Brasile: dal Sertao alle spiagge di Rio

Per la prima volta in Brasile abbiamo scelto il Nord-Est, Fernando de Noronha e Rio de Janeiro
Scritto da: pipa61
brasile: dal sertao alle spiagge di rio
Partenza il: 18/10/2013
Ritorno il: 16/11/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

BRASILE: DAL SERTAO ALLE SPIAGGE DI RIO

Dopo aver tanto letto, abbiamo deciso di fare la prima parte del viaggio con un’agenzia del posto soprattutto per risparmiare tempo e vedere quanto più possibile. Ci è costato un po’ di più ma siamo riusciti a vedere tantissimo senza tempi morti e non è facile in una regione in cui gli spostamenti dipendono molto dalle maree, in cui ci sono pochissime strade e le infrastrutture sono assai carenti. Ci siamo. per così dire, scapicollati in jeep con autista attraverso gli stati del Maranhao, Piauì, Rio Grande do Norte, Paraiba e Pernambuco. Le tappe le seguenti: Sao Luis, Barreirinhas, Lencois Maranhenses, navigazione del Rio Preguicas con soste a Vassouras, Mandacaru e Cabure’, Parnaiba e navigazione del Delta das Americas, e stupendo trasferimento lungo(6 ore) in 4×4 fino a Jericoacoara. Paesaggi surreali con denominatore comune sabbia di un bianco accecante e tanto, tanto vento, soprattutto a Jeri. In certi momenti ci siamo trovati completamente soli con la natura e se non fosse stato per l’autista che ci descriveva i posti che incontravamo lungo il tragitto, per noi potevamo essere anche sulla luna. Primo problema pratico da sottolineare visto che a noi ha creato tanti problemi:l’acquisto della valuta locale! Sembra una sciocchezza, ma dopo tre giorni senza un singolo real ero diventata isterica. Purtroppo le coincidenze aeree fino a Sao Luis erano tutte strette, e quando finalmente siamo arrivati, erano ormai le 22.00 e non era proprio il caso di avventurarsi a cercare un bancomat di notte. A primo acchito la città, patrimonio dell’Unesco, ci è sembrata un po’ squallida, buia e deprimente, ma il tassista che ci accompagnava in albergo, forse vedendo le nostre facce, ci ha informati in una lingua assai “oscura” che per nostra fortuna era venerdì e c’era movimento. Così, sistemati i bagagli, abbiamo deciso di uscire per farci un boccone e prendere confidenza con questo nuovo paese in cui non eravamo mai stati. Abbiamo constatato che il movimento era costituito per lo più da una baraonda di giovani che si accalcavano intorno a gruppi musicali estemporanei che tutti insieme facevano un baccano infernale. Molti di questi giovani si trovavano di spalle e guardavano fissi il muro mentre continuavano a chiacchierare tra loro. Poi abbiamo capito che i muri del centro velho di Sao Louis erano un gigantesco orinatoio comune. Stravolti dal lungo viaggio e anche un po’ intimoriti dalle facce che ci attorniavano, ci siamo fiondati nel nostro albergo centrale rimandando il cambio della valuta al giorno dopo.

