Dai magici colori del peru al blu di los roques

Diario di viaggio 4/10 – 24/10. Era un po’ di tempo che questo itinerario era nel cassetto e verso giugno abbiamo deciso di farlo diventare il nostro viaggio di nozze. Una volta decise a grandi linee le tappe prendendo spunto come al solito dai diari dei Turisti per Caso, ci siamo appoggiati a un’agenzia che ha una filiale a Lima e ci ha...
Scritto da: Elisabetta73
dai magici colori del peru al blu di los roques
Partenza il: 04/10/2005
Ritorno il: 24/10/2005
Viaggiatori: in coppia
Diario di viaggio 4/10 – 24/10. Era un po’ di tempo che questo itinerario era nel cassetto e verso giugno abbiamo deciso di farlo diventare il nostro viaggio di nozze. Una volta decise a grandi linee le tappe prendendo spunto come al solito dai diari dei Turisti per Caso, ci siamo appoggiati a un’agenzia che ha una filiale a Lima e ci ha prenotato spostamenti, alberghi e escursioni con guida. Non siamo soliti prenotare tutte queste cose prima di partire, in genere ci organizziamo sul posto, ma visto che il viaggio rientrava nella lista di nozze ne abbiamo approfittato; secondo motivo è stato il tempo a disposizione che ci ha costretto a fare tappe forzate per far rientrare più cose possibile nell’itinerario eliminando i tempi morti sul posto. A cose fatte direi che è stata un’ottima scelta perché effettivamente abbiamo risparmiato un sacco di tempo ed energie (e vi assicuro che da queste pari servono…!) Inutile negare che alla partenza le aspettative erano tante per entrambi le mete, e sommando il tutto all’adrenalina accumulata per i preparativi del matrimonio siamo arrivati alla partenza con un grande bisogno di scaricarci, staccare la spina e ricaricare le batterie. 4/10 Partenza per Lima da Bologna via Madrid con Iberia. Il volo è perfetto, solo un’oretta di ritardo e arriviamo a Lima verso le 18. Ad aspettarci c’è Eric titolare dell’agenzia che ci dà qualche dritta e ci consegna i voucher per le varie prenotazioni. Siamo abbastanza cotti dal viaggio, quindi ci beviamo un tè e andiamo a letto. 5/10 In attesa di partire per il sud nel pomeriggio, stamani facciamo un giro panoramico di un paio di ore Lima con Eric che fa da cicerone. La garua avvolge la metropoli rendendola ancora più grigia e triste. In poco tempo riusciamo a vedere molte facce diverse della città, dalla zona costiera alla centralissima Plaza de Armas, dalla zona residenziale di San Isidro a quella povera di San Miguel. La cosa più impressionante è il traffico impazzito e la confusione, chiunque suona per qualsiasi motivo e non sembra che esista un codice della strada o almeno non sembra che venga applicato. Nel primo pomeriggio partiamo con il Royal Class per Pisco e attraversiamo per la prima volta zone molto povere, a partire dalla periferia di Lima e per tutto il percorso si incontrano agglomerati di baracche sparsi qua e là nella polvere. Il paesaggio lungo la Panamericana diventa sempre più brullo e arido, un deserto roccioso che si getta nell’oceano e cambia colore man mano che si va avanti. Dopo 3 ore arriviamo a Pisco e la prima impressione è un po’ scioccante, all’uscita dal terminal tassisti e venditori ci assaltano e per le strade regna il caos. Troviamo il nostro taxi che ci porta in albergo e poi andiamo a cena. Ci hanno detto che non è molto sicuro andare in giro da soli in questo paesino, secondo me basta solo non uscire dalle strade principali e tenere gli occhi aperti come in qualsiasi città. Passiamo la serata nella piazza centrale e strade limitrofe piene di ristoranti e negozietti anche perché usciti da questo isolato ci sono solo baracche e strade buie. Ceniamo a base di pesce visto che siamo sul mare, per la carne avremo tempo nell’interno. 