Quattro cugini a zonzo in Rajasthan

Viaggio on the road alla scoperta di questo spettacolare stato dell'India del nord
Scritto da: sergion
quattro cugini a zonzo in rajasthan
Partenza il: 08/10/2018
Ritorno il: 23/10/2018
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €

Informazioni pratiche

Viaggio: volo Air India Malpensa Delhi a/r , acquistato a fine febbraio al costo di 438 euro a persona.

Agenzia locale in India: Indiakarni / Popular India Vacations

Tipologia di auto: Minibus Tempo Traveller

Servizi richiesti: auto con autista, hotel 4 stelle con prima colazione

8 ottobre: Emozionati come pochi, mia moglie, i nostri cugini del cuore ed io partiamo da Malpensa. Il volo è decollato con venti minuti di ritardo, recuperati ampiamente durante la traversata.

9 ottobre: Eccoci a Delhi, controllo passaporti e recupero bagagli fatto in un battibaleno, ma evidentemente erano pochi i voli atterrati nel nostro orario. Visualizziamo Shankar, il nostro autista, che sarà il nostro compagno di viaggio e angelo custode durante tutto il viaggio. Cominciamo il nostro tour con la visita al Raj Ghat, luogo dove hanno cremato Gandhi. Raggiungiamo in risciò la Jama Masjid, moschea più grande dell’India e il Forte Rosso. Veniamo subito assaliti da una montagna di persone che vogliono farsi fotografare insieme a noi. A me hanno allacciato in vita una gonna rosa con fiocco, lunga fino ai piedi perché avevo i calzoncini corti e non ero ammesso al luogo sacro. Un indiano mi ha detto che ero stupendo e tutti mi guardavano. Marisol, mia moglie, è rimasta cinque minuti a fare selfie con una giovane indiana prosperosa che non la mollava più. Traffico pazzesco! Tutti suonano il clacson e il frastuono è indescrivibile. Abbiamo pranzato in un ristorante in centro che si chiama Pindi Restaurant, tutti insieme, autista compreso.

10 ottobre: Ricca colazione in hotel, ma piccolo infortunio. Mio cugino rovescia il tappo della teiera dentro la tazzina ustionandosi la mano per recuperarlo… Prima tappa, periferia di Delhi: tempio di Shiva, il dio che punisce i malvagi. Quando si infuria balla il Tandau (agitando le chiappe) e la terra trema. Poi via verso il Rajasthan e Mandawa, attraversando lo stato della Hariana. Abbiamo il wifi in macchina, ma la rete funziona un pochino a singhiozzo. Mucche da tutte le parti e sorpassi a prova di coronarie. Raggiungiamo la cittadina alle 15,30. L’hotel nella ex Fortezza del Maharaja è completo di cannoni e torrioni di difesa. Ci ritagliamo il tempo per un tuffetto nella bella piscina e poi giro a piedi per i centro vecchio. Il posto è incredibile, bellissimo girare nei vicoli pieni di piccole botteghe.

11 ottobre: Ore 8, partenza per Fathepur attraverso la campagna, mucche a capre con la museruola per impedire loro di mangiare un’erba velenosa. A lato della strada una ragazza che si sta pettinando i capelli mi saluta. Carina! A Fathepur ci arriviamo percorrendo strade secondarie sconnesse, alternativamente polverose o allagate. la città è molto estesa, piena di haveli, case stupendamente dipinte, una volta abitate dai ricchi commercianti del luogo e ora in stato di abbandono. Shankar ci mostra con orgoglio una gran varietà di scuole, private e pubbliche, e gli studenti che le frequentano. Prendiamo l’autostrada che corrisponde alla nostra provinciale con veicoli che arrivano contromano, vacche, cani e capre da tutte le parti, motorini, carretti trainati da dromedari che sbucano dal nulla e ti tagliano la strada. Alle 12,30 arriviamo a Desnoke temple o Karni Mata Temple, il famoso tempio dei topi. È la settimana di festività Navaratri quindi il luogo è pieno di fedeli che arrivano anche da molto lontano. Le grosse gabbie pieni di roditori sono state coperte con teli per non spaventare i topi, non abituati a dover condividere il loro “spazio abitativo” con decine e decine di fedeli. Alle 14,30 arriviamo a Bikaner e visitiamo il Junagarth Fort. Cena super in hotel super, posto da favola. È una ex residenza del Maharaja e il lusso è sfrenato.

