Rep. Dominicana… zaino in spalla!

Arrivo a Santo Domingo, sosta a Boca Chica, tre giorni a Bayahibe, poi tre giorni a Samanà e Las Terrenas, tre giorni a Las Galeras, risalita fino a Puerto Plata e notte a Santo prima di ripartire
Scritto da: barons
rep. dominicana... zaino in spalla!
Partenza il: 22/02/2010
Ritorno il: 06/03/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Questo nostro racconto di viaggio è anche una miniguida con informazioni pratiche per chi, come noi, proprio non ce la fa a chiudersi dentro un resort. Per chi vuole girarselo questo paese, e viverselo davvero questo popolo assolutamente delizioso che sono i dominicani.

…usciti a tarda notte da una divertente festa di Carnevale a Milano (Cucciola vestita da Infermierina e io da Fido), decidiamo che non ha senso andare in albergo: faremo un pisolino al parcheggio di Malpensa e da lì ci recheremo in aeroporto, da cui partiremo alle 10 di mattina del giorno dopo, destinazione Santo Domingo! Il parcheggio ci chiede meno di 60 euro per tenerci l’auto 12 giorni, non male. Come sempre, andiamo in viaggio in tre: io, Cucciola e la mitica Lonely Planet (LP). Le nostre valigie sono uno zainetto invicta a testa. Non dimenticatevi: anti-zanzare, convertitore per prese, cappellino e tappi per le orecchie (capita di dormire in alberghi non proprio insonorizzati…)

Volo Iberia con scalo a Madrid, pagato 700 euro (ma se l’avessimo prenotato a gennaio sarebbe costato meno di 600 – è solo che noi, se non decidiamo all’ultimo minuto, non siamo contenti). Arriviamo in aeroporto: il volo prima è in ritardo, poi in gran ritardo e poi…è cancellato. Iberia ci spedisce a Madrid col volo successivo, ma è troppo tardi: partiremo per la RD il giorno dopo. Dormiamo e mangiamo a spese di Iberia (in questo molto corretta), ma ci rodiamo perché ci hanno rubato un giorno di Caraibi, per un guasto all’aereo. Un signore spagnolo (che frequenta spesso la rotta Milano-Madrid) dice che questi problemi con Iberia non sono affatto rari.

A pranzo in albergo a Madrid incontriamo altri italiani sventurati, e scatta la tavolata comune. Composta da me e Cucciola; un imprenditore italo-svizzero con l’accento comasco e l’aria viscida, che dice di andare a trovare amici; una coppia composta da un signore italiano con l’aria da macellaio, sposato a una signora cubana dall’aria infelice; un’altra cubana che viaggia da sola perché il marito italiano non vuole venire a Cuba, ma lei non vede la sua famiglia da un po’. A parte l’indimenticabile litigone politico con l’imprenditore filo-berlusconiano, ci rattrista la scena del macellaio italiano che umilia davanti a tutti la moglie cubana, solo perché lei aveva osato dire che alcuni italiani sono razzisti verso gli immigrati…ed entriamo così nel favoloso mondo delle coppie miste italo-caraibiche, che ci accompagnerà in tutto il nostro viaggio in RD.

Arriviamo a Las Americas, l’aeroporto di Santo Domingo, mercoledì sera alle 20. Ai controlli aeroportuali tutto fila liscio e veloce, e sono persino arrivati i bagagli, uauuh!. Prima splendida sensazione appena usciti dall’aeroporto: quel caldo umido che ti entra dentro fino ai polmoni, e che sa proprio di Caraibi! Ed è vero, siamo proprio ai Caraibi: appena usciti ci avvicina un tassista che per portarci a Boca Chica spara un prezzo di 30 dollari, mentre la LP dice che ne devono bastare 20. Contrattiamo, fingiamo di andarcene indignati, e lui accetta di portarci per 20. Nota sui trasporti: i taxi sono cari, praticamente costano come in Italia, ma la RD ha uno splendido sistema di trasporti pubblici basato su pullman. Ne esistono di due tipi: quelli a lunga percorrenza, grandi, molto confortevoli e con aria condizionata; e poi ci sono i mitici gua-guas, che coprono le distanze più brevi, come tra due città vicine 20 o 30 km. In entrambi i casi, non si paga nulla: max 3-4 euro per un viaggio di 4 ore nei super-pulman, oppure 1-2 euro per un viaggio nei gua-guas che peraltro partono molto spesso (ma solo fino al tramonto, occhio a non perdere l’ultimo!).

