Peru’: la culla della civilta’ andina

20/10/2008-25/11/2009 PRIMA IL DOVERE.... In diverse occasioni il lavoro del mio fidanzato ci ha dato l'opportunità di unire l'utile al dilettevole, anche stavolta una fiera a Lima è stata un ottima scusa per aggiungere due settimane di ferie e organizzare un tour nel sud del Perù. La formula è sempre la stessa: lui parte, i primi giorni...
Scritto da: Lara B
peru': la culla della civilta' andina
Partenza il: 20/10/2008
Ritorno il: 09/11/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
20/10/2008-25/11/2009 PRIMA IL DOVERE…. In diverse occasioni il lavoro del mio fidanzato ci ha dato l’opportunità di unire l’utile al dilettevole, anche stavolta una fiera a Lima è stata un ottima scusa per aggiungere due settimane di ferie e organizzare un tour nel sud del Perù. La formula è sempre la stessa: lui parte, i primi giorni lavora, poi io lo raggiungo e iniziano le ferie organizzate rigorosamente con agenzie del posto che fanno risparmiare abbastanza. Questi cinque giorni perciò sono stati spesi lavorando molto e con solo qualche assaggio di Lima, fatto di traffico pazzesco e surreale. In un ritaglio di tempo ha visitato giusto la Plaza de Armas dove il dispiegamento delle forze dell’ordine è enorme, ma si suppone essere solo deterrente, anche perché si gira l’angolo e si vede l’altra faccia di Lima, quella della povertà. 26/10/2008 Bologna – Lima IN VIAGGIO Oggi è giornata di viaggio anche per me. Partenza alle 4.10 da casa, volo Iberia Bologna-Madrid e Madrid-Lima, il viaggio è stato lungo e non troppo confortevole a causa della posizione infelice del mio seggiolino (vicino ai bagni…), ma comunque una volta atterrata a Lima ho avuto modo di verificare subito di persona il traffico infernale di questa città di cui Paso mi ha parlato tanto durante la settimana passata, per fortuna mi è venuto a prendere lui con un collaboratore peruviano perché bisogna fare molta attenzione con i taxi, ce ne sono tanti completamente inaffidabili a caccia di turisti spaesati e soli: esattamente come me. Arriva la fine anche di questa lunghissima giornata, dopo una doccia ci buttiamo nel letto finalmente riuniti e…ci addormentiamo. Domani si parte alle 7:00 per il tour. 27/10/2008 Lima – Paracas ….POI IL PIACERE Sveglia alle 6.00 poi un taxi (chiamato dall’albergo) ci porta alla stazione della Cruz del Sur, ottima compagnia di bus con cui l’agenzia ci ha prenotato tutti gli spostamenti. Arriviamo a Paracas verso le 10.30 e ad accoglierci c’è Ricardo che ci fa accomodare sullo scassato pulmino che ci porta dentro la Riserva Naturale di Paracas attraverso sobborghi con strade e case di terra. Entriamo e percorriamo la strada di sale in mezzo al nulla. Facciamo alcune soste, per vedere bene questa strada fatta di sale che le gomme delle auto hanno reso nero poi arriviamo al mirador della cattedrale: una formazione rocciosa che ricordava una cattedrale..prima del terremoto dell’agosto 2007, adesso ne è rimasto solo un pezzo. Comunque la vista sul mare è spettacolare: le onde dell’oceano si infrangono sulla roccia gialla e rossa, sotto di noi la cattedrale è piena di pellicani e gallinacci che svolazzano, più in là tanti delfini che giocano. Ripartiamo alla volta della spiaggia rossa di Santa Maria, è proprio rossa rossa! Qui viene raccolta e fatta essiccare una particolare alga e assistiamo un po’ al via vai dei peruviani che la vengono a raccogliere, poi finalmente si fa ora del pranzo e ci fermiamo in un ristorante all’interno della riserva. Anche qui si vedono i segni del terremoto, un piccolo tsunami ha distrutto qualche caseggiato vicino. Facciamo una bella scorpacciata di ottimi calamari alla griglia e ripartiamo percorrendo a ritroso la strada di sale di stamattina, poi il pulmino ci accompagna fino al nostro albergo, la Posada dell’Emancipador. Dopo un po’ di riposo decidiamo di andare ad esplorare il centro di Paracas, praticamente un’unica strada pedonale con un mercatino per i turisti dove cambiamo i soldi, e alcuni ristoranti dove ci fermiamo a cenare con uno speziatissimo risotto ai frutti di mare. Qui si iniziano a vedere i primi colori di questo paese: le mamme che portano i piccoli legati alla schiena con i teli colorati, i vestiti, i cappelli….rimaniamo un po’ a guardare i bambini che giocano a rincorrersi e i pescatori che tornano dal mare poi torniamo in albergo. 28/10/2008 Isole Ballestas – Ica – Nazca LE PICCOLE GALAPAGOS Stamattina dopo colazione ci ritroviamo all’imbarcadero da dove partiamo alla volta delle isole Ballestas con la barchetta Fabiola. Prima tappa al Candelabro, misteriosa figura scavata nella roccia visibile solo dal mare, è veramente molto grande, in foto non rende l’idea. Dopo altri 20 minuti di navigazione arriviamo finalmente alle isole Ballestas, e di nuovo sentiamo un chiacchiericcio familiare: quello di migliaia di uccelli e di leoni di mare ammassati sulle bellissime coste delle isole. Queste isole sono impropriamente dette le Galapagos dei poveri, a noi che abbiamo avuto la fortuna di vedere quelle vere non è sembrato così. Si, gli animali sono quasi gli stessi, sule, cormorani, pellicani, leoni marini e pinguini di Humboldt, ma a differenza delle Galapagos vere e proprie che hanno un po’ di vegetazione qui non c’è l’ombra di una pianta, ogni centimetro quadrato di terraferma è coperto da una qualche forma di vita animale, c’è un vociare molto più intenso e tanti volano sopra le teste dei turisti (occhio ai regalini che lasciano…). Non è sicuramente paragonabile alla sensazione che si prova a sbarcarci in mezzo a tutti questi animali, ma è sempre uno spettacolo meraviglioso. Le foto si sprecano, inutile dirlo. Da qui si estrae il guano che viene anche esportato all’estero, e infatti l’odore dopo un po’ inizia ad essere un tantino nauseante, ma dopo poco si parte per rientrare. Alle 10.30 siamo