Al ritmo di ozio e merengue

L’arrivo all’aeroporto di Punta Cana mi ha fatto sorridere. Scendiamo dalla scaletta del Boeing Air Europe e ci troviamo a pochi passi da una capanna. Quella capanna è l’aeroporto. Ho pensato: ”Mancano solo le signorine con le ghirlande di fiori che ti danno il benvenuto”: mi sbagliavo: c’erano anche quelle,...
Scritto da: Marta Panigone
al ritmo di ozio e merengue
Partenza il: 06/08/2001
Ritorno il: 13/08/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
L’arrivo all’aeroporto di Punta Cana mi ha fatto sorridere. Scendiamo dalla scaletta del Boeing Air Europe e ci troviamo a pochi passi da una capanna. Quella capanna è l’aeroporto. Ho pensato: ”Mancano solo le signorine con le ghirlande di fiori che ti danno il benvenuto”: mi sbagliavo: c’erano anche quelle, decise a farti una foto per poi rivendertela nel triste e malinconico momento della partenza. L’estenuante coda alla dogana e al ritiro bagagli mi ha fatto sorridere molto meno. Valigie alla mano partiamo in autobus alla volta del Coco Bavaro Hotel, dove trascorreremo una settimana (dal 6 al 13 agosto).

Il villaggio, gestito da Veratour, dista circa 20 minuti dall’aeroporto. Il posto è molto bello, ben inserito nella natura, con uno splendido giardino fiorito e ben curato e tante svettanti palme che fanno tanto Caraibi. Il colpo d’occhio dell’oceano che si distende dinnanzi alla vasta spiaggia è mozzafiato (anche se ad uno sguardo più attento scorgi, vicino a riva, qualche alghetta, dovuta forse al mare leggermente agitato di quei giorni). Oltre a tanto mare e tantissimo sole, mi sono concessa due escursioni: la prima culturale, alla scoperta della capitale S.Domingo, la seconda di tipo naturalistico, alla volta della selvaggia Isla Saona.

Nel tragitto da Punta Cana a S.Domingo ho la possibilità di notare alcune cose. Prima fra tutte, le principali fonti di lavoro dell’isola: oltre al turismo i domenicani (e gli haitiani scappati laggiù) hanno a che fare con ettari ed ettari di canna da zucchero e con l’allevamento di bestiame. In seconda battuta ho anche scoperto sulla mia pelle che i dominicani guidano veramente male (e se fori una gomma, come è successo a noi, non hanno nemmeno il cric per cambiarla). Giunti in città visitiamo il museo dell’ambra (di cui la Rep.Dom. È generosa produttrice), dove scopriamo anche la delicata pietra celeste Larimar. Di lì a pochi passi si trova la casa del figlio di Colombo, Don Diego: bella ed essenziale, con i suoi mobili in mogano ed i soffitti con travi a vista dipinte. Ci incamminiamo per la strada ‘de las mujeres’ e raggiungiamo la prima cattedrale Cattolica oltreoceanica. Lo stile gotico appare appesantito da colori e forme del gusto dominicano. Un avvertimento: per la visita alla chiesa occorrono pantaloni fin sotto il ginocchio e spalle coperte: il mio maritino mi ha attesa fuori perché i suoi bermuda erano appena sopra il ginocchio e l’escamotage del pareo non è stato ben accetto dall’incorruttibile guardiano. Il pomeriggio è dedicato allo shopping nel ‘mercado moderno’, nella città vecchia. La fantozziana fortuna vuole che piova proprio in quei momento (la pioggia più calda che abbia mai sentito), ma parte del mercato è al coperto. La parte ‘al chiuso’ è occupata da infinite bancarelle tutte uguali: quadri naif, caffè, cacao, rum (ron), machete, CD di merengue in ogni dove… Tutti i turisti si improvvisano intenditori d’arte naif ed intransigenti contrattatori. Lungo le strade invece vendono frutta e verdura di tutti i tipi, ma devi stare attento a non farti tirare sotto dai soliti automobilisti da strapazzo votati al dio Clacson. Le macchine più scassate del mondo le ho viste lì. I pulmini cittadini hanno a stento le porte, ma tanto lì usano tutti le moto taxi… Lasciamo il traffico caotico di S.Domingo e passiamo all’altra escursione. Partiamo alla volta della Isla Saona con un velocissimo motoscafo. Ci fermiamo in un tratto di mare dai colori cristallini, le cosiddette piscine naturali… (indimenticabili!). L’acqua è bassa (circa 1mt) e puoi scorgere facilmente bellissime conchiglie e stelle di mare. A mollo nell’acqua ti offrono la loro vitamina: Cuba Libre. Risaliamo sul motoscafo e raggiungiamo l’isola incantata. E’ ancora presto, e l’isola appare deserta (ancora per poco, sigh!). Mi sento un po’ Robinson Crusoe alla scoperta di un mondo nuovo e paradisiaco. Acqua incantevole, paesaggi che hai solo sognato. Lunghissimo bagno e poi sulla spiaggia distesi al sole: un profumino di carne alla griglia solletica le narici. Ottimo il pranzo ‘offertoci’ (in realtà: ben pagato): verdure e carne grigliate, paella, bruschette (?tipiche dominicane?), ma anche la classica pasta. Interessante la discussione tra una spagnola ed un dominicano sulla differenza nella preparazione delle due paellas.

Concludo: bella vacanza. Bello il mare. Belle le palme. Impari dai dominicani un ritmo di lavoro a te estraneo: affronta tutto con calma e col sorriso sulle labbra (oltre al ritmo del merengue).

Negativissimo: il comportamento di certi turisti: fa sussultare di paura vedere il mare dei carabi imbrattato da bicchieri e piatti di plastica lasciati volare via dal turista sazio e padrone.



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