Il Perù è una papa rellena

Al classico tour del Sud abbiamo aggiunto qualche giorno in due cittadine a nord per visitare due importanti siti archeologici e camminato sul fantastico percorso dell'Inka trail!
Scritto da: Titania
il perù è una papa rellena
Partenza il: 23/09/2011
Ritorno il: 11/10/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Il Perù è una papa rellena…. Per capirci…

La papa rellena è una enorme crocchetta di patate ripiena di carne, uvetta, uovo sodo e verdure, solitamente accompagnata da cipolla rossa, cruda, tagliata sottile. Il Perù, nel suo complesso, mi ha dato la stessa sensazione che ho avuto guardando questa prelibatezza… Dall’esterno riesci già ad immaginare che sarà stepitosa, ma una volta che inizi a conoscela un pò ti stupisce con dettagli e sfumature che non riuscivi ad immaginare. Salato, agrodolce, pungente, avvolgente, un insieme di sensazioni che si presentano a chiunque, ma che si lasciano scoprire davvero solo se si ha la pazienza di gustarlo con il tempo che richiede.

23 Settembre: Roma/Lima

Finalmente si parte! Chiusi i bagagli già da qualche giorno, siamo finalmente pronti per partire e non vediamo l’ora. Il volo prevede uno scalo a Madrid, dove arriviamo con una mezz’ora di ritardo che comunque non compromette la coincidenza con il volo verso Lima. Il volo è lungo, circa dieci ore, e fa fatica a scorrere poiché l’aereo non è dotato di schermi personali, solo di quelli comuni posti a metà delle file, ma tra un sonno e una lettura della guida, alla fine passa. Durante il volo si avvicina un ragazzo italiano, Davide, per farmi delle domande sul tipo di itinerario che abbiamo deciso di fare e tra una chiacchiera e l’altra scopro che ha fatto anche qualche capatina su Fv! Il mondo sta diventando davvero piccolo ragazzi o è ForumViaggiatori che cresce?!

Arriviamo nell’Aeroporto di Lima e sbrigate le formalità di frontiera cambiamo euro in soles nel comodo banco di cambio senza commissioni collocato appena prima dell’uscita per il controllo bagagli alla dogana. Qui il controllo che ci fanno è: guardare noi, guardare le valigie e chiederci di premere un pulsante verde su un pannello che ne ha anche uno rosso… Usciamo e nella sala Arrivi la calca è incredibile e festosa, incontriamo il nostro autista, Edison, che ci chiede di aspettare perché sul nostro volo c’è una ragazza francese deve venire con noi. Ci tocca aspettare un bel po’ per poi scoprire che la ragazza si è sentita male durante il viaggio e ora è accudita dai servizi sanitari dell’aeroporto. Edison decide di partire senza di lei e ci tuffiamo nel traffico caotico di Lima dove praticamente ci si fa strada a colpi di clacson e accelerate improvvise. Poco dopo Yolanda ci richiama per chiederci se possiamo tornare indietro, Camille è all’uscita e ci aspetta. Edison non sembra molto contento, e in pochi minuti capiamo il perchè. Il traffico è incredibile!!! Tornare indietro per quelle poche centinaia di metri percorsi ci fa perdere circa mezz’ora. Carichiamo Camille e di nuovo nel traffico. In poco meno di un’ora siamo a Casa Yolanda, dove Yolanda ci accoglie e ci consegna la nostra camera, enorme, con bagno, cucinino e un secondo letto da una piazza e mezza. Fantastico!

Pensavamo di uscire per la cena, ma la stanchezza è tanta e preferiamo fare solo una doccia e metterci a dormire.

Consigli: Se, come noi, farete scalo a Madrid non perdete troppo tempo a girovagare nell’aeroporto, ma dirigetevi quanto prima verso il vostro gate, l’aeroporto è molto grande e alcuni gate si devono raggiungere con un trenino interno e il tragitto complessivo tra trenino e camminata dura una ventina di minuti.

24 Settembre – Lima

Con Yolanda ieri sera avevamo concordato la colazione per le 9.00, per riposare un poco, ma ci svegliamo molto prima del previsto al cinguettio di uccelli mai sentiti in precedenza. Poiché è ancora presto per fare colazione, decidiamo di uscire e fare una passeggiata nel quartiere. Nelle vicinanze di CasaYolanda c’è un parco pubblico davvero ben tenuto (come tutti gli spazi verdi in Perù) dove scopriamo che oltre ai piccioni, tra i rami ci sono anche dei piccoli pappagalli selvatici. Notiamo che le case hanno tutte grandi inferriate o addirittura recinzioni elettrificate, Lima non dev’essere una città propriamente tranquilla…

Subito dopo la colazione Yolanda ci illustra tutto il plan che avevamo concordato con Angelo per riconfermarci le prenotazioni e darci le ultime indicazioni sui trasferimenti, ci consiglia di lasciare i passaporti in camera e girare solamente con la fotocopia. Si dice stupita del fatto che poco prima della partenza abbia inviato la conferma del nostro arrivo a tutti gli hostales da lei prenotati, è la prima volta che le capita. Le spieghiamo che non lo abbiamo fatto per cattiva fede ma semplicemente per chiedere se c’era un servizio di pick up visto che alcuni hostales lo prevedevano, ma a quanto pare li abbiamo messi tutti in allarme e devono averci presi per matti. Magari funzionassero così le cose in Italia! Terminata la chiacchierata, Yolanda ci accompagna a prendere il taxi in Av. Canada assicurandosi che non ci chiedano troppo (12 soles per arrivare al Museo Larco, circa 15 minuti). La nostra prima tappa è il Museo Larco (30 soles a testa), un museo molto ben organizzato che contiene reperti, soprattutto ceramiche e metallo, relativi alle varie culture peruviane, ottimo per una preparazione propedeutica al viaggio.

Una volta usciti sono ormai le 14.00 e decidiamo di andare a pranzo e proseguire successivamente con la visita della città saltando, però, il secondo museo in programma, il Museo Historico Arqueologico e Antropologico, che pensiamo di recuperare alla fine del viaggio. Andiamo comunque nella direzione di questo museo che non dovrebbe essere troppo lontano e chiediamo indicazioni alle guardie esterne al Museo Larco. Ci indicano di seguire una striscia di vernice azzurra sul marciapiede fatta appositamente per evidenziare il percorso da un museo all’altro. Ingegnosi! Arrivati nei pressi del secondo museo mangiamo nella Antigua Taberna Queriolo, consigliata da Yolanda, e assaggiamo una papa rellena (una enorme crocchetta di patate ripiena di carne, uvetta, uovo sodo, verdure e fritta) e un escabeche de pescado (tre filetti di merluzzo infarinati e fritti e ricoperti di cipolle rosse stufate nell’aceto. Beviamo anche il pisco sour (coctail molto simile al margarita, ma senza sale) per un totale di 59 soles.

Prendiamo un taxi per dirigerci verso Plaza San Martìn una grande piazza bianca piena di gente che si rilassa sulle sue fontane.

Sotto uno dei suoi portici proviamo la Pasteleria San Martìn per assaggiare il Turron de Dona Pepa che secondo la LP qui è particolarmente gustoso e “dolorosamente dolce”. Non è come il nostro torrone, sono file di pasta lavorata come grissini e sovrapposti a griglia per tre strati tenuti insieme da miele e decorati con praline di zucchero. Credo che sia la cosa più stucchevole che abbiamo mai assaggiato! Decisamente evitabile… Proseguiamo per Jiròn de la Union una strada piena di negozi e oggi particolarmente animata perché è il giorno dedicato alla festa della Virgen de la Merced e, infatti, nella Chiesa omonima si stanno preparando a renderle omaggio. La Iglesia de la Virgen de la Merced è molto bella sia per la sua facciata elaboratissima, sia per gli enormi altari interni in stile barocco, interamente scolpiti nel legno e adorni di statue dalle fattezze, a volte, veramente drammatiche. Bellissima la Croce d’argento che non abbiamo fotografato per rispetto delle persone intente a pregare ai suoi piedi, pare abbia poteri miracolosi.

Proseguiamo ancora oltre e arriviamo in Palza de Armas dove, oltre alla Cattedrale, purtroppo chiusa, si affacciano anche il Palazzo Arcivescovile e il Palazzo del Governo. Proseguiamo verso il fiume e ci fermiamo sul Ponte de Piedra, che Yolanda ci ha sconsigliato di attraversare. Al di là ci sarebbe il nucleo della antica Lima, ma pare che non sia un posto molto tranquillo al giorno d’oggi e le camionette dell’esercito non ci tranquillizzano tanto da farci decidere di rischiare. Da qui ci spostiamo per visitare dall’esterno l’ Iglesia de Santo Domingo, dove decidiamo di non entrare. Entriamo, invece, nell’ Iglesia de San Francisco, dalla LP sembrerebbe a pagamento, ma l’ingresso alla Chiesa è libero, si paga quello al monasteo, che non visitiamo. La Chiesa è bellissima con i suoi stucchi colorati in bianco su fondo rosso in stile moresco.

Da San Francisco ci dirigiamo al Parque de la Muralla, un bel parco con giardini lungo il fiume, che però guardiamo solo da fuori, da una terrazza rialzata da cui si può osservare parte dell’antica cinta muraria e la statua del “bastardo”, come Yolanda ha definito Francisco Pizarro. Terminata la visita al centro di Lima prendiamo un altro taxi per visitare l’ultima meta della giornata, il Circuito Magico del Agua (4 soles a testa), un parco con circa 12 fontane con giochi d’acqua, illuminate da luci colorate e animate da musiche. Particolarmente belle di sera naturalmente, infatti gli spettacoli iniziano dalle 18 in poi. Altro taxi e via verso Casa Yolanda dove sistemiamo il nostro bagaglio in modo da portare solo lo stretto indispensabile per partire verso nord, poiché Yolanda, gentilissima, ci ha dato la possibilità di lasciare l’eccedente nella Casa. Poco dopo, con solo un trolley piccolo e uno zaino, siamo di nuovo in macchina con lei e il fratello alla volta della stazione dei Bus Crus del Sur dove veniamo alloggiati nei sedili Suite (85 soles a testa), quasi interamente reclinabili con poggiapiedi, pasto a bordo e wifi gratuito! In queste condizioni il viaggio di 8 ore vola tra comodità varie e una bella dormita.

Consigli: Prendere solo taxi che siano collegati ad una società in maniera riconoscibile. Evitare le macchine con solo scritto “taxi” (o neanche quello), piene di ammaccature anche se sono più economiche. Sembrano non essere veicoli sicuri. Noi abbiamo utilizzato solo quelli bianchi con fasce blue e gialle con la scritta “Taxi Metropolitano”, nei casi in cui non è stato possibile abbiamo preso solo auto in buone condizioni (e possibilmente con autista attempato).

25 Settembre – Trujillo – Huaca de la Luna, Chan Chan, Huaca Arco Iris e Huaca Esmeralda

Leo che soffre di cinetosi fulminante, forse grazie anche alla xamamina, si sveglia bello riposato e senza aver avvertito fastidi durante tutta la notte. Anche io mi sento davvero bene, non siamo affatto stanchi nè provati per aver fatto un viaggio in pullman durato tutta la notte! Arriviamo con mezz’ora di anticipo a Trujillo e un po’ perché storditi un po’ perché dal plan originale non era previsto, dimentichiamo che Yolanda ci ha comunicato che un taxi ci avrebbe aspettato all’esterno per andare all’hostal, quindi ne prendiamo uno da soli e in 10 minuti siamo lì con lo stupore dell’addetto alla reception. Prendiamo possesso della camera e alle 8.30 ci facciamo chiamare un taxi per partire alla volta di Chan Chan (nord ovest di Trujillo). Il tipo ci chiede 20 soles e sbaglia pure strada, perché ci porta allaHuaca de la Luna (sud est di Trujillo). Poco male, avevamo in mente di visitarla domani, quindi decidiamo di rimanere qui anche se il tassista si dice disposto a portarci a Chan Chan. Oggi è possibile visitare solo la Huaca de la Luna (10 soles a testa con guida compresa, obbligatoria), mentre la vicina Huaca del Sol, una enorme struttura in adobe di cui oggi rimane solo 1/3 dell’originale, la si può guadare solo dalla prima, poiché chiusa. Non abbiamo capito se la lasciano aperta solo 4 mesi all’anno o se quest’anno è stata aperta solo 4 mesi e poi l’hanno definitivamente chiusa. Fortunatamente, delle due, la Huaca de la Luna è la più interessante.