Se fossimo in Italia, in un gua-gua ci starebbero al max 10 persone, ma siccome siamo in RD a noi è capitato di starci anche in 17. Vabbé, si, si sta un po’ ammassati, ma il bello è che puoi scambiare 4 chiacchiere coi dominicani, oservare il “cobredor” (ossia il bigliettaio) che passa buona parte del viaggio sospeso fuori dal pulmino a gridare alla gente di saltar su e che, naturalmente, non manca di commentare le curve di tutte le donne che passano per la strada. E poi è delizioso vedere come i domenicani si scambino cortesie e se la ridano insieme per un nonnulla, anche quando non si conoscono. E poi si fanno incontri interessanti. Ad esempio, una volta accanto a Cucciola si è seduto un ragazzo nero, altissimo, che portava sulle spalle un arnese enorme (ho detto sulle spalle!) che pareva una chitarra gigante. E’ un cercatore d’oro. Si gira le spiagge più frequentate di tutto il mondo per cercare anelli, braccialetti d’oro e oggetti preziosi persi dalla gente per spiaggia: quell’aggeggio gli permette di trovare oggetti d’oro. Mostra a Cucciola il suo bottino di quel giorno, mica male! Dice che con questo lavoro si vive bene. Tira fuori il suo pc portatile di ultimissima generazione (mai visto un altro pc così nella RD) e le mostra un documentario sulla fine del mondo….

…ma riprendiamo il nostro racconto. Dall’aeroporto arriviamo in taxi a Boca Chica, paese a una decina di km a sud dell’aeroporto. Il sito del Ministero degli Esteri sconsiglia questa cittadina, per alcuni episodi di scippo a danno di italiani (avvenuti mesi fa). Inoltre, in aereo avevamo incontrato degli italiani che abitano in RD e che dipingevano questa cittadina come il più grosso puttanaio del paese. Ma noi, dopotutto, dobbiamo solo dormirci, ed è così comodamente vicina all’aeroporto in direzione sud, verso Bayahibe! E poi la Lonely Planet ci ha consigliato un ottimo albergo (Hotel Neptuno). Tra parentesi, la RD è un posto sicurissimo, non ci siamo mai sentiti neanche lontanamente in pericolo. Ovviamente, vanno evitate alcune zone “movimentate” della capitale, soprattutto di notte (esattamente come fareste con certe zone di Roma o Milano). La mattina ci svegliamo presto, e facciamo un giro in spiaggia, ci godiamo le prime sfumature di colore del mare caraibico, però ha ragione la Lonely: la spiaggia è un po’ rovinata dalle ciminiere di fabbriche che si vedono in lontananza sulla costa. E poi metà spiaggia è chiusa al pubblico, perché occupata da un resort, con casinò annesso. In RD i casinò vanno alla grande, a noi mettono tristezza. Camminiamo per la via del paese e in effetti, dall’aspetto dei locali, non è difficile credere che quest’allegra cittadina sia piena di prostituzione.