Il giorno seguente però ci hanno prelevati alle 8.00 e quindi abbiamo per forza dovuto aspettare l’arrivo a Barreirinhas (6 ore di viaggio abbastanza allucinante di sballottamento vario su piste disastrate). A questo punto e’ necessario fare chiarezza su un punto: i brasiliani sono molto gentili tanto da cercare in tutti i modi di aiutarvi anche quando non hanno idea di cosa cerchiate e tanto meno di dove questa fantomatica cosa si trovi. Vi diranno con grande sicurezza “tranquilli insieme risolveremo tutto” per poi puntualmente eclissarsi come se niente fosse. Insomma la guida prima ci ha detto che la “caixa elettronico” si trovava in centro e che ci avrebbe accompagnati e poi ci ha abbandonato come due salami. Soltanto finito il tour degli stupendi Lencois Maranhenses, con la coda dell’occhio intravediamo vari bancomat del Banco do Brasil e ci ripromettiamo di tornarci con le nostre preziose tesserine elettroniche. Non si può andare in giro senza la possibilità di comprare neanche una bottiglia d’acqua! Armati di tutto punto ci presentiamo di fronte a uno dei sedici sportelli circa e sorpresa delle sorprese il primo disgustato ci risputa la tessera bancomat. Proviamo con il postamat e un’altra cassa fa lo stesso. Con la morte nel cuore e la coda tra le gambe torniamo alla pousada sconfitti. Per nostra fortuna molti esercizi in Brasile, anche nei posti più sperduti, accettano carte di debito e credito, altrimenti in questi primi giorni saremmo morti di fame e di sete. Non ancora dati per vinti chiediamo alla reception della pousada se cambiano euro ma senza successo. Chiediamo come mai i bancomat non funzionano e ci guardano come se fossimo marziani. Alla fine, lampo di genio, interroghiamo internet con le parole chiave Barreirinhas e bancomat. Salta fuori una tizia che suggerisce di provare con la carta di credito in varie casse fino a trovare quella magica. E così siamo riusciti a prelevare i primi reals dopo ben tre giorni. Finalmente sono anche riuscita a slurparmi diversi sucos e vitaminas con i miei adorati spiccioli. Cambiate subito qualche spicciolo in valuta locale, non ve ne pentirete. Le tessere Bancomat, come dice la saggia Lonely Planet, funzionano solo a quattro cifre, peccato che in Italia vengano emesse solo con PIN di cinque numeri. Le carte di credito invece, funzionano soltanto in qualche sportello automatico. Fortunatamente abbiamo le carte di credito e il tempo per fare i tentativi. Fine dell’inciso.

Alla fine tour ci facciamo il meritato riposo marino nella sperduta Jericoacoara. Il percorso per arrivarci e’ stato stupendo, strade semisommerse dalla sabbia, piste accidentate che solo l’autista riusciva a distinguere nella sterpaglia, corse sulla battigia di spiagge infinite e diversi attraversamenti di fiumi con chiatte una delle quali spinta a mano. E dopo la tanta solitudine del “Sertao” e numerosissimi asini, ecco che si profila all’orizzonte questa oasi tra dune e mare. Sorpassiamo il cartello “benvenuti nel parco nazionale di Jericoacoara” e scopriamo la Jerì di cui abbiamo tanto letto. Forse dopo tutto quel silenzio e “sperditudine” e’ arrivata un po’ come un pugno nell’occhio perché ho trovato che sia un tantino rumorosa per via delle molte dune buggies che scorrazzano in giro sulle sue strade di sabbia. Non parliamo poi della pubblicità fatta con gli altoparlanti dalle macchine che secondo me stonano e rovinano l’atmosfera di questo gioiellino sperso nel nulla. Davvero unico e prezioso a patto di avere buone gambe per raggiungere l’acqua quando il mare si ritira (ma davvero tanto!) per la bassa marea e di avere una postura solida e resistente per il vento micidiale, costante e fortissimo. Sicuramente il paradiso per gli amanti del wind surf e del kite surf, un po’ meno per gli “anzianotti” in cerca di una spiaggia da spaparanzo. Comunque sicuramente un posto unico al mondo, assolutamente da vedere e di cui difficilmente mi dimenticherò. A malincuore dopo quattro giorni trascorsi tra bagni, tramonti, mangiate e tanto sole siamo dovuti ripartire perché il 27 avevamo l’agognato volo per Fernando de Noronha la cosiddetta isola paradisiaca per antonomasia del Brasile. E qui c’è stato il primo inghippo. Da Jeri si parte o con il Fretcar che costa 70 reals e impiega 6 ore per Fortaleza oppure con le costosissime dune buggies che impiegano 4 ore per 450 reals. Visto che già avevamo speso abbastanza per il tour del nord este, abbiamo deciso di economizzare e ci siamo visti costretti a lasciare Jeri sabato mattina alle sei per un aereo che avremmo preso solo alle 22.25 a Fortaleza per Natal.

