Vi presento il Conte Cesare Mattei e la sua Rocchetta

Benvenuti! Un viaggio nella storia e nella magia, alle porte di Bologna
AgnesReggio, 22 Gen 2020
vi presento il conte cesare mattei e la sua rocchetta
Sull’Appennino Tosco Emiliano, seguendo la Porrettana n. 64, uscite dalla strada principale dalle parti di Riola arrivando fino a Grizzana Morandi nel comune di Savignano e troverete ad attendervi una visione… Un incrocio tra il castello di Disney e quello del mago di Oz! Cosa sarà quel posto incantato pieno di guglie acuminate, di torrioni con antenne ad ogni angolo e campanili orientaleggianti? È la Rocchetta Mattei famosa per il suo proprietario e costruttore mago e stregone, visitato da principi e reali, inventore della medicina elettromeopatica, eclettico e stravagante personaggio divenuto un guru per gli indiani dell’India: il conte Cesare Mattei.

Ricordo bene l’impressione che mi fece quando da piccola i miei mi portarono a vederla: era il castello delle fiabe diroccato e abbandonato, solitario e improbabile. Più che la dimora di un regno fantastico, ricordava il palazzo della Bella Addormentata dopo che la ragazza si era punta col fuso e stava immobile nel suo letto ad aspettare che il principe la svegliasse dopo anni e anni di sonno. Anche la Rocchetta Mattei è stata risvegliata, non proprio da un principe ma da una banca: la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, perché più che un principe ci voleva il denaro per riportarla allo splendore! Il principe azzurro, in questo caso, è stato interpretato dall’ex magnifico rettore dell’Università bolognese, Roversi Monaco, che è stato il sostenitore dell’impresa. Ci hanno lavorato artigiani e restauratori, come la restauratrice Marietta Parlatore del laboratorio degli angeli, ed ora la Rocchetta Mattei è un luogo pronto ad ospitare progetti ed eventi. Così, dopo averla vista diroccata, sgarrupata, impolverata, con il fascino della decadenza e dell’abbandono che ti fa immaginare cosa poteva essere e ti fa sentire il tempo passato immaginando fasti che non ci sono più, ora sono tornata a visitarla invitata da Marco Melluso e Diego Schiavo, registi e autori di una docucommedia che hanno girato proprio lì, raccontando la storia del conte Mattei: il Conte Magico.

Il Conte Mattei, il conte magico

Il Conte Mattei realizza la Rocchetta in una decina di anni e ci va a vivere nel 1859. Lì muore a 86 anni nel 1896 e viene inumato in un sarcofago disegnato da lui stesso dove aveva fatto scrivere una frase particolare, ancora oggi criptica ma significativa. Una frase che parla della grandezza dell’universo e in un impeto di afflato universale, per una volta, senza che sia citato il suo nome: “Le stelle sono tanto lontane che solo un raggio arriva a noi pur correndo la luce a 299.792 km al secondo. L’orbita annuale della terra attorno al sole e di 216 milioni di km. Vista da quelle stelle sarebbe un punto e noi uomini, atomi di questo punto dell’universo. ci vantiamo di essere.”

Si dice che al suo funerale abbiano partecipato 4000 persone, in parte per gratitudine verso di lui e in parte perché all’epoca si usava dare un obolo ai partecipanti. Ma chi fosse e come venisse considerato all’epoca e poi ricordato vale la pena di raccontare. Intanto come arrivò lì, lui che era di una famiglia facoltosa della bassa, di Budrio? La cognata aveva possedimenti in zona, lui la venne a trovare e sentì che qui c’era molto magnetismo, ne percepì l’aspetto magico. E forse la zona è effettivamente particolare: questo è un posto strategico, qui ci sono le montagne azzurre, così chiamate dagli Etruschi perché appaiono azzurre per un particolare gioco di luci. Qui svetta Monte Ovolo che alla sua sommità ha un santuario antico legato alla dea primordiale Pale, famoso al tempo delle crociate perché questa era la strada che facevano i crociati e i templari per andare in Terrasanta. Poi c’è Rocca di Vigo, con una chiesetta incastonata nella roccia, e anche monte Vigese, a forma di piramide, cosa che per il mistero non manca mai. Dove ora c’è la Rocchetta prima c’era un castello matildico, la Granduchessa passava di qui per recarsi a Roma nelle sue numerose visite al Papa, suo amico. Qui nel Medioevo c’erano gli alchimisti, al castello di Costonzo, che oggi è patrimonio del FAI e si può visitare e che, a differenza della Rocchetta, è perfettamente conservato nel suo aspetto antico del 1300. Lì nacquero le prime medicine e rimedi… il nostro conte, quindi, ha proseguito quell’opera.