già sull’autobus Cruz del Sur che ci porta ad Ica. Qui ci aspettano Rosario (che è una donna) e Willy che ci fanno fare un tour veloce in auto nella cittadina prima di arrivare al Museo Regional dove dedichiamo un oretta alla visita dei reperti delle culture preincaiche e inca. Poi ci spostiamo alla Laguna Huacachina, suggestiva oasi con attorno alte dune di sabbia in cui possiamo finalmente pranzare. Nel pomeriggio concludiamo la nostra visita a Ica in una cantina dove Rosario ci illustra il procedimento per ottenere il vino e il pisco e alla fine ovviamente ci aspetta la degustazione con conseguente acquisto di una bottiglia di un vino rosè dolcissimo, chiamato per questo “vino dell’amore”. Si fa il momento dei saluti con Rosario, Willy invece ci accompagna a Nazca. Facciamo due ore di viaggio lungo la Panamericana, che ricordiamo come uno dei momenti più autentici di tutto il viaggio. Lungo questa strada che percorre tutto il sud america, si svolge la vita dei “campesinos”, i contadini indios, visto che è l’unica strada importante di collegamento dal nord al sud del Perù. Si vede un po’ di tutto. Si passa in mezzo a paesi poverissimi, con case pericolanti e decrepite, gente senza nulla da fare seduta a guardare il traffico svogliatamente, donne con i bimbi legati alle spalle che passeggiano senza meta, vecchi che spingono carretti malandati, bambini che corrono con biciclette scassate, uomini e donne con asini carichi di erba, ape car trasformate in improvvisati taxi. Fuori dai paesi, in un paesaggio collinare desertico davvero poco ospitale, ogni tanto una baracca improvvisata fatta di lamiera vuole far finta di essere un bar, si incontrano camion americani che vanno alla velocità della luce….come del resto noi sul nostro minivan. Ci incuriosiscono tutte quelle casette con le croci che sembrano cucce di cane che si trovano lungo la strada e mi viene in mente un discorso che ha fatto Ricardo ieri a proposito di ripari per gli spiriti delle persone che muoiono improvvisamente, ad esempio negli incidenti stradali. Ci conferma Willy che si tratta proprio di questo. Arriviamo all’hotel Majoro di Nazca verso le 17, ed è talmente bello e grande che aspettiamo l’ora di cena esplorando i suoi giardini, splendido. Cena e a dormire presto, domani sarà un altra giornatona. 29/10/2008 Nazca – Arequipa SOPRA LE LINEE Stamattina appuntamento alle 8 con il servizio di trasporto dall’albergo all’aeroporto, che è dato dalla compagnia con cui si sorvolano le famose linee di Nazca, nel nostro caso l’Aeroparacas. Saltiamo la colazione per evitare spiacevoli inconvenienti durante le virate in aria, e facciamo bene, e aspettiamo il nostro turno per imbarcarci visionando un filmato introduttivo. Poi arriva il momento e saliamo in un minuscolo aereo in cui siamo solo in 5 compreso il pilota e via alla derecha….alla izquierda….inizia un balletto decisamente tosto per permettere ad ambo i lati dei passeggeri di vedere le linee, grazie all’aiuto delle cuffie in cui il comandante ci spiega e ad una piantina che ci consegnano una volta a bordo. Difficoltà di stomaco a parte, per fortuna non per tutti, è veramente impressionante vedere con che precisione sono state fatte queste figure, il colibrì, la balena, l’albero, la scimmia e tante altre non ci si spiega ancora come possano essere state riprodotte con tanta precisione guardandole solo dal basso, da dove cioè non si possono vedere nel loro insieme perché troppo grandi. Tornati sulla terraferma andiamo incontro al nostro prossimo mezzo di trasporto: un taxi scarcassato con autista che ci porta al cimitero di Chauchilla. Ci spostiamo di circa 15 km da Nazca di cui 7 nel deserto sulla sabbia seguendo le tracce lasciate in terra da altre macchine. Arrivati a destinazione fa un caldo esagerato. Una dopo l’altra visitiamo le 12 buche coperte da capanne in cannucciato che riparano un po’ dal sole, dove si trovano mummie perfettamente conservate, adagiate in posizione fetale, ancora con i vestiti e i capelli grazie all’estrema siccità della zona. Fanno un po’ impressione, a volte sembra che ti guardino da dentro le orbite vuote. Torniamo verso Nazca, abbiamo il pulman alle 15:00 per Arequipa, ma prima il taxi ci porta in due “laboratori” che si rivelano due trappole per turisti in piena regola. Con la scusa di vedere il processo originale di lavorazione della ceramica e dell’oro dei Nazca ovviamente vogliono venderti di tutto. Poi finalmente si pranza vicino alla stazione della Cruz del Sur, in tempo per prendere il nostro bus su cui passiamo le successive 9 ore viaggiando sulla Panamericana in mezzo al deserto dove una tempesta di sabbia ha coperto metà carreggiata per un bel tratto, che impressione. Arriviamo verso mezzanotte, troviamo la nostra accompagnatrice con l’autista che ci portano all’hotel, ma qui, ahimè, troviamo la prenotazione annullata, il perché non è dato sapere, ma siccome siamo in sudamerica c’è da aspettarsi qualche disguido. Chissà come salta fuori un’altra prenotazione in un altro albergo un po’ distante….va bè, l’importante è avere un letto, così non facciamo troppe domande mentre scarichiamo le valigie davanti all’hotel Santa Teresa, che dopo l’entusiasmo del Majoro si rivela un po’ deludente. 