Aspettiamo che si facciano le 9 per l’apertura del sito e veniamo informati che partiremo con la guida (solo in spagnolo ma comprensibilissima) non appena si formerà un gruppo; tempo stimato circa venti minuti. Dopo venti minuti siamo ancora gli unici ospiti del sito e la guida, quindi, è tutta per noi! La Huaca, risalente alla cultura Moche, è stata costruita proprio ai piedi del Cerro Blanco, una collina di roccia e terra molto chiara da cui parte un muro che proteggeva il sito dal vento, che in effetti soffia bello forte a tratti. Il sito è grandissimo e molto bello, si tratta di un antico tempio composto di cinque strati differenti, ogni volta che cambiava sacerdote si interrava il precedente e veniva edificato un altro tempio sopra ancora più grande. Nel tempio si possono osservare ancora le pitture che lo ornavano e i diversi strati dei templi precedenti. Qui venivano fatti sacrifici umani e sono stati trovati gli scheletri di almeno 70 persone. Il motivo di questi sacrifici era, probabilmente, il cercare di ingraziarsi gli dei che presiedevano agli agenti atmosferici, infatti si è ipotizzato che il sito sia stato abbandonato a seguito di un periodo di piogge ininterrotte (segno che gli dei non ascoltavano più le richieste, mentre l’evento è plausibilmente riconducibile al fenomeno di El Nino che si manifesta circa ogni trenta anni). Favoloso è l’esterno della Huaca interamente deorato con pitture. Qui si scava dal 1990, ma ancora oggi si fanno continuamente nuove scoperte. Terminata la visita di circa un’ora, all’uscita vediamo il nostro primo biringo. Fa un po’ impressione ed è bollente!!! Pare che grazie alla sua temperatura corporea venga utilizzato per alleviare i dolori causati dall’artrite. Mentre usciamo iniziamo ad aver timore di non riuscire ad avere il tempo necessario per vedere Chan Chan e gli altri siti che avevamo in programma per oggi se li posticipiamo a domani a causa della partenza verso Chiclayo. Decidiamo così di tornare a Trujillo e visitarli oggi. Invece di prendere di nuovo un costosissimo taxi ci facciamo coraggio e prendiamo un combi (1,50 soles a testa) che per una cifra irrisoria ci riporta a Trujillo. I combi sono dei piccoli bus da circa dieci posti in cui viene stipata gente caricata al volo ad ogni angolo di strada fin quando c’è spazio. Non ci sono fermate, è sufficiente un segno, basta prendere quello nella direzione in cui devi andare (viene gridata a squarciagola da un ragazzo che apre e chiude le porte del piccolo van) e quando sei arrivato alla tua fermata intermedia ti fanno un cenno e ti lanciano fuori. Il conducente del primo combi ci fa scendere all’incrocio in cui potremo prendere un altro combi in direzione Huanchaco (il lido di Trujillo) sulla cui traiettoria c’è il sito di Chan Chan. Tutte queste informazioni ce le ha date lui, basta chiedere, sono disponibilissimi. Al volo prendiamo il combi in direzione Huanchaco, abbiamo aspettato si e no 30 secondi, hanno una frequenza impressionante! Ci sistemano su un sedile che dà le spalle alla strada, una tortura per la cinetosi di Leo, aggravata dalla quantità di gente all’interno, dagli odori di varia umanità e dalla velocità del mezzo. A differenza dei taxi che corrono come pazzi e inchiodano in prossimità dei dossi dissipati per la via per poi riaccelerare schiacciandoti sul sedile, i combi si disinteressano totalmente dei dossi, saltandoci sopra allegramente a tutta velocità. Leo rimane stranamente tranquillo, anche quando sale una ragazza incinta e gli si siede quasi in braccio, mentre a me tocca il marito…In breve tempo, grazie alla velocità, arriviamo in mezzo al nulla vicino alla costa, sappiamo dove siamo grazie ai muri azzurri con su scritto Chan chan. Ci lanciano giù dal combi davanti all’ingresso del sito dove ci sono dei taxi che si offrono di accompagnare i turisti e aspettare durante tutto il giro dei 4 siti archeologici compresi nel biglietto di ingresso per Chan Chan. Per il servizio taxi chiedono 40 soles (circa 15 euro). Facciamo due conti e confortati dal fatto che la tariffa sia concordata con l’ente per la cultura peruviano decidiamo che può essere la soluzione per non impazzire alla ricerca di un mezzo di trasporto per ogni singolo sito, visto che non sono raggiungibili a piedi da qui. L’autista ci accompagna immediatamente a comprare il biglietto presso il Museo del Sitio di Chan Chan (10 soles a testa e comprende il Museo, Chan Chan, la Huaca Esmeralda e la Huaca Arco Iris, dura due giorni consecutivi) e attende che lo visitiamo. Il Museo è una esposizione, un pò triste e non ricchissima, di alcuni manufatti in ceramica e metallo il cui scopo principale è esporre la storia delle civiltà precolombiane e illustrare tramite diorami la vita di queste popolazioni. Terminata la visita, l’autista ci riporta nel sito di Chan Chan e ringraziamo il cielo per averlo preso, dalla strada il sito dista circa un km e mezzo, non tanto, ma il sole picchia di brutto, dopo la visita di un’ora avremmo dovuto rifarlo di nuovo e poi dirigerci verso gli altri due siti….no…benedetti 40 soles! Per la visita a Chan Chan prendiamo una guida (30 soles da dividere tra i partecipanti, siamo in sei, quindi 10 soles a coppia) che si rivela un ottimo investimento per meno di 3,50 € in due. La visita dura un’ora piena e si viene accompagnati nell’unico palazzo visitabile di nove. L’unico in buone condizioni di conservazione. Al fine di garantire la sua preservazione la parte superiore delle mura è stata coperta da una speciale malta e i decori da uno strato di vetroresina che non altera affatto l’immagine originaria, essendo invisibile. I fregi sono davvero interessanti e testimoniano il legame tra la cultura Chimù, cui appartiene questo sito, e l’ambiente naturale circostante. Si possono vedere i motivi a forma di rete da pesca e le correnti marine piene di pesci. All’interno del sito c’è anche un lago in cuivenivano coltivate canne di totora utili per molti usi (costruzione di imbarcazioni, alimentari e altro). Terminata la visita l’autista ci porta alla Huaca Esmeralda, chiamata così perché sono state trovate due tombe, una delle quali aveva un corredo funerario contente o gioielli color smeraldo o smeraldi veri e propri, non abbiamo capito bene dalla “guida”, uno dei custodi che ci si è praticamente lanciato addosso appena arrivati accompagnandoci per tutto i sito. Giustamente poi ha voluto un’ “offerta” non propriamente libera. Al momento di lasciare il sito ci ha invitati a firmare il libro visite con lo scopo di venderci dei suovenir. Sempre visibili sono i motivi con le reti da pesca e i pesci al loro interno. Partiamo per l’ultima tappa, la Huaca Arco Iris, chiamata così perché tutt’intorno ci sono altorielivi che rappresentano l’arcobaleno, portatore di vita, e animali mitologici. Alla fine abbiamo terminato tutto ciò che avevamo in programma per oggi e domani che sono appena le 14.00! E il tutto fatto con estrema tranquillità durante le visite. Magari sarebbe stato più rilassante fare prima il nucleo “grosso” (Chan Chan e gli altri siti del biglietto) in mattinata e nel pomeriggio la Huaca de la Luna, due giorni sono effettivamente troppi, Trujillo città offre poco. Durante il viaggio verso Plaza de Armas, compreso nei 40 soles dell’autista, chiediamo dove poter mangiare un chupe de camarones e il tipo ci nomina tutti locali segnalati dalla LP, cosa che mi dà affidamento (non per la LP, ma perché non ha insistito per uno solo da subito, cosa che sarebbe stata sospetta). Alla fine ci porta da El Sombrero dove sostiene che i piatti siano maggiormente ricchi che altrove. All’ingresso ci accorgiamo che il proprietario del locale gli da una mancia (cosa che impareremo essere la norma qui, anche con gli hostales, ma solo se ti portano in un posto dove non hai prenotazione, se hai prenotato da solo non ne ricavano nulla). La cosa ci insospettisce comunque e, infatti, una volta dentro leggiamo bello grande “Ristorante turistico”, mai fidarsi!! Alla fine però mangiamo bene e non spendiamo tantissimo (52 soles per una papa alla hauncaina, un chupe de pescado e uno de corvina, sempre pesce ma di differente qualità, una porzione di platano fritto e una di camote, la patata dolce americana. Decidiamo di tornare verso Plaza de Armas, il titolare ci dice che per velocità e sicurezza sarebbe meglio prendere un taxi, ma visto lo scambio di favori tra le due categorie preferiamo incamminarci e poi, magari, lo prendiamo da soli il taxi. Il tragitto, invece, è breve e in sicurezza, appena tre isolati. Visitiamo la piazza, carina, colorata, ma non entusiasmante e decidiamo di tornare all’hostal. Dopo una veloce doccia decidiamo di riposarci un pochino, dopotutto veniamo da una notte di viaggio e uno strapazzo continuo….ci appoggiamo alle 17.00 e……

Consigli: Nei siti se qualcuno inizia a parlare della storia del luogo anche senza essersi identificato chiaramente come guida, poi si aspetterà di essere pagato. Chiarite prima la cosa chiedendo quanto vuole e decidete se avvalervene. Per “Ristorante turistico”, abbiamo scoperto dopo, non si deve intendere nella nostra accezione, per loro è indice di qualità e abbondanza (nonchè di costo un poco più elevato). Questo a nord di Lima però, a sud “turistico” vuol dire turistico! Se avete un’idea di dove andare a mangiare non fatevi distrarre dai vostri autisti!!

26 Settembre – Trujillo-Chiclayo

….ci svegliamo alle 5.00 del mattino dopo…. Poco male. Fortunatamente tutte le visite le avevamo concluse con un giorno di anticipo e questo riposo, evidentemente, ci voleva proprio! Decidiamo così di anticipare la partenza per Chiclayo alla mattina, inizialmente prevista verso le 17.00. Da Trujillo sarebbe stato interessante andare a vedere il sito della Huaca del Brujo a metà strada tra le due città (Trujillo/Chiclayo 3 ore, El Brujo dista 1,5 ore da entrambi i centri), ma il nostro biglietto è diretto verso Chiclayo, purtroppo, e farne un altro per andare e tornare indietro su una strada che lo stesso giorno avremmo dovuto percorrere di nuovo non ci è sembrato pratico… Via verso Chiclayo allora. Il biglietto lo acquistiamo direttamente alla stazione dei bus (21 soles a testa), parte puntualissimo e arriva in tre ore precise, anche se l’hostess di bordo ha indicato prima della partenza una tratta di tre ore e mezza. Lungo il tragitto ci viene servito uno spuntino con bevanda (immancabili compagni di qualunque viaggio su mezzi privati).

Il panorama verso nord è desertico. Ha una sua bellezza, anche se da l’aria di non essere ospitalissimo.

Leonardo di nuovo sotto xamamina dorme tutto il tempo (come se non avesse già dormito 12 ore…), taxi e subito verso l’ Hotel Central di Chiclcayo, proprio dietro la piazza principale. Ci sistemiamo e iniziamo la nostra visita della città, che ci servirà come base per siti archeologici e musei nelle vicinanze. Immediatamente ci rendiamo conto della piccola dimensione di questo centro. Oltre alla piazza c’è il Mercato Modelo, interessante spaccato di vita quotidiana con i suoi banchi pieni di frutta e verdure sconosciute ai nostri occhi e palati e carne bella in vista per avventori e mosche fameliche. Il nostro obiettivo è quello di visitare la parte del mercato destinata ai brujos, che la LP indica posizionata nel quadrante sud occidentale… senza spiegare però di quale porzione si tratti, visto che il mercato è composto di 5 blocchi…infatti non lo troveremo mai…peccato.. Pranziamo nel ristorante El Rancho, dove io assaggio il cabreto con tacu tacu (capretto con una salsa verde, il tacu tacu è riso saltato con fagioli) e Leonardo un arroz chaufa con moriscos (riso saltato con frutti di mare). Beviamo della chicha morada, un succo derivato dal mais viola e non fermentato, strana bevanda per pasteggiare perché dolciastra, ma dissetante e gradevole (37,50 soles). Vaghiamo un poco per la città, ma dopo la giornata intensa di ieri…qui sembra davvero non esserci un granchè da fare…quindi continuiamo a gironzolare. Ceniamo presso il Ristorante Romana, segnalato per i suoi piatti molto apprezzati, ma il lomo parrillado(carne alla brace) di Leo, la mia chupe de langostinos (zuppa di gamberoni scuri locali) e una manzamorra morada (budino molto liquido di mais viola, con uvetta e prugne secche) non ci hanno entusiasmato (46,50). Assaggiamo però una birra locale, anche se non della zona, una Cusquena, birra chiara moldo leggera e gustosa. A nanna che domani iniziamo a girare!!

27 Settembre Chiclayo – Lambayeque Museo de Las Tumbas Reales

Due sono le ragioni che ci hanno portato a visitare questa zona del Perù: visitare la Huaca Rajada (la Huaca di Sipàn) e il museo che raccoglie quanto trovato al suo interno. I due siti sono diametralmente opposti a Chiclayo ed è quasi impossibile farli nello stesso giorno, a meno di non fare una corsa contro il tempo. Dopo una bella colazione decidiamo che la priorità va concessa al museo, per avere una migliore preparazione per la visita del sito il giorno dopo. La nostra prima destinazione dovrà essere, quindi, Lambayeque, 11 km a nord ovest rispetto a Chiclayo. Oggi vogliamo muoverci solo con mezzi pubblici locali. Seguendo le indicazioni della guida ci dirigiamo verso “la stazione” dei combi che portano a Lambayeque (una rimessa in cui stazionano diversi piccoli pullman con ragazzi che gridano la destinazione finale), in un quarto d’ora siamo lì avendo pagato solo 2,70 soles in due. Ci fanno scendere davanti al Museo Brunig, che dopo aver visitato il Larco decidiamo di saltare, e ci dirigiamo direttamente verso il Museo de las Tumbas Reales. Non sapendo quanto disti, decidiamo di prendere un mototaxi che per 2 soles ci fa percorrere gli 800 mt che ci separano dal museo…a saperlo (ma alla fine sono 70 cent persi e un’esperienza fatta ;P il mototaxi è davvero divertente!). Il Museo (10 soles a testa) è bellissimo, il tempo stimato di visita è dalle 2 alle 4 ore e ci vogliono tutte! La sua struttura è stata creata appositamente per accogliere i tesori ritrovati nelle diverse tombe di Sipàn. Oltre al Signore di Sipàn sono, infatti, conservati qui i resti e gli averi di un sacerdote e del Vecchio Signore di Sipàn, entrambi accompagnati dal loro seguito. I pannelli sono solo in spagnolo ma molto chiari e completi e l’impianto museale è molto d’impatto. Si entra nel piano più alto e si procede verso il basso, ogni livello ospita uno strato del corredo funerario, così come è stato trovato dagli archeologi. L’illuminazione è fantastica. Si procede al buio. Solo gli oggetti sono illuminati. Purtroppo all’interno non è possibile fare fotografie…

Terminata la visita è ormai ora di pranzo, decidiamo di rimanere qui e visitare il centro di Lambayeque. Ci fermiamo in un ristorantino nella prima piazza a sinistra che si incontra nel tragitto dal Museo al centro, è in un palazzo rosso vivo e fuori c’è scritto solo “Menu”, scopriremo all’interno che si chiama El Admirable. Entriamo confortati dal fatto che sia pieno di gente del posto e che prima di noi siano entrati tre poliziotti. Il menu è composto solo di piatti del giorno, prendiamo una papa alla huancaina e due bistecas, si tratta di un piatto di riso in bianco con una fettina di carne e fagioli in umido per contorno. In tutto spendiamo 11,5 soles (circa 3,50 euro in due!). Riprendiamo la strada del centro, visitiamo la piccola Plaza de Armas e vediamo da fuori la Casa de la Logia con il suo lungo balcone, a quanto pare il più lungo del Sud America. Sulle nostre teste non hanno mai smesso di volteggiare le onnipresenti carogneras, dei piccoli avvoltoi con la testa simile a quella dei corvi. Anche qui terminiamo presto quello che c’è da fare. La guida della Huaca de la Luna ci aveva informato di un posto interessante e poco conosciuto da visitare nei dintorni, ma purtroppo non ricordiamo il nome, non avendo preso un appunto (solo in seguito ricorderemo: Achotuna). Torniamo a Lambayeque di nuovo in combi, stavolta solo 2 soles per due, chissà perchè, ma qui le tariffe sono a piacimento dell’autista, non sono imposte. Solita passeggiata perditempo per Chiclayo e poi a cena a La Parra, dove ci concediamo una cena un po’ più sostanziosa e meno economica del pranzo. Leo voleva assaggiare la carne alla parrilla e stasera si può sbizzarrire, ordina un churrasco, che qui è una bistecca di manzo con osso con contorno di patate fritte e un’insalata (i contorni sono predefiniti), mentre io prendo un lomo alla pimienta (manzo in salsa di pepe) con gli stessi contorni annessi. Prendiamo una birra scura (Pilsen). Leo alza la mano e penso che sia per chiedere il conto, mentre invece gli sento dire “Un churrasco mas!!!!” il piatto precedente era già bello nutrito, il secondo è ancora più sostanzioso e lo spazzola via tutto contento! Alla fine spendiamo 63 soles (20 euro circa), la cena li merita tutti (e sono pure pochi a conti fatti!).

