Dalle colline ai prati: la favola di Silvano d’Orba

Viaggio nel paese dei burattini
Scritto da: Francesca Bertha
dalle colline ai prati: la favola di silvano d'orba
Partenza il: 20/05/2010
Ritorno il: 21/05/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 500 €
C’era una volta un burattino che si chiamava Silvanino e abitava in un paese tra le verdi colline dove c’era anche un grande castello, molti giardini fioriti e tanti vigneti intorno al paese. Era fatto di legno e stoffa, aveva l’abito arancione e il cappellino blu. Sorrideva e scherzava sempre con grandi e piccini e per potersi divertire insieme ai suoi amici, ha deciso di fare una grande festa a cui ha invitato tanti altri bei burattini come lui da tutta Italia e da tutto il mondo. Così ha preso inizio la manifestazione più importante che si svolge a Silvano d’Orba: Ai bravi burattinai d’Italia, rassegna estiva dedicata ai burattini con spettacoli e premiazioni, ed una fase autunnale, arricchita di laboratori e seminari di studio per diffondere l’arte del teatro dei burattini.

Noi siamo arrivati a Silvano d’Orba in primavera, quindi dei burattini abbiamo solo sentito parlare dalle persone del posto, ma il loro fascino fiabesco ha in qualche modo condizionato tutta la nostra giornata di gita primaverile. Silvano d’Orba si trova a circa dieci minuti di strada dal casello di Ovada e si riconosce da lontano: la chiesa parrocchiale di San Pietro e il Castello si vedono da chilometri di distanza e rappresentano un punto di riferimento tra le colline ovadesi. Una volta entrati in paese, abbiamo lasciato l’auto nella strada principale e abbiamo proseguito a piedi alla scoperta delle vie che si inerpicano sulla collina. Alcune salite sono abbastanza impegnative, ma vale la pena farsi venire un po’ di fiatone: la parte alta del paese è come un unico grande belvedere. Ovunque ci si fermi, si apre una vista mozzafiato sulle colline circostanti e lo sguardo può spaziare liberamente nella valle tra le case che si vedono in lontananza. Tra belle villette, custodite da cani ligi al loro dovere di abbaiare quando vedono passare degli estranei e da gatti persi nei loro tranquilli sogni pomeridiani, abbiamo raggiunto il punto forse più alto del paese, dove si erge la chiesa di San Pietro, poco sotto il Castello Adorno. Il Castello, costruito nel 1492, con le sue quattro torri massicce è una vera fortezza di tipo medievale, ed è tuttora proprietà privata.

Oltre che per i burattini, Silvano d’Orba è famoso anche per un altro motivo “allegro”: è Borgo della Grappa. Qui hanno sede due antiche distillerie che producono grappa con il cosiddetto metodo discontinuo dell’alambicco a bagnomaria alla piemontese.

Abbiamo continuato la nostra passeggiata ammirando i tanti giardini fioriti e respirando l’incredibile tranquillità di questa località che sembrava davvero uscita da una fiaba. In un giardino abbiamo notato tantissime simpatiche capre di una razza che non conoscevamo, a prendere il sole insieme alle galline. In poche ore siamo riusciti a dimenticare la frenesia della città e a rigenerarci grazie a questa atmosfera di pace. La lunga passeggiata per le salite del borgo ci ha anche fatto venire una discreta fame, così abbiamo deciso di coronare questa giornata con una cena tipica del luogo. Abbiamo ripreso la macchina e ci siamo spostati dall’altra parte della strada che da Ovada porta a Novi Ligure, dove approfittando dell’ampio parcheggio di un magazzino di bricolage e giardinaggio, abbiamo scoperto il ristorante e focacceria Ai Prati. E se a Silvano d’Orba tutto ha un sapore fiabesco, la fantasia locale ci ha sorpresi perfino a tavola. I piatti di ispirazione ligure e ovadese qui si presentano in una veste nuova, diversa dal solito, unendo alla bontà del gusto il piacere della scoperta. La pasta col pesto? Si fa su misura, con più o meno aglio a seconda dei gusti e il pesto viene servito direttamente nel mortaio in modo che tutti possano condire la pasta sul proprio piatto a piacere. Abbiamo anche provato un primo ideato da Marco, il giovane titolare: i monferrini. Si tratta di garganelli fatti col vino Dolcetto d’Ovada, che conferisce alla pasta un piacevole colore rosa. Sono conditi con una fonduta di formaggi di malga e con dei chicchi di uva dolcetto brinati a crudo. Si cucinano con la riduzione di vino per sgrassarli, secondo il cosiddetto “paradosso francese” che si basa, appunto, sul potere sgrassante del vino. “Siamo degli artigiani in cucina”, ha minimizzato Marco, spiegandoci che la passione per la cucina lo porta a sperimentare, a giocare con gli ingredienti, ma sempre rigorosamente freschi e di stagione. L’ultima sorpresa è stato il dolce: si chiama Egoist, perché è talmente buono che nessuno vorrebbe cederlo a qualcun altro. E’ un favoloso semifreddo bianco con fragole, strati di cioccolato con sovrapposizione di lamponi, panna e pistacchio tritato sul momento.

Durante il rientro in città, ci è venuta in mente una targa, dipinta a mano, che abbiamo visto su un cancello durante la nostra passeggiata: “Chi vuole andare attorno attorno vada, a me piace abitar la mia contrada”. Pensiero che dopo questa giornata piacevole possiamo solo condividere in pieno.

Francesca Bertha



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