30/10/2008 Arequipa LA CIUDAD BLANCA Mattinata libera, finalmente, ci voleva dopo la tirata dei giorni scorsi. Andiamo in plaza de Armas, per fortuna siamo abbastanza vicini, facciamo acquisti per la sopravvivenza: cioccolata, schifezze varie, caramelle di coca e soroche pills per l’altitudine dei prossimi giorni. Girelliamo per la piazza ad osservare la vita quotidiana, indios dal viso rugoso e vissuto, colorati e sorridenti, bambini sporchi e scuri, con in mano giocattoli malandati, occhi grandi, capelli neri intrecciati e cappello. Nessuno ha la macchina, per strada girano solo taxi, sono tantissimi, tutte scatolette gialle piccole e strombazzanti che corrono a tutta velocità. Proseguiamo il giro allontanandoci un po’ dalla piazza, finiamo casualmente a visitare il chiostro della Compaňia e la vicina chiesa, e altrettanto casualmente ci imbattiamo nel fermento di un mercato. Non ci pensiamo due volte e voliamo dentro senza farci pestare dai taxi mentre attraversiamo la strada. Bello, coloratissimo e pieno zeppo di roba. Abbiamo la sensazione di essere guardati un po’ come i classici polli da spennare, ci stringiamo ancora più stretti i nostri effetti personali e continuiamo il giro, senza entrare nel merito dell’igiene della carne esposta sui banchi piena di mosche e che tutti toccano…anche questo è Perù. Torniamo in piazza e abbiamo pure la fortuna di imbatterci in una manifestazione del “pueblo”, poca roba, nulla di importante, con un po’ di megafoni e bandiere rosse protestano contro chissà cosa al ritmo di “el pueblo – unido – jamàs serà vencido”. Nel pomeriggio abbiamo appuntamento alle 14.00 con la guida che ci porta a fare il tour della città assieme ad altri due turisti peruviani. Visitiamo la Cattedrale, poi andiamo al mirador di Carmen Alto a vedere il vulcano Misti e i terrazzamenti, la piazza Yanahuara, con la chiesa e il mirador sulla città, la plaza de Armas, la chiesa e il chiostro della Compaňia che avevano già visto in mattinata. Il tutto un po’ di fretta perché poi verso le 16 abbiamo appuntamento con un’altra guida, per la visita del bellissimo monastero di Santa Catalina. Il convento è una cittadina all’interno della città, si gira in quest’intrico di viuzze le cui pareti delle stanze sono dipinte o di arancione o di blu in una pace contagiosa. La guida ci spiega le storie e i cambiamenti di regole dal passato ad oggi, ma la cosa più bella e lasciarsi andare alla tranquillità che trasmettono queste stradine incantate, con i loro pavimenti lastricati, i vasi di fiori, i portoni in legno, gli archi, le fontane, la terrazza. Serata a cena in un locale che vuole spacciarsi per italiano, Paso prova la pizza, che è anche abbastanza buona, io mi accontento di un matè de coca, non ho fame e sono proprio curiosa di sentire com’è, visto quanto ne ho sentito parlare. Inizio a prepararmi per l’estrema altitudine che ci aspetta domani. 31/10/2008 Arequipa – Chivay SUL CUCUZZOLO DEL MONDO Sveglia presto, colazione e alle 8:45 ecco il mini-bus. Giriamo un po’ per Arequipa caricando turisti qua e là, alla fine siamo in 13, più la guida Maria Elena e Richard l’autista. Un po’ stretti e scomodi si parte alla volta di Chivay. Subito fuori Arequipa si inizia a salire lungo una strada tutte curve fino a quota 4200 m dove, in piena pampa c’è una riserva naturale dove ci fermiamo ad ammirare le vigogne, più piccole e selvatiche dei lama. Per il momento l’altitudine non ci da grossi problemi, c’è un po’ la sensazione di aria leggermente più rarefatta, ma è più l’impressione dovuta ai tanti avvertimenti ricevuti che la sensazione vera e propria. O forse è merito delle soroche pills? Proseguiamo fino al passo Patapampa, dove ci fermiamo in un area di sosta con un barettino e un mercatino dove riusciamo a scattare anche qualche foto un po’ autentica ai bimbi e alle signore, tante mamme avranno la mia età, ma ne dimostrano il doppio, invecchiate dalla dura vita che conducono. Qui siamo a 4800 m e tutto va bene, tutta la coca che abbiamo in circolo fa il suo effetto. Iniziamo a distribuire le caramelle che abbiamo portato dall’Italia, i bimbi non dicono certo di no. Ultima tappa importante il Mirador de Los Andes, da dove si gode una bella veduta dei tre vulcani che ci circondano, il Picchu Picchu, il Misti e l’Ampato. Siamo a 4950 m e qui ci sembra di essere un po’ ubriachi, camminiamo con la sensazione di essere leggeri leggeri e di non andare neanche tanto dritti, con un certo affanno nel respiro….comunque raggiungiamo il mercatino, c’è anche qui, e ci godiamo il paesaggio. Nonostante i turisti c’è un silenzio irreale, tira il vento ma è silenzioso anche lui. Ultima sosta in un mirador da dove si vede Chivay contorniata dai terrazzamenti e dalle coltivazioni, anche qui solito mercatino con le bimbe vestite coloratissime che si fanno fotografare per 1 sol. Arriviamo a Chivay, nel punto in cui siamo c’è un unica strada asfaltata, il resto è tutto un intrico di strade polverose su cui sorgono case malconce, in una di queste porte c’è un ristorante dove pranziamo. Il pomeriggio, dopo aver appoggiato le borse all’hotel, lo trascorriamo nelle vicine terme. Acqua a 42 gradi, fuori circa 13, stiamo bene, però, complice forse anche l’altitudine, lo sbalzo ci gioca un brutto scherzo: a parte che al momento dell’uscita ci dobbiamo sorreggere ad una panchina per non stramazzare a terra, la cosa peggiore sono le successive ore di tachicardia che non ci hanno permesso di chiudere occhio fino a mattina e io ho avuto anche qualche effetto collaterale alla pancia per l’agghiacciata presa. Da bravi viaggiatori siamo attrezzati con tutto l’occorrente per le emergenze però lezione imparata: non sottoporre il fisico a troppi stress contemporaneamente perchè ne risente e sentirsi male in un posto come questo significa non avere un medico a portata di mano…almeno non un medico come lo intendiamo noi occidentali. Serata passata in un locale “tipico”, la classica trappola per turisti: pieno di occidentali, spettacolino studiato per coinvolgerli e prendere le mance. Va bè, non c’è maniera di evitarlo…. 