6/10 Partiamo alle 8 per l’escursione Isole Ballestas e Riserva di Paracas. Poco dopo la partenza possiamo ammirare sulla costa il famoso Candelabro che ha dimensioni davvero impressionanti. Le famose isole del guano sono popolate da milioni di uccelli di moltissime specie, leoni marini, pinguini e delfini che vivono qui grazie alla corrente fredda di Humboldt. Il cielo purtroppo è grigio ma lo spettacolo forse è ancora più suggestivo e insolito per questa latitudine. Unico inconveniente è il cattivo odore che a metà tragitto complice il mare mosso mi fa venire un po’ di nausea. Ancora più particolare è lo spettacolare paesaggio della riserva dove arriviamo in tarda mattinata; qui il deserto arriva all’oceano con alte scogliere, le rocce e la sabbia hanno un’infinità di sfumature dal giallo al rosso a seconda del metallo che contengono e alla luce del sole che finalmente è uscito lo spettacolo diventa ancora più grande e noi ci sentiamo minuscoli. Per pranzo ci portano in un paesino sul mare dove abbiamo un po’ di tempo libero, scegliamo un ristorante e ci mangiamo un ottimo branzino alla griglia con salsa d’aglio. Gli scenari che ci siamo trovati di fronte oggi sono maestosi e difficili da dimenticare, ma soprattutto inaspettati perchè escono dall’immaginario comune legato al Perù, sono decisamente una bellissima sorpresa. Tornati a Pisco nel pomeriggio, ci prepariamo a ripartire per Lima e arriviamo con un po’ di ritardo verso le 9. Dopo due giorni così intensi non abbiamo la forza di andare a cena fuori, ci beviamo un mate e andiamo a nanna. 7/10 Stamani abbiamo il volo per Arequipa, stiamo per entrare nel vivo del viaggio e siamo sempre più incuriositi da questo paese. Sorvoliamo un paesaggio spettacolare di altopiani e montagne talmente vicini che sembra di toccarli, la pista rimane nascosta fino a quando stiamo per toccare il suolo. Atterriamo verso le 11, il cielo terso e l’aria fresca ci fanno capire che siamo saliti ma il paesaggio collinare inganna. Ci sistemiamo in albergo (abbiamo scelto quasi ovunque la catena Casa Andina e qui invece di una camera ci danno addirittura un appartamento) e poi andiamo subito in centro. Ci hanno parlato molto bene di questa città, a parte Lima è la prima che visitiamo e in effetti è molto carina. Plaza de Armas e le strade circostanti sono tenute bene e hanno bei negozi, il traffico anche qui è caotico ma l’atmosfera è molto accogliente. Passiamo il pomeriggio a visitare il convento di Santa Catilina e il museo con la famosa mummia Juanita e ceniamo in un bel ristorantino con un gruppo locale di musicisti che ci allieta la serata. Iniziamo a sperimentare i piatti locali a base di mais, patate, quinua, alpaca e ci rendiamo conto che il cibo non sarà sicuramente un problema, come al solito del resto perché noi siamo sempre molto curiosi di sperimentare cose nuove e ci adattiamo molto bene alle usanze alimentari straniere. 8/10 Finalmente oggi si inizia a salire per entrare nel cuore del paese. Partiamo alle 7 per l’escursione di due giorni al Canyon del Colca dove andremo domani. Arriviamo dopo un lungo viaggio di 6 ore su strada non del tutto asfaltata a Chivay, tappa obbligatoria per chiunque passa da queste parti e va al Colca. La strada attraversa altopiani meravigliosi circondati dalle cime dei vulcani Misti, PichuPichu e abitati solo da lama, alpaca e qualche pastore; cominciamo quasi subito a salire e dopo un paio d’ore raggiungiamo i 4800m del passo più alto. Per il momento accusiamo soltanto un po’ di stanchezza, abbiamo già iniziato a mangiare le caramelle di coca e annusare una pianta che cresce in questa zona visto che i rimedi al soroche sono soprattutto naturali. Purtroppo però appena scendiamo a quota 3600 e arriviamo in albergo mi viene un mal di testa terribile che migliora solo con un paio d’ore a letto. Verso sera faccio uno sforzo notevole per andare alla piscina termale e in effetti anche se fuori è un gran freddo l’acqua a 35° mi da un gran sollievo. La sensazione di stare al buio in mezzo al niente immersi in una vasca di acqua calda con la testa a 4-5 gradi è veramente unica. Al ristorante il mal di testa continua accompagnato da nausea quindi non tocco niente e spero che passi con una bella dormita. Anche se non ho avuto il tempo di apprezzarlo l’hotel Casa Andina a Chivay è molto particolare, è un villaggio di casette tutte simili, ognuna ha due camere con le entrate indipendenti, il blocco centrale ha una bella sala con un grande camino e una grandissima sala da pranzo che purtroppo non ho potuto usare. 