Viaggio itinerante tra Lombardia e Piemonte

In giro tra Pavia, Lodi, Bra e Alba
Scritto da: anniaffollati
viaggio itinerante tra lombardia e piemonte
Partenza il: 28/02/2014
Ritorno il: 02/03/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Questa è la seconda parte di un viaggio raccontato l’anno scorso: http://turistipercaso.it/piemonte/68332/fine-settimana-tra-le-langhe-e-il-roero-senza-scor.html

Ci basta un’occhiata in cantina per renderci conto del disastro: le nostre scorte di Barbera d’Asti si stanno esaurendo! Urge ritorno alla terra che l’anno scorso, esattamente a fine inverno proprio come quest’anno, ci ha accolto a braccia aperte. Approfittiamo dell’eccezionale ospitalità degli amici del B&B Frazione Sant’Anna a Costigliole e carichiamo le damigiane in auto: direzione VINO.

Nel tragitto ci sovviene che da anni cerchiamo di visitare alcune località ma senza trovare mai il tempo di farlo. Alcuni le considerano città e paesi marginali, ma io che son nato nel lodigiano (Riccardo) non sono di questo avviso. Oggi ci fermeremo dunque a Codogno, Lodi e Pavia.

Codogno dista da Piacenza pochi chilometri. Ci sarebbe davvero molto da vedere – compreso, da fuori, il vecchio ospedale, edificio davvero singolare dal bel colonnato – peccato sia venerdì e tutte le chiese importanti abbiamo i battenti sbarrati. Parcheggiamo in pieno centro e respiriamo l’aria dimessa della provincia, vediamo i suoi abitanti che si dirigono svelti verso i molti bar. La Chiesa Parrocchiale di San Biagio e Santa Maria Immacolata col suo strano calendario via di mezzo tra una meridiana ed un termometro ci incuriosisce, il cortile fiabesco della Chiesa delle Grazie ci rapisce, ma è tutto ineluttabilmente sbarrato. Ci facciamo un giro al mercato e ci imbattiamo a sorpresa in un grandissimo artista che proprio qui a Codogno – come me (R) – ha trovato i natali, Maurizio Milani!

Ripartendo, facciamo rotta verso Lodi. Il centro di questa sorprendente cittadina sonnacchiosa è un piccolo gioiello. A dire il vero, per noi che veniamo dalla provincia di Mantova, è molto simile al capoluogo gonzaghesco. Facciamo ingresso da Piazza Broletto, un angolo medievale impeccabilmente conservato. Entriamo da qui nella piazza principale: piazza della Vittoria. Cerchiamo di visitare il duomo ma è chiuso! Facciamo dunque un giro per le lunghe vie che si snodano in cerca della mitica raspadüra, sottili sfoglie di grana. Arriviamo in un baleno all’interessante “Torre di Lodi” che segna un po’ la fine dell’area pedonale: davvero affascinante.

Lodi Vecchio dista da Lodi una decina di chilometri; si tratta dell’antico nucleo abitativo di Lodi (600 a.c.). Oggi non è rimasto molto da vedere a parte l’antica e magnifica Chiesa di San Bassiano, sede di una festa molto rilevante, il giorno del santo. Il 19 gennaio infatti qui si fa festa pasteggiando con quintali di trippe offerte agli avventori per tradizione. Erano 3 anni che volevamo venirci e non eravamo mai riusciti a trovare il tempo. Ora che siamo qui ci godiamo la pace del posto.

La prossima tappa è Pavia, da lì prenderemo l’autostrada verso l’astigiano. Arriviamo sotto una pioggia battente e subito siamo affascinati dalle torri che svettano alte dietro i palazzi. Si dice che questa città ve ne fossero 150 in epoca medievale. Parcheggiamo nelle vicinanze dell’università, passeggiamo di fronte alla Chiesa di San Francesco Maggiore e passando attraverso il cortile universitario raggiungiamo la base delle torri. E’ bello alzare gli occhi al cielo e farsi sovrastare da questi giganti, ma non restiamo a lungo perché la pioggia non ci concede tregua. Arriviamo in un attimo in piazza del Duomo e una visita quantomeno veloce alla chiesa è d’obbligo: davvero maestosa. Ma il motivo per cui siamo qui è un altro: è una vita che il ponte coperto ci intriga. A dire il vero, vedendolo così, intasato dal traffico, sotto un cielo grigio topo perde molto del suo fascino da cartolina… ma tant’é. Ad avere più tempo avremmo cercato di visitare anche il Castello visconteo e la Certosa che dista dal centro città qualche chilometro, ma è tempo di ripartire: vogliamo arrivare a destinazione prima che sia troppo buio.