01/11/2008 Chivay – Canyon del Colca IL VOLO DEL CONDOR Dopo la nottata in bianco per entrambi, partiamo alle 6.00 bianchi come cenci e in un un paio d’ore di pulmino siamo al Canyon del Colca. Alle 6.30 facciamo tappa a Yanque, dove un gruppo di bimbe ci aspetta per farci un balletto e chiedere un po’ di “propina”, la mancia. Altra trappola per turisti, tutti fotografano, a noi sale una profonda tristezza nel vedere cosa sono costrette a fare queste povere creature per mangiare e ci svincoliamo dal gruppo per girellare nei dintorni. Dopo poco ripartiamo rapidi verso il mirador della Cruz del Condor, per una stradina sterrata tutta buchi e alle 8.00 siamo già posizionati in prima linea a cavalcioni su un muretto in sassi, armati di macchina fotografica e binocolo, imbacuccati come eschimesi ad aspettare il famoso volo dei condor. Ci vuole un’ora ma alla fine ne vediamo due e dobbiamo ritenerci fortunati visto che non è proprio il periodo migliore. Planano davanti e sopra le nostre teste, nell’atmosfera suggestiva delle pareti del canyon, talmente maestosi da far perdere il senso della misura. Poco dopo le 9.00 ripartiamo per Chivay e lungo la strada facciamo due tappe per vedere in lontananza le miniere e i terrazzamenti. Ulteriore e ultima tappa al villaggio di Maca, altra infelice trappola per turisti, in un via vai di pulmini uguali al nostro, donne, bambini, alpaca e gufi tutti a nostra disposizione per fare foto o danze per i turisti. Mi sento come quando da piccola andavo al circo: li trattiamo proprio come dei fenomeni da baraccone. C’è anche da dire che sicuramente loro hanno questa consapevolezza e gli va bene così. Visita rapida al mercatino e poco prima di mezzogiorno siamo di nuovo a Chivay per il pranzo. Il primo pomeriggio lo trascorriamo nella piazza principale ad osservare come convivono le due culture, quella indios e quella occidentale. I bimbi indios sono sporchi, malandati, colorati, spettinati e basta una caramella per farli felici, penso alla differenza con i nostri. I vecchi hanno piedi nudi incrostati di sporcizia, molti stanno per strada e non hanno neanche la forza o la voglia di chiedere l’elemosina, ma ti sorridono di quei sorrisi sdentati e spontanei, che raramente trovi nella gente come noi. Qual’è dei due è il mondo civile? I dubbi vengono. Alle 13.00 partiamo per tornare ad Arequipa, percorriamo a ritroso la strada di ieri ma con una sola tappa a Patapampa e impieghiamo tre ore. Arriviamo sfiniti davanti all’albergo, il Santa Teresa, ma decidiamo che non è ancora ora di riposare e sfruttiamo le ultime ore ad Arequipa per andare al Museo Andino a vedere la famosa mummia Juanita visto che non era compresa nel tour della città. Il museo è molto interessante, Juanita è perfettamente conservata e da sola vale tutta la visita. Il giro dura un’ora e le guide sono tutte studentesse volontarie che guadagnano solo quello che i turisti decidono di dare alla fine della visita. La nostra è stata molto brava, ci ha spiegato tutto in italiano e alla fine lasciamo 10 soles, lo stesso lascia ognuno degli altri quattro italiani che sono con noi, credo sia stata contenta. Siamo contenti di aver impiegato così le nostre ultime forze prima di stramazzare nel letto senza aver neanche cenato. 02/11/2008 Arequipa – Puno DOLCI COLORI DEL TITICACA Di prima mattina arriviamo al “terrapuerto” dei bus, dove saliamo sul bus Cruz del Sur che ci condurrà a Puno. All’arrivo, 5 ore dopo, rimaniamo incantati dalla bellezza del luogo, dal colore blu dell’acqua e del cielo, dal verde delle montagne e dal giallo delle canne di totora in mezzo all’acqua. Dopo qualche peripezia riusciamo a salire sul pulmino per il tour di Sillustani, lasciando le valigie all’accompagnatrice dell’agenzia che ci ha accolto e che ce le farà recapitare direttamente all’hotel. Il cimitero inca è situato su una collinetta in cui occorre fare un percorso lungo un sentiero che costeggia le diverse tombe, sullo sfondo di un lago che non è il Titicaca, perché ci siamo allontanati di una trentina di chilometri, ma ha gli stessi meravigliosi colori. Il giro è durato poco più di un’ora ma che fatica! A 4.000 m anche una piccola salita fa venire subito il fiatone. Finito il giro risaliamo sul pulmino e mentre torniamo a Puno facciamo una tappa a visitare una casa tipica delle popolazioni di questa zona. Come al solito io e Paso ci svincoliamo e andiamo nella casa vicina a giocare con un bimbo bellissimo e il suo cucciolo altrettanto bello, qui non aspettavano turisti e siamo accolti in maniera più spontanea. Accarezziamo i lama e cerchiamo di comunicare con gli adulti, tutt’intorno a noi, in una splendida quiete, campi verde smeraldo e acqua blu intenso, a quest’altitudine poi la luce così tersa rende i colori ancora più intensi. Iniziamo a distribuire caramelle e in un batter d’occhio arrivano altri bimbi saltati fuori da chissà dove che mi derubano di tutti i dolcetti che ho in tasca. Ad una bimba regalo il mio ciappo per i capelli, non resisto quando lo indica timidamente con il ditino. Poveri bimbi, si accontentano di così poco…. Sulla strada del ritorno ci facciamo lasciare vicino al cimitero di Puno, quello vero, perché oggi è il 2 novembre e siamo curiosi di vedere questa festa dei morti, così importante in Perù e in tutto il sudamerica. Una delle poche esperienze al di fuori del tour turistico classico, infatti non c’è nessun turista, solo noi. Ci immergiamo in quest’ondata di persone in festa, bancarelle ovunque, ai lati della strada si prepara da mangiare ogni sorta di schifezza, profumi intensi, sporcizia. Il cimitero è coloratissimo, pieno di gente, musica e fiori, una festa in piena regola. E’ però una mossa un po’ azzardata e dopo un tentativo di scippo ai danni della preziosa Nikon di Paso, per fortuna non riuscito, facciamo dietro front e cerchiamo un taxi per tornare all’albergo. Contrattiamo sul prezzo, e solo dopo aver raggiunto l’accordo il tassista ci dice di avere la batteria scarica e Paso deve pure spingerlo per metterlo in moto…alla fine riusciamo ad allontanarci dalla zona del cimitero e ad arrivare in centro a Puno, dove abbiamo l’albergo: l’hotel Intiqa, ottimo, ma senza riscaldamento come tutti gli alberghi incontrati finora, ci si scalda solo con una stufetta elettrica e io non mi fido a tenerla accesa tutta la notte, però per fortuna non è così tanto freddo. Cena in albergo poi siccome fuori piove, ne approfittiamo per andare a nanna presto, domani ci aspetta una giornata decisamente impegnativa. 