Arrivati a Natal alle 21.25 abbiamo aspettato fino alle 10.25 del giorno dopo! Ben 27 ore senza chiudere occhio. Sono riuscita a leggermi un libro intero di fila. Dopo tanta sofferenza, verso mezzogiorno abbiamo visto all’orizzonte l’isola di “Robinson Crusoe” e, una volta toccato il suolo, senza pensarci tanto mi sono fiondati a letto per dormire fino all’indomani. Prima però abbiamo dovuto subire la trafila dell’ingresso a FDN. DaIl’aeroporto si accede “ufficialmente all’isola. Innanzitutto sembra che non siano ammesse più di un tot di persone al giorno(circa 400) per motivi di protezione ambientale e che bisogna pagare una tassa di soggiorno fissa di 15 euro a persona al giorno. La stessa tassa cresce in maniera esponenziale a seconda della durata del soggiorno. Inoltre Fernando de Noronha è per tre quarti un parco protetto e quindi per accedere a molte spiagge che ne fanno parte è necessario pagare un “abbonamento” di 50 euro. Se si considera che il volo dal continente, se non prenotato con largo anticipo(noi l’abbiamo comprato a giugno per novembre) può arrivare a costare anche oltre 800 euro, si capisce come mai l’isola diventi un posto esclusivo e come diventi il sogno illusorio per un lussuoso viaggio di nozze spesso non proprio alla portata di tutti. Inoltre i prezzi sull’isola sono pressoché raddoppiati e mangiare nei ristoranti non è affatto economico. Poi, una volta in loco, abbiamo scoperto che non sempre questo numero fisso viene rispettato e che quindi nei periodi delle festività si può arrivare al tutto completo. In compenso però si hanno un’acqua limpida e pulitissima e un ambiente naturale veramente selvaggio e intatto. Non esistono strutture turistiche sulla spiaggia e, quindi per vivere l’isola appieno servono buone gambe e l’accortezza di portarsi dietro i viveri. Sull’isola funziona un unico autobus a 1 euro a tratta e si può, volendo, noleggiare una buggy, ma sappiate che a parte Baia Sueste, tutte le spiagge richiedono sfacchinate che variano dai 15 minuti a delle ore. Poiche’ il primo giorno non avevamo voglia di organizzarci troppo, abbiamo chiesto informazioni su come raggiungere la spiaggia più vicina e siamo arrivati a Praia Cachorro. Pensavo che essendo la più vicino al centro abitato più “grande”, fosse anche la più affollata e di conseguenza la meno pulita. Abbiamo scoperto che invece, mentre si ha l’impressione di nuotare in una piscina contornata da rocce nere dalle forme più bizzarre, di folla non se ne incontra davvero mai, anzi in certi momenti o in certi luoghi capita davvero di essere gli unici esseri viventi. Contrariamente a quanto viene da pensare, non è la classica isola tropicale da cartolina(siamo sempre vicini all’equatore), anzi puo’ lasciare delusi perché è piuttosto un’isola oceanica che in alcuni punti fa pensare all’Irlanda. Noi che non volevamo lasciarla senza fare le immersioni siamo rimasti un po’ delusi dall’esperienza perché abbiamo visto una barriera corallina abbastanza mediocre e una varietà di pesci limitata. I racconti di altri sub ci parlavano invece di esperienze meravigliose. Probabilmente ci hanno portato in un sito così così o siamo stati semplicemente sfortunati. Abbiamo però fatto un uscita in barca e siamo sempre stati accompagnati da una folta schiera di delfini saltellanti mentre in cielo volavano numerosi uccelli endemici dell’isola che si tuffavano in continuazione alla ricerca di pesce. A Baia Sueste bisogna andare almeno una volta, perché è assicurato anche a pochi metri dalla riva l’avvistamento di squali, razze, torpedini nonché di numerose tartarughe che hanno scelto questa zona per alimentarsi e per riprodursi. La spiaggia in se non è niente di che, anzi può anche sembrare sporca a causa delle alghe. Un giorno abbiamo deciso di visitare la famosa piscina naturale di Atalaia. Si può fare anche in autonomia richiedendo il permesso all’ente competente dell’isola e prenotando la visita. Così si risparmiano anche 50 euro. Basta arrivare all’ora prestabilita all’inizio del sentiero(km 1,5)che porta alla piscina, partecipare al briefing e poi immergersi. Si entra in gruppo e si rimane soltanto per 30 minuti. Contrariamente a quanto pensavamo, la piscina ha pochissima acqua e si fa fatica a non sfiorare il fondo con il corpo. L’acqua bassissima ti permette di apprezzarne la trasparenza e il colore della vita sottomarina, ma sinceramente ci aspettavamo qualcosa di più. Forse siamo stati ancora una volta sfortunati, perché il gruppo prima di noi ha avvistato diversi squali. In conclusione l’isola è comunque molto bella, ma resta il fatto che le nostre aspettative non sono state pienamente soddisfatte e l’abbiamo lasciata con la sensazione che sia davvero un pochino sopravalutata anche per giustificare i costi del soggiorno. A nostro avviso, pur essendo molto bella non riesce a competere con tanti posti che si possono trovare ai Caraibi, in Oceania o nel mar cinese.