9/10 Per fortuna il mal di testa è passato, restano stanchezza e nausea ma niente confronto a ieri. Sveglia di nuovo all’alba e alle 7 partiamo per il Colca, i km da fare non sono tantissimi ma la strada è sterrata e dissestata, in compenso il panorama ci ripaga, la valle è tutta terrazzata fino a 4000 m di altezza, all’inizio è verdeggiante e ampia poi diventa un canyon stretto e profondo 1200 m. Alle 9 siamo già al punto di osservazione dei condor e li aspettiamo pazienti, uno è accovacciato sulla parete ma spicca il volo solo dopo mezz’ora che stiamo a guardare. Sono due e le dimensioni sono impressionanti, ogni tanto si fermano poi ripartono, quando svolazzano sulle nostre teste riusciamo a vederli da vicino e danno un grande senso di libertà e maestosità. Dopo questo spettacolo ripartiamo per il lungo viaggio di ritorno verso Arequipa. Ci fermiamo per il pranzo ma non mi è ancora tornato l’appetito, gli altri sintomi per fortuna sono spariti. Tra quelli che sono con noi sul bus ce ne sono parecchi che hanno passato tutta la notte in bianco, quindi mi è andata abbastanza bene! Molto meglio è andata al mio maritino che non ha ancora accusato niente…. Rifacciamo il passo a 4800 ma il tempo è peggiorato e comincia a nevischiare. Comunque dormiamo per quasi tutto il tempo e arriviamo a Arequipa alle 6, giusto in tempo per fare acquisti al mercatino dell’artigianato e goderci per l’ultima sera questa bella città. Gli ultimi due giorni sono stati abbastanza duri fisicamente per l’altitudine e le alzatacce; sicuramente ne è valsa la pena ma alle 10 dormiamo già come ghiri. 10/10 Oggi partenza tranquilla verso le 9.30 per Puno, anche questa tappa non è niente male sono 5 ore di strada tutta curve a quota 4000 e oltre (arriviamo a 4500). La stanchezza, la difficoltà a respirare e anche un po’ di tachicardia si fanno sentire di nuovo, ma anche in questa zona il paesaggio riesce a distoglierci e ripagarci ampiamente. Vallate, laghi, fiumi e vette di 5000 m creano una cornice perfetta, la presenza umana si limita a case isolate e piccoli villaggi e noi stentiamo a credere che si possa sopravvivere in queste condizioni. Abbiamo preso i posti migliori dell’autobus cioè al secondo piano in prima fila, proprio affacciati al vetro frontale, quindi siamo proiettati nel paesaggio e riprendiamo tutto il viaggio con la telecamera perché sembra di stare in un film. Verso le 3 arriviamo a Juliaca e se la prima impressione arrivando a Pisco era scioccante non saprei come definire questo posto se non allucinante. Le strade sterrate, dissestate e allagate costringono l’autista a cambiare più volte corsia o meglio lato della strada perché le corsie non si capisce quali siano; in mezzo alla strada c’è di tutto: macchine, camion, biciclette-taxi, banchetti, animali….sembra proprio un posto dimenticato da Dio. Scendiamo nella piazza principale per aspettare la guida che ci porta a visitare un sito qui vicino prima di andare a Puno. Il sito è il cimitero di Sillustani, ma è rimasto molto poco delle torri funerarie della civiltà preincaica, il paesaggio è fantastico perché il cimitero è posizionato su una penisola collinare circondata dalla grandissima laguna di Umayo e tutto intorno ci sono solo colline (rispetto a noi sembrano colline ma non dimentichiamo che siamo sopra i 3500…). Il sole è basso e il paesaggio si tinge di colori caldi, le colline e le nuvole si specchiano nella laguna immobile e il silenzio rende questo quadro