Partiamo subito per Bayahibe. Ci arriviamo con un paio di gua-guas in meno di due ore. Nei gua-guas non si dovrebbe contrattare il prezzo, perché ci sono tariffe fisse, ma non mancano i cobredores che tentano di fregare il turista, quindi vale la regola d’oro: chiedete sempre il prezzo PRIMA (e magari chiedetelo a un passeggero, prima che al cobredor). Nei dintorni di Bayahibe non c’è un resort, bensì un’intera cittadina di resort (Dominicus Americanus) pieni zeppi di italiani, canadesi e americani. Ma i resortari se ne stanno chiusi nei resort, quindi in paese ci sono pochissimi turisti. Noi optiamo per un alberghetto che si trova nel centro del paese, gestito da un abruzzese che pare il fratello (truzzo) di Bud Spencer. Cmq se passate per Bayahibe, prendete un gua-gua verso il tramonto e fatevi lasciare vicino alla spiaggia dei resortari, che è semplicemente magnifica (ci si entra gratis). Nel nostro albergo troviamo una stanza ampia, pulita e con ventilatore per circa 30 euro. Considerate che qst cittadina è cara per la RD: altrove abbiamo trovato sistemazioni più che accettabili per 20 euro. Inoltre, è facile trovare una stanza praticamente in ogni angolo della RD (e noi siamo venuti a febbraio, che qui è alta stagione). In tutte le città ci sono offerte d’alloggio per ogni tasca. Conviene vedere sempre le stanze prima di prenderle, magari controllando che acqua calda e ventilatore funzionino. Se stai fuori dai resort non trovi la calca nemmeno in alta stagione. Si sta bene a Bayahibe, non è una vetrina per turisti, è un posto autentico che si affaccia su un mare di favola. Mangiamo carne e riso in una baracchetta, buoni! La proprietaria è una dominicana sposata a un italiano. Lei ha appena litigato con lui, che non fa nulla da mattina a sera, salvo bere e provarci con le donne del paese. Qst italiano si mantiene affittando appartamenti in paese. Entriamo in un localino sulla spiaggia per berci una buona President (la birra nazionale). Ce lo serve una ragazzina sui 20 anni con l’accento milanese e l’aria un po’ fighettina (è la proprietaria del locale, figlia di italiani trasferitisi in RD anni fa). Il paese ha un mare bellissimo, la spiaggia pubblica (Playa Bayahibe) è il posto ideale per passare il nostro primo pomeriggio caraibico, appollaiati sotto un albero da cocco elegante. Dividiamo la spiaggia con una ventina di persone al massimo, l’acqua è limpida e calda (anche se Cucciola, come al solito, dice che è freddissima). La sera ceniamo in un ristorantino, che ci serve due ottimi primi a base di pesce e due buoni bicchieri di vino, paghiamo circa 25 euro in tutto, praticamente come in Italia. A Bahiahybe i ristoranti applicano ai prezzi del menù più una sovrattassa del 23% (prevista per legge, ma in altre zone del paese capita spesso di non pagarla). Cmq in RD scordatevi le supercene a sbafo a base di pesce per dieci euro, che farete invece se andate a Cuba o in Giamaica come turisti indipendenti. Naturalmente, il ristorante non è di dominicani, ma di una simpatica coppia toscana. La cameriera è una fricchettona australiana cinquantenne che si invaghisce di Cucciolotta e la corteggia spudoratamente. Il macellaio dominicano che fornisce i proprietari s’improvvisa musicista insieme a tre suoi amici e ci fa sentire un po’ di merengue e bachata. Non passa un istante nella RD senza queste musiche. Un viaggio musicale.