Da FdN con l’aereo di mezzogiorno raggiungiamo Recife nel pomeriggio. Dopo aver consultato la Lonely Planet, non paghi del mare, decidiamo di visitare la costa dello stato dell’Alagoas che si dice abbia tra le più belle spiagge del Brasile. Decidiamo per Maragogi dove la barriera corallina è molto vicina alla costa e dove si trovano las Piscinas Naturais. Il problema è che raggiungere questo paesino di mare non è molto semplice. Bisognerebbe dormire in aeroporto e aspettare l’autobus del giorno dopo. Visto che Recife è considerata la città più pericolosa del Brasile e grazie all’aiuto di una ragazza gentilissima di un’agenzia turistica locale, contrattiamo un trasferimento in taxi per Maragogi a 300 reals. Non proprio economico, ma a questo punto non abbiamo più voglia di tempi morti in aeroporto. Dopo un lunghissimo trasferimento a 30 all’ora con un autista molto probabilmente ipovedente, ci fermiamo nella prima pousada che incontriamo. Per 40 euro circa dormiamo in una topaia da cui fuggiremo il giorno dopo. Maragogi è davvero un mini-paesino che si trasforma in una Rimini in miniatura il sabato e la domenica quando affluiscono orde di turisti provenienti da Maceio per vedere queste piscine. Il tempo che troviamo non è dei migliori e questo toglie molto al panorama che almeno in foto vede distese di acqua azzurra che lambisce spiagge candide con un infinità di palme piegate dal vento. Ci godiamo ad ogni modo le lunghe passeggiate sulla sabbia e notiamo, come in ogni parte visitata del Brasile, la notevole differenza tra l’alta e la bassa marea. Soltanto il secondo giorno visitiamo le piscine(visibili poco a largo con la bassa marea), ma niente di che, trattasi di banchi coralliferi scuri che nulla hanno a che vedere con quelli per esempio del mar rosso e dove c’è la presenza quasi esclusiva di un pesce monocolore che fa da sfondo a tutte le fotografie. Forse i tre giorni dedicati a questo posto un po’ lontano da tutto sono stati troppi, ma ormai siamo abituati all’ambiente solitario e assolutamente sicuro di questa parte nordestina del Brasile e la poca “folla” e il girare in tutta tranquillità e molto easy è quasi diventata la norma. Ma ormai è tempo di dedicarci alla perla e città simbolo di questo paese: Rio de Janeiro. Prima di partire avevamo deciso che dopo la prima settimana di tour organizzato dall’Italia il resto sarebbe stato fatto all’impronta della improvvisazione. A questo punto rimangono una decina di giorni e incominciamo a metterci fretta per poter dedicare almeno una settimana piena a Rio. Visto che si tratta di una città di sedici milioni di abitanti, visitarla richiede un minimo di organizzazione e tramite internet ci mettiamo