Il conte Mattei però non era esattamente conte. Lo diventò perché la sua famiglia regalò a Papa Pio IX una proprietà nel ferrarese. Non era neppure medico, ma autodidatta: si dedicò alla medicina per via della mamma, malata di un brutto male, che non era stata curata dai medici allopatici dell’epoca. Si appassionò così alla medicina alternativa, oggi si direbbe all’omeopatia, ma non solo: aggiunse un ingrediente il cui segreto ha portato con sé! Qualcosa che ha a che fare con l’energia che lui chiamò elettromeopatia.

L’elettromeopatia

Il conte inventore dell’elettromeopatia voleva ospitare alla Rocchetta gente che veniva da tutto il mondo, la voleva ospitare proprio qui per via di quell’energia particolare che aveva percepito nella roccia alla quale era addossata tutta la Rocchetta. I preparati erano tutti nella Rocchetta piena di antenne, nella torre delle visioni. Sicuramente l’elettricità veniva da lì. Io non sono estranea a questa idea: quello sarà un punto particolare legato al magnetismo terrestre, ci sono dei meridiani della terra, così come nel nostro corpo, dove l’energia affiora e forse questo luogo è uno di questi. La Rocchetta, la sola costruzione che fece fare il conte Mattei, era collegata ad altri villini di lusso sparsi per il paese. Insomma era una specie di “ospedale di lusso”, un borgo diffuso! Effettivamente divenne famosissimo e vennero qui personaggi importantissimi: lo Zar di Russia, la principessa Sissi, i reali italiani, Dostoevskij, ma anche tanta gente normale, addirittura gente povera alla quale il conte regalava i rimedi. L’attesa per farsi ricevere dal conte era lunga, forse anche perché i benefici erano nella stessa natura del luogo che sprigionava la famosa energia, poi il conte li visitava e dava loro i fluidi e i granuli. Il conte però univa a questo un segreto, forse la stessa energia particolare emanata dalla montagna? Non si sa, il suo segreto è scomparso con lui, non lo passò neppure a Mauro Venturoli che lo salvò da un danno finanziario. E neppure a Maria, la bambina avuta quando lui aveva già 80 anni da Agrippina, la sua “badante” fidata e fedele.

Al conte piaceva fare feste e pranzi, aveva una sala della musica, amici come Rossini e persino un giullare di corte. Si arricchì con i suoi rimedi e aveva depositi distribuiti in tutto il mondo… Ancora oggi in India è considerato un guru e ancora viene distribuito il suo rimedio con la sua foto sulla bottiglia. Quando arrivano i suoi adepti a visitare la Rocchetta è come un pellegrinaggio, per loro entrare alla Rocchetta è come entrare in un tempio e non si fa fatica a crederlo viste le architetture indiane!

La Rocchetta

La Rocchetta è un’enorme scenografia! E si può ben dire, soprattutto dopo il restauro fatto usando materiali poveri, dove la pittura ricostruiva scene da teatro. La cappella dove c’è il sarcofago del Conte è la riproduzione della Meschita di Cordoba. È significativa perché da qui si vede come la Rocchetta sia tutta una scenografia fatta di materiali poveri: compensato, cartongesso, cartapesta, anche i mosaici sono dipinti che simulano il mosaico, i capitelli simulano il marmo, i soffitti sono tele dipinte e così via…

Il cortile che accoglieva gli ospiti era la copia esatta, in piccolo, del cortile dell’Alhambra a Granada, con la fontana al centro e le scritte in arabo sugli architravi. In questo caso però le piastrelle arrivavano veramente da Siviglia, anche se la maggior parte delle decorazioni erano prodotte in una fornace della zona fatta aprire apposta dal conte. Gli arredi sparirono negli anni di abbandono, ma la cosa più importante che aveva il conte era la sua biblioteca, composta da numerosissimi volumi… Volumi importanti, anche perché il conte era autodidatta e a tutti noi piacerebbe sapere cosa leggesse…