Il giorno dopo, escursione all’Isola di Saona. Ci facciamo accompagnare dal centro diving “Casa Daniel”. Che fregatura, ragazzi! Quando vai davanti al loro centro, ti mostrano una bella mappa e ti raccontano che ti faranno fare snorkelling qua e snorkelling là, ecc. ecc. poi in realtà ti parcheggiano su una spiaggia, mentre i sub fanno immersioni. Al ritorno, incazzati, andiamo dalla Poltur, la polizia al servizio dei turisti: ci lamentiamo che quelli di Casa Daniel non hanno offerto il servizio promesso, e quello della Poltur ci dice che non è la prima volta che capitano problemi con quel centro. Il poliziotto decide di accompagnarci e di fare da mediatore (visto che il proprietario si era rifiutato di parlare con noi). Litigone col proprietario, che alla fine ci propone 5 dollari di risarcimento (ma ne avevamo pagati 55!). Glieli strappo a pezzetti piccoli piccoli quel biglietto da cinque dollari, e ce ne andiamo arrabbiati. Cmq è ganzo avere la Poltur che, quando hai un problema, viene a darti una mano. Cmq la spiaggia di Saona è spettacolare, niente da dire. Infinite varietà d’azzurro, turchese, verde. Acqua splendida, e poi la spiaggia non è neanche così affollata o chiassosa come dice la Lonely. Lunga passeggiata: dopo i primi 100m, la spiaggia diventa deserta- e ancora più bella. In spiaggia troviamo una buona grigliata di carne. Indimenticabile lo squaletto che si arena sugli scogli della nostra spiaggia, un affarino di un metro ma si, ha proprio il musino da squalo! Lo prendono a mani nude e lo liberano…a noi pare difficile da credere, ma è quello che succede. Dopo la spiaggia, ci portano a vedere le famose mangrovie…nulla di che. Le “piscine naturali” sono tratti di mare aperto dove l’acqua è bassa. Tutto qua. Ci arrivano barconi di turisti in massa. Facendo snorkelling, troviamo una stella marina e, esitante, la prendo tra le mani. Al ritorno, incontriamo al porto un ragazzo haitiano. Cerca di venderci un cappellino (e ci riesce). Poi cominciamo a fare due chiacchiere. E’ un ragazzo dolcissimo, delicato, così mite. Ci racconta che lavora tutto il giorno alle bancherelle, poi la sera come cuoco. Deve spedire soldi alla sua famiglia di Haiti. Già prima del terremoto, Haiti era uno dei paesi più poveri al mondo e la Rep. Dominicana (con cui condivide la stessa isola) era la sorella fortunata. Ogni anno centomila haitiani varcano il confine per venire a fare i lavori umili che i dominicani non vogliono fare…si lo sappiamo non è una storia nuova. Nel tardo pomeriggio, dopo la litigata con quelli di “Casa Daniel”, ci riprendiamo con una bella passeggiata al tramonto a Playa Dominicus (la spiaggia dei resortari). E capiamo perché i resort se la sono scelta, è incantevole. Al ritorno, prendiamo il motoconcho…ossia uno dei tanti ragazzotti in moto che ti offrono un passaggio per mezzo euro (ma potete negoziare pure quello). Divertente la giterella in moto! La sera andremo a trovare il nostro amico haitiano al ristorante dove fa il cuoco, si mangia bene, ma è “caro” pure questo ristorante (proprietario: un francese).

Il giorno dopo, partiamo per Samanà. Arriviamo a La Romana in gua-gua per mezzo euro in mezzoretta. Un giro al supermercato di La Romana ci conferma che in questo paese il costo della vita non è basso, neanche per i dominicani. E’ il 27 febbraio! Questa data per i dominicani è il carnevale, ma è anche la festa nazionale dell’indipendenza! (indipendenza da Haiti, che la invase per una ventina d’anni nel 1820). Ci fermiamo un paio d’ore a guardare la parata di ragazzi e bambini in piazza. Ogni scuola ha la sua divisa, sono vestiti a festa. I ragazzi più grandi sono un po’ annoiati e poco convinti, ma i più piccoli si divertono da matti, con le loro uniformi, le musiche, le bandiere, e le canzoni, i discorsi solenni. La “Patria” ha la P maiuscola in questo paese, ci sono discorsi infiammati in piazza, e tanta euforia, e caos. E’ festa grande, con bancherelle e sfilate. Mentre aspettiamo il gua-gua, conosciamo un ragazzino di 11 anni che di lavoro fa il pulisciscarpe (non studia), ha l’aria molto sveglia. Ne incontriamo tanti come lui. Entriamo a sbirciare dentro una chiesa, dove un predicatore evangelico infervorato lancia strali contro i corrotti che stanno festeggiando, è incazzato perché le ragazze in uniforme indossano delle gonnelline (ma ci voleva proprio un prete per riuscire a vedere peccaminosa sensualità in queste ragazzine). La Rep. Dominicana è un paese cattolico, ma gli evangelici e i protestanti stanno guadagnando terreno, anche qui. Il paese è pieno zeppo di chiese, che poi spesso sono poco più che baracche, di questa o quella denominazione protestante. Il fatto è che, in un paese povero, le chiese non sono solo gruppi religiosi: sono tra i pochi soggetti che hanno le risorse per organizzare scuole, offrire aiuti ai poveri e…organizzare feste. Si, perché a noi è capitato di vedere chiese dove risuonava la bachata (un ballo che simula l’atto sessuale in modi non troppo nascosti…). In tutto il paese, sui muri delle case leggerete preghiere e invocazioni a Dio, e così pure le troverete su tantissime macchine e praticamente in ogni gua-gua. Mentre aspettiamo il gua-gua, vediamo un posto chiassoso, dove una trentina di uomini stanno guardando qualcosa: un combattimento di galli (vorremmo buttare un occhio dentro, ma c’è da pagare un biglietto e noi col cavolo che finanziamo una cosa così crudele).