alla ricerca sia del volo che della sistemazione in albergo. In Brasile il collegamento con internet è riuscito molto più difficile di quanto previsto, anzi possiamo senza dubbio affermare che tra le località toccate abbiamo sempre avuto difficoltà se si esclude Rio. Sorprese delle sorprese siamo riusciti incredibilmente a trovare un internet point in un posto sperduto come Maragogi. Non sappiamo cosa avremmo fatto se non lo avessimo trovato. Compriamo così il volo e prenotiamo l’albergo ad Ipanema e concordiamo un passaggio in pulmino fino all’aeroporto di Recife. Il tragitto, nonostante fossimo gli unici passeggeri, ci è costato meno dell’andata ed è stato fatto con un mezzo più efficiente e, cosa più importante ancora, con un autista molto più bravo. Molto più difficile è stato prenotare un volo Recife-Rio de Janeiro a un prezzo conveniente. Dopo innumerevoli tentativi presso la compagnia Tam brasiliana, che aveva dei prezzi buoni a orari accettabili, abbiamo dovuto desistere, poiché alla fine della transazione ci veniva richiesto il codice fiscale, che ovviamente non veniva riconosciuto. Soltanto dopo aver ripiegato sull’Expedia e pagando il supplemento richiesto, mi è venuto in mente che chiedendo invece la pagina in inglese del sito della Tam, non sarebbe stato richiesto alcun codice fiscale. Eppure ci era capitato un caso del genere in precedenza! Sarà per la concitazione, sarà per la paura di sprecare tempo prezioso, sta di fatto che abbiamo pagato in più per il volo ed abbiamo dovuto prenderlo intorno alla mezzanotte per risparmiare. Così finalmente arriviamo all’agognata Rio e abbiamo fissate solo tre notti di permanenza presso l’Arpoador Inn di Ipanema. Prima di partire, avendo letto recensioni positive, avevamo optato per l’Hotel Ipanema, ma trovandolo pieno abbiamo poi ripiegato su quest’ultima sistemazione di media categoria. Il prezzo certamente non era “medio” per un tre stelle, ma Ipanema, si sa, è molto cara. Inoltre si trattava di una zona molto sicura con una forte presenza delle forze dell’ordine, cosa che a Rio non è affatto trascurabile. Nonostante i circa 140 euro a notte, siamo stati molto felici della scelta. Innanzitutto la posizione: attaccato all’Arpoador, zona famosa dei surfisti e direttamente sulla spiaggia a differenza di tutte le altre sistemazioni della zona, dalle quali per accedere alla spiaggia è necessario attraversare la strada. Poi la cortesia e l’estrema disponibilità del personale. Le camere non erano niente di che e neanche il panorama, dato che le finestre davano su un cortile interno, ma non era necessario; bastava uscire per trovarsi già sulla famosa passeggiata e quasi direttamente in acqua.