03/11/2008 Puno – Isole Uros e Isola di Taquile – Puno GLI UROS E L’AUTENTICA TAQUILE Ci vengono a prendere alle 6.45, e dopo aver recuperato altri turisti in diversi alberghi arriviamo al porto dove veniamo caricati su una barchetta dell’Inka Tours carina e confortevole e partiamo in mezzo alle coltivazioni di totora. Dopo appena un quarto d’ora arriviamo alle isole degli Uros, dove sbarchiamo e la guida ci illustra come sono fatte e come vivono queste persone che le abitano: si tratta di isole galleggianti artificiali con una base di radici molto compatte e diversi strati di canne di totora intrecciati, sopra ci sono le loro capane anch’esse fatte di totora. Le persone hanno visi ancora più scuri di quelli visti finora e guance violacee, effetto dell’adattamento del corpo alla vita in altitudine, infatti il loro sangue ha un numero maggiore di globuli rossi di dimensioni più piccole dei nostri. Mettiamoci pure che sono anche un po’ sporchi…..in più camminano scalzi, dormono sulle canne, le mangiano anche, le donne che stanno sempre sedute e sono grosse e sproporzionate, i bambini sono sporchi ma adorano le caramelle, tranne le galatine, perché non conoscono il latte e il loro sapore non gli è gradito. L’umidità a cui sono soggetti gli provoca una serie di problemi e invecchiano presto, le condizioni igieniche si possono facilmente immaginare, si lavano poco e con acqua di lago, che bevono pure però…..nell’isola dove sbarchiamo noi c’è un pannello solare per l’elettricità… Ogni isola ovviamente ha il suo mercatino, ed è doveroso acquistare qualcosa, però rinunciamo al giro sulla barca di totora (che si paga a parte), è finalizzato solamente a far spendere altri soldi e ti portano solamente in un altro mercato. Ripartiamo e in 2 ore e mezza siamo sull’isola di Taquile dove ci aspetta una salita molto impegnativa, considerato che siamo a 4.000 m per arrivare in paese. A furia di tappe per riprendere fiato arriviamo in cima passando per un paesaggio incantevole: il sentiero è delimitato da muretti in sasso, ai lati qualche casetta, tanto verde, tanti bambini che chiedono di fare le foto per 1 sol e tante donne con i loro mercatini. Sullo sfondo il blu del lago che da quassù è veramente stupendo, l’azzurro del cielo e le nuvole bianche in lontananza alla stessa nostra altezza. Arrivati sfiniti in cima ci godiamo per un po’ il paesaggio seduti su un muretto, distribuendo caramelle ai bimbi. In men che non si dica se ne materializzano una ventina e ne approfittiamo per fare tante foto con loro. Guardiamo i loro giochi semplici: un coperchio che rotola spinto da un bacchetto…bisognerebbe portare qua i nostri bimbi a vedere come giocano i loro coetanei… Dopo un ottimo pranzo con veduta spettacolare la guida ci illustra le particolarità di quest’isola e si riparte per tornare alla barca da un sentiero diverso da quello dell’andata ossia scendendo ben 584 gradini, che sono tanti anche se fatti in discesa soprattutto perchè sono piuttosto alti e scivolosi. Anche qui tanti mercatini, tanti bambini e tante donne. Torniamo a Puno e qui ci aspetta una sorpresa: a causa di uno sciopero indetto per domani che bloccherà tutto il Perù siamo costretti a partire in fretta e furia per Cuzco, spostamento che sarebbe stato previsto per domani. Pochi minuti per preparare le valigie e via di nuovo in pullman per altre 6 ore di scomodo viaggio in un bus che non è neanche lontano parente dei comodissimi Cruz del Sur. Ci accompagna Rodrigo stavolta che ci spiega cos’è successo e capiamo che non avremmo avuto scelta ma questa modifica cambia di parecchio i programmi del viaggio. Nel cuore della notte arriviamo a Juliaca dove è tutto allagato, sembra sia venuto giù il diluvio universale, ma sarà stata solo una semplice pioggia, considerando la miseria che si vede in giro anche questa è bastata a creare enormi disagi. Ritardiamo quindi ancora un po’ il viaggio e arriviamo a Cuzco all’1.00 stanchissimi e assonnati dove ci accoglie la sorridente Jakline che ci avverte che lo sciopero è stato appena revocato….. 4/11/2008 – Cuzco L’OMBELICO DEL MONDO Non vogliamo polemizzare sul discorso sciopero-non sciopero, passiamo oltre. Oggi avremmo dovuto visitare una serie di siti archeologici come Sicuani, Andahuaylilla, Pukara e Raqchi che sono sulla strada tra Puno e Cuzco e già questo ci irrita parecchio, visto che l’agenzia ci dice che non ci spetta nemmeno il rimborso, loro hanno agito per ragioni di sicurezza e non era prevedibile. In più ci ritroviamo a Cuzco, senza nessuno a cui fare riferimento e con una giornata intera davanti con nulla in programma, per fortuna che ieri Jackline ci ha dato qualche indicazione su cosa avremmo visitato domani e oggi cercheremo di visitare quello che non è compreso nel tour, non molto alla fin fine. L’unica consolazione è che almeno stanotte abbiamo dormito nello stesso hotel che era già prenotato per i prossimi giorni, il Typicala, molto valido, comodo, pulito e con un’ottima e abbondante colazione a buffet. Ok, armati di guida cartacea chiediamo indicazioni alla reception su quanto possa costare una corsa in taxi fino al quartiere San Blas, usciamo e contrattiamo finchè non raggiungiamo il prezzo che ci hanno detto. Questo quartiere è descritto dalla nostra guida come un gioiellino di Cuzco, effettivamente è molto carino, con il bianco delle case e il blu dei balconi. Girelliamo un po’ per San Blas, facciamo qualche acquisto poi a piedi ci dirigiamo verso la plaza de Armas, molto bella e vivace, come tutte le plaza de Armas, piena di gente locale e non, e circondata dai portici. Piena anche di polizia che rassicura non poco. Ci sediamo in una panchina a gustarci un po’ di atmosfera prima di pranzare. Nel pomeriggio visitiamo il Museo Inca per ripassare tutte le abitudini di questo popolo, poi andiamo in cerca del Monastero di Santa Catalina (eh già…ce n’è uno anche qui…) ma è chiuso per restauro. Cena in hotel assieme ad un pullman di giapponesi, danze e musica folkloristica, nel frattempo il mondo è con il fiato sospeso per l’esito delle elezioni americane…. 