Si parte per Samanà! Solito gua-gua, tre ore di viaggio e arriviamo a Sabana del Mar: a quel punto per arrivare a Samana bisogna prendere un barcone. Quando il gua-gua arriva al porto, il barcone è partito da pochi minuti… ma il marinaio ci vede e torna indietro a pigliarci. Ecco, i Caraibi funzionano così: qui a nessuno verrebbe in mente di organizzare coincidenze tra i gua-gua e le partenze del barcone, ma se quelli del barcone ti vedono non è un problema invertire rotta e passare a prenderti. Nel barcone si sta tutti attaccati, con un sacco di bambini che giocano, siamo stanchi ma l’atmosfera è allegra. Samana, vista dal mare, ti sorprende con un ponte lunghissimo che collega il paese a un’isoletta minuscola, così piccola che ti chiedi che senso abbia un ponte così lungo (quando lo scoprite ditecelo). Troviamo un albergo per 20 euro, il Samana Spring, ottima scelta: pulito, silenzioso, vicino al centro, proprietario cordialissimo e disponibile. E’ la sera del 27 febbraio…Carnevale e Festa nazionale, c’è un gran baccano a Samana, ci sono le giostre, un sacco di gente di ogni età è in costume, si balla su uno spiazzo enorme, un sacco di baracchine preparano pollo, arrosto, pesce, riso. Le ragazzine, e persino le bambine, ballano in modi molto sensuali.

Il giorno dopo si va al Salto del Limon. Ci facciamo lasciare dal gua-gua che si prende al mercato cittadino (fateci un giro, è uno di quei posti pieni di colori, rumori e oggetti ammassati a centinaia dove respiri aria di Caraibi). La strada per il Salto è molto bella, paesaggi di foresta tropicale bellissimi, paesini coi maiali per strada e i contadini che ti guardano quasi un po’ sorpresi. Arrivati al ranche passiamo una buona mezzoretta a contrattare per spuntare un prezzo decente (ci sono tanti ranch, l’importante è mostrare che, in caso, puoi andare a contrattare dal vicino), e poi partiamo per l’escursione a cavallo. Ci accompagna un ranchero per ogni cavallo, lungo il tragitto scambiamo due parole sui contadini della zona. Ci piace passare in mezzo alla foresta, guadare un fiumiciattolo e fotografarci come se stessimo guadando un fiume pericolosissimo intraprendendo chissà quale avventura! Dopo mezz’ora arriviamo al Salto, che magari non competerà con le cascate che vedrete in Giamaica, ma è spettacolare. L’acqua fresca e pulita è splendida per un buon bagno e puoi nuotare proprio fino ai piedi della cascata, in una specie d’anfratto marino. Al ritorno dalla gita a cavallo è incluso nel prezzo della gita (12 euro a testa) un ottimo e abbondante pranzo a base di carne, riso, verdura e pesce a volontà. Il pomeriggio decidiamo di trascorrerlo in una spiaggetta vicino a Las Terrenas, playa Bonita. Ci arriviamo in gua-gua+motoconcho, dal Salto sono 45 min. Spiaggia magnifica, deserta, colori da urlo. Ci appollaiamo e viene un cane a ronfare vicino a Cucciola, mentre io cammino lungo la spiaggia. Uno splendido, rilassantissimo pomeriggio. Las Terrenas non ci entusiasma, dicono sia il posto più discotecaro della RD, ma è pieno di stranieri dall’aria troppo perbene. Ma la spiaggia lunghissima che vedrete prima d’arrivare a Las Terrenas, è incantevole. Si torna a Samanà in serata e sul gua-gua cantiamo insieme a un dominicano allegrissimo, innamorato della vita e del suo paese, che ci sta troppo simpatico!