28 Chiclayo – Sipàn- Huaca Rajada

Oggi visiteremo la huaca che conteneva i preziosi reperti osservati ieri nel museo. Chiediamo conferma del percorso che dovremo fare (taxi più bus collettivo) alla ragazza nella hall dell’albergo che ci da tutte le indicazioni necessarie, ma si raccomanda di scendere dal taxi solo una volta dentro al “terminal” e non fuori, visto che la zona è “mui peligrosa!”. Preso il taxi il tassista ci dice la stessa cosa e, infatti, ci lascia proprio davanti al bus solo dopo essersi sincerato che sia proprio quello. Al di fuori c’è un poliziotto che ci segue con lo sguardo fino a quando non siamo nel bus.…iniziamo a temere che sia davveropeligroso come tutti dicono…Leo non è affatto tranquillo.. Come al solito i bus non hanno un orario specifico, aspettano fino a quando non ci sia un numero sufficiente a giustificare un viaggio. Fortunatamente questo accade abbastanza in fretta, solitamente. Il viaggio è di soli 30 km, ma il nostro bus colectivo si ferma spesso a caricare tubi, canne, borse e pacchi ad ogni angolo di strada, cosa che sommata ai circa 10 km di sterrato dell’ultima parte della strada farà durare il tutto circa un’ora. Durante il tragitto abbiamo nuovamente modo di verificare che al di fuori delle città le condizioni della popolazione sono davvero difficili, a volte incredibilmente difficili… Piccoli agglomerati di case fatti di baracche e mura di fango, rivoli d’acqua che confluiscono in fogne a cielo aperto, insomma non proprio un paradiso per chi ci deve crescere. Arriviamo nei pressi del sito e prendiamo i due biglietti di ingresso che comprendono la Huaca Rajada e ilMuseo del Sitio. Anche se i pezzi migliori sono tutti a Lambayeque, qui sono rimasti comunque i reperti trovati nella tomba del cosiddetto guerriero-sciamano, che non hanno nulla da invidiare agli altri, ma potevano almeno restaurarli…. è un peccato vederli così. Appena fuori ci sono dei piccoli negozietti di artigianato locale che espongono copie di vasi moche ottenute da stampi ricavati dagli originali. Non resistiamo e per 30 soles (meno di 9 euro) prendiamo il nostro guerriero moche. Ci dirigiamo verso il sito della Huaca Rajada. A vederlo così non dice granchè, è stato un bene visitare prima i due musei, altrimenti sarebbe stata solo una grande piramide di sabbia con delle buche per le tombe. Il percorso che le corre attorno e permette anche di salire sopra una delle piattaforme è piacevole, anche se è necessario un grande sforzo di immaginazione per capire come fosse fatta. Sulle nostre teste tante belle “carogneras” svolazzano e non ci lasciano presagire nulla di buono. Terminato il giro torniamo nei pressi del museo per vedere se qualche combi o colectivo è in partenza. Non ce ne sono e ci tocca aspettare il primo di passaggio. Fortunatamente non si fa attendere troppo e dopo un’ora siamo di nuovo a Chicalyo. Non sappiamo davvero che fare, oltretutto la camera non l’abbiamo più, quindi solito giro a perdere tempo fino all’orario di partenza. Poichè non abbbiamo pranzato e per l’ora di cena saremo in volo (dove confidiamo nell’immancabile snack) decidiamo di spezzare un pò la fame con un hamburer, visto che ieri avevamo notato una fila di almeno 40 persone davanti ad un locale. Arriviamo così da Delivery hamburguesas di Mi Tia (omonimo del vicino ristorante) ma ci dicono che dobbiamo aspettare le 17.00. Come due mastini affamati iniziamo a girare in torno a Plaza de Armas in attesa che scocchi l’ora e veniamo anche intervistati da tre ragazze che stanno facendo i compiti di inglese. Arrivata l’ora siamo i primi clienti. C’è una vastissima possibilità di accoppiamenti per gli hamburger e noi scegliamo in più nutrito naturalmente, hamburger con formaggio e uovo (6 soles per due hamburuer), favoloso, anche se un pò pesantuccio per una salsa all’aglio con cui bagnano la carne, ma buonissimo!!! Torniamo in Hotel e ci dicono che il servizio bus di cortesia che ci avrebbe dovuto accompagnare all’aeroporto era solo fino alle 17.00, mentre stamattina la ragazza di turno aveva garantito il passaggio. Vabè, fortuna qui i taxi non mancano di certo! Saliamo sul primo e in 10 minuti siamo all’aeroporto. Qui non faccio in tempo ad andare in bagno che trovo Leo intento a chiacchierare con un Canadese logorroico come pochi e anche un po’ fuori luogo “Berlusconi, Berlusconi! Belle bambine!” ma tant’è…come controbattere? Il volo fila liscio sul piccolo aeromobile e in un paio d’ore con scalo (Non mi era mai capitato di fare una fermata con un aereo e poi ripartire, come sull’autobus) siamo di nuovo a Lima e in camera verso le 23.00. Qui ci aspetta il resto del nostro bagaglio e un biglietto lasciato da Yolanda con le istruzioni per il giorno seguente: colazione alle 6.30, partenza alle 6.50. Un brivido ci corre lungo la schiena…sarà l’alzataccia o l’idea di spostarci verso sud?

29 Settembre Paracas – Nasca

Oggi sarà una giornatina un po’ pesantuccia. Ma siamo belli carichi e riposati. Il piccolo giro del nord non ci ha strapazzati come pesavamo. Come da indicazioni di Yolanda, sveglia presto e colazione alle 6.30. Nella sala troviamo altre due persone, italiani anche loro e in partenza con lo stesso bus, ma diretti direttamente a Nasca. Ci chiedono informazioni riguardo il nostro programma di giornata e chiedono a Yolanda di potersi fermare anche loro a Paracas. Yolanda dopo un attimo di panico ci carica tutti nelle auto e ci porta al terminal della Crus del Sur. Sistema noi sul nostro e aiuta loro a cambiare itinerario “spezzando” il biglietto. Dopo tre ore siamo a Paracas. Qui ci aspettano già i nostri autisti che ci porteranno a visitare la penisola, ma prima ci accompagnano negli Alberghi dove Yolanda ha chiesto la gentilezza di farci lasciare temporaneamente tutto il bagaglio. Il giro in auto parte dal mirador e si ferma a Yumanque ma ci viene offerta la possibilità di arrivare fino a Lagunillas, dove si possono vedere anche pinguini e leoni marini (20 soles a coppia per l’estensione). Gli scenari sono spettacolari e i colori incredibili, se poi si pensa che si sta camminando su una strada di sale l’impressione è ancora maggiore. La nostra guida, Nicolas, è davvero preparata, complici l’età e l’esperienza. Ci spiega che è il deserto più inospitale del mondo poiché pieno di sale, quindi non può crescere nulla. Di conseguenza non ci sono animali terrestri, se non una piccola volpe che si ciba di uova di uccelli marini.

Ci fermiamo a mangiare a Lagunillas dove scopriamo che i nostri compagni di viaggio sono vegani. Leo ha appena ordinato mezzo oceano, ma vabè, ognuno il suo. Assaggiamo finalmente il ceviche che, essendo pesce crudo, avevamo accuratamente evitato altrove. Qui è davvero ottimo, macerato nel lime e polposissimo. Oltre a questo, impazzito dalla voglia di provare, Leo ordina anche un piatto di capesante gratinate con formaggio e polipetti in guazzetto come antipasto e un pesce intero (una corvina) alla piastra. E’ troppo felice e non posso affogarlo, come vorrei, neanche quando ci portano il conto, 180 soles (che per quello che abbiamo mangiato è pochissimo se raffrontato all’Italia). Prima di tornare verso le auto non resisto, voglio toccare l’acqua, inizialmente con i piedi, poi la situazione mi sfugge di mano e mi bagno un “po’” di più, ma fa nulla, c’è un bel sole. Passeggiamo raggiungendo il Mirador di Lagunillas, una collinetta subito a destra del ristorante da cui si gode una vista spettacolare. Tornando indietro ci accorgiamo che la spiaggia è piena di piccole pulci e io ci sono appena passata scalza. Se non le prendo oggi, non le prendo più. Vediamo altri uccelli marini, qualche altro pinguino e il pellicano nero, visibile solo qui in Perù. Poco dopo siamo di nuovo in macchina in direzione degli hostales per riprendere il bagaglio e usufruire dei bagni. Pronti per la partenza, saliamo sul taxi che ci porta al terminal per prendere il bus per Nasca. Ok….ma i biglietti? Leo “Li avevi tu”, io “Si ma li avevo messi sul banco della reception, poi sono andata un attimo in bagno, non li hai presi?”, Leo “NO! Controllo nello zaino, magari…..” non finisco di ascoltare e inizio a correre come una forsennata verso l’hostal, corro, corro, corro, mi riporta alla realtà solo il rumore di un’auto e il suono di una voce familiare che dice “Ma dove ca++o corri?? Sali in macchina!” Annebbiata, non so se dalla carenza di ossigeno, dalla tensione o se perché sono proprio annebbiata io al naturale inizio a cercare ovunque nella hall…nulla. Torniamo al terminal e perquisiamo tutto quello che abbiamo. Alla fine erano nella mia giacca. Sono annebbiata io al naturale….ma almeno non ci si annoia, no? Ora siamo tranquilli sul bus per Nasca. Arrivo previsto dopo 3 ore. Sono le 17.00, per cena dovremmo essere lì….invece arriviamo a mezzanotte grazie ad una colossale fila che scorre a senso alternato su una sterrata ad una corsia a causa di lavori sul ponte di Palpa. A Nasca, Fernando, il gestore dell’hostal in cui abbiamo prenotato tutti e quattro ci raccoglie esausti, anche lui non è da meno poveretto, è lì dalle 21.30!! Arriviamo all’Hostal Camiluz. Fernando ci smista per le camere e ha solo il coraggio di dire alla coppia di Bologna che la sveglia per domani è di nuovo all’alba se vogliono fare il sorvolo. A noi augura la buonanotte, domani organizzeremo il resto. Consigli: Verificare precedentemente se l’estensione per Lagunillas non sia già presente nella tariffa pagata per il noleggio dell’auto con conducente e fare l’estensione solo se non si fa l’escursione alle Islas Ballestas. Mangiare a Paracas non è economico. Ci sono pochi ristoranti e tutti con menù e prezzi simili. A Lagunillas credo siano anche un poco più cari, visto che ci sono solo due ristorantini nel raggio di km. Quasi tutti i piatti di pesce costavano intorno ai 30/35 soles. I nostri amici bolognesi per una omelette con verdure, riso in bianco e patate fritte (tutto compreso nello stesso piatto e non enormemente abbondante) e due bibite hanno speso 74 soles, una follia rispetto al resto del paese. Non perdetevi Paracas! E’ spettacolare!

30 Nasca – Linee dal Mirador e Cimitero di Chauchilla – Arequipa

Al mattino ci svegliamo nella nostra enorme stanza, con tanto di cabina armadio, non del tutto riposati a causa della fatica del giorno precedente e dei rumori provenienti dalla strada durante la notte. Abbiamo deciso di svegliarci senza troppa fretta, ma ormai il nostro orologio biologico è tarato sull’alba e quindi alle 8 siamo già a fare colazione. Una signora gentilissima ci chiede se oltre a quanto già presente in tavola vogliamo uova o una patata con formaggio. Incuriositi decidiamo per questa seconda opzione che accanto al cappuccino può far arricciare il naso, ma è troppo buona! Terminato il lauto pasto chiediamo alla signora di poter parlare con Fernando, il proprietario dell’hostal, per avere informazioni sulle escursioni da effettuare. Purtroppo è uscito con Miria e Ennio (la coppia bolognese) e tornerà solo dopo che avranno terminato il sorvolo delle linee. Chiediamo a lei di darci indicazioni su come arrivare al mirador per vedere qualche linea anche senza l’aereo e ci indirizza verso il terminal dei bus poco distante (4 isolati), non prima però di aver fatto tanti complimenti a Leonardo….che anche oltre oceano esercita un fascino incredibile sulle ultra sessantenni. Ci incamminiamo in una Nasca illuminata da un bel sole, fa davvero caldo qui, ma l’impressione generale non è buonissima…la cittadina è davvero trasandatella, uno dei pochi casi in cui il turismo non ha migliorato le condizioni di vita. Arriviamo alla stazione dei bus ma non troviamo la compagnia consigliataci dalla signora. Poco male, tutte le compagnie in partenza hanno almeno un pullman che passa per di là, basta chiedere all’autista di fermarsi. La tratta costa 2 soles a testa e ci dicono che sono in partenza. Saliamo e ci accorgiamo che siamo soli sul mezzo, il che vuol dire che se anche è arrivata l’ora non si partirà fino a quando non avrà caricato gente a sufficienza. Infatti ci muoviamo solo 40 minuti dopo….. Il viaggio è breve, si tratta di una trentina di km in direzione nord ovest, circa 20 minuti, per esser lasciati in mezzo al nulla, o meglio in mezzo alla pampa bruciata dal sole!!!! Attraversiamo a piedi la panamericana e saliamo sul Mirador (2 soles a testa) da cui possiamo vedere le due linee chiamate l’ “albero” e la “rana” o “mani tese al cielo”.