12 ottobre: Prima destinazione di oggi Khichan. L’autostrada ora è come le nostre, ma frequentata da pedoni che attraversano di continuo, carretti e trattori spesso contromano e infatti presto troviamo l’incidente: un frontale tra due camion. Verso le 11 tappa all’oasi di Khichan punto di raduno di centinaia di gru siberiane. Hanno realizzato un belvedere per poter scattare foto senza disturbare gli uccelli. Proseguiamo e notiamo che il lato sinistro della strada è tappezzato di centinaia di sandali di gomma che i pellegrini devono abbandonare quando si trovano a una decina di chilometri dal Tempio di Ramdeora e dopo avere percorso 300 km! Alle 15,30 siamo a Jaisalmer, solito albergo bellissimo, tuffo in piscina (ci sono 37 gradi) e alle 16,30 via verso il deserto del Thar per la gita in groppa ai dromedari. Dopo quasi un’ora di viaggio oltrepassiamo Khuri e la sensazione di essere finiti in capo al mondo e dominante in noi tutti. Cominciamo il giro sui dromedari presso il Chandni Desert Camp… un massacro di ossa e muscoli… miei, non del dromedario. Alla fine del tour di circa un’ora scendo dall’animale in maniera indecorosa, vale a dire rotolando nella sabbia. Rientro in hotel e cena ottima servita in giardino e accompagnata da suonatori e danzatori indigeni.

13 ottobre: Cominciamo visitando il Gadisar Lake. Qui ci sono tantissimi pesci gatti che si spingono fino a riva e si contorcono uno sull’altro per divorare il cibo che le persone buttano in acqua. Dopo di che, già affranti dal caldo, saliamo in tuk tuk verso l’antica cittadella di Jaisalmer. In un bar mia cugina, esperta d’India, ci spiega come è fatto il tè masala che Shankar sta bevendo, descrivendo i semini di cardamomo che appaiono sui bordi della tazza. Poi però scopriamo che Shankar sta bevendo un Nescafé col latte… risate a crepapelle. Tutta Jaisalmer è di un colore giallo ocra perché costruita con pietra arenaria. Nel centro ci sono immense Haveli costruite con roccia e intarsiate a mano che si innalzano anche per quattro o cinque piani. Per eseguire questi lavori ci sono voluti fino a sessanta anni. Visitiamo anche il Tempio Jainista, un capolavoro di sculture e miniature indescrivibile. Rientriamo in hotel, la temperatura sfiora i 38 gradi, relax in piscina con una tribù di tedeschi dalle forme e modi variopinti. Rimaniamo a mollo fino alle 17,30 soprattutto per fare riposare le chiappe dopo la dromedariata di ieri, Quindi ci si rimette in marcia per andare a vedere i cenotafi, luogo sacro formato da una serie di tempietti dove si cremano soltanto appartenenti alla casta dei bramini. Da qui si ha una splendida visione della cittadella di Jaisalmer illuminata dal sole del tramonto. Fine serata in un ristorante noto per lo più alla gente del posto dove ceniamo in terrazza all’ultimo piano.

14 ottobre: Dopo oltre 40 anni riassaggio il chutney a colazione! Prima destinazione del giorno Il tempio di Ramdeora. Due prole sul nostro autista Shankar, 46 anni, sposato con tre figli, è una persona squisita e instancabile. Non si lamenta mai, è sempre di buon umore e prodigo di consigli utilissimi su dove mangiare, cosa comprare, quali siti visitare, in una parola, insostituibile. Il paesaggio è desertico e sconfinato, interrotto qua e là da piccoli appezzamenti coltivati e da casupole squadrate, messe lì con apparente illogicità. Lungo il tragitto si trovano continuamente gruppi di pellegrini che sventolano bandiere. Sembrano tanti tifosi diretti allo stadio. Se si lascia l’autostrada le indicazioni sono quasi inesistenti e ciò accresce ancora di più la nostra stima di Shankar che sembra avere un GPS incorporato.Il tempi di Ramdeora non è visitato dai turisti siamo gli unici stranieri presenti e non sfuggiamo agli sguardi incuriositi di adulti e bambini. Shankar ci benedice con il bindi la decorazione rossa a forma di goccia che si applica sulla fronte. All’esterno del Tempio c’è un affollatissimo mercato dove bruciano incenso a vagonate. E’ una baraonda di suoni, colori e odori. Tappa a Osian per visitare il Tempio di Mahavira. Arrivati a Jodhpur facciamo tappa nel negozietto di Mohammed, un vero personaggio, che racconta come un affabulatore la storia delle sue spezie e tè di tutti i tipi. Acquistiamo tutti spezie, curry, incenso e tè esotici per parenti e amici. Cena in giardino anche questa volta allietati da canti e danze.