irreale. Col tramonto la temperatura scende parecchio quindi partiamo per Puno ma lungo la strada la guida ci porta a visitare una delle tante casette di contadini per vedere come vivono. Certamente sono condizioni di vita lontane anni luce da noi, non c’è elettricità o acqua corrente, ogni casa è costituita da varie casette ognuna delle quali è una stanza, in mezzo c’è un cortile dove ci sono dei forni diversi a seconda della pietanza da cuocere, la casetta dei porcellini d’india, l’orto e il posto per svolgere le varie attività domestiche. La cucina è l’unica stanza riscaldata dal fuoco, ci mostrano tutti i prodotti della terra e come li mangiano e ci fanno addirittura delle frittelline buonissime di farina di quinua. Vivono di pastorizia e agricoltura ma non ci danno l’idea di povertà estrema, c’è un grande ordine e un forte senso di dignità con cui portano avanti delle usanze antichissime e ne sembrano molto fieri. Abbiamo fatto un sacco di domande e ci hanno sempre risposto gentilmente, sarebbe stato bello passare più tempo con loro ma ce ne siamo andati con una foto di famiglia e tanti bei ricordi da portare a casa. Arrivati a Puno la stanchezza ha preso il sopravvento e abbiamo cenato in camera con un pacchetto di crackers anche perché David ha un forte mal di testa, nausea e qualche linea di febbre. 11/10 Oggi è uno dei giorni che aspettiamo da un bel po’, facciamo l’escursione sul Titicaca alle isole Uros e Taquile. Partiamo presto e c’è un bel sole, siamo fortunati perché gli ultimi due giorni ha piovuto e non vedere il cielo terso a queste altitudini è davvero un peccato. Dopo un’ora di navigazione cominciamo a intravedere le isolette galleggianti, il lago che all’inizio somigliava più a una palude adesso è diventato blu e l’acqua limpidissima. Scendiamo sulla prima isola dove c’è un mercatino e qui la guida ci spiega tutto riguardo alla totora e a come vivono gli abitanti. Poi ci spostiamo con una barca (anche questa di totora) su altre isolette, ce ne sono due con le scuole ma non ci sorprendiamo più, abbiamo visto piccole scuole anche nei villaggi di una decina di case sparsi nelle valli sopra 4000m. Anche qui i bambini sono bellissimi, secondo me sono ovunque i soggetti migliori per le foto, sono sempre pronti a fare un sorriso anche se sono molto timidi. Riprendiamo la barca e continuiamo a navigare per un paio d’ore fino a Taquile, man mano che andiamo verso l’interno del lago il blu del mare e l’azzurro del cielo si fanno più intensi e le nuvole sulle coste sembrano di panna. Arrivati a Taquile e vista l’ora il caldo si fa sentire soprattutto durante salita lungo il sentiero che arriva in paese e fa un dislivello di 300m. Siamo di nuovo sui 4100m ma qui fa ancora più effetto, dalla cima della collina sembra di toccare il cielo, il panorama è incredibile, davanti a noi ci sono le coste della Bolivia e a un lato l’isola Amantani. Taquile è un’isola molto verde coperta da coltivazioni e eucalipti, pranziamo in un ristorantino nel punto più alto dell’isola, mangiamo una zuppa e il pesce del lago e beviamo l’infuso di muna, un’altra pianta che cresce qui ed è usata contro i sintomi del mal d’altura. A proposito David non si è ancora ripreso del tutto, il mal di testa è sparito ma resta un po’ di mal di stomaco. Subito dopo pranzo facciamo un sentiero che attraversa un gruppo di case dove le donne filano e gli uomini lavorano a maglia e scendiamo dal lato opposto dell’isola dove ci aspetta la barca pronta a ripartire per Puno. Questa giornata è stata sicuramente superiore alle aspettative, le isole galleggianti sono senza dubbio un’attrattiva turistica ma restano comunque un posto unico al mondo. Taquile è bellissima, ci siamo pentiti di non aver scelto di pernottarci una notte (purtroppo il tempo è tiranno), non esistono alberghi ma ci sono famiglie disposte a ospitare i turisti e vista la pace che c’è durante il giorno non