Essere lì è una bella emozione, ma non ci entusiasmano tanto da rimpiangere di non aver fatto il sorvolo. Passiamo lì circa mezz’ora e decidiamo di scendere poiché stanno passando i pullman per tornare a Nasca. In realtà ne sono già passati due a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, la cosa ci lascia ben sperare per un rapido rientro alla base….. Passano i minuti, passano i quarti d’ora e vedendoci sconfortati i venditori di souvenir sotto al mirador ci invitano a stare all’ombra, ci chiameranno loro quando vedranno un mezzo in lontananza. I pullman sono discontinui poiché c’è il problema sul ponte di Palpa, ci dicono, come abbiamo potuto non pensarci??? Dopo un’ora e mezzo Leo decide di chiedere un passaggio a pagamento ad uno dei tanti pullmini di tour organizzati, ma rifiutano tutti perché pieni. Altri dieci minuti dopo, bruciati dal sole, veniamo chiamati dall’omino che vende sassi intagliati con le figure delle linee più famose, il pullman è in arrivo!! Altri 2 soles a testa e altri 20 minuti dopo siamo di nuovo a Nasca. La mattina è praticamente passata, così decidiamo di iniziare a cercare qualcosa per pranzare e una soluzione per andare a visitare il cimitero di Chauchilla nel pomeriggio. Chiediamo agli omini del terminal dei bus che ci indirizzano verso un’agenzia. Andiamo a vedere, fuori della Aeroparacas (da evitare) fa bella mostra di se un enorme dune buggy. Tutti contenti entriamo e concordiamo una escursione con guida alle 4 del pomeriggio per il cimitero, per la “modica” cifra di 45 soles a testa, terminata la quale ci sarà anche un passaggio presso un laboratorio di ceramica e uno di lavorazione dell’oro. Il prezzo ci sembra alto, ma le agenzie intorno sembrano praticare cifre simili e convinti che ci sia anche il passaggio in dune buggy accettiamo. Pranziamo in un locale immediatamente di fronte all’agenzia e consigliato dalla LP, La Kanada, dove con 16 soles prendiamo due papas alla huancaina e due piatti unici con pollo e riso e una bottiglia d’acqua, a pranzo hanno dei menù turistici con antipasto e piatto unico a 7 soles a testa. Torniamo all’hostal e chiediamo di nuovo di Fernando, ma stavolta è in banca. Incontriamo nel giardino interno Miria e Ennio che stanno riposando un poco dopo il volo che ammettono essere stato “movimentato”. Gli parliamo dell’escursione prenotata e decidono di aggregarsi. Torniamo in agenzia e partiamo tutti insieme. Purtroppo, da fessi, non avevamo chiesto con quale mezzo si sarebbe partiti e infatti ci danno una comunissima auto…siamo delusissimi, ma ormai è fatta. L’escursione al Cimitero di Chauchilla è un po’ deludente, diciamo anche piuttosto deludente. Il cimitero è effettivamente un luogo in cui sono state ritrovate tombe risalenti alla cultura nasca, quindi le tombe interrate sono originali così come le mummie e i pezzi all’interno, ma con questi è stato fatto una sorta di collage poiché sono stati trovati scomposti. La ricostruzione è stata effettuata da studenti universitari e a volte sembra un poco arbitraria, come nel caso di un piccolo fagottino che la guida dice essere la mummia di un bambino, ma le proporzioni del corpo, rapportate alla testa non fanno tornare i conti…. Belli comunque i ricami sui tessuti lavorati e impressionante il fatto che alcune mummie abbiano ancora tracce di capelli e acconciature. Terminata la visita veniamo scortati in un laboratorio di ceramica dove, dicono, sono autorizzati a restaurare ceramiche antiche provenienti dagli scavi, la visita dura 5 minuti per poi essere spinti nel punto vendita dove cercano di rifilarci costosissime ceramiche, che Ennio e Miria hanno visto identiche la mattina stessa ad un terzo del costo nel piccolo Aeroporto per le linee. Da lì ci portano al laboratorio in cui si estrae l’oro….identica solfa…dieci minuti di spiegazione e poi negozio di souvenir. Qui ci sono molti turisti, il che ci fa pensare che questa sia un po’ la “manovra” di tutte le agenzie locali…. Con la sensazione di essere stati presi per il naso torniamo verso l’hostal, alle 19.00 abbiamo il passaggio di Fernando verso il terminal dei bus per il viaggio notturno verso Arequipa. Ci chiede come abbiamo passato la giornata e gli raccontiamo prima del mirador, dove ci dice che siamo stati fessi perché lui ci avrebbe fatti portare presso un’altra torre da cui se ne vedono ben 7 e ci dice che siamo doppiamente fessi perché l’escursione a Chauchilla lui ce la avrebbe fatta pagare 20 soles a testa…la comunicazione chiude con l’amaro una giornata che era già iniziata storta…ma tant’è, l’arrivo con 4 ore di ritardo ha provocato una serie di eventi negativi a catena che non potevamo prevedere e qualche sfiga di viaggio bisogna metterla in conto, ma forse potrebbe essere utile mettere una persona nella reception nei momenti di assenza del titolare. Arrivati al terminal cominciamo a tremare per il probabile ritardo del nostro pullman sempre a causa del ponte di Palpa. Incredibilmente però arriva in perfetto orario! Sbrighiamo le formalità dell’imbarco e eccoci di nuovo in viaggio verso una nuova meta!

1 Ottobre – Arequipa

Come il precedente viaggio in pullman, anche in questo caso tutto fila liscio e con la massima puntualità. Ci svegliamo belli riposati poco prima dell’arrivo nella “città bianca”. Arequipa è così chiamata poiché il suo centro è costruito interamente in sillar, una pietra di origine vulcanica di color bianco latte. Qui l’albergo ha mandato un tassista a prenderci (10 soles) e poiché l’hostal di Miria e Ennio è vicino al nostro saliamo tutti sullo stesso mezzo con la promessa di incontrarci verso le 9.30 davanti al Monasterio di Santa Catalina. Alle 8.00 siamo in camera, una bella doccia calda, un poco di relax in camera, un veloce controllo delle condizioni dei vestiti e la busta per la lavanderia è pronta. Decidiamo di approfittarne ora che siamo qui, dato che probabilmente nei prossimi giorni potrebbe essere più difficile riuscire a lavare qualcosa. Il servizio costa 3 soles a pezzo (circa un euro) e tutto sarà pronto per stasera. L’hostal Las Torres de Ugarte è in una posizione ottimale, proprio alle spalle del monastero, quindi ci avviamo cinque minuti prima dell’appuntamento. Proprio di fronte all’edificio c’è un piccolo chiostro con all’interno una sorta di piazzetta commerciale dove si trova il Chicha, uno dei ristoranti di Gaston Acurio, famosissimo chef peruviano e un piccolo punto per informazioni turistiche. Incontriamo i nostri compagni di viaggio, ma prima di visitare il complesso ci dirigiamo nella bella piazza centrale, naturalmente Plaza de Armas, e nel supermercato che si trova sotto uno dei portici laterali. Come noi, anche Miria e Ennio amano curiosare tra i banchi alimentari, così passiamo una buona mezz’ora incantati davanti a frutta mai vista (almeno per noi) di cui compriamo “esemplari” da assaggio.

Torniamo indietro per la nostra visita del Monasterio di Santa Catalina (35 soles a testa), una volta dentro una guida autorizzata si propone di accompagnarci, la cifra del compenso la stabiliremo noi a seconda della soddisfazione, tariffa minima 20 soles a gruppo (noi eravamo in sei abbiamo dato 30 soles in tutto). La visita è davvero interessante e piacevole, anche se la guida non ci sembra dare chissà quali notizie approfondite, anche perché ci sono dei piccoli pannelli in ogni sala che aiutano ad orientarsi. Ciò che mi colpisce sono i colori, rosso e turchese, con cui i muri sono dipinti….infatti sono una “trovata” moderna, originariamente era tutto bianco. Chissà perché questa modifica…. Bellissimo è il chiostro interno, il sole e il cielo terso di questa giornata aiutano ad apprezzare al meglio questo luogo che inizialmente poteva sembrare triste e tetro viste le vite di clausura non sempre spontaneamente scelte che vi si sono consumate, ma che sia la guida che la LP sveleranno essere stato un luogo non propriamente “santo”. Terminata la visita vaghiamo un poco senza meta per gustarci un poco questa città, la prima grande città incontrata dopo Lima. Ormai è ora di pranzo e decidiamo di separarci poiché vogliamo assaggiare cose diverse. Noi decidiamo di “sfamarci” presso il Nina Yaku dove Leonardo assaggia per la prima volta la carne di alpaca e io la quinua in una fantastica zuppa insieme ad una zucca locale e formaggio (50 soles). Ci ritroviamo di nuovo con Miria e Ennio e torniamo in Plaza de Armas, io vorrei andare a visitare il Museo Santuarios Andinos dell’Universidad Catolica de Santa Maria dove è esposta la mummia di Juanita (la LP dice che è aperto dal lunedi al venerdi, noi di sabato abbiamo trovato aperto). Nessuno degli altri sembra interessato ma decidiamo di muoverci verso il museo, una volta lì Leo e Miria sono palesemente orientati a starsene all’aria aperta, mentre io ed Ennio vogliamo entrare. Ci diamo appuntamento dopo 45 minuti e ci dividiamo. La visita al museo dura circa 40 minuti e le tempistiche sono piuttosto precise poiché la guida è obbligatoria. Il biglietto costa 15 soles, la guida è da pagare a parte, anche qui secondo soddisfazione, ma non c’è un minimo obbligatorio (noi abbiamo dato 5 soles a testa). Ci fanno entrare in una sala in cui viene proiettato un interessantissimo filmato in cui è ripercorsa tutta la storia del ritrovamento e illustrata una sorta di ricostruzione della lunga camminata (3 mesi e mezzo) che il corteo partito da Cusco ha dovuto effettuare per arrivare presso il vulcano Ampato dove Juanita, o gli altri bambini, sarebbero stati sacrificati. Io ed Ennio veniamo accompagnati da un ragazzone che parla italiano perfettamente e che ci racconta tantissime cose interessanti sui pezzi che si trovano esposti all’interno, tutti ritrovati negli involucri di tessuto che proteggevano le mummie. LE mummie, perchè ne sono state trovate tre o quattro con interessantissimi corredi di bamboline, conchiglie rituali, piccoli lama, alpaca e vigogne in metalli preziosi. L’ultima stanza che fanno visitare è, naturalmente, quella in cui si trova Juanita all’interno di una doppia teca di cristallo, conservata a -25°. Juanita è visibile solo per 8 mesi all’anno, poi viene sostituita dalle mummie degli altri fanciulli. Questa rotazione è necessaria per la corretta conservazione, poiché nel periodo di “riposo” devono essere conservate a -40°. Ritroviamo Miria e Leonardo in Plaza de Armas. Poiché il mattino seguente io e Leo dovremo partire per il Colca Canyon decidiamo di cercare una farmacia e prendere delle Soroche Pills (vengono vendute a scatole intere per 35 soles o anche un solo blister a 17,50 soles, noi abbiamo preso questo). Più tranquilli grazie all’acquisto fatto ci incamminiamo verso il Mirador de Yanahuara, al d là del Rio Chili, un belvedere da cui si gode un’ottima vista sulla città e su El Misti, il vulcano che la domina. Sono ormai le 18.00 e la stanchezza inizia a farsi sentire. Decidiamo di tornare nei rispettivi hostales e di rivederci per cena. Passiamo un paio d’ore di relax che ci rimettono al mondo e ci rechiamo all’appuntamento. Stavolta proveremo un ristorante vegano specializzato in piatti tipici peruviani riproposti con ingredienti “sostitutivi”, il Lakshmivan. Gli altri tre provano il rocoto relleno (peperone ripieno) che ha soia al posto della carne, mentre io provo un ajì de galina (carne di gallina con una salsa al formaggio e peperone) anche questa con soia….straordinaria!! Per chiudere una bella crepe con fudge al cioccolato e banana (50 soles). Ora siamo davvero pronti per andare a nanna! Tornando verso l’hostal passiamo per una via piena di giovani che affollano locali da cui fuoriescono musica e luci. Peccato non poter perdere un po’ di tempo, peccato non poter stare senza dover per forza guardare l’orologio…qualcosa in noi sta finalmente cambiando!!! Consigli: Su Arequipa nessuno in particolare se non quello di passarci almeno un giorno in più se si è interessati a fare anche esperienze sportive. Ci sono ottimi sentieri per trekking e la possibilità di fare rafting nelle acque del Rio Chili, esperienza che Miria ed Ennio hanno fatto, scatenando la nostra enorme invidia!

2 Ottobre Canyon del Colca – Chivay

Oggi la sveglia non sarà all’alba, ma per le 8.00 dobbiamo essere comunque pronti nella hall per aspettare il nostro bus che ci porterà nel Colca. Da programma era previsto un piccolo bus da 16 posti, ma quello che arriva è un classico bus turistico già pieno per metà. Leo si tranquillizza un poco perché questo per lui significa solo una cosa: le strade non possono essere troppo dissestate e le curve non troppo strette!! A scanso di equivoci, sia per il mal d’altitudine che per quello d’auto, abbiamo preso le nostre belle soroche pills acquistate ad Arequipa che si riveleranno una mossa azzeccatissima. Continuiamo il giro di raccolta degli altri partecipanti al gruppo e prima di lasciare la città la guida ci porta in un bar dove poter acquistare le nostre buste di foglie di coca. Leonardo scende e torna tutto elettrizzato con due buste piene. Gli chiedo cosa ce ne dobbiamo fare con tutta quella “roba” e lui, per tutta risposta, si nasconde dietro la sua cinetosi: “Mi hai detto tu che fa bene a tutto, mal di testa, di pancia, per l’altitudine, insomma…e poi costavano pochissimo!”. Notiamo immediatamente che all’interno, oltre alle foglie c’è anche un “sassolino”, Leo chiede all’autista che sorridendo ci dice “E’ per far diventare le foglie dolci quando le senti amare…”, scopriremo poi che funziona come blando catalizzatore per il principio attivo contenuto nelle foglie. Ma effettivamente fa diventare le foglie dolci!….e anestetizza la bocca…. La mattinata scorre veloce e praticamente tutta a bordo del bus. Attraversiamo le pampas, pianure di alta quota dove vediamo alcuni esemplari di Vigogne. Raggiungiamo un piccolo locale dove ci suggeriscono di bere una tisana calda, la guida consiglia il mate triple, ovvero un infuso a base di coca, muna e chachacoma (3 soles a tazza), buonissima, ne prende una anche Leo e inizio a convincermi che la cinetosi sia davvero tutta psicosomatica…i liquidi sono proprio ciò che dovrebbe evitare! Fatto sta che si sente benissimo e anche dopo tutta la strada fatta non avverte nessun tipo di vertigine, fantastiche le pillole! Solo io mi sento come se avessi la testa in un acquario?? “Tutta suggestione!” mi dice….che faccia tosta che ha!!!! Poco distante dal punto di ristoro vediamo anche dei piccoli Alpaca.