15 ottobre: Prima di raggiungere il Forte principale attrazione della città di Jodhpur, ci fermiamo a visitare Jaswant Thada, un elegante mausoleo di marmo bianco affacciato a un laghetto e dal quale si gode un panorama stupendo sul Mehrangarh Fort. Questa fortezza immensa domina la città, chiamata anche La città blu per il gran numero di abitazioni dipinte di blu. Infatti, a colpo d’occhio si individua subito la casa del Grande Puffo. Dato che alle 11 fa già un caldo bestia chiediamo una pausa per berci una birretta fresca. Il posto non sembra affatto un bar ma all’interno invece c’è un giardino con tanto di bar e ristorante. Rifocillati ci dirigiamo a sud est di Jodhpur per una ventina di km. Shankar ci porta a vedere un po’ di India rurale, da una famiglia poverissima che coltiva oppio per scopi medici (dice il nonno). Tra i componenti della famiglia c’è anche una bellissima bambina di circa 4 anni. Le regaliamo un pettine, saponette e shampoo, doni preziosi per chi non ha niente. Ci offrono un delizioso black tea e anche una bella ciucciata di oppio liquido, una sostanza catramosa con la consistenza e il colore dell’olio motore usato. Buono al gusto e nessun tipo di effetto collaterale. Ci congediamo dalla famiglia e ammiriamo la fauna locale, gazzelle nere e blue bull, vale a dire un’antilope che sembra un incrocio tra un cavallo e un toro. Dato che il maschio adulto può arrivare a pesare oltre i 200 chili, è meglio non incrociarli di notte perché caricano le auto. Un ultimo giro in tuk tuk nella città vecchia ci offre l’ultima emozione della giornata : una litigata tra i due conducenti che ci trasportano, imbottigliati in un vicolo sconnesso e senza uscita, con enormi buche che farebbero invidia alla Raggi.

16 ottobre: Valigie a bordo e pronti a partire ! Oggi si comincia col Bullet Baba detto Tempio della motocicletta. Un giorno un motociclista ebbe un incidente e passò a miglior vita, cosa inevitabile dato che qui pochi centauri indossano il casco. La salma e la moto vennero portate a casa del defunto ma, non ci crederete, la moto tornò da sola sul luogo dell’incidente (per ben due volte) perché li era rimasta l’anima del morto. Da quel dì la moto è venerata come una dea. A proposito in India ci sono 33 milioni di divinità ma, anche i fedeli più devoti non ne ricordano più di qualche centinaio. Dopo il Bullet Baba proseguiamo verso sud, lasciamo il deserto del Thar in direzioni dei Monti Aravalli. Sosta d’obbligo per visitare il Tempio di Ranakpur, una meraviglia di colonne e cupole di marmo intarsiate da artisti scalpellini a partire dalla metà del XV secolo. Riprendiamo il cammino attraverso una fittissima vegetazione. I bordi della tortuosa strada di montagna che porta a Udaipur sono pattugliati da innumerevoli colonie di scimmie grigie di Hanuman, agilissime, iperattive e con una coda lunghissima. Qua e là si intravedono grossi bufali immersi nell’acqua e pipistrelli giganteschi appesi agli alberi. L’ arrivo all’albergo a Udaipur ci lascia senza fiato. L’Hotel infatti fronteggia il lago Pichola, tra le colline, ed e ricavato in un’ala del Palazzo Reale. Il Mahajara abita nell’altra parte del complesso. Praticamente il nostro vicino. Speriamo non sia troppo chiassoso.