Il giorno dopo: a vedere le balene! L’esperienza più emozionante del viaggio. Arriviamo al porto di Samana e aspettiamo un paio d’ore (non c’erano abbastanza turisti per la gita). L’escursione a vedere le balene è durata solo 45 minuti e ci siamo pentiti di non aver concordato una durata maggiore. Noi ci chiedevamo se non fosse tutta una bufala questa storia delle balene, e invece no: si vede una balena dopo l’altra (ma solo nel periodo tra gennaio e i primi di marzo, quando tutte le balene dell’Atlantico si danno appuntamento in questa piccola baia della RD per riprodursi allegramente). La barca segue le balene da vicino (ma le barche sono grandi, non c’è pericolo), vediamo una coppia di balene che nuotano insieme e il maschio che salta fuor d’acqua (sta corteggiando la sua bella). Sono esseri enormi, imponenti, da toglierti il fiato. Li vedi spuntare fuori dall’acqua, immensi. Ne vediamo una, poi un’altra ancora e…ci pare incredibile. Dopo l’escursione, ci lasciano all’isola di Cayo Levantado per tre ore prima di riportarci indietro. Ebbene si, ancora una volta, non possiamo non dirlo: mare eccezionale. L’isola è occupata per metà da un resort e per l’altra metà è una specie di villaggio turistico affollato di americani. Nota positiva: ci fanno due hamburger strepitosi con patatine diabolicamente buone, viva l’America! Ci troviamo un angolo di spiaggia tranquillo e schiacciamo un sonnellino. Io faccio pure un po’ di snorkelling e mi diverto assai! Ci sono degli uccelli che fanno picchiate improvvise sull’acqua. Nel tardo pomeriggio si parte per Las Galeras, un’oretta di gua-gua da Samana. Mentre aspettiamo il gua-gua, Lia si fa fare un ottimo succo di cocco a una bancherella. Non perdetevelo, così come la frutta tropicale della RD…è booona! E non perdetevi la Mamajuana, un liquore a base di rum, vino e miele e..legno: noi ne abbiamo trovata una bottiglia non troppo forte al Salto, e ce la scoliamo goduriosamente nei tre giorni successivi.

Las Galeras è un villaggio piccolo, praticamente una strada lunga un kilometro e qualche stradina laterale. Dà sul mare. Troviamo un residence d’appartamenti gestito da un canadese dall’aria rincitrullita che non ha ancora capito se vuole parlare francese, inglese o spagnolo. L’Ebete Perfetto. Per 20 euro a notte ci affitta una casa con letto a baldacchino, pareti coloratissime, oggetti in legno, a due passi dal mare. La sera ceniamo sotto un tendone sulla spiaggia, ci cucinano pesce freschissimo e banane fritte…mmmm!

I due giorni dopo li abbiamo passati a Playa Rincon, in assoluto la più bella che abbiamo visto. Dalla spiaggia di Las Galeras si prende un motoscafo e, dopo meno di dieci minuti, arrivi in questo paradiso. E’ una spiaggia raccolta in una radura, di fronte a te trovi colline e foreste tropicali, ti trovi un posticino in questa lingua di sabbia bianca deserta e ti godi i colori che ti regala il sole che va e viene tra le nuvole, si mescolano l’uno nell’altro, verdi e turchesi di ogni sfumature. Acqua calda, limpidissima, perfetta per fare snorkelling. Scambiamo due chiacchiere con un intraprendente ragazzotto dominicano, con cui passeremo una noiosissima serata in un paio di discoteche del posto. A pranzo si mangia, ancora una volta, ottimo pesce alla griglia sulla spiaggia. Passeggiamo un po’ e a due passi troviamo un tratto di spiaggia di una bellezza senza parole. Le onde s’infrangono violente sulla spiaggia perché c’è un tratto di scogliera. Indimenticabili le colazioni a “Casa porque no”, gestita da una cordiale coppia canadese: pancakes allo sciroppo d’acero, frutta fresca, toast e marmellata di frutta tropicale, caffé e succo d’arancia fresco…ragazzi questo si che è cominciare la mattinata! La sera al villaggio in un paio di baretti trovi i dominicani che, fondamentalmente, non fanno nulla, lasciano passare il tempo e si cantano le bachate, ogni tanto qualcuno se ne balla una, si ride e si scherza. Ci piace questa lentezza. Ci piace che in questo paese le piste delle discoteche siano deserte, si sta seduti a fare due chiacchiere e poi quando qualcuno ha voglia si alza e si balla una bachata o un merengue. Conosciamo un vecchietto di nome Maria, che ci mostra un sacco di balene con la sua improbabile saggezza ubriaca, e ci parla di un sacco di gite, maldestro più che mai, che risate!