Riprendiamo il nostro viaggio, attraversiamo un altro pascolo di alpaca e lama, e arriviamo infine allo spettacolare Mirador delle Ande, un piazzale da cui si possono vedere i diversi vulcani della zona, perfettamente visibili e indicati chiaramente da pietre dove è scritto il nome e l’altezza del massiccio. Dopo la breve sosta siamo di nuovo in marcia, stavolta la destinazione è Chivay. Immediatamente prima di entrare nella città ci fanno scendere per pagare il boleto turistico (35 soles a testa) e poi ci portano direttamente presso il ristorante Quenas Gourmet, turistico anch’esso, dove mangeremo a buffet al costo di 20 soles a persona più le bevande. Il pasto non ci entusiasma molto, anche se qualcosa è apprezzabile. Veniamo smistati presso i nostri diversi Alberghi e ci comunicano che, se vogliamo, alle 16.00 passeranno a prenderci per andare alle terme in un paese vicino, altrimenti alle 19.30 per la cena. Ci sistemiamo in camera e decidiamo di andare a fare una passeggiata. Basta motori per oggi! Prima di tutto facciamo una veloce scarpinata sulla collina alle spalle dell’albergo dove c’è una torre di pietra per poi ridiscendere verso il centro abitato. Ci godiamo un poco Chivay, visitiamo il suo mercato “artigianale” e la sua piazza principale e ci rendiamo conto della sua natura totalmente “commerciale”. E’ forse il posto più turistico incontrato fino ad oggi, tutto nel minuscolo villaggio è fatto per soddisfare esigenze turistiche. Ci sono praticamente solo negozi di prodotti in lana, biglietterie e ristoranti per tutte le tasche, ci sono più turisti che abitanti…insomma non ci fa un bell’effetto. Ciò che apprezziamo davvero, invece, è il freddo che c’è da queste parti…stamattina ad Arequipa eravamo in maniche corte, ora con pile, giacca e cappello! Ora si che si ragiona!!

Torniamo davanti all’albergo per l’appuntamento con la guida per la cena. I nostri timori diventano realtà quando, entrando nel locale, El Horno, vediamo SOLO turisti e un gruppo “folk” locale…Le ragazze sedute di fronte a noi, dopo un primo attimo di spaesamento si alzano e informano la guida che andranno a mangiare altrove. Noi rimaniamo anche perché, da quel che avevamo visto nel pomeriggio, le speranze di trovare qualcosa di maggiormente tradizionale qui sono praticamente nulle. Alla fin fine il cibo si rivela soddisfacente e la musica, accompagnata da danze tradizionali, molto piacevole, se non fosse che ogni tanto si avvicinano ai tavoli alla ricerca di qualcuno da coinvolgere, a scanso di equivoci mangio mooolto lentamente e così viene beccato Leo!! La ballerina infatti lo chiama e lo fa zampettare un po’, poi lo fa sdraiare a terra e con una corda con dei nodi lo frusta! Un momento memorabile! Finito il supplizio torna tutto mogio al tavolo e poco dopo siamo di nuovo sul bus che ci riporta agli alloggi. Domani sveglia all’alba, si va alla Cruz del Condor! Consigli: Dal momento che non è praticamente possibile (e se lo è non è economico tanto quanto partecipare ad un gruppo) arrivare nel Colca autonomamente, se avete un pò di spirito d’avventura e amate fare del trekking esistono delle agenzie ad Arequipa che organizzano il tour a piedi di due giorni, decisamente più entusiasmante del tour che abbiamo fatto noi. Comunque non dannatevi se per una volta partecipate ad una cosa più turistica di quel che vi aspettavate: qui campano anche di questo!

3 Ottobre – Cruz del Condor – Puno

Questa mattina di nuovo sveglia all’alba. Bisogna partire presto per avere la possibilità di vedere i condor! Alle 6.00 siamo in piedi, fuori è buio e freddo, ma siamo tutti emozionati per l’esperienza che stiamo per fare. Fatta la colazione e caricati i bagagli iniziamo il nostro viaggio sul pullman. La prima tappa è il vicino villaggio di Yanque dove dovremmo vedere un mercato artigianale. In realtà si tratta di pochi venditori nella piazza principale, dei bambini in abiti tradizionali che ballano in gruppo e delle donne con lama, alpaca e aquile domestiche che si lasciano fotografare dietro compenso. Il tutto, anche se rappresenta una fonte di guadagno per la popolazione locale, lascia con una sensazione un po’ amara. L’unica costruzione da visitare è la piccola Chiesa bianca che si affaccia direttamente sulla piazza, ma non è visitabile a causa di lavori di ristrutturazione in corso.

Rimaniamo a Yanque neanche mezz’ora e subito siamo di nuovo in viaggio. Lungo il percorso ci fermiamo diverse volte per scattare delle foto al fantastico panorama con pianure coltivate e fianchi delle montagne con terrazzamenti. Davvero belli! Nota “dolente” è la presenza, ad ogni discesa, di venditori di artigianato locale con bambini e animali per le “foto di rito”. Un’altra fermata è quella che ci vede scendere nel paese di Lari dove c’è un altro mercato locale e un’altra Chiesa bianca, questa fortunatamente visitabile. L’interno è, come consueto, scandito da altari di legno rivestiti di lamina d’oro, questa volta però ad attirare l’attenzione sono le figure sacre all’interno: sono tutte abbigliate con abiti tradizionali, coloratissimi e sgargianti, assolutamente un’immagine diversa da quella a cui siamo abituati!

La montagna accanto, come ci indica la guida, mostra i segni di un terremoto che solo qui ha, purtroppo, causato la morte di circa duecento persone. Gli squarci sono impressionanti… Finalmente arriviamo quasi a destinazione. Dico “quasi” perché la guida ci ferma a circa un’ora e mezza di cammino dalla Cruz del Condor e propone un piccolo trekking facoltativo. Scendiamo quasi tutti, solo le persone che sono state male a causa dell’altitudine la notte scorsa raggiungono la meta con il mezzo. Il trekking in realtà è una facilissima passeggiata di circa un’ora e mezza, soste foto e spiegazione compresa, che si snoda lungo uno dei fianchi del Canyon del Colca. A quanto pare è il secondo canyon più profondo del mondo con i suoi 3400 mt di profondità, il primo si trova sempre in Perù e qui vicino. “Purtroppo” la profondità non è pienamente comprensibile poiché non si hanno punti di riferimento che la rendano apprezzabile nella sua straordinarietà, anche se si capisce benissimo che sia mooolto profondo. Durante l’ultimo tratto veniamo chiamati dalla guida perché in cielo si vede il primo condor! Vederlo volteggiare senza un battito d’ali sopra le nostre teste è una bella emozione! E’ davvero maestoso. Anche se piuttosto lontanuccio…infatti il mio obiettivo non riesce a fare granchè….sigh…mentre la compattina di Leo riesce a catturare uno scatto migliore. Riusciamo a vederne solo due…a quanto pare siamo arrivati tardi, il momento migliore è verso le 8.00/9.00 noi siamo arrivati quasi alle 10.00…mi viene quasi voglia di picchiare qualcuno dei nostri compagni di viaggio per le sue continue soste nei mercatini incontrati per la via… Raggiungiamo il pullman e in breve siamo di nuovo in marcia, ci fermeremo solo nel luogo previsto per il pranzo. Di nuovo ci si ferma in uno dei ristoranti turistici piazzati al di fuori del centro abitato e di nuovo viene proposto un pasto a buffet a 20 soles a testa. I nostri stomaci non stanno granchè per la prima volta in 10 giorni qui in Perù e guarda caso la cosa si è presentata proprio dopo il nostro primo pranzo buffet di ieri e la cena nel ristorante turistico…comunichiamo alla guida che mangeremo altrove e ci incamminiamo apparentemente verso un agglomerato di casupole e officine, poi però Leo capisce che siamo di nuovo a Chivay! In 15 minuti siamo in Plaza de Armas e poco dopo siamo seduti nel Qolla Wasi dove ordiniamo due panini vegetariani con pomodori, avocado e uovo. Ci portano due panini tagliati a metà talmente enormi che mezzo sarebbe stato già un panino normale e un’acqua (23 soles). Ci sentiamo rifocillati, leggeri e contenti di aver pagato la metà mangiando qualcosa che dovrebbe rimetterci un po’ in sesto. Passeggiamo un poco nella piazza soleggiata e piena, finalmente, di gente del posto. A quanto pare la mattina la città si svuota dei visitatori che arrivano qui solo subito dopo pranzo con i vari tour organizzati, quindi questi sono gli ultimi momenti di tranquillità prima della successiva orda. Scattiamo qualche foto e poi ci incamminiamo di nuovo verso il ristorante dove stanno pranzando gli altri.

Ripartiti, ci accorgiamo che il pullman entra nella piazza di Chivay per far scendere alcuni che hanno il trasferimento in pullman verso Puno con partenza da qui. A saperlo avremmo potuto aspettarli qui… Neanche due ore dopo siamo di nuovo nel locale dove ieri abbiamo fatto una sosta per il mate triple, qui alcuni di noi (noi compresi) hanno il trasferimento privato verso Puno. Ci fanno scendere e ci consegnano una scheda per verificare il livello di gradimento dell’escursione e la professionalità della guida. Il tempo di compilarlo davanti ad un’altra bella tazza di mate triple e veniamo imbarcati sul pullmino da 16 posti diretto verso il Titicaca. Durante la traversata passiamo davanti allo strepitoso lago di Lagunillas a 4174 mt…dove vediamo anche i fenicotteri rosa!!!

L’autista ci informa che la tratta prenderà circa 3,5-4 ore, ma vista la velocità che mantiene ne impieghiamo tra le 3 e le 3,5. Questa parte del viaggio si rivela faticossissima, o meglio, piuttosto pesante, dopotutto è da ieri che siamo seduti su un pullman….l’ultima mezz’ora la passiamo tutti a non vedere l’ora di arrivare. Finalmente siamo a Puno e siamo i primi a scendere davanti all’albergo! Non ne potevamo più! Prendiamo la nostra camera presso il Totorani Inn e ci rilassiamo un poco. Dopo una bella doccia e qualche istante per riprendere coscenza decidiamo di scendere per fare una passeggiata e cercare qualcosa per cena. Siamo arrivati con il buio e l’assenza di sole sommata all’altitudine ci fa godere finalmente il vero freddo!!!! Ma tanto!!! Puno è minuscola ma molto animata, la sua via principale, Av Lima, è piena di negozi e locali. Alla fine decidiamo di seguire il consiglio di Alberto, il gestore dell’hostal, e ci fermiamo presso il ristorante La Casona preferendo evitare i menù turistici (43 soles). Dopo cena facciamo un’altra piccola passeggiata ma siamo troppo stanchi e infreddoliti per andare a piedi, decidiamo così di prendere un mototaxi e ci accorgiamo con estrema felicità che qui sono chiusi!! Con 2 soles e 5 minuti, compresa cantonata dell’autista che ci ha portati completamente dalla parte opposta, siamo nell’hostal e poco dopo a nanna!! Domani, fortunatamente, abbiamo in programma una giornata di relax!!!

4 Ottobre Puno – Cusco

Questa mattina volevamo svegliarci con calma…ma alla fine alle 8.00 siamo belli svegli. La fatica accumulata nei giorni precedenti ci ha fatto dormire come sassi e l’orologio biologico ormai è tarato con sveglie piuttosto mattutine, quindi è inutile insistere. La colazione presso l’hostal è davvero buona, la mamma di Alberto è gentilissima e ci prepara qualcosa di caldo per la colazione. Con Alberto poi parliamo delle eventuali escursioni da fare in giornata, lo informiamo che intendiamo fare unicamente la visita alle Uros e rimane piuttosto sorpreso quando ci propone anche Sillustani ricevendo risposta negativa. Stiamo iniziando a maturare l’idea che non esista nulla di imperdibile in senso assoluto in un viaggio e che il ritmo deve essere dettato dalle nostre esigenze e non da quelle di “copione”. Lasciamo il nostro bagaglio in una stanzetta messa a disposizione dall’hostal e iniziamo la mattinata con una bella passeggiata nel minuscolo centro di Puno. Notiamo immediatamente che l’aria che si respira qui è totalmente diversa da quella che si respira negli altri centri cittadini fino ad ora visitati. Puno è una città che a suo modo potrebbe definirsi cosmopolita, sicuramente questa caratteristica deriva dal fatto che è meta “obbligata” all’interno del cosiddetto Gringo trail (atmosfera che infatti ritroveremo in Cusco), a differenza di Chivay però, la “pacifica” invasione turistica non trasforma il centro abitato in uno “snodo” che non avrebbe modo di sopravvivere se si interrompesse il flusso. Naturalmente a Puno esistono miriadi di locali nati come funghi grazie al turismo, ma…non so come spiegarlo….non sembrano aver divorato la città come invece mi è sembrato altrove. Passiamo la mattinata nella visita della Cattedrale, acquistando anche delle candele dalle signore che sono all’esterno. Curioso vedere che ne hanno alcune bianche e altre colorate. A quanto pare il colore corrisponde al tipo di grazia richiesta.