17 ottobre: Cominciamo la giornata con la visita al’Animal Aid, un ospedale per animali che si trova a 8 km da Udaipur, nel villaggio di Badi. Il centro creato da Jim Abrams, un americano di Seattle, si prende cura di tutti gli animali feriti o malati che necessitano di aiuto. La struttura ha tre veterinari fissi più altri volontari che arrivano qui da tutto il mondo. Tutto il personale, una sessantina di persone, lavora senza pause giorno e notte, con risultati notevoli. Lasciamo una donazione per aiutare questa gente fantastica e ci congediamo. Qui tra i Monti Aravalli la temperatura è scesa a 32 gradi e si sta decisamente meglio… Andiamo a fare il giro del lago in auto, è puntellato da isolotti e palazzi del Maharaja. In mezzo c’è anche un osservatorio astronomico. L’astrologia ha un ruolo importantissimo nella vita degli indiani. I matrimoni sono combinati dai genitori degli sposi e quando nasce un bimbo , questi non gli danno un nome. Si consultano prima col bramino e con l’astrologo. Ci vuole circa una settimana prima che venga deciso il nome da dare al piccolo , in base al responso delle stelle. L’oroscopo indiano infatti non si basa sulla data di nascita ma sull’iniziale di ciascun nome. La lettera “S “del mio nome, ad esempio, indica che sono del capricorno. Non ci facciamo mancare niente e quindi prendiamo un battello per ammirare le varie proprietà del Maharaja, per di più alberghi di lusso sugli isolotti e intorno allo specchio d’acqua. Dopo di che, spettacolo folk di canti e danze, non la solita roba dozzinale che rifilano ai turisti stranieri ma uno show originale, organizzato da e per la gente del posto con artisti e acrobati davvero bravi. All’uscita voglio esagerare e provare l’ebrezza di far pipì in un cesso pubblico… Bé è stata una esperienza mistica… Rientrando in albergo, ciliegina finale, incrociamo il Maharaja e la Maharani in persona che stava uscendo dal Palazzo Reale e ci ha pure salutato ! A proposito il palazzo reale del Maharaja è una costruzione faraonica al cui confronto quello del Re Felipe di Spagna sembra un ripostiglio per attrezzi da giardino.

18 ottobre: Destinazione odierna: Pushkar. città sacra, il che vuol dire niente birra. Ci attendono diverse ore di strada, ma dopo pochi chilometri ecco un fuoriprogramma, deviazione nella foresta e in mezzo alla vegetazione, come in un libro di Kipling, spunta l’immancabile tempio. Una sorpresa del nostro Shankar. Il tempio Sas Bahu con tantissime effigi raffiguranti il kamasutra, spettacolare. On the road again ! I tempi di percorrenza in questo paese s’allungano anche per i rigidi limiti di velocità sulle autostrade, 80 Km/ h per le auto, 60 per le moto e 55 per i camion. Vanno tutti piuttosto piano, dunque, è forse per questo che non vediamo stragi di uomini, bestie e mezzi lungo il tragitto. L’asfalto e le zone lastricate è roba da strade principali e vie cittadine dei centri storici, qualsiasi altra superficie è in terra battuta, con conseguente turbinio di polvere al passaggio di ogni veicolo. Torniamo a nord, lasciamo le buganvillee e le palme da cocco della lussureggiante Udaipur per zone più brulle. Anche la temperatura è tornata a salire, siamo intorno ai 35 gradi. Passiamo attraverso Ajmer, un puntino su Google map, in realtá una città di 500.000 abitanti. A metà pomeriggio siamo a Pushkar. L’albergo che ci ospita è vetusto, imponente e austero. I mobili sono antichi cosi come gli ornamenti, i tappeti, le rubinetterie e il personale. Purtroppo è antico anche l’impianto elettrico che salta appena Marisol usa l’asciugacapelli. Poco male, lo aggiustano in breve tempo. Le vie dei mercanti di Pushkar sono un must, cosi come un’incursione al ghat, scalinate sacre che portano all’acqua, tipo Varanasi. Per accedervi bisogna levare le scarpe. Tra i gruppi in preghiera notiamo anche qualche hippy nostalgico, soprattutto donne. Sembrano essersi fermati alla Woodstock di 50 anni fa, figli dei fiori fuori tempo e fuori moda, ma soprattutto fuori dall’acqua nella quale possono “pucciare” i piedi solo i religiosi autoctoni. Ceniamo in hotel, in un salone immenso, riccamente decorato in stile coloniale e vuoto. Siamo gli unici ospiti, contornati da innumerevoli inservienti che ci osservano come le tricoteuse della rivoluzione francese osservavano i nobili che salivano al patibolo. Anche la nostra camera è arredata come un salotto degli anni 30 con letto a baldacchino e tende drappeggiate. Dal soffitto pende un ventilatore super massiccio che, una volta messo in moto, per rumore e quantità d’aria che sposta sembra un Sikorsky a doppia elica. Ma va bene cosi, siamo in India!

