Gli scatti di chi non ha voce

A Pordenone fino a gennaio la mostra di Goldberg
Turisti Per Caso.it, 22 Nov 2010
gli scatti di chi non ha voce
Un totale di diciannove premi tra cui l’ultimo nel 2007, il prestigioso Henri Cartier Bresson Award, 33 mostre personali nei musei più importanti del mondo, 27 collettive e sette libri all’attivo. Se l’algido mondo dei numeri non è sufficiente a raccontare 30 anni di scatti di Jim Goldberg, può comunque suscitare una certa curiosità per una gita a Pordenone. È infatti con la prima grande monografica a lui dedicata che s’inaugura una delle due sedi della nuova Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea cittadina, dove, dal 6 novembre al 30 gennaio 2011, saranno visibili 300 foto, video, oggetti, testi, per condensare tutte le principali tappe della carriera artistica di questo fotografo americano dell’agenzia Magnum. Cinquantasei anni, docente di Belle arti al California College of Arts and Crafts, Goldberg vive in un appartamento a San Francisco e ama l’Italia dove tiene spesso workshop fotografici con studenti appassionati di fotografia. Da più di 30 anni esplora la condizione umana attraverso una tecnica narrativa sperimentale, nata dalla combinazione di testo e immagini. Il suo lavoro sorprende per una bizzarra ambiguità di fondo: da un lato è da sempre impegnato in un’indagine dura sulle condizioni di violenza e marginalità che si esprimono nelle periferie o nelle realtà sociali complesse della sua America, ma anche in altre zone lontane del pianeta. Dall’altro crea suggestioni che molti stilisti e riviste di moda scelgono per le proprie campagne di comunicazione. Eppure questa esposizione – curata da Valerie Fougeirol e Marco Minuz – evidenzia come i suoi due filoni di ricerca risultino antitetici solo in apparenza. Entrambi infatti prendono le mosse dal desiderio di indagare i mutamenti sociali che coinvolgono tutti gli stati e gli ambienti delle società contemporanee, siache si tratti di popolazioni decimate dall’Aids in India o di teenager dell’upper class americana alla ricerca di una difficile identità da adulti. Da sempre parcellizzato, il suo lavoro si trova per la prima volta riunito in un unico spazio e colpisce per originalità e forza della ricerca. Un buon punto di partenza della potenzialità della combinazione fra immagini e parole è il suo celebre lavoro Rich and Poor, sviluppato fra il 1977 e il 1985 e pubblicato da Random House e poi da Paperback (l’edizione da collezione costa 650 dollari online). Si tratta di una serie di ritratti in bianco e nero di ricchi e poveri – appunto – scattati nelle loro abitazioni. Sono storie intime che ci parlano di un’America sgangherata e un po’ depressiva e danno la parola direttamente ai protagonisti. Ogni personaggio, fotografato a casa propria, sintetizza esistenza ed esperienze nelle quattro righe che scrive di suo pugno sulla stampa che lo ritrae. Un modo per lasciare una traccia, per riscattare (talvolta) un’esistenza.

Il progetto successivo Raised by Wolves vede Goldberg lavorare a stretto contatto con gli adolescenti scappati di casa che vivono tra le strade del mito americano, tra San Francisco e Los Angeles. Tra il 1987 e il 1993 li ritrae e li intervista, riprende con la videocamera il lavoro degli operatori sociali con cui entrano in contatto, raccoglie documenti e manoscritti per restituire uno spaccato, a metà tra arte e reportage, non solo della vita da outsider, ma anche del complesso e contraddittorio periodo dell’adolescenza, tra droghe, violenza e sfruttamento e una disperata necessità di felicità. Pezzi di memoria, cuore e tantissimo dolore è quello che emerge negli scatti di Open See che documenta l’esperienza di immigrati che sfuggono da realtà in guerra, da violenze, oppressioni, povertà e realtà devastate dal problema dell’Aids, per cercare di raggiungere l’Europa e ricrearsi una nuova vita. Storie come quella di Beauty, all’epoca 16enne, nigeriana e bellissima. Le sue prime parole d’italiano? «Sono 20 col preservativo e 40 senza». O di Mohamed, marocchino con l’Europa nel cuore. «L’Eldorado era a soli 14 chilometri da me. Pensavo che oltre lo stretto di Gibilterra vivessero soltanto bambini biondi e con gli occhi azzurri, che i genitori ricoprivano ogni giorno di cioccolata e caramelle. Mi sentivo vittima di un’ingiustizia». Una volta raggiunta l’Europa da immigrato clandestino, si è reso conto in fretta che bambini biondi ce n’erano pochi e comunque non c’era cioccolato per tutti. Ha cercato di barcamenarsi al confine tra legalità e illegalità, e ora è in carcere come narcotrafficante. A, lui, a Beauty e ad altre centinaia di persone a cui di solito è negata ogni identità, qui è data l’occasione di lasciare l’impronta attraverso un disegno, una parola o una semplice data. Goldberg ha lavorato accanto a loro sfiorandoli con leggerezza e senza invaderne l’intimità. «Il mio lavoro si basa sulla fiducia», spiega il fotografo americano. Non funziona se mi limito a scattare foto. La confidenza che stringo con i miei soggetti è la mia guida più importante». Le sue foto, rispettose delle vite che raccontano, ne sono la migliore conferma