Arrivando a Rio di notte mi aspettavo di vedere già in volo le migliaia di luci di questa megalopoli ed invece dai finestrini non si vedeva quasi nulla. Presto avremmo risolto il dilemma: eravamo capitati nel momento in cui si stava scatenando l’inizio di un diluvio universale! Di conseguenza è esploso anche il dramma del viaggiatore fantozziano perseguitato dalla famosa nuvola. Via a controllare le previsioni del tempo che non promettevano nulla di buono (qui internet finalmente funzionava abbastanza bene) e via a chiedere al personale della reception cosa diavolo avremmo potuto fare con quel condizioni metereologiche. E questi poveretti che dispiaciuti per noi ci consolavano dicendo “Rio is really horrible with this weather, but you can visit museums and shopping centres”. Che non sia mai che ci riduciamo a visitare musei(quanta storia può avere il Brasile?) e tantomeno centri commerciali dopo un viaggio di 9000 km di volo! Così dopo innumerevoli imprecazioni e pianti… siamo andati nei shopping centres e a… riempirci la pancia. Fortunatamente il diluvio è durato solo due giorni e noi ne avevamo ancora sei per esplorare Rio. Così il terzo giorno quando il receptionist, nonostante le previsioni nefaste, ci ha assicurato che non sarebbe più piovuto, ci siamo fiondati in spiaggia per “assaggiare” l’oceano. Per i miei gusti quell’acqua era il massimo, fredda intorno ai 21 gradi e tante, tante onde. Sicuramente molto diversa dal nord-est e da Fernando de Noronha. Spiagge bianche con sabbia “schricchiolante” ma soprattutto spiagge cittadine pulitissime, dove nonostante la folla nei momenti di maggiore calura, non ci si trovava mai accalcati l’uno sull’altro. Gli ombrelloni e le sdraio si affittavano per 5 euro soltanto e quando si decideva di andarsene venivano tolte dalla spiaggia. Così non si vedevano scene tipo stile stabilimenti di Rimini in agosto e la spiaggia era sempre libera. Inoltre se si aveva bisogno di uno spuntino passavano in continuazione venditori urlanti di biscotti, bibite, gamberoni, cocco etc.etc. Passavano anche venditori di formaggio cotto alla brace muniti di mini-bracieri personali e di altri articoli, ma non erano invadenti, anzi bisognavi chiamarli per acquistare il prodotto. Insomma sole, mare e svacco totale. Si è però pensato che dopo le panciolle in spiaggia, bisognava anche visitarla questa Rio e quindi ci siamo organizzati per i giorni successivi. Dato che ancora non avevamo familiarizzato con gli autobus e la rete metropolitana di Rio, abbiamo acquistato un pacchetto per visitare il Cristo Redentore e il Pan di Zucchero. Si può sicuramente fare in autonomia, ma specialmente per il primo, essendo un gruppo(circa 10 persone), abbiamo potuto saltare enormi file e risparmiare molto tempo. Sono tappe imperdibili e splendide anche se noi le abbiamo viste con la “nebbia” lasciata dal diluvio. Avessimo aspettato un giorno avremmo sicuramente avuto una visione molto più nitida e soleggiata di questa città città meravigliosa. Il secondo giorno di sole pieno abbiamo fatto un giro in barca nella famosa baia di Guanabara dove abbiamo potuto osservare lo skyline della città arrivando fino a Niteroi con il suo spendido Moma del famoso architetto Nieymeyer. Il terzo abbiamo visitato il Jardim Botanico, veramente vasto e notevole quanto a varietà di piante e fiori e la Lagoa, polmone verde e tranquillo di Rio, dalla quale all’imbrunire è sbucato un Capibara che a momenti non ci faceva scappare dallo spavento. Così tra bagni e passeggiate ogni giorni ci siamo messi alla scoperta di un quartiere di questa grande città, che ci è sembrata molto più vivibile e sicura di quanto si pensi. Forse siamo stati solo fortunati, (risale solo a qualche giorno fa il racconto di una rapina a mano armata in pieno centro ai danni di un turista), sta di fatto, che tutte le precauzioni che avevamo preso ci sono sembrate esagerate. Quindi molta cautela ma niente terrore. Abbiamo visto il mercato Feira Nordestina a Sao Cristovao, il quartiere trendy di Lapa con la famosa Escada Selaron, Leblon, Santa Teresa, Centro, Botafogo, Catete, Cinelandia, Cosme Velho, Flamengo, Gloria, Leme, Maracanà, Tijuca e Urca con la sua splendida passeggiata piena di mini-scimmiette vicino a Praia Vermelha. Il tempo trascorso, spesso girando a piedi, grazie al sole e a una temperatura sempre gradevole per la costante brezza è volato via e alla sera ci siamo dedicati a assaggiare le specialità culinarie brasiliane tra cui il churrasco. Forse sembrerà molto turistico, ma abbiamo fatto anche un “favela tour” soprattutto perchè con i proventi derivanti da questa attività vengono promosse delle iniziative a favore della popolazione meno fortunata della città. Senza alcunché di morboso abbiamo visto anche questa realtà grazie all’aiuto di una guida molto competente e siamo riusciti a comprendere anche se solo in minima parte, l’aspetto stridente del divario ricchezza-povertà che tanto contraddistingue questo paese. Le favelas sono moltissime e di notte sembrano tanti alberi di natale abbarbicati sulle colline intorno alla città. Sono tante le persone che vi vivono e che si possono tranquillamente trovare sulle spiagge più famose. Eppure la consapevolezza di questa ingiustizia sociale non riesce a sminuire il fascino che la città emana.