19 ottobre: prossima destinazione Jaipur. La strada che s’inerpica sulle colline è piena di curve strettissime, ma Shankar da noi soprannominato il cobra del volante, si destreggia zigzagando tra ostacoli di varia natura. I più micidiali fra questi sono i dossi artificiali, talmente alti e spigolosi che potrebbero rallentare anche un carro armato. Sorpassiamo un dromedario. Sorpassiamo autocarri e macchine. Sorpassiamo indifferentemente a destra e a sinistra e gli altri fanno la stessa cosa. Sorpassiamo sempre con la luce e col buio. Sorpassiamo evitando cani, capre, pecore, cinghiali, bufali e mucche e ogni sorpasso equivale a un fascio di emozioni con un brivido freddo lungo la schiena. I cani sono piuttosto agili, ma le vacche attraversano la strada con una lentezza esasperante. Sorpassiamo molta gente in moto, viaggiano in due, tre, quattro o anche cinque persone, intere famiglie con bambini piccoli aggrappati dove possono. Il casco se c’è lo ha indosso solo il marito. Chi non ha lo scooter va col carretto o a piedi e non è raro incontrare donne di ogni età meravigliosamente avvolte nei loro sari colorati, con in testa vasi, mastelli o fascine di legna. Alle 12,30 ingresso trionfale a Jaipur Il Rajasthan, letteralmente terra dei guerrieri, è lo stato più grande dell’India, è più grande di tutta l’Italia, isole comprese. E la sua capitale, Jaipur, è una città di tre milioni e mezzo di abitanti. Incontriamo il proprietario dell’agenzia che ci ha organizzato il viaggio (e intanto saldiamo il conto), ci offre una cena squisita nel suo nuovo ristorante e conosciamo anche sua moglie e le figlie. Persone squisite e molto accoglienti.

20 ottobre: Stamattina si parte per la visita del Gataji Temple o Tempio delle scimmie, dove superfluo dirlo, si trovano esagerate quantità di macachi Rhesus. Questo è un posto incantato e, come in altri luoghi visitati in precedenza, si paga qualche rupia per introdurre nel Tempio la macchina fotografica o lo smartphone. In realtà, l’intero complesso del XVII secolo e una serie di templi, di varie forme e dimensione, dedicati a molteplici divinità, ma in particolare al dio sole e a Hanuman. Le colline Aravalli che circondano la meravigliosa Jaipur sono disseminate di templi sacri. Galtaji sorge proprio in mezzo a rocce tra le quali, con un po’ di fortuna si può avvistare un leopardo che si aggira da tempo in questa zona. Tutto il luogo trasuda spiritualità e nelle sempre presenti vasche d’acqua, uomini, donne, bambini (e scimmie) si spogliano davanti a tutti con serafica naturalezza. Si ritiene infatti che bagnarsi nell’acqua delle sorgenti naturali del tempio purifichi da ogni peccato. Per noi che osserviamo le acque non proprio limpide del kunds, il sospetto che ci si “purifichi “poco é prevalente. Torniamo nella Pink city e visitiamo l’Hawa Mahal , detto Palazzo dei venti e il City Palace, dimora del Maharaja. Dopo pranzo , per la gioia di mia moglie, shopping al fantastico bazar della città.

21 ottobre: oggi si va all’Amber Fort, posto in cima a una collina dominante il lago Matoa. Non ci arriveremo con il van, ma a dorso di elefante. Se l’esperienza col dromedario era stata massacrante, quella con il pachiderma si è rivelata più comoda e tranquilla. Gli animali adibiti al trasporto dei turisti sono tutte femmine in quanto i maschi sarebbero troppo litigiosi. A noi sono sembrati trattati bene! Amber Fort è uno spettacolo grandioso e arrivarci a bordo di un elefante è una esperienza da provare. Entrando nella fortezza / palazzo , dopo una lunga serie di porte e sentieri di ciottoli, si può ammirare, tra le altre cose, un meraviglioso padiglione tutto in argento e marmo intarsiato. Lo sfarzoso palazzo si sviluppa su vari livelli ed è costellato di torrette dalle quali si ha una magnifica vista della città di Amer, del lago e di tutta la valle. Vediamo anche una nuvola, piccola, bianca, solitaria e timida; la prima dopo due settimane circa in giro per il Rajasthan e ci fa quasi tenerezza. Terminata la visita cerchiamo l’uscita, ma il palazzo è talmente grande che non riusciamo a trovarla anche per la totale mancanza di cartelli. Poi una guardia si impietosisce e ci fa passare attraverso lunghi cunicoli, strettissimi e semi bui, fino a raggiungere il cortile principale. “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Di ritorno verso casa, nel solito caos cittadino, ci affianca un pick-up carico di frisbee marroni. L’ineffabile Shankar ci erudisce, trattasi di cacca di mucca essiccata al sole e che viene bruciata sugli altari. Pomeriggio ultimo shopping.