Visitiamo qualche negozietto poiché Leo ha voglia di contrattare e ne usciamo carichi di sciarpe da regalare. Ci rintaniamo poi in un locale, il Pacha Cafe (ha anche il wifi gratuito) per bere due bei mate caldi (5 soles) e facciamo un giro delle agenzie turistiche per vedere che prezzi ci sono per l’escursione alle Uros. I prezzi sono gli stessi che ci ha fornito Alberto (25 soles a testa), decidiamo, quindi, di effettuarla tramite lui. Prima di tornare in hostal per prenotare, visto che la visita è prevista per le 16.30 (se non ricordo male, ma comunque verso metà pomeriggio), decidiamo di pranzare. Dal Colca continuo a non stare troppo bene con lo stomaco e quindi continuiamo ad evitare menù eccessivamente economici. Poiché di “tradizionale” in senso stretto non c’è quasi nulla e tutti hanno praticamente gli stessi prezzi, decidiamo di mangiare presso Ekeko’s poiché Leo aveva visto ad Arequipa ristoranti della stessa catena con foto di bistecche di alpaca impressionanti e qui sembra consigliato da tantissime associazioni di viaggiatori. Io prendo un piatto con il pesce tipico del lago Titicaca, il pejerrey, davvero buono, mentre Leo assaggia spiedini di alpaca davvero morbidi e saporiti (62 soles). Decidiamo di spendere un pò e mangiare bene anche perchè stasera mangeremo solo uno spuntino prima del bus notturno. Subito dopo ci dirigiamo verso l’hostal, informiamo Alberto della nostra intenzione di fare l’escursione e ci rilassiamo un poco nella hall in attesa che passi il bus del tour per le Uros. Il bus arriva puntuale e ci porta un po’ in giro per Puno a raccogliere gli altri partecipanti. In questo modo abbiamo anche occasione di vedere una zona della città che non avremmo visto in altro modo, la periferia, che come tutte le periferie viste qui in Perù ha un’aria davvero “dura”. Arriviamo nella zona del porto e veniamo imbarcati. Ci indicano la terza barca dal molo, per arrivarci dobbiamo attraversare le altre due barche nel mezzo…Leo mi guarda atterrito “Io vomito sulla seconda, lo so!” E invece le soroche pills fanno egregiamente il loro dovere, non solo esce indenne dall’attraversamento, ma sta bene per tutto il viaggio! E pensare che la barca è la sua bestia nera!

Durante la traversata vediamo anche dei fenicotteri!!!

Arriviamo in quella che è la zona delle isole galleggianti e prima di scendere ci spiegano quali sono le parole per salutare e ringraziare. Da bravi scolaretti ripetiamo tutti insieme. Ogni operatore ha la “sua isola” dove portare i visitatori due volte al giorno. Qui le famiglie che la abitano, circa 5/6 per isola, sono organizzate attorno ad un “capo isola”, solitamente un fratello maggiore o il padre degli uomini delle altre piccole famiglie. Ci viene spiegato come si costruisce un’isola, come si amplia e come si divide in caso di litigi o necessaria divisione. Poi ci viene mostrato come si vive nelle abitazioni e ogni famiglia ospita una coppia di visitatori nella sua casa per poi portarla nel suo “punto vendita”. La motivazione di questo aspetto così commerciale è l’autofinanziamento che, anche se non si compera nulla, viene comunque raggiunto grazie all’offerta del giro sulla barca tradizionale (10 soles a testa), a cui nessuno rinuncia. Ad un primo sguardo il tutto sa molto di “preconfezionato”, di qualcosa che conserva molto poco di quella tradizione che vorrebbero presentare, alcune capanne hanno addirittura i pannelli solari per avere un minimo di energia elettrica! Ma a ben guardare la tradizione c’è e è ben conservata proprio dietro (e grazie) a questo alone commerciale, senza il quale gli uros sarebbero costretti a scendere a terra e iniziare a vivere in modo “normale”. Sarà anche una modalità molto “turistica” di sopravvivere, ma proprio grazie alla loro capacità di adattamento sono riusciti comunque a preservare la loro peculiarità, quella di rimanere un popolo galleggiante, con la loro organizzazione sociale e le loro tradizioni diverse da quelle delle genti di terra. Fino a qualche anno fa non avevano neanche documenti! Dopo il giretto sulla barca tradizionale veniamo portati su un’altra isola dove c’è una sorta di ristorantino per un mate caldo e dove è possibile fare un timbro sul passaporto con il logo delle isole. Non facciamo nulla di tutto questo e saliamo, invece, sul mirador interamente in legno e interamente traballante! Da qui si gode di una bella vista su tutto il villaggio ed è ancora più visibile l’orientamento “dinseyano” di alcune isole, ma non tutte sono “addobbate”, ce ne sono alcune che a quanto pare, rimangono all’esterno del circuito turistico. Terminata la visita risaliamo in barca e torniamo verso il porto, da qui con un minivan siamo ridistribuiti di nuovo negli Alberghi, mentre noi chiediamo di essere lasciati in Plaza de Armas. Il giro è durato circa due ore e mezza, abbiamo giusto il tempo per uno spuntino in vista del viaggio notturno. Torniamo da Pacha dove io, improvvisamente, mi sento male. Prendo solo una tazza di camomilla e Leo mangia un panino al volo, poi di corsa in albergo per stare un poco al caldo e prendere qualche medicinale prima del taxi (compreso nel prezzo dell’hostal scopriamo in quel momento!) per il bus che ci porterà a Cusco.

5 Ottobre – Cusco

Il viaggio con la Tour Perù si rivela il peggior viaggio in bus notturno fatto durante la nostra permanenza. Abituati ai confortevolissimi bus della Crus del Sur, su questo non viene servito alcuno snack (ok, non è necessario) ma non vengono neanche fornite coperte per la notte, né acceso il riscaldamento. Dormo con cappello, sciarpa, guanti ed entrambi i giacchetti addosso (fortunatamente Leo non ha freddo come me, o fa il marito premuroso?). Alle 4, con un’ora di anticipo rispetto a quanto ci aspettassimo, arriviamo alla stazione dei bus di Cusco. Da lì saliamo sul primo taxi che si offre, ma non prima di aver contrattato il prezzo (Leonardo è diventato bravisssssimo!) e in poco più di dieci minuti siamo davanti al nostro hostal il Mallqui….chiuso…. Vengo assalita dallo sconforto ma suoniamo e il portiere notturno viene, fortunatamente, ad aprirci. Avevo avvisato che saremmo arrivati alle 5, ma qui ci aspettavano comunque non prima delle 9, altrimenti, ci dicono, avremmo dovuto avvisare. Gli rifaccio presente che lo avevo fatto tramite mail qualche giorno prima e sottolineo che viaggiamo tramite Casa Yolanda, per tutta risposta ci dicono che allora avrebbe dovuto provvedere Yolanda ad avvisarli dell’arrivo anticipato. Fatto sta….credo sia naturale che ci siano degli orari di check in e check out da rispettare, ma se comunico che arrivo alle 5 e mi viene risposto che “non c’è problema”, sarebbe comodo dare dettagli su come poi verrà gestito il nostro arrivo, magari avvisati avremmo anche accettato di pagare una notte in più pur di averla immediatamente disponibile. Fortunatamente ho l’aria da piccola fiammiferaia e il guardiano notturno mi fa accomodare nella sala della tv con comodi divani, mi porta delle coperte belle pesanti e una camomilla, ma nulla….non riesco a scaldarmi dopo la notte all’addiaccio. Guardiamo la tv poiché non riusciamo a prendere sonno e alle 7.30/8.00 ci assegnano una camera. Io mi butto immediatamente sotto la doccia mentre Leo dorme un poco. Dopo un paio d’ore, necessarie per riprenderci, finalmente usciamo per dare un’occhiata a questa città che già nel giro notturno in taxi sembrava promettere bene! Arriviamo in Plaza de Armas e non c’è che dire….questa è davvero la città più bella del paese! Dopo cinque minuti che siamo nella piazza incontriamo Reiko, una ragazza giapponese conosciuta durante il giro nel Colca. Ci salutiamo con la speranza di incontrarci di nuovo per la sera, magari a cena. Fin da subito, oltre che rimanere affascinati dalla città iniziamo a cercare informazioni su come arrivare ad Ollantaytambo il giorno seguente, così iniziamo a scandagliare le agenzie che sono praticamente ovunque. Tutti i tour proposti sono piuttosto costosi e prevedono cose che a noi non interessano affatto. Alla fine capiamo che quello che vogliamo fare noi non è fattibile. Vorremmo fare Pisaq, Ollantaytambo, Moray e Maras, ma tutto nello stesso giorno è improponibile. Abbiamo solo un giorno e dobbiamo fare una scelta, decidiamo di prendere il boleto turistico ridotto (4 siti, Pisaq, Ollantaytambo, Moray e un altro sito che non ricordo, 70 soles a testa invece che 130) perché a priori decidiamo che non visiteremo le rovine nei pressi di Cusco comprese nel boleto intero. Proviamo anche a cercare un bus di linea direttamente per Ollantaytambo, ma costa 20 soles a testa, mentre quello proposto da un’agenzia, la Super Tour, prevede visita a Pisaq e trasferimento ad Ollantaytambo con guida a 25 soles, compreso il ritorno che però non sfrutteremo. E’ andata. Probabilmente viaggeremo con quest’ultima soluzione, ma aspettiamo ancora un po’ prima di acquistare. Per Moray e Maras abbiamo ancora una flebile speranza…. Riprendiamo la visita della città godendoci il giro senza stare troppo a guardare piantine e guide. Andiamo a vedere il Qoricancha e la Chiesa a cui è annesso, Santo Domingo. L’ingresso alla chiesa è gratuito e l’interno è davvero bello. Al solito si trovano le drammatiche statue tipiche delle chiese peruviane, sanguinanti, affrante o coperte di abiti riccamente decorati. La chiesa custodisce la sua particolarità nel soffitto. Tutte le lunette e i soffiti delle navate sono decorate con immagini di angioletti molto particolari, sono tutti bambini peruviani che il pittore ha raffigurato con i loro abiti reali, quindi magliette, maglioni, giocattoli, cappelli, ma tutti dotati del loro bel paio di ali.

Il Qoricancha per oggi decidiamo di saltarlo, poichè è visitabile solo accedendo al chiostro della Chiesa. Magari l’ultimo giorno se avanza tempo….per oggi ci accontentiamo di guardarlo solo da fuori…..quel poco che si intravede dai giardini esterni. Arriviamo poi in Plaza San Francisco dove c’è la chiesa omonima che però troviamo chiusa, e da lì attraversiamo la porta che da sulla via che ci porterà verso il Mercato San Pedro. Incredibile vedere i mille modi con cui la gente cerca di sbarcare il lunario qui…c’è addirittura una signora che per pochi spiccioli mette a disposizione una bilancia pesapersone sul marciapiedi…. I giri nei mercati ci piacciono tantissimo e questo posto è davvero curioso, ci soddisfa in pieno. Uscendo non ripercorriamo la stessa strada, ma passiamo alle spalle del mercato dove troviamo tantissime bancarelle improvvisate e negozi aperti su strade rumorosissime. Troviamo anche, incredibile a dirsi, le nostre prime empanadas. Ancora non le avevamo assaggiate e le troviamo gustosissime, pranziamo così con appena 2,50 a testa. Vagando, vagando riprendiamo un vicolo che sembra insignificante, ma in realtà in epoca inkaica era una delle vie principali poiché vi si affacciano due dei palazzi più importanti della città, l’Aqllauasi (la Casa delle Vergni del Sole, oggi un convento) e l’Amaruqancha, il Cortile dei Serpenti, dove sorgeva il palazzo dell’ultimo Inka. Mentre percorriamo la via ci chiediamo come caspita avessero fatto a modellare quelle pietre in quel modo così perfetto per combaciare senza lasciar passare nulla attraverso. Alla fine del vicolo incrociamo una faccia familiare…anzi, siamo praticamente andati addosso al suo possessore, Davide, il ragazzo conosciuto sull’aereo all’andata! Ci fermiamo un po’ a parlare, è entusiasta delle esperienze che ha fatto fino ad ora, ci racconta tutto in cinque minuti, è esaltatissimo. Il Perù fa quest’effetto, davvero! Prima di lasciarci, Davide ci consiglia di andare a chiedere anche a La Piccola Locanda per un preventivo di trasporto e ci diamo appuntamento per la cena. Caspita, prima Reiko, ora Davide, davvero curioso trovarli tutti qui nello stesso momento. Andiamo immediatamente a La Piccola Locanda ma il prezzo proposto è alto poiché, giustamente, si tratta di un giro privato e oltretutto non avrebbe garantito l’arrivo a Maras e Moray, decidiamo quindi di correre a prenotare il bus da 25 soles. Mentre torniamo verso l’agenzia chiacchieriamo allegramente tra noi e poco dopo sentiamo “Vale! Leo! Ma siete voi? Ho riconosciuto la voce di Valentina!” (la mia inconfondibile voce da daffy duck…). Non ci possiamo credere…è Miria! E con Ennio stanno prenotando il treno per Machu Picchu! Non c’è che dire Cusco è davvero l’ombelico del mondo e non poteva dimostrarcelo in modo più chiaro… tutte le persone conosciute in viaggio, lasciate su strade diverse e in momenti diversi, sono qui, nello stesso momento insieme a noi! Proseguiamo la passeggiata alla scoperta di Cusco e con loro andiamo a vedere la pietra dai dodici angoli, poi ci salutiamo per andare a riposare un poco in hostal. Noi abbiamo anche il briefing con la guida della Cusco Explorer’s alle 19.00 presso il nostro hostal, come indicatoci da Yolanda qualche giorno fa. Ma la guida non arriva. Alle 19.30, pensando ad un ritardo, chiediamo aiuto alla ragazza nella hall che gentilmente telefona all’agenzia dalla quale ha notizia che la guida, per un errore di comunicazione dell’hostal di alloggio, è andata altrove e che, quindi, potremo incontrarla domani mattina alle 7.45 prima della partenza per Pisaq. Speriamo bene! Alle 20.00 siamo tutti e quattro di nuovo in piazza pronti per la cena. Manca solo Davide, decidiamo di aspettare un poco nonostante il gelo. Dopo 20 minuti stiamo per abbandonarlo al suo destino, ci incamminiamo ed eccolo che spunta proprio nella direzione che abbiamo preso! Appena in tempo… Passiamo una bella serata tutti insieme davanti ad un buffet indiano (altro pasto che ci darà problemi, fortunatamente grazia me, ma tocca a Leo stavolta, croce definitiva sui buffet) parlando del viaggio fatto e di quello che manca, del prossimo spostamento di Miria e Ennio in Bolivia e di mille altre cose. Sembra di conoscerli tutti da una vita… Terminata la cena ci spostiamo in un bar/pasticceria dal nome altisonante, Le Bondiet, dove beviamo un fantastico mate caldo di coca “corretto” con del pisco e assaggiamo finalmente i sapori della pasticceria locale (due bevande e una fetta di torta 16 soles). Belli satolli e riscaldati dalla bevanda alcoolica salutiamo…noi domani abbiamo il trasferimento verso Ollantaytambo!!