Il giorno seguente nonostante il maltempo (è il primo marzo e qui nevica sopra i 400 metri), focalizziamo la nostra attenzione su Bra, sede storica di Slow Food. Appassionati come siamo di cibo e alimentazione, non possiamo non tentare di entrare a curiosare nell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche, fondata da Petrini proprio una decina di anni fa. Invano. Il complesso architettonico che sorge a Pollenzo, vicino a Bra, e che ospita appunto non solo l’università ma anche la Banca del Vino, è davvero da applausi. Castello enorme con tenuta appartenuta a Carlo Alberto, ristrutturato con un gusto ineccepibile qualche anno fa, mi dà l’impressione di trovarmi di nuovo ad Oxford. Dato che non possiamo assistere alle lezioni universitarie, nessuno ci negherà almeno di visitare la Banca del Vino. Questa strabiliante ed enorme cantina sotterranea (100.000 bottiglie) altro non è che una vera e propria banca in cui le migliori bottiglie a livello nazionale vengono scrupolosamente tenute sotto grata, in modo che non si perda mai la memoria storica della cultura enologica. Si può scegliere tra diverse tariffe. Noi ad esempio, per la cifra di 15 euro a testa, ci facciamo guidare durante la visita e alla fine scegliamo un assaggio di vino e un tagliere per due con presidi slow food. Davvero un’esperienza da non perdere (www.bancadelvino.it ).

Continuando il nostro giro, arriviamo a Bra. Anche qui continua il maltempo. Riusciamo solo a fare un salto al negozio Slow Food, e a visitare una trattoria in cui servono ovviamente altri presidi protetti: il Circolo Arci Boccondivino. Non ci feriamo però molto perché il tempo peggiora e quindi decidiamo di fare un salto in un altro paio di paesi che l’anno scorso non siamo riusciti a visitare.

Dapprima raggiungiamo Verduno, paese da fiaba e patria di un vino rosso in purezza eccezionale: il Pelaverga. A Verduno nevica alla grande e ci inerpichiamo sulla strada in salita che porta alla magnifica Cantina comunale “Casa Ciabotto” (http://www.casaciabotto.it/index.htm) dove in un’atmosfera via di mezzo tra la casa del popolo e – visto il tempo fuori – uno chalet di montagna, assaggiamo ben 5 tipi diversi di rosso locale. A spiegarci con passione e dedizione la differenze tra le varie cantine coinvolte nella vinificazione di questo particolare vitigno, un giovane gestore davvero molto preparato; risultato: altre due bottiglie aggiunte alla nostra collezione.

Prima di tornare verso Costigliole, ci feriamo a Cherasco, il paese delle lumache. Ovunque, piccoli e grandi allevamenti ai lati delle strade tra i noccioli e i filari di vite. In pieno centro diverse trattorie servono la carne – e il tanto di moda caviale – di lumaca in tutte le salse. In un paio di pasticcerie dallo sfarzo ottocentesco tastiamo con bocca la magnificenza dei “Baci” di Cherasco, cioccolatini malfatti a base di cacao fondente e nocciole sminuzzate: notevoli. Giriamo fino all’imbrunire tra i palazzi signorili del centro e poi torniamo ad Alba, altra città da non perdere ma della quale avevamo già parlato nello scorso diario (http://turistipercaso.it/piemonte/68332/fine-settimana-tra-le-langhe-e-il-roero-senza-scor.html), dove ci feriamo per una cena leggera.

L’ultimo giorno i programmi sono chiari: ritiriamo le damigiane piene a Sant’Anna (Barbera e Cortese – Azienda Bo, http://www.bomassimovini.it/. Salutiamo gli amici del B&B Frazione Sant’Anna che come al solito ci hanno fatto sentire ben più che a casa. Ripartiamo verso Alessandria. Qui usciamo per visitare il museo di Marengo – importante per guerra napoleonica tra francesi e austriaci e per il piatto tipico a base di pollo – ma è chiuso! Giriamo all’ora di pranzo per una deserta Alessandria cercando un ristornate che cucini appunto il Pollo alla Marengo (è una vita che desidero assaggiarlo – R) ma niente da fare! Così nel primo pomeriggio, stremati dallo sconforto, visitiamo la Cittadella di Alessandria, fortificazione permanente risalente al XVIII secolo dismessa da qualche anno e poi facciamo mestamente ritorno a casa. Alla prossima puntata, appena restiamo di nuovo senza vino in cantina.



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