranno fare le foto con piccoli scimpanzè e tigrotti.

Occupati i nostri posti in un’ampia sala con il tetto a mò di tendone – dove trovano posto centinaia di persone – ci troviamo a fianco di una allegra famigliola russa, dai tratti asiatici, con i quali avviamo un tentativo di colloquio molto problematico.

Finalmente inizia lo spettacolo che è stato uno dei più belli mai visti – per noi adulti – e che ha letteralmente incantato nostra figlia per quasi due ore.

Rientriamo in albergo che è già tardi e decidiamo di fermarci a cena nel ristorante dell’hotel: conto sui 100 euro.

Arriva, purtroppo, il giorno della partenza e, ancora una volta, si tratta di un giorno di pioggia.

Dopo aver chiuso le valige, liberiamo la stanza e, in considerazione del fatto che abbiamo appuntamento con l’autista che ci porterà in aeroporto solo alle 14,00, trascorriamo la mattinata sull’Arbat, una via pedonale dedicata allo shopping dei turisti ma dove, al contempo, è possibile assistere alle esibizioni di alcuni artisti di strada.

Mi commuove una vecchietta in costume che, insieme al marito che suona la fisarmonica, si esibisce con grazia in un ballo tradizionale e che regala anche delle caramelle a mia figlia: non chiede soldi a differenza di un bar molto vicino che ha i personaggi di Shrek collocati sulla porta, con tanto di cartello con la tariffa per le foto.

Rientriamo velocemente in hotel, anche perché mia moglie si è soffermata a lungo nei pressi delle bancarelle per gli ultimi acquisti, ma prima facciamo una sosta da Eliseev, uno storico negozio di gastronomia sulla Tverskaya dove potrete trovare prelibatezze di tutti i tipi e souvenir.

L’autista ci aspetta nella hall e, dopo aver caricato i bagagli, ci congediamo dalla città a bordo di una elegante vettura che ci conduce all’aeroporto; l’ultima sorpresa ce la dà ancora una volta Alitalia perché, a causa della sostituzione dei biglietti operata all’andata, i nostri nomi non figurano nella lista e questo ci costringe ad una lunga attesa.

Il viaggio è stato faticoso (soprattutto a causa dei disservizi aerei per i quali ho già formulato richiesta di risarcimento alla compagnia di bandiera) ma l’esperienza è stata davvero positiva.

Perfetta l’organizzazione del tour operator e molto bella la prima parte del viaggio, quella dedicata alla scoperta dell’anello d’oro, che consiglio vivamente.

Certo i tempi sono cambiati, rispetto al periodo sovietico: all’epoca ricordo che persino le addette ai banchi accettazione vestivano una sorta di divisa militare.

Sempre negli anni ’80 imperava il cambio nero che oggi, invece, è scomparso anche perché le città – Mosca in particolare – sono piene di sportelli bancari: la gente, invece, sembra sempre la stessa anche se si nota un evidente cambiamento nell’abbigliamento oltre al fatto che non si vedono più le file di un tempo fuori dai negozi.

Il fascino della vecchia Russia, comunque, si ritrova ancora nei centri più piccoli mentre la capitale è diventata, ormai, molto simile ad una qualunque capitale europea.

Buon viaggio e dosvidanija.

Giovanni



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