6 Ottobre – Pisaq e Ollantaytambo

Oggi sveglia mattutina anche se non all’alba come in questi ultimi giorni. Ma iniziamo comunque ad essere un poco stanchini, anche se io non riesco a dormire oltre le 7.00. La camera assegnataci in fretta e furia ieri mattina ha dato dei problemi, il bagno perde un poco, ma fortunatamente ci spiegano che non sarà quella la camera che troveremo al nostro ritorno. Dopo una rinfrancante colazione arriva finalmente Jubenal, la nostra guida per l’Inka Trail. Ci spiega per bene come funzionano le cose, sembra davvero preparato e simpatico! Finito il piccolo briefing portiamo il bagaglio eccedente nella hall e lo sistemiamo in una stanza magazzino in cui sarà al sicuro fino al nostro ritorno, zaini in spalla con il necessario per questi tre giorni e via!!!! Siamo emozionatissimi. Poco dopo siamo sotto i portici di Plaza de Armas dove un addetto dell’agenzia ci indica dove si trova il bus. Sbrigate le formalità di imbarco si parte verso Pisaq. Lungo la strada osserviamo da fuori le rovine di Saqsaywaman e da quel poco che vediamo ci rincuoriamo un pò per averci rinunciato. Il sito sembra ampio e articolato, ma non suscita in noi particolare interesse, le rovine sembrano molto in linea con quelle che visiteremo nel prossimo futuro. Come prima tappa ci fanno visitare un mercato artigianale nei pressi di Pisaq dove cerchiamo di limitare i nostri acquisti, poiché tutto quello che prenderemo dovremo portarcelo lungo l’Inka Trail. Troviamo comunque delle belle cosine, soprattutto una bella sciarpa di baby alpaca a 23 soles. Arriviamo nella città di Pisaq e lungo la strada notiamo le case fatte di mattoni di fango, ancora molto diffuse in questa zona.

Poco prima di arrivare al sito, la guida indica la biglietteria a chi non avesse ancora acquistato il boleto turistico, scendiamo anche noi e provvediamo con un boleto ridotto. Mentre io pago vedo Leo che armeggia con una signora davanti ad un calderone per strada…si gira tutto contento con in mano una pannocchia bollita e un pezzo di formaggio, ha trovato finalmente il choclo con queso che sognava dalla partenza da Roma! In barba al mal d’auto lo mangia sul pullman e io mi convinco sempre di più che la cosa sia psicosomatica, come sostiene Yolanda! Poco dopo siamo tra le rovine di Pisaq, un sito davvero ampio e strutturato con le sue particolarissime e numerosissime sepolture scavate direttamente nella parete della montagna. Sono più di duemila e tutte, purtroppo, trafugate dagli huaqueros. Il sito è splendido e ci da un’idea di quello che potremmo vedere domani…siamo sempre più emozionati. Passiamo circa due ore, appena sufficienti ad esplorare la parte del sito dedicata alla sfera sacra. Per visitarlo tutto con attenzione ci vorrebbe un giorno intero! O almeno è questo che ci dicono, cosa che però verrà confermata da Jubenal domani. Ci rimettiamo in viaggio verso Ollantaytambo. Verso l’ora di pranzo il gruppo viene fatto scendere a Calca per mangiare in uno dei soliti ristoranti a buffet. Non abbiamo intenzione di aggregarci, sia perché non abbiamo fame, sia perchè non vogliamo rischiare in alcun modo di star male….domani dobbiamo camminare!!! Optiamo così per un semplicissimo pacco di biscotti salati preso in un negozietto nel triste paesetto. Facciamo un giro in attesa che gli altri terminino il pasto e in un altro spaccio troviamo anche una crema solare con repellente per insetti incluso per 15 soles. Domani potrebbe servirci. Di nuovo in marcia verso Ollantaytambo, dove arriviamo dopo circa un’ora e mezza. Il sito è meraviglioso, le costruzioni all’interno, soprattutto i terrazzamenti, sono diversi da quelli visti fino ad ora, molto più alti e ripidi poiché tutta la cittadina è costruita a ridosso del fianco della montagna. Il suo nome deriva da quello di un antico e famoso guerriero dell’epoca, Ollanta, a cui è stata aggiunta la parolatambo che vuol dire luogo di riposo, quindi sarebbe il luogo di riposo di Ollanta. Purtroppo non fu mai terminato e ancora oggi è possibile vedere ammassate un po’ alla rinfusa le enormi pietre che aspettavano di essere posizionate. Spettacolare è la montagna che si trova di fronte al sito, sia per i granai ad alta quota, costruiti lì per garantire una corretta areazione del raccolto, sia per la faccia della divinità inka scolpita nel centro, ma soprattutto perché il suo profilo frastagliato non è affatto naturale, ma è stato “intagliato” per fungere da “calendario”. Ad ogni mese il sole sorge in un punto diverso della montagna e proietta luci ed ombre su una parete scolpita che si trova all’interno del sito, a seconda dell’ombra proiettata su tale muro veniva riconosciuto il periodo dell’anno ed altre date ad esso collegate. Incredibile è anche la coltivazione di un terreno alle spalle del sito. Le diverse aree del terreno sono state coltivate e disegnate per dare l’idea di esser una piramide vista in prospettiva se osservate dalla montagna di fronte. Questo sempre per sottolineare la valenza sacra attribuita alle alture. Vediamo poi anche la piccola fonte chiamata “Bagno della Principessa” su cui, al solstizio d’estate, verrebbe proiettata l’ombra di un sacerdote di profilo che dovrebbe vegliare sulla bella. Prima di salutare la guida, torniamo sul bus per prendere il nostro bagaglio. Fuori del sito c’è un piccolo mercato, ma prima di dargli un’occhiata decidiamo di andare verso il nostro hostal, tanto è tutto talmente vicino che ci vogliono davvero cinque minuti. L’hostal Las Orquideas è in una posizione ottimale, sulla strada per la stazione dei treni, appena laterale alla via principale trafficata e rumorosa nelle ore di visita. Qui invece c’è una calma surreale e un piccolo giardino interno con fiori e tanto di quel verde che pare di essere ai tropici. La camera è comoda e calda anche se priva di riscaldamento. Torniamo al mercato dove troviamo ancora qualcosina di interessante e poi facciamo un piccolo giro del paese. Mangiamo degli anticuchos (spiedini di carne alla brace con spezie) fatti da una signora direttamente per strada. Decidiamo di prendere una deroga dal consiglio di un tassista di Lima che ci aveva sconsigliato tutto ciò che viene venduto in strada. Qui non c’è smog, non c’è sporcizia…e sono davvero deliziosi (3 soles l’uno). Mentre girovaghiamo iniziamo anche a cercare un posto per la cena. Tutto sembra piuttosto turistico, i soliti menù con le solite pietanze un po’ stereotipate, ai soliti prezzi. Mentre cerchiamo, lungo la strada principale veniamo catturati dall’offerta di pisco sour in un locale che sembra tutt’altro che peruviano, il KB Tambo. Scopriamo poi che è gestito da “occidentali” anche se non scopriremo mai di che “origine”, anche se sospettiamo che sia lo stesso locale in cui sono stati Liliana e Sergio. L’ambiente è caldo e l’alcool del coctail ci aiuta a rilassarci. Inizialmente rifiutiamo il menù, è ancora presto per cenare e poi vogliamo andare altrove. Poco dopo iniziamo a vedere i piatti serviti ai nostri vicini di tavolo e dopo poco siamo noi a chiedere il menù. Dieci minuti dopo avevamo già ordinato un antipasto di salumi di alpaca e formaggi locali in due e un filetto di alpaca con contorno di patate di diversi tipi Leo e un filetto di manzo con salsa chimichurri con contorno di quinua io (105 soles tutto). Una cena deliziosa, forse la migliore di tutto il viaggio, tanto che chiediamo alla cameriera di porgere i nostri complimenti al cuoco… Sarà stato l’ottimo cibo, la candela sul tavolo, il pisco sour e l’adrenalina che sale per la prospettiva del giorno seguente, ma ci troviamo davvero in uno stato di grazia. Ci sembra di essere sospesi, di godere davvero in questo singolo attimo tutto il viaggio, e per un motivo specifico: da quando ci siamo seduti, non abbiamo fatto altro che parlare dei ritmi dei nostri viaggi e di come vorremmo che ci rispecchiassero ancora di più. Parliamo tanto stasera, troviamo tempo per farlo e soprattutto troviamo il tempo di ascoltarci. Tempo, tempo che in questo viaggio diventato così frenetico nella sua seconda fase era stato ridotto a semplici orari da rispettare. No, così non va…così non ci piace più. Riparliamo di Saqsaywaman, di Maras e Moray (di cui altre due nostre vicine stanno guardando le loro foto fatte sul pc) e di come, anche se rappresentano mete perse in termini di visite, hanno segnato il passo ad una nuova meta, quella della consapevolezza che il viaggio è altro. Finalmente! Sollevati, satolli, felici ed elettrizzati andiamo a nanna. Domani ci aspetta un’altra alzataccia, ma oltre ad essere la penultima è anche una delle più importanti! Buonanotte!!

7 Ottobre Inca trail

La sveglia alle 4.45 non ci pesa affatto. Siamo emozionatissimi e in 5 minuti siamo al tavolo della nostra colazione. Appena apriamo la porta, il primo tuffo al cuore: piove e c’è una nebbia molto fitta. Un po’ mi preoccupo, perché avevo letto che il trail può essere annullato in caso di condizioni climatiche avverse. Ma nessuno chiama l’hostal per darci questa cattiva notizia. Rinfrancati prendiamo i nostri zaini e ci incamminiamo verso la stazione sorridenti e piacevolmente agitati. La stazione è minuscola ma ben fornita, anche fuori ci sono molte bancarelle che vendono qualsiasi cosa (anche i poncho per la pioggia, in caso comprateli qui 5 soles contro i 15 che troverete al check in dell’inka trail). Le carrozze sono ben indicate e come suggerito dalla nostra guida siamo in stazione 40 minuti prima della partenza. Sbrighiamo le formalità di salita con l’addetto (uno per vagone…fantastico) e lo informiamo che dobbiamo scendere al km 104. Lo vediamo annotare la cosa sul suo foglio di bordo accanto ai numeri dei nostri sedili e ci accomodiamo accorgendoci con orrore che siamo di spalle al senso di marcia. Leo rischia di non arrivare vivo a metà percorso, così troviamo due posti liberi nel senso “giusto” e informiamo l’addetto del cambio, ribadendo “km104”!

Il treno ha i finestrini anche sul soffitto cosa che avevo letto essere disponibile solo per la categoria di biglietti più elevata. Ma tanto non si vede granchè durante il tragitto, anche perché siamo ipnotizzati dall’Urubamba e dagli scenari circostanti. Poco dopo il solito apprezzatissimo snack e mate di coca veniamo avvisati che stiamo per arrivare alla “fermata”. Il nostro movimento non è molto naturale…più che alzarci…saltiamo letteralmente sui sedili, in tre secondi siamo davanti alle porte con le nostre giacche impermeabili e gli zaini in spalla per la paura della folla davanti alla porta e invece….siamo gli unici! Il treno ha rallentato e un tizio è uscito dal treno arrampicandosi sul tetto, non lo vedremo più…chissà dove è andato. Dieci minuti dopo ecco che spunta il pannello verde visto mille volte in foto. Scendiamo e vediamo la nostra guida, Jubenal, tutto trafelato, il poverino ha avuto un problema ad Aguas Calientes e se l’è fatta a piedi da lì arrivando per giunta puntuale, incredibile! Ci comunica che siamo fortunati: saremo solo noi tre! Dopo le foto di rito iniziamo la nostra camminata. Inutile cercare di descrivere la soddisfazione, l’emozione e la bellezza di tutto il percorso. Inutile dire che fatto così ha tutto un altro sapore, sembra che ci si guadagni il diritto di vedere quello che si sta per vedere. Si sente la differenza tra l’ “arrivarci” e l’ “esserci portati”. E’ una cosa diversa. E’ un’emozione bellissima. Jubenal si dimostra una guida fenomenale, non solo ci spiega le teorie ufficiali, ma ne ha elaborate anche delle sue che, a volte, sembrano addirittura più convincenti e logiche di quelle accreditate. Non solo informazioni di tipo storico e culturale, Jubenal non conosce unicamente i nomi delle piante, non si limita a riconoscerle ed indicarle, ma ce ne illustra le proprietà curative e si lascia sfuggire che suo nonno era uno sciamano, un curandero e che ha imparato da lui. Non ci poteva capitare di meglio! Troviamo tracce del passaggio dell’orso con gli occhiali, ma non si farà vedere dal vivo..peccato. La vegetazione è spettacolare, incredibilmente numerosa è la varietà di orchidee (circa 350 specie) e di felci (quasi 4000). Piove sempre ma è piacevole. Non fa freddo e secondo Jubenal è la condizione migliore per evitare l’afa che altrimenti sarebbe stata fastidiosa e poi, sostiene, sarà ancora più spettacolare il panorama. Prima di arrivare a Machu Picchu si passa per altri due siti molto interessanti, Chacabamba e Winay Wayna, che in quechua significa “sempre giovane” (è il nome dell’orchidea che ricopriva interamente il sito) e propedeutici al sito maggiore. Passare attraverso questi siti permette di avere delle informazioni e dei dettagli che poi saranno utili per la visita della cittadella. A Winay Wayna dopo i 380 scalini consecutivi, la visita della cittadella e l’incontro ravvicinato con un lama, mangiamo il pranzo che Jubenal ha portato per tutti e tre. Prima di mangiare lo vediamo aprire la sua bottiglia d’acqua e versarne un po’ a terra bisbigliando qualcosa sottovoce. Leo gli chiede se fosse un’offerta e la risposta è “Si a Pachamama. Lo facciamo sempre. Restituiamo simbolicamente un po’ di quello che ci da. Io sono cattolico, ma anche peruviano. E’ la mia tradizione.” Basta, ci ha conquistato definitivamente. Passano le ore e dalle 7.15 dell’inizio della camminata ormai sono le 14.30. Ci viene comunicato che siamo vicini. Di fronte a noi una scalinata che definire ripida è poco. Jubenal ci illustra che non si tratta di una scala simile alle altre incontrate lungo il trail (ogni tanto ce n’è una lungo il persorso) questa ha un valore aggiunto. Siamo vicinissimi alla meta e quella scala ha un valore purificatorio, per quello è così faticosa, servirebbe per lasciare a valle “il vecchio” e arrivare verso Machu Picchu puliti, uomini nuovi. Pretende che saliamo la scalinata tenendoci per mano, tenerone, non possiamo che accontentarlo anche se avendo le zampe corte, la quarta appendice motrice mi avrebbe fatto comodo. Possiamo confermare: si arriva mondati e sudati. Poche centinaia di metri dopo siamo ai piedi dell’ultima scalinata, dietro la collina c’è Machu Picchu. Saliamo e arriviamo all’interno della costruzione chiamata Inti Punku, la porta del sole (poichè nel solstizio d’estate il sole sorge illuminando la città proprio da lì dietro). Le colonne che mi trovo davanti celano ancora per un momento la vista complessiva. Intravedo solo la cima del Wayna Picchu ma subito dopo eccola lì…..e con un sole splendente ad illuminarla! In quei momenti è tutta confusione….ansimi per la scalinata, l’emozione, lo stupore, la soddisfazione. L’ho letto tante volte e mi ritrovo a scriverlo a mia volta: è’ veramente indescrivibile. Jubenal ci lascia venti minuti in cui saliamo, scendiamo, fotografiamo, ridiamo. Lui passa tutto il tempo con lo sguardo sorridente fisso sulla città, si vede che la ama, ce lo ha ripetuto tante volte e anche se la vede molto spesso e per lavoro è emozionato anche lui, si percepisce. Siamo rimasti solo noi tre nella “porta” con intorno una decina di bottiglie di plastica abbandonate dai ragazzi che erano qui fino a poco fa. Ma come si fa? Raccogliamo tutto nei nostri sacchetti facendo attenzione a non buttare l’acqua con le bottiglie, Jubenal ce le fa svuotare tutte, “ridiamola a Pachamama” e noi siamo ben contenti. Riprendiamo il cammino e mezz’ora dopo siamo accanto alla cosiddetta “Casa del custode”. Anche qui ci vengono concessi trenta minuti di libero delirio. Lo scenario è mille volte più bello di come potessimo immaginarcelo. Da bravi, dopo mezz’ora torniamo da Jubenal. Alla domanda “Ad Aguas Calientes con il bus o a piedi?” Scegliamo questa seconda opzione, per poi pentircene qualche km dopo. Si tratta di altri 5 km tutti in discesa ma di gradini e dopo un po’ (sommato a tutto il resto) le ginocchia sono un po’ molli. Ma che soddisfazione anche quella! Prendiamo il nostro alloggio presso la Pequena Casita e salutiamo Jubenal che declina il nostro invito a cena poiché stasera gioca la nazionale peruviana e si è già accordato con altri. Docciati e riscaldati facciamo un giro per Gringolandia, come Jubenal l’ha ribattezzata, non possiamo che concordare con lui. Solo hostales, Alberghi, ristoranti, mercato e negozi di souvenir. Troviamo qualcosa per fare dei panini per il giorno dopo, andiamo a posarlo in camera e decidiamo di andare a provare le aguas calientes… Davanti all’ingresso ci accorgiamo che non abbiamo portato le ciabattine, ma tanto ci pensa la lunga fila a farci passare la voglia. E’ curioso vedere come subito fuori ci siano negozi che forniscono in vendita o noleggio tutto l’occorrente per i bagni termali! Tornando indietro localizziamo un localino per la cena, siamo così stanchi che non abbiamo quasi fame. Un veloce pasto e poi a nanna…domani di nuovo l’alba, ma stavolta per vederla da Machu Picchu!