E’ il giorno di Quattrolati. Va detto che il viaggio è stato spesso piovoso. Pochi i giorni di cielo azzurro da mattina a sera, cmq la pioggia arriva e va, e per noi non è un gran problema. Ecco, un giorno pioveva di più, quindi niente spiaggia. Stiamo risalendo la costa verso Puerto Plata, decidiamo di fermarci a Rio San Juan per passare il pomeriggio al Bahia Blanca Hotel, albergo tanto decantato dalla Lonely. Il paese è bruttino, ma l’hotel è una favola. Direttamente sulla spiaggia. Due vecchietti canadesi (che sono i proprietari) ci danno una camera al terzo piano. Per tre lati la stanza è circondata dal mare – e con un po’ di fantasia pure il quarto, visto che in quella parete c’è uno specchio, che riflette il mare. L’indimenticabile Quattrolati. Abbiamo una lunga terrazza sul mare, tutta solo per noi. Prendiamo un divano e lo mettiamo davanti al balcone che dà sulla terrazza. Il mare infinito davanti a noi, con un cielo in tempesta. Brivido d’infinito! Pomeriggio passato tra il letto e il divano, mille chiacchiere perditempo, uno spuntino al supermercato, un pranzetto a base di riso e pesce condito da salse e bachate splendide.

Il giorno dopo andiamo a vedere le cascate di Damajagua, una serie di ventisette cascatine da percorrere tra tuffi e salti e nuotate e camminate. Acque verdissime. Si, insomma, le abbiamo quasi viste (dal video).

Arriviamo nel pomeriggio a Santo Domingo, ci troviamo un alberghetto per 25 euro e ci fumiamo l’ultima sigaretta della nostra spedizione dominicana. Santo Dominca, La “Capital” (che per noi vuol dire solo la città vecchia, o meglio: qualche isolato della città vecchia) di notte è chiassosa, piena di turisti e di dominicane appariscenti su tacchi alti, il “popolo della notte” che passa da una discoteca all’altra, musica che rimbomba dappertutto. Noi, dopo un’ottima pizza dominicana, ci troviamo un posticino piccolo, popolato da una ventina di vecchietti strepitosi che ballano salsa, rumba e merengue. Scatenati, gioiosi, divertitissimi, superconvinti, allegri, così allegri da metterti la musica addosso, e noi ci lanciamo a ritmo di salsa, bailabailaaaa! S’è fatta notte tarda, è ora di nanna. Camminiamo per la Capital, che bella la città alle tre di notte, silenziosa, illuminata, i suoi edifici vecchi che respirano d’antico, che ci parlano di Spagna, di Sicilia.

E il giorno dopo…si torna a casa (ancora una volta: volo cancellato, così veniamo dirottati su Miami, ma alla fine arriviamo a casa sani e salvi). Ogni domenica, quando ci svegliamo, ci piace sognare che, dopo poco, prenderemo la barca per Playa Rincon e faremo un po’ di snorkelling, poi mangeremo pesce alla griglia sulla spiaggia e cammineremo sulla spiaggia deserta, perdendoci nei colori del mare. Se avete bisogno di info, scriveteci: carlo.barone1975@libero.it



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