Da bravi turisti, l’ultimo giorno, proprio per non avere dei tempi morti prima dell’imbarco, abbiamo pensato bene di fare una gita fuori porta e precisamente a Angra dos Reis per visitare la baia delle 365 isole a due ore da Rio. Caso vuole che la gita si sarebbe fatta nel giorno della indipendenza brasiliano, cosa che abbiamo scoperto troppo tardi. Troppo tardi abbiamo scoperto che saremmo stati in 50 tutti imbarcati su un pullman gran turismo e che saremmo poi stati tutti stipati su una barca. Il posto in se e il tragitto per arrivarci lungo la meravigliosa Costa Verde forse avrebbe meritato in un giorno normale, ma quel giorno sembravamo tante sardine alla deriva, tra musicisti improvvisati e marinai che volevano farci ballare a tutti i costi, farci spendere a tutti i costi e anche farci ubriacare a tutti i costi così avremmo speso di piu’. Un tour de force per visitare una località che sinceramente sconsigliamo, perché pur non avendole viste, crediamo che Arraial do Cabo o Paraty siano molto più belle. In più su due isole dove ci hanno fatto “sbarcare”(noi ci siamo rifiutati) c’era una densità di 40 persone per metro quadrato:UNA FOLLIA.

CURIOSITA’ tra il serio e il faceto

1) in Brasile è molto difficile comunicare in quanto parlano soltanto il portoghese, o meglio brasiliano stretto; nessuno vi comprenderà se tentate di parlare in qualsiasi altra lingua, nemmeno in spagnolo, e qualora malauguratamente vi capissero, voi stessi non riuscirete mai e poi mai a capire cosa vi rispondano, neanche cercando di interpretare il linguaggio mimato. A pensare che la lingua scritta è comprensibilissima! Ancora non riesco a capire come le parole, tra “r moscie”, “h aspirate”, “d” che suonano “gi”, “t” che suonano “ci” e non so cos’altro, possano uscire così tremendamente storpiate

2) nel nord meno turistico le vie dei paesi non hanno nome o se lo hanno non troverete le indicazioni scritte, formano tutte un reticolato uniforme, cosicchè è facilissimo perdersi poiché non ci sono punti di riferimento; se si aggiunge che la illuminazione è scarsissima e bassissima figurate voi. Noi a Parnaiba ci siamo persi a 500 metri dalla pousada e dopo aver chiesto informazioni a un simpatico signore in bicicletta munito di un inquietante machete(chissà a cosa gli serviva?) e non aver capito una singola parola delle indicazione che ci dava con grande profusione di gesti, ci siamo allontanati in preda alla piu’ profonda depressione e vergogna, per vedercelo arrivare alle spalle dopo un po’(sempre con il machete) ed accompagnarci come due bambini deficienti che hanno perso la mamma

3) il concetto di sito storico in brasile è molto vago; spesso vedrete palazzi “storici” veramente malandati dove il concetto di restauro è assai approssimativo

4) specialmente nel nord-est, ma anche a Rio, i marciapiedi sono molto pericolosi, perché, quando esistono, sono inframezzati da vere e proprie voragini o sono molto sconnessi per cui bisogna prestare particolare attenzione a dove si poggiano i piedi

5) il popolo brasiliano è generalmente simpatico, generoso e cercherà sempre di rendersi utile anche quando non capisce bene di cosa abbiate bisogno;, spesso fa delle promesse che non riuscirà a mantenere ma non risponde mai di no; ”domani risolviamo insieme” significa ”domani se mi trovate e se ho tempo forse troviamo la soluzione”

6) abbiamo sempre incontrato persone oneste che non cercano ad ogni costo di spulciare il turista in quanto tale; l’unica eccezione è stato forse un unico tassista che ha fatto un giro un po’ troppo “lungo”a Rio de Janeiro

7) a Rio sembra imperare il detto “se non fai jogging non sei nessuno”; assolutamente a qualsiasi ora e su qualsiasi tracciato che abbia la parvenza di una pista noterete sempre delle persone correre dalle piu’ giovani alle più anziane; questa fitness-mania lascia un senso di colpa che con il passare dei giorni diventa sempre più pesante (della serie ogni mattino lo specchio manda un riflesso sempre piu’ grasso e floscio di se stessi)

8) la puntualità è un concetto abbastanza elastico in Brasile; alla nostra domanda preoccupata circa l’arrivo di un tassista contattato direttamente dall’albergo appena un’ora prima, lo stesso personale dell’albergo ci avvisava di non fidarsi e di fermarne uno il prima possibile; una gita che doveva durare dalle otto del mattino fino alle cinque del pomeriggio si è protratta fino alle nove di sera mettendoci nel serio pericolo di perdere l’aereo per il ritorno in Italia; soltanto grazie alla eccellente guida di un tassista da noi sopranominato “Senna”siamo riusciti a prendere il volo(a pensare che non voleva neanche accettare la mancia!!).

L’insieme di queste carinissime peculiarità, la splendida natura del paese e il fatto che molti posti non sono ancora stati invasi dal turismo di massa, mi ha lasciato addosso la voglia di ritornare per visitare quelle moltissime cose che con il tempo a disposizione non ho potuto vedere, non senza aver prima fatto un super-corso intensivo di brasiliano parlato e figurato.

Tchau Brasile!



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