8 OTTOBRE Machu Picchu

L’ultima sveglia all’alba ci trova belli pimpanti e riposati. Abbiamo dormito come sassi e siamo emozionatissimi. Alle 5 siamo a far colazione e alle 5.30 Jubenal è pronto nella hall per accompagnarci verso questa altra indimenticabile giornata. La fila al bus è già lunga, ma scorre molto velocemente. Saliamo infatti su uno dei primi bus in partenza e, dopo aver risalito i tornanti, in circa venti minuti siamo in fila all’ingresso, con biglietto e passaporto in mano, ma il sito non apre prima delle 6.30. Intanto piove….. Jubenal ci fa da guida per circa due ore, illustrandoci ancora le teorie ufficiali e le sue personali, sempre più convincenti. Sostiene anche che siamo stati fortunatissimi a trovare coperto oggi, vedere Machu Picchu con le nuvole così basse da al sito tutto un altro sapore. E poi con il sole lo abbiamo visto già ieri!! Terminato il giro ci salutiamo con la promessa di sentirci via mail una volta tornati in Italia. Passiamo nel sito circa 9 ore (dalle 6,30 alle 15,30), che sono praticamente volate tra sali, scendi, fotografa, stupisciti, riposati. Un posto incredibile. Volevamo anche salire sul Wyna Picchu, ma è impossibile visto che i biglietti andavano acquistati contestualmente, peccato che ci abbiano cambiato il regolamento dopo aver prenotato l’Inka trail, ma vabbè. E’ ancora possibile salire gratuitamente e liberamente sul Machu Picchu, la montagna che si trova alle spalle se si guarda il Wyna Picchu e che dà il nome a tutto il sito, ma preferiamo visitare la cittadella. Molto carina è anche la passeggiata verso il ponte inka. Una camminata accanto ad uno strapiombo di circa 700 mt davvero “emozionante”. Tornando indietro incontriamo miracolosamente anche Miria ed Ennio, arrivati oggi direttamente con il treno. Proseguiamo nella visita con loro fino alle 15.30 circa. Uscendo dal sito non possiamo non timbrare il passaporto con il logo di questo posto fantastico. Sbrigata questa necessità siamo di nuovo sul bus e ad Aguas Calientes dove facciamo un veloce giro nel mercatino locale per poi prendere il treno verso Ollantaytambo. Con Miria ed Ennio ci diamo appuntamento per domani sera a cena. Arrivati a destinazione cerchiamo il nostro incaricato della Cusco Explorer per il bus verso Cusco, lo troviamo, ma lui non trova noi sulla sua lista. Fortunatamente è sufficiente una telefonata per chiarire l’equivoco e in un’altra ora e mezza tutta di curve siamo a Cusco. Leo è un cencio…..fortuna che la passeggiata verso l’hostal e l’aria fredda di Cusco lo tirano un po’ su. Le ultime forze rimaste le impieghiamo nel ritiro dei bagagli lasciati nel magazzino e nel raggiungimento della camera. Poi il buio……

9 Ottobre – Cusco

Ci alziamo con calma, visto lo strapazzo di ieri, e ci concediamo una lunga e abbondante colazione nell’hostal. Domani alle 14.00 partiremo da Cusco per Lima, quindi oggi e domani mattina potremo ancora avere tempo per visitare questa città che ci è piaciuta davvero tanto. Non abbiamo voglia di muoverci e spostarci verso attrazioni nelle vicinanze, non abbiamo voglia di allontanarci da qui. Abbiamo solo il desiderio di visitare nuovamente questo luogo con calma e occhi non più avidi, ma curiosi. Decidiamo di tornare verso il mercato San Pedro per la stessa strada della volta precedente, passando per la Plaza San Francisco. Qui si sta svolgendo una sorta di fiera e troviamo molti artigiani che vendono i loro prodotti. Tra i vari banchi scoviamo una venditrice di palline di Natale fatte con tessuti locali (ne prendiamo una, ovviamente) e una signora che ci invita ad acquistare uno dei tanti cuy già arrostiti che ha a disposizione. Ci accorgiamo in quel momento di non aver assaggiato questa “prelibatezza” locale, ma per il momento decliniamo. Arrivati al mercato, ci immergiamo di nuovo nei suoi rumori e odori. Poiché questa è l’ultima occasione a disposizione, Leo non si lascia scappare la possibilità di prendere nuovamente un choclo con queso.

Di nuovo in marcia, siamo praticamente investiti da una processione in cui viene portata una statua della Madonna che si ferma davanti ad alcuni esercizi commerciali da cui escono tutti dipendenti e il proprietario per fare la sua offerta. La musica e le grida di gioia sono assordanti e mentre siamo distratti ad osservare la scena, una signora ci appunta due coccarde celebrative al petto. Hanno i colori del Tawantinsuyu e mentre facciamo la nostra offerta ci sorprendiamo una volta di più della presenza di questi sincretismi perfettamente armonizzati e mai stridenti nei significati di cui sono portatori. Pranziamo con un bel frullatone sotto i portici della piazza principale e poi ci spostiamo verso il quartiere di San Louis, a quanto pare particolarmente amato dai giovani viaggiatori per il suo carattere vagamente bohemienne, con i suoi palazzi colorati, le aiuole fiorite e l’erba ben tosata. Passeggiando tra le sue viuzze troviamo anche un ristorante che offre il cuy, ma solo su ordinazione avendo necessità di ore di insaporimento in una speciale misciela di erbe aromatiche. E’ l’ultima occasione che abbiamo e la cogliamo!

Nel nostro girovagare torniamo anche verso il Qoricanhca. Io decido di entrare, Leo preferisce passeggiare all’aperto. Non è nulla di imperdibile, ma è interessante vedere come siano stati armonizzati i due stili (Inca e cristiano/spagnolo) anche senza, apparentemente, volerlo. L’unica cosa che si può osservare dell’antico tempio inca si trova all’interno del chiostro, del quale tre corridoi su quattro ospitano le pareti del nucleo del tempio con relative aperture e stanze cerimoniali. Purtroppo tutto è un pò troppo muto…non si riesce ad immaginare la grandiosità della struttura originaria. Verso l’ora di cena incontriamo nuovamente, e per l’ultima volta, con Miria ed Ennio e ci rechiamo verso il nostro ristorante, dopo averli avvisati della pietanza che ci verrà servita. A tavola non facciamo che parlare di Machu Picchu e di quanto sia stata bella l’esperienza vissuta in questo paese…fin quando non arriva il povero porcellino… Dopo un attimo di incredulità e il primo assaggio, tutto prosegue in allegra chiacchiera! Il porcellino è buono e il piccolo rocoto relleno (peperone ripieno) di contorno è divino!!

10 Ottobre – Cusco – Lima

La giornata non permette di fare tanto. Alle 12.30 abbiamo l’aereo per Lima, quindi decidiamo di passeggiare andando a rivedere alcune cose che abbiamo potuto vedere solo con tanta folla. Terminato il giro di “ricognizione” torniamo verso l’hostal e preleviamo i bagagli che carichiamo su un taxi e via verso l’Aeroporto. Qui l’attesa è interminabile…dovevamo partire in mattinata ma non riusciamo a salire a bordo prima delle 17.00. Il vento è molto forte e non capita di rado che i voli siano ritardati per ragioni di sicurezza. Questa è una di quelle occasioni. Tra il volo, il ritiro del bagaglio e la traversata in taxi siamo a Lima che ormai è ora di cena. Yolanda ci sistema in camera e ci dice che se vogliamo andare a mangiare può consigliarci qualcosa senza farci allontanare. In realtà siamo stanchi e un pò avviliti per come sia andata la giornata, ma fa nulla. Alla fine non abbiamo perso granchè! Quindi doccia e nanna.

11 Ottobre – Lima

Oggi è un’altra giornata simile a quella di ieri, abbiamo la mattina e parte del pomeriggio per vagare un pò in città e poi di corsa verso l’aeroporto che alle 19.30 si parte. L’appuntamento con Yolanda è alle 15.30 per partire con il taxi, quindi tutto quello che dobbiamo fare è girare come trottole e arrivare per l’orario concordato. Avendo già visitato la parte centrale di Lima, stavolta decidiamo di andare a visitare la zona Miraflores, il quartiere “bene” della città. In effetti l’aria che tira è molto diversa. I palazzi sono simili a quelli dei quartieri d’affari delle grandi città. Traffico e via vai di gente compresi! La prima tappa è il Mercato Indio che non troveremo mai…in compenso ci imbattiamo in un’altra “galleria” di oggetti turistici vari e ringraziamo il cielo di aver fatto acquisti lungo la strada. Ma la ragione per cui siamo a Miraflores è un’altra…Leo non la conosce, ma io si!!! Mi manca solo un piatto da assaggiare e non ho alcuna intenzione di partire senza averlo fatto. Le mie papille gustative devono conoscere la causa!!! E così sarà… troviamo mille locali in cui viene proposta, ma io ho il mio obiettivo: Mi Causa. Per poco non ci perdiamo…fuorviante è il fatto che la Lonely Planet non sia aggiornata per quanto riguarda il nome del locale, ora di chiama Cesar, ma è sempre la stessa gestione! Il proprietario, Cesar appunto, è un tipo incredibile. Ex stilista ha lavorato con Cavalli e appena sente che siamo italiani ci offre un aperitivo e ci porta un album fotografico delle sue creazioni sartoriali…deve essere stato attivo tra gli anni 70 e 80 a giudicare dai modelli e dal gusto, ma è molto divertente sentirgli raccontare i fasti di un passato che gli illumina gli occhi ma che non gli manca poi così tanto. Il suo sogno era aprire un ristorante a Lima e così ha fatto!

La causa è una cosa meravigliosa!!! Si tratta di un piatto sorprendente che unisce la semplicità del suo ingrediente di base (patata lessa) e la creatività dello chef che la accompagna ad altri sapori alternando anche consistenze diverse (48 soles). Molto, molto piacevole!!!

Terminato il pranzo, prendiamo un taxi per il centro, se riesco voglio recuperare anche la visita persa il primo giorno al Museo di Storia, Archeologia e Antropologia del Perù. Il viaggio in taxi dopo mangiato quasi uccide Leo che decide di aspettarmi seduto all’aperto su una panchina. Io entro…e mi sciolgo letteralmente davanti alla Stele Raimondi….che ci volete fare? Sogni di gloria di gioventù! Il museo è molto bello, forse più didattico anche se meno scenografico e “ricco” del Museo Larco.

Terminata la visita propongo a Leo la porcheria delle porcherie, siamo dietro Queirolo….vuoi partire senza un’ultima papa rellena? E così mangiamo ancora!!!! Anche perchè abbiamo ancora del denaro, ma è talmente poco che sarebbe inutile cambiarlo, quindi mangiamolo!

Poi la scena è quella triste di sempre….rientro all’hostal, recupero bagagli, saluti a Yolanda che ci regala una banconota da 2$ (pare che quella pezzatura porti fortuna), mi da di nuovo (e sempre simpaticamente) della sciroccata e poi via verso l’aeroporto. Stavolta però abbiamo i monitor individuali….almeno il viaggio passa!

Che dire? Un bellissimo viaggio (anche e soprattutto grazie alla supervisione di Angelo e Yolanda). Un paese veramente da scoprire. Nessuna delusione, nessuna aspettativa disattesa, anzi, molte sorprese positive e un’organizzazione e attenzione al visitatore che mai mi sarei aspettata. Veramente una scoperta… proprio come una papa rellena!



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