05/11/2008 Cuzco, Sacsahuamàn, Kenko, Puca-Pucara, Tambomachay. UN VELOCE TOUR DELLA CITTA’ Ci svegliamo con la notizia della vittoria di Obama e felici usciamo di nuovo e abbiamo un’altra mattinata libera. In taxi ci dirigiamo verso la famosa pietra dei 12 angoli e passeggiamo un po’ per le vie tipiche inca con bellissime pietre incastonate, perfetta tra loro. Rimaniamo affascinati dalla precisione e un po’ infastiditi dai venditori di strada: tutti vogliono venderti qualcosa e dopo un po’ diventano un po’ pesantucci, ma anche questo è Perù. Visitiamo il convento e la chiesa della Merced: reperti, pitture, bel posto piuttosto coreografico. Con calma tra una sosta in una panchina e un sorso d’acqua andiamo a pranzo, poi rientriamo in albergo ad aspettare Jakline, che ci accompagnerà all’appuntamento con la guida per il tuor della città. Iniziamo con il tempio del Sol Koricancha, Jakline ci lascia nelle mani di Hilda che ci consegna il nostro boleto turistico che ci permetterà di entrare in tutti i posti previsti oggi. Il tempio è molto bello, niente da dire, però i turisti troppi, è pieno dappertutto, facendo gli spintoni visitiamo il bel chiostro e i corridoi e dopo solo mezz’ora Hilda ci fa uscire per proseguire nella visita della città. Ci ritroviamo in plaza de Armas, dove in 45 minuti visitiamo, oltre alla piazza, la cattedrale, veramente bella, dentro è spettacolare, particolarissimo l’effetto che creano queste tre chiese attaccate e collegate tra loro da tante cappelle minori che fanno perdere l’orientamento. Sempre in fretta e furia ci dirigiamo con il pullman fuori città alla volta di Sacsahuamàn, bellissimo, anche se lo visitiamo in pochi minuti e sotto la pioggia. Poi a tutta birra arriviamo a Tambomachay, qui il sito è a circa 150 m di salita da fare a piedi, in mezzo alle donne e ai loro mercatini. Visitamo la fonte di acqua che si dice abbia proprietà di mantenere giovani se la si beve. Hilda sconsiglia di berla, e ci mancherebbe! E quindi un po’ tutti ci limitiamo a bagnarci la faccia. Sta iniziando a fare buio, era prevedibile, così la visita di Puca Pucara si riduce ad una visione da lontano dal parcheggio di Tambomachay. Risaliamo di nuovo sul pullman e senza neanche un tappa per il bagno in tutto il pomeriggio, arriviamo a Kenko che è già praticamente buio, non ci sono più neanche gli indios con i loro mercatini. Visitiamo mooolto velocemente il sito, tanto non si vede più niente, soprattutto all’interno del tunnel di pietra dove c’è un altare sacrificale. Torniamo verso Cuzco molto contrariati da questo fast-tour che non ci ha permesso di dedicare il giusto tempo a questi siti, capiamo i disguidi però anche l’agenzia poteva riorganizzarsi un attimino, non ha senso avere tutto questo tempo libero e poi visitare tutte queste cose in fretta e alcune doverle proprio saltare. Durante il tragitto facciamo la solita fermata-trappola in una fabbrica di indumenti di alpaca dove, con la scusa di spiegarci come riconoscere la vera alpaca dal misto sintetico, ci provano a vendere. Siamo abituati e anche stavolta non ci facciamo abbindolare, anche perchè hanno dei prezzi esorbitanti. Finalmente ci congediamo da questa gita e ci fermiamo in un ristorantino a cena prima di rientrare all’albergo un po’ delusi. 06/11/2008 Cuzco – Valle Sacra degli Inca LA CULLA DELLA CIVILTA’ INCA Sveglia tranquilla poi salita sul bus e via verso la Valle Sagrada. La guida di oggi è Samuel, l’autista Ruben. Prima tappa al mercato un po’ meno sfruttato di quello di Pisac, un giretto, qualche foto, qualche acquisto e poi di nuovo in marcia. Seconda tappa al famoso mercato di Pisac dove ci lasciano liberi di girovagare per un’ora a goderci i mille colori della frutta, della verdura, degli indumenti e della bigiotteria. Qualche gioco con i bimbi che si sciolgono alla vista delle caramelle e delle banane che abbiamo preso su dall’albergo. Ritardiamo la partenza e intasiamo il traffico a causa di due signore ritardatarie poi riusciamo finalmente ad andare all’”almuerzo”, il pranzo, in un ottimo ristorante turistico ad Urubamba. Nel pomeriggio visitiamo Ollantaytambo, a detta della guida è meglio di Macchu Picchu come capacità costruttive e architettoniche. Dalla piazzetta colma di bancarelle si sale su una bellissima montagna con i resti di un maestoso tempio. La salita è molto ripida, però con calma e con Samuel che ci intrattiene allegramente, passo dopo passo e spiegazione dopo spiegazione ci ritroviamo in cima ad ammirare l’incredibile opera degli inca e il bellissimo panorama. E’ veramente incredibile pensare come con i loro strumenti riuscissero a mettere pietre pesanti tonnellate una sopra l’altra con incastri così precisi. Non ci passa realmente un foglio di carta su tutto il perimetro delle pietre. Difficile fare foto che rendano questa sensazione di ammirazione nei loro confronti. Samuel ci fa notare alcuni misteri che avvolgono anche la montagna davanti a noi, sembra di intravedere un viso, in corrispondenza di punti particolari sorge il sole durante il solstizio di inverno e d’estate….non si sa se crederci o no, di sicuro le coincidenza sono tante e stuzzicanti! Poi di buon passo andiamo sulla sponda sinistra per vedere il tutto da un’altra angolazione e giù a scendere. Di nuovo sul pullman costeggiamo la cordigliera delle Ande fino ad arrivare a Chinchero verso il tramonto. Visto che il paese è piccolo e Samuel ci ha dato appuntamento al pullman più tardi, ci svincoliamo dal gruppo e giriamo in cerca di nuovi amici, che non tardiamo a trovare: bellissimi visi di anziani e bambini nella luce calda del tramonto, tre bimbe sole solette in fondo ad una stradina si divertono a farci da modelle in cambio di qualche caramella, anche se caduta per terra, che importa… Ritorniamo nella piazza del mercato, visitiamo la chiesa e le bancherelle, poi siccome si stanno avvicinando dei nuvoloni che promettono temporale torniamo al pullman dove poco dopo veniamo raggiunti da Samuel e dal resto del gruppo. In un’oretta circa siamo di nuovo a Cuzco, cena in hotel e poi a nanna. Domani è il grande giorno, si va a Macchu Picchu finalmente! 