22 ottobre: Bagagli nel van, Shanka sorridente, pronti per partire, destinazione Agra, Uttar Pradesh, la cittá del Taj Mahal. Lungo tragitto, una prima sosta al Tempio di Krishna, coloratissimo. Viaggiando verso est l’arido paesaggio del Rajasthan lascia il posto a una vegetazione più abbondante. I bordi delle strade sono pieni di fiori e cespugli verdissimi. Anche la pulizia del territorio adiacente al percorso sembra molto migliorata. In effetti , la maggior parte dei rifiuti è costituito da sacchetti e bottiglie di plastica. Se si potesse far sparire la plastica con una bacchetta magica, non dico che il paesaggio sarebbe uguale a quello del Canton Zugo in Svizzera, ma migliorerebbe moltissimo. Abbiamo lasciato l’autostrada e ci siamo addentrati nella campagna. Attraversiamo paesini di contadini e pastori, strade strette, sgangherate e polverose. Qui, anche le ambulanze sono Jeep. Fuori dalle case c’è un sacco di gente intenta a cucinare, lavorare o sdraiata a dormire. Dopo una mezz’oretta arriviamo a Chand Baori, il pozzo della luna . Costruito attorno al VII secolo, aveva lo scopo di rifornire d’acqua il villaggio di Abhaneri e le aride zone circostanti. Il pozzo è una voragine a gradini , perfettamente simmetrici, che scende fino a trenta metri. Nel pomeriggio entriamo in Uttar Pradesh e proseguiamo verso Fatehpur Sikri, la cittá fantasma, chiamata cosi perché fu abbandonata verso la fine del XVI secolo probabilmente per mancanza di acqua. E a fine pomeriggio eccoci ad Agra con accoglienza stupenda in questo hotel 5 stelle con vista Taj Mahal.

23 ottobre: Sveglia alle 5,45 oggi si va a vedere il Taj Mahal che all’alba da il meglio di sé. Beh, ne valeva la pena. Nonostante l’ora inumana, all’ingresso troviamo già una coda notevole, ma riusciamo ad entrare senza dover aspettare troppo. Descrivere il Taj Mahal è praticamente impossibile. Quello che si trova in internet e sulle guide da solo una vaga idea della immensità del luogo e del monumento. Quindi dirò solo che mi ha lasciato senza fiato. Lo spettacolo del marmo bianco che riflette la prima luce del sole nella foschia mattutina é straordinario e unico. L’ansa del fiume Yamuna sul quale si affaccia il Taj Mahal conferisce ancor maggiore solennità al posto. Se é considerato una delle nuove sette meraviglie del mondo un motivo ci sarà! Una rapida occhiata al Forte Rosso di Agra e ci mettiamo in viaggio verso Delhi. Ci arriviamo verso le 15 e siamo subito fagocitati dal traffico. Un miliardo e trecentocinquanta milioni di indiani… sembra che siano tutti qui, in realtà Delhi ha “solo” 16 milioni e mezzo di abitanti. È il momento di congedarci dal fidato Shankar che deve ritornare Jaipur entro sera. E non contento di averci fatto da guida per 16 giorni ci ha pure fatto un regalo. Non lo ringrazieremo mai abbastanza. Dopo aver fatto 3.300 km con il van e dopo aver camminato per decine e decine di metri. siamo arrivati alla fine del viaggio. Domani pomeriggio aereo e in serata saremo in Italia. Ci resterà un ricordo bellissimo di luoghi favolosi e di gente cordiale e sempre sorridente. Se avete escluso l’India dall’elenco delle vostre vacanze, cambiate idea! Un grazie anche all’agenzia indiana che ci ha aiutato a realizzare questo grande viaggio.



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