riesco a immaginare come sia dopo le 4 quando i turisti lasciano l’isola e cosa ancora più inimmaginabile deve essere il cielo stellato….Con un po’ di rimpianto torniamo a Puno in tempo per goderci il tramonto e poi ci mangiamo una pizza niente male. Domani partiamo per Cuzco, il cuore del Perù. 12/10 Partiamo presto per il lungo tragitto che ci porterà a Cuzco con diverse fermate lungo la strada. Se il tratto Arequipa-Puno ci era sembrato interessante, il trasferimento di oggi è da non perdere. Per la prima metà restiamo ad alta quota e attraversiamo vallate spettacolari, saliamo fino a 4400m in mezzo alla puna dove si incontrano solo greggi di alpaca e lama e casette isolate dei pastori. Il cielo è limpidissimo e le nuvole sono così bianche e vicine che sembra di toccarle; quando arriviamo nel punto più alto ci troviamo di fronte una montagna di 5700m col ghiacciaio che da qui sembra poco più alta di una collina. Ormai ci siamo abituati all’altitudine e non abbiamo più disturbi, solo il fiatone quando acceleriamo il passo. Da questo punto la strada comincia a scendere e il panorama in poco tempo cambia completamente: siamo entrati nella valle che porta fino a Cuzco e il paesaggio si è rianimato, le vallate lasciano il posto prima a boschi di eucalipto poi a campi coltivati e villaggi. Dopo pranzo ci fermiamo lungo la strada al sito di Puka Pukara dove ci sono i resti di quella che era una città con un tempio grandissimo circondata dalle mura di cui si vede ancora un pezzo sulla collina a ridosso della valle. Continuando per Cuzco la tappa seguente è una chiesa chiamata anche Cappella Sistina del Sudamerica, inutile dire che questo appellativo è un po’ esagerato…. Finalmente verso le 5 arriviamo a Cuzco, il famoso ombelico del mondo. Arrivare in questa città dopo un giorno sul Titicaca è un po’ come entrare in un altro mondo, l’impatto è con una città molto più turistica e occidentale di quelle viste fino a ora, ma l’impressione non è affatto negativa. Dopo una doccia in albergo andiamo subito in centro che è a 300m dalla Casa Andina perché abbiamo sentito parlare talmente tanto di questa città che non vogliamo perdere tempo. Plaza de Armas illuminata è veramente suggestiva, da un lato c’è la cattedrale con la grande scalinata mentre gli altri tre lati hanno un bellissimo porticato e terrazzi tutti diversi uno dall’altro. Per mangiare c’è l’imbarazzo della scelta, ci sono stradine piene di ristoranti dove i ragazzi cercano anche troppo insistentemente di attirare turisti. Noi scegliamo un posto carino e proviamo qualche altro piatto tipico, io prendo il rocoto relleno, ossia un peperone piccante ripieno di carne, riso e spezie. Domani iniziamo le escursioni nella valle dell’Urubamba, tra un paio di giorni saremo a Machu Pichu. 13/10 La giornata inizia con una brutta notizia, la ragazza dell’agenzia che ci segue ci informa che ci sono dei problemi per l’escursione a Machu Pichu in programma per domani e dopodomani. C’è stata una frana nella notte e la ferrovia (unico mezzo disponibile) è stata interrotta quindi dobbiamo riaggiornarci nel pomeriggio per avere novità. Non vi dico l’umore. Se all’inizio l’abbiamo presa meglio del previsto è solo perché non abbiamo capito la gravità della situazione. Ma avendo la mattina libera abbiamo fatto un giro in centro, ho letto i giornali, siamo andati all’ufficio informazioni e abbiamo realizzato a pieno la gravità del problema: si parla di interruzione di 4 giorni della linea ferroviaria e la cosa più urgente è far tornare indietro i turisti bloccati a Machu Pichu, per il resto è tutto da vedere. L’assistente ci ha confermato questa versione e ancora increduli abbiamo cercato di riarrangiare in qualche modo il programma dei prossimi tre giorni in attesa di sviluppi. Ma a dire la verità non mi importa più gran che delle escursioni, è saltata quella che rappresenta il clou del viaggio, credo che essere arrivati qui e non vedere Machu Pichu è un po’ come aver scalato una montagna, arrivare a vedere la vetta e tornare indietro quando mancano 100 metri. Passiamo il pomeriggio a visitare i varie siti in città e nei dintorni (monastero di Santo Domingo, Cattedrale, Sacsahuaman) ma i ricordi di questa giornata saranno sicuramente offuscati dallo stato d’animo. 