07/11/2008 Cuzco – Macchu Picchu – Aguas Calientes IL SOGNO DIVENTA REALTA’ Gran giornata oggi! Macchu Picchu, ossia il motivo per cui abbiamo affrontato questo viaggio in Perù. Sveglia alle 5.15, ma eravamo già svegli prima, colazione abbondante poi arriva Jakline che ci accompagna alla stazione e ci carica sul treno Backpakers, che ci porterà ad Aguas Calientes. Ci aspettano 4 ore di treno di cui la prima è solo per uscire da Cuzco. Il treno infatti deve salire la montagna, per cui va avanti un po’, cambia binario, torna indietro, cambia binario, va avanti e così via fino in cima. E’ un ottima occasione per vedere e fotografare stralci di vita quotidiana delle persone semplici: bambini che corrono dietro al treno, ragazzini che vanno a scuola, vecchi che camminano faticosamente. Poi si parte, il treno è lento e c’è il tempo di ammirare la verde cordigliera delle Ande e il paesaggio attorno al fiume Urubamba che cambia continuamente. Le tappe sono giusto quelle per far scendere i coraggiosi che affrontano l’inca trail. Poi si arriva ad Aguas Calientes. La prima impressione che abbiamo di questo posto è che i turisti vengono trattati come polli da spennare, i prezzi sono differenti per turisti e per locali. Sono già le 11 passate ma ci fanno salire sul pullman che in 25 minuti ci porta all’ingresso di Macchu Picchu per una strada sterrata piena di tornanti e burroni senza guard-rail. Sbrighiamo le formalità ed entriamo sgomitando, facciamo la prima scarpinata per raggiungere il punto da cui si gode la vista classica di Macchu Picchu con lo sfondo di Huayna Picchu. Meraviglioso, senza parole. Senza farci intimorire da qualche goccia di pioggia iniziamo la visita vera e propria, sono due ore splendide a spasso per una città incantata dove si respira ancora l’atmosfera di 500 anni fa. Il luogo è tenuto bene, pulito, i lama pensano a brucare l’erba dei terrazzamenti e delle piazze, i guardiani con i loro fischietti richiamano all’ordine chi sgarra. A parte qualche rallentamento dovuto all’intenso traffico di turisti ce la godiamo proprio, in alcuni tratti costeggiando il dirupo della montagna, non va bene per chi soffre di vertigini! Finita la visita la guida ci abbandona prima dell’uscita, troviamo l’autobus giusto e torniamo ad Aguas Calientes dove finalmente possiamo pranzare (sono le 15 passate). Qui i prezzi sono esorbitanti anche per noi occidentali, abbiamo una leggerissima sensazione che si approfittino dei turisti, tanto siamo in mezzo al nulla, da qui non te ne vai finchè non parte il tuo treno, e il nostro parte solo domani alle 16:30. Fino ad allora ci dobbiamo arrangiare…se lo sapevamo prima…. Un po’ amareggiati dalla spudoratezza con cui ci hanno abbandonato in balia di queste sanguisughe, passiamo il resto della giornata girellando per il paese, tutto è molto caro, nessuno vuole vendere niente per forza e i bambini si lasciano fotografare senza chiedere la propina. Qui sono arrivati i soldi e si vede. Ci sarebbero anche le terme, ma noi memori di un esperienza negativa fatta in passato non siamo molto propensi e così non rimane nulla da fare se non cercare il nostro albergo, l’hotel La Cabana, carino anche se un po’ polveroso. Ceniamo in un posto che ha l’aria di essere un po’ meno dispendioso degli altri, ma non è così, però c’è un atmosfera gradevole. 08/11/2008 Macchu Piccu – Aguas Calientes – Cuzco UNA VEDUTA INSOLITA Lo facciamo o non lo facciamo? Parlo della stoica impresa di salire sull’Huayna Picchu, quello sperone roccioso che si erge sullo sfondo del Mucchu Picchu che a guardarci bene da vicino sulla cima nasconde una cittadella da visitare. L’abbiamo guardato di sottecchi tutto ieri, attirati ma un po’ preoccupati dalla lunghezza del sentiero in ripidissima salita. Deciso: lo facciamo. Si parte. Con qualche difficoltà cambiamo un po’ di soldi, qui hanno delle regole tutte loro anche su quello, per non parlare del cambio vergognoso che rifilano….ahhhh cosa fanno i soldi! Comunque tornando a noi, risaliamo con il bus delle 8:30, ripaghiamo lo spropositato biglietto perchè quello di ieri non vale più e attraversiamo con calma Macchu Picchu che con la luce della mattina è ancora più bello. Alle 10 apre il cancello per Huayna Picchu e la prima tornata di persone, tra cui noi, entra, FIRMA un apposito registro e si incammina. Vista la pericolosità del sentiero che ci si presenta supponiamo che la firma sia una specie di assunzione di tutte le responsabilità che potrebbero derivare dall’aver messo male un piede…. Camminiamo per un’oretta in una salita micidiale a tratti a gradoni scivolosissimi e a tratti con le corde di ferro per aggrapparsi, a lato il precipizio senza nessuna protezione. Proseguiamo senza guardare giù e a furia di sbuffare e fermandoci ad ogni curva, arriviamo in cima. Il panorama ripaga ampiamente della fatica fatta, guardiamo Macchu Picchu da un insolito e spettacolare punto di vista. Ci riposiamo una mezz’oretta seduti davanti a questa straordinaria veduta di Macchu Picchu, mangiamo qualcosa poi partiamo all’esplorazione di Huayna Picchu, che era un sito di controllo della città conservato molto