Il VECCHIO BORGO SI RIFà IL LOOK

In Friuli Venezia Giulia, fuori dalle rotte turistiche, Pordenone è una piccola realtà aperta, dove è piacevole passeggiare tra i palazzi antichi del borgo feudale e prendere parte ai numerosi eventi culturali che animano la città.

Un antico borgo feudale, delimitato dalla cinta muraria, ricco di palazzi rinascimentali e gotici. Oltre a porticati e chiostri, il castello che domina piazza della Motta, sede del mercato, della biblioteca civica e dell’ex convento di San Francesco. Si presenta così il centro storico di Pordenone, cittadina di 51mila abitanti fuori dalle rotte turistiche, cresciuta intorno all’azienda Zanussi, che oggi punta sulla cultura. «Soprattutto producendo eventi dal basso, grazie a un vivace tessuto underground che pervade la città», spiega Marco Minuz, curatore della mostra su Goldberg». «Dalle Giornate del Cinema Muto ai festival letterari Pordenonelegge.it e Dedica, in omaggio ogni anno ad un’importante figura della letteratura mondiale. Due anni fa è stata la volta di Paul Austen». Poi è il turno dell’architettura. «Senza chiamare archistar, ma facendo lavorare gli architetti locali. Quest’anno è stata inaugurata la nuova sede della biblioteca civica. A fine anno aprirà il museo della tecnica per i bambini, mentre sarà ampliato il museo civico d’arte, con la nuova sede del complesso universitario. Oltre al Parco».

Da vedere

Jim Goldberg PARCO Pordenone ARte COntemporanea, via Bertossi 6 Ingresso libero

Palazzo Gregoris Corso Vittorio Emanuele II 44 L’attuale palazzo costituisce uno splendido esempio dell’architettura veneziana di terraferma.

Palazzo Ricchieri Corso Vittorio Emanuele II 51 tel. 0434 392935 Originariamente una casa-torre a difesa del nucleo cittadino, fu adattata durante il periodo veneziano in palazzo dalla famiglia Ricchieri. Ospita il museo civico d’arte. www.comune.pordenone.it/museoarte

Palazzo Montereale Mantica Corso Vittorio Emanuele II 56 tel. 0434 381600 Costruito nel XVIII secolo e oggi sede della camera di commercio, mostra la grazia aristocratica di un grande salone decorato a stucchi, nella seconda metà del 700.

Ex Convento e chiesa di San Francesco Piazza della Motta 2 tel. 0434 392911 L’edificio è stato restaurato e adibito a usi artistico-culturali. Fondato nel 1419, il convento fu soppresso nel 1774.

room service

Valida fino al 31 gennaio l’offerta “Weekend a Pordenone – Turismo FVG”. Strutture a 3 e 4 stelle propongono due notti in doppia b&b, bimbo sino a 12 anni in stanza con i genitori gratis e una confezione omaggio di prodotti del territorio a prezzi bloccati per tutto l’anno. Per la lista degli hotel convenzionati: www.turismofriuliveneziagiulia.it.

food

Al Teston vicolo delle Mura 5/b tel. 043 421648 Nel centro storico. Chi ama il San Daniele lo trova di diverse stagionature (e di buona qualità) insieme a piatti sfiziosi come ravioli di patate con montasio e finferli. Porzioni non da crapuloni, però. Piatti sui € 15.

Cecchini Via S. Antonio 9 Pasiano di Pordenone tel. 0434 610668 Accanto alla pluripremiata Vecchia Hostaria Cecchini, propone la stessa qualità dallo chef Marco Carraro e una cantina di vini con 700 etichette. In più è meno formale e accessibile. Menu degustazione: € 37.