14/10 Oggi veniamo a sapere da giornali e agenzie che hanno trovato il modo di raggiungere Machu Pichu con un servizio di bus che carica le persone a una stazione prima del tratto bloccato di ferrovia e le porta oltre il blocco al vagone che per fortuna era rimasto a Machu Pichu prima della frana. La situazione sta insperatamente migliorando ma a questo punto c’è da fare i conti col tempo, chi aveva l’aereo è dovuto partire, e per chi deve ancora fare l’escursione c’è solo da aspettare e vedere chi riesce tra le agenzie ad accaparrarsi i biglietti non usati. La nostra agenzia non ci da molte speranze, noi abbiamo a disposizione solo domani e dopodomani poi partiamo. Ci informiamo alla stazione e ci dicono che fino a lunedì non ci sono posti, e noi lunedì abbiamo il volo su Caracas. Sconsolati cerchiamo di passare questa giornata in più a Cuzco visitando musei e mercatini, non resta che aspettare domani sperando che ci trovino i biglietti per domenica. 15/10 Stamani alle 5 suona il telefono: è Marisol che ci da mezz’ora per prepararci e andare alla stazione del treno perché forse riusciamo ad avere i biglietti! Non ho ancora capito se sono sveglia o sto sognando…..facciamo una corsa e dopo un’attesa di un’ora che sembra un’eternità ci consegnano i biglietti per il treno delle 9. Sono quasi le 7 e ancora frastornati torniamo in albergo per fare colazione e riprenderci un po’ perché ho l’impressione che sarà una giornata molto lunga. Alle 9 finalmente il treno parte ma è successo tutto così all’improvviso che siamo ancora increduli. Saliamo a zigzag la collina sopra Cuzco e poi attraversiamo la valle dell’Urubamba fino a Ollantaytambo, scendiamo prendiamo il bus e rimontiamo sul treno dopo qualche km. Questa operazione ci fa perdere almeno un’ora perché la fila è lunghissima ma siamo tutti armati di pazienza. L’ultima parte del percorso è bellissima perché entriamo nella foresta (adesso possiamo dire di aver visto tutte le tre zone del Peru costa, sierra e selva) che è un ambiente che non avevo mai visto. Finalmente dopo ben 5 ore arriviamo a Aguas Caliente e proseguiamo col bus fino al sito. Il tempo purtroppo non è dalla nostra perché più andiamo avanti è più le nuvole si fanno minacciose, ma visto che siamo alle porte dell’Amazzonia credo che sia un tempo abbastanza tipico. La salita lungo la stretta strada sterrata ci porta in una ventina di minuti alle porte di questa città perduta che continua a rimanere nascosta. Poi entriamo nel sito, camminiamo qualche metro verso l’altro versante della montagna e finalmente lo spettacolo appare in tutta la sua grandezza, da un lato il ripido pendio terrazzato e dell’altro la città protetta dallo Huayna Pichu. Non so davvero come esprimere le sensazioni che scatena questo scenario, è talmente tanto che penso a questo momento e poi il sogno che stava per svanire…..è veramente impressionante, da qui sembra di dominare tutto quello che sta intorno, le montagne, il fiume che scorre lontanissimo sotto di noi, la foresta. Dopo tutti i siti distrutti che abbiamo visto dove resta solo la traccia di meraviglie incaiche, sembra incredibile trovarci di fronte a queste costruzioni intatte, mancano solo i tetti che erano in paglia ma il resto è tutto perfetto. La guida ci spiega tutto quello che c’è da sapere ma non riesco a prestare troppa attenzione, la storia si legge sui libri, qui si può solo camminare in silenzio e lasciarsi rapire dal fascino e dalla magia. Il cielo si fa sempre più scuro e minaccioso, in lontananza si vedono lampi, ma questo se possibile accresce