bene, da qui oltre alla città si vede anche l’Inti Punku, la porta del sole, l’unico antico accesso alla città per cui i guardiani vedevano e avvisavano ogni volta che arrivava qualcuno. Nemmeno la visita al sito risulta delle più confortevoli così dopo un po’ decidiamo di tornare indietro e il primo tratto dobbiamo farlo a marcia indietro tanto è ripida la discesa. Poi proseguiamo per il sentiero fatto all’andata che in discesa è difficile quasi quanto in salita. Alle 12:50, sfiniti rifirmiamo il registro assumi-responsabilità, attraversiamo un ultima volta Macchu Picchu con un po’ di magone, diamo un ultimo sguardo alla città perduta sotto una pioggerellina sempre più insistente e usciamo per l’ultima volta. Torniamo ad Aguas Calientes, facciamo l’ultimo giro per il mercato e ci avviamo verso la stazione. Il treno parte puntuale alle 17:03 e riusciamo a goderci il bellissimo paesaggio andino per poco prima che faccia buio. Arriviamo a Cuzco alle 21.15, siamo distrutti ma per fortuna Jakline è lì che ci aspetta, e ne approfitta per farci fare un giro notturno in plaza de Armas. Molto suggestiva e romantica. Poi finalmente in hotel, siamo di nuovo al Typikala e siamo sfiniti quindi ci fiondiamo a letto. 09/11/2008 Cuzco – Italia IL GIORNO DEL RIENTRO E’ l’ultimo giorno e abbiamo la mattinata libera. Ci svegliamo in tutta calma e iniziamo a stipare tutta la roba che abbiamo comprato nelle valigie, poi usciamo. Ci dirigiamo in plaza de Armas e tentiamo di visitare la Iglesia della Compaňia del Jesus, che non era compresa nel tour ma la troviamo chiusa, quindi ci lasciamo prendere dallo svolgimento di una cerimonia con relativa parata militare, delle scuole e delle autorità che, a quanto pare, qua c’è tutte le domeniche. Prendiamo posto sulla scalinata davanti alla Cattedrale e ci godiamo lo spettacolo a ritmo di musica peruviana suonata dalle bande. Proprio bella. Finita la parata facciamo gli ultimi acquisti e ci fermiamo a mangiare nello stesso posto in cui ci siamo fermati qualche giorno fa, sotto i portici di plaza dei Regocijo. Rientriamo in albergo con un taxi e visto che la vacanza volge al termine ci facciamo coraggio e inganniamo l’attesa di Jakline facendoci fare il nostro primo e unico pisco-sur. Non ci siamo azzardati finora perchè è un cocktail in cui c’è l’uovo crudo e abbiamo avuto paura della salmonella, ma qui al Typikala ci asscurano che l’uovo è fresco e il ghiaccio è di acqua di bottiglia e siccome l’opinione che abbiamo dell’hotel è ottima, ci fidiamo e beviamo. Ottimo, a me è piaciuto tantissimo, a Paso un po’ meno, quindi l’ho bevuto quasi tutto io. Alle 13.15 arrivano i nostri accompagnatori e ci portano all’aeroporto di Cuzco dove abbiamo un volo per Lima, qualche ora dopo la coincidenza per Madrid e tutto il viaggio prosegue bene fino a Bologna, dove ci accoglie la nebbia che ci fa tardare un po’ l’atterraggio. CONCLUSIONI FINALI. Il Perù è sicuramente un posto da vedere, una meraviglia del nostro mondo. Si divide in due grandi categorie: la parte che ha capito che il turismo porta soldi ma di turistico ancora non ha molto e tende ad accogliere gli stranieri con ogni riverenza, l’altra parte ha capito uguale che il turismo porta soldi, ma ha anche capito che i turisti ci vanno lo stesso anche se non sono proprio proprio attenti e soprattutto che dal momento che sono qui non se ne vanno e quindi tanto vale spennarli. Il confine sta circa ad Arequipa. Purtroppo questa cosa fa un po’ scadere la bellezza del viaggio, che rimane meraviglioso come bellezze naturali, ma non ti fa amare particolarmente i peruviani. Sfruttano l’ambiente fino al collasso, Macchu Picchu potrebbe accogliere fino ad 800 persone al giorno per non subire alterazioni con il passare del tempo, ma ci arrivano 800 persone alla volta…..che bisogno c’era poi di costruire hotel e ristoranti di lusso proprio davanti all’ingresso e deturpare una delle più belle meraviglie del mondo? Infine noi, essendoci organizzati con un agenzia peruviana, non abbiamo nemmeno trovato una particolare attenzione ai pericoli che può comportare un viaggio del genere, non è uno scherzo arrivare a 4000 metri e dovere fare degli sforzi, ma loro, probabilmente perchè sono proprio poco colti, non si rendono conto che tu sei fatto diversamente e non sei abituato e ti fanno fare camminate e bagni nelle terme come se niente fosse. Non è una quisquiglia stare male qua, l’assistenza medica è minima, nulla se non ci premunisce di assicurazione sanitaria dall’Italia, e se anche ce l’hai, abbiamo soggiornato in posti che sfido chiunque a fidarsi di un qualsiasi indio che si fosse spacciato per medico. In più, più si prosegue con il viaggio più ci si accorge che non è proprio tutto autentico autentico, i colori delle persone e dei vestiti sopravvivono perché lo vogliono i turisti. Però è comunque bello vederli, sapere che era proprio così. Abbiamo sempre trovato accoglienza e cordialità, siamo rimasti stupiti e ammirati da come convivano le due culture: quella indio che ancora sopravvive e quella occidentale importata dagli spagnoli. C’è da riconoscere che queste persone dimostrano una gran dignità a non portare rancore verso gli spagnoli che hanno invaso i loro territori con una violenza inaudita, si sono impossessati delle loro terre e distrutto i loro tesori, ma ora convivono in un equilibrio quasi invidiabile. E che posti! Trovarsi a Macchu Picchu o a Ollantaytambo o a Sachsauaman è un esperienza di vita, si percepisce un equilibrio così perfetto tra natura e opera dell’uomo e si respira un aria di grandiosità e di vita veramente unica. Questa terra è viva e pulsante. Nel cuore porteremo sempre i colori vivaci e la luce intensa, accecante, leggera, così diversa, così indimenticabile…. Nel complesso, è stata una gran fatica…ma ne è valsa la pena!


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