ancora di più il fascino. Purtroppo la visita dura solo un paio d’ore perché verso le sei non si vede più niente e a malincuore riprendiamo il bus. Nel programma originale dovevamo restare una notte a Aguas Caliente per risalire su la mattina all’alba e salire sullo Huayna Pichu per goderci il panorama da un altro punto di vista. Invece è andata come è andata ma più che il rimpianto resta la gioia di avercela fatta ad arrivare qui anche solo per poco tempo, perché ora abbiamo capito che tutto quello che si vede o si legge su questo posto non rende la minima idea di come sia davvero. Dopo una cena veloce a Aguas Caliente inizia il lungo viaggio di ritorno, il treno parte in ritardo (comincia a diventare una costante) verso le 11 e arriviamo stremati in albergo dopo le 3. 16/10 La sveglia suona puntuale alle 7,30, non siamo certo venuti fino in Perù per dormire….! Oggi poi è l’ultimo giorno qui, domani voliamo a Caracas e quindi non possiamo proprio avere sonno. Ma ormai il massimo l’abbiamo raggiunto ieri, quello che si vede dopo Machu Pichu viene inevitabilmente ridimensionato, quindi consiglio vivamente di lasciarlo come tappa finale del viaggio. Comunque anche l’escursione di oggi che prevede la visita del sito di Ollantaytambo e della Valle Sagrada dovrebbe essere interessante. Si tratta della valle dove scorre l’Urubamba che la rende fertile e verdissima, qui vengono coltivati quasi mille specie di cereali e tutte le verdure. Ci fermiamo a Pisac famosa per il suo grande mercato che occupa tutto il centro del paese. Accanto al mercato di artigianato c’è il bellissimo mercato locale molto più caratteristico e interessante. E’ un angolo di vero Perù, ho scattato più foto qui che in molti altri posti perché ci sono tanti di quei volti e colori abbaglianti che è impossibile resistere. Frutta, verdura, pannocchie coloratissime, cereali di tutte le specie, fiori, il carretto del gelataio e poi tante donne con gli abiti variopinti, tanti bambini sempre pronti a sorridere….insomma un quadro che rimarrà sempre ben impresso nella memoria più di tanti bei panorami. Dopo pranzo visitiamo quello che rimane del sito di Ollantaytambo, imponenti terrazzamenti dove meglio che altrove si può ammirare la tecnica costruttiva inca di unire massi di tonnellate dai bordi volutamente irregolari in un puzzle perfetto e solidissimo. Varie chiese costruite dagli spagnoli su basi di templi o fortezze inca (ad esempio la chiesa di Santo Domingo a Cuzco fatta sul tempio di Qoricancha) sono crollate più volte a causa dei terremoti, ma le mura inca sottostanti sono sempre rimaste in piedi. Gli spagnoli hanno distrutto un patrimonio immenso si capisce dai grandi resti che abbiamo visitato cercando di immaginarci le dimensioni delle costruzioni originali. Da Ollantaytambo ci spostiamo per l’ultima tappa in Perù cioè al villaggio El Chinchero. Risaliamo sulle montagne attraversando una zona di colline rossastre che si incendiano con la luce del sole che si sta abbassando, sullo sfondo la Cordigliera delle Ande. A El Chinchero visitiamo la chiesetta e la piazza principale piena di donne che vendono tessuti coloratissimi. Da qui ci godiamo un tramonto meraviglioso sulle colline circostanti, non si poteva chiedere niente di meglio a conclusione di un viaggio bellissimo in un paese sorprendente. La sera ceniamo in centro a Cusco, brindiamo con pisco sour pieni di soddisfazione per quello che abbiamo visto e vissuto ma anche di nostalgia perché lasciamo un paese e un popolo che hanno dato molto di più di quello che ci aspettavamo. 17/10-23/10 Come seconda parte del nostro viaggio di nozze abbiamo scelto questo arcipelago del Mar dei Caraibi perché dopo 2 settimane in Perù eravamo sicuri di aver bisogno di riposo e dalle informazioni raccolte queste isole sembravano proprio la soluzione ideale sia per il mare favoloso che per lo stile di vita. Personalmente non sono amante dei villaggi tutto incluso che in molti paesi sono isole felici da cui è impossibile toccare con mano la realtà che li circonda, quindi appena ho sentito parlare di un arcipelago dove gli unici alloggi sono posadas, dove si può stare tutto il giorno in costume e ciabatte e dove l’unica attività giornaliera è stare su una spiaggia ho pensato: se questo posto è veramente così vuol dire che ho trovato il mio paradiso! In questo racconto la mia intenzione non è descrivere le isole e il mare, per farvi un’idea del posto basta trovare qualche foto su internet e vi assicuro che non c’è bisogno di tanti commenti, basti sapere che le foto sono anche peggio della realtà. Quello che invece vorrei fare è riuscire a trasmettere delle sensazioni e far capire cosa significa una vacanza a Los Roques, o per lo meno cosa è stato per noi. Ma partiamo dall’inizio. Arrivando in Venezuela dal Perù abbiamo dovuto pernottare a Caracas e prendere il primo volo della mattina per Los Roques. Dopo 40 minuti di volo su un 15 posti della Transaven siamo stati catapultati a milioni di anni luce dal pianeta terra. Già dall’alto si preannuncia in tutta la sua grandezza lo spettacolo di colori, quei magici colori che ci hanno illuminato gli occhi per una settimana e continueranno per molto tempo a illuminarci il cuore. Quando la navetta è atterrata, abbiamo staccato il naso dal finestrino e ripreso a respirare, ma giusto il tempo per una boccata d’ossigeno e il turbinio di colori e musica ci ha avvolto e contagiato. Noi abbiamo alloggiato alla Posada Guaripete i cui proprietari sono italiani ma in loro assenza viene gestita da ragazzi venezuelani, e ci siamo trovati benissimo grazie alla loro cordialità e ospitalità. Le posadas sono tutte molto carine, quelle più care hanno qualche servizio in più nelle camere (ad es. L’aria condizionata) ma sinceramente non so quanto valga la pena spendere di più, anche perché sono già abbastanza care le regular. Essere turisti a Los Roques vuol dire stare tutto il giorno in costume, camminare scalzi, farsi qualche doccia nei tragitti in barca, stare su isole deserte più o meno dalle 10 alle 17, fare passeggiate al faro, passare le serate a guardare le stelle o nel bar sulla spiaggia o a chiacchierare con qualche nuovo amico conosciuto in posada. Quest’ultimo aspetto è molto importante: ogni posada ha da 5 a 15 camere e in genere le escursioni si concordano con gli altri ospiti (anche se ci sono barche al molo che fanno da taxi quindi ognuno è libero di fare ciò che vuole) Comunque visto che le strutture sono piccole e si mangia tutti insieme, molto dipende da chi si incontra. Noi siamo stati fortunatissimi perché alla nostra posada abbiamo trovato una coppia di Varese in luna di miele con cui ci siamo trovati benissimo e quindi siamo stati sempre sulle stesse spiagge. Le giornate sono organizzate così: scelta l’isola (a seconda delle condizioni del mare) si parte verso le 9.30 armati di ombrellone sedie e box lunch e si passa la giornata su isole incantevoli a leggere, camminare, esplorare e soprattutto nuotare e fare snorkeling. Si riparte verso le 16.30-17 e arrivati in posada ci aspetta una bella merenda. Poi tempo libero fino a cena, si può girare per il paese, andare al faro e aspettare il tramonto, chiacchierare….Le giornate passano tranquille, senza stress, senza guardare l’orologio o il cellulare (nell’arcipelago non c’è linea) perché il mondo con tutti i suoi problemi è lontanissimo, è in un’altra dimensione. Parlare del mare mi riesce difficile perchè per descrivere tutte le tonalità di azzurro e blu non bastano gli aggettivi che conosco. Tra le isole non c’è una differenza abissale, alcune danno più possibilità di fare snorkeling, altre hanno qualche baracca di pescatori, alcune sono abitate solo da pellicani gabbiani e bobas. Noi ricordiamo in particolare Cayo de Agua, Espenqui e Cayo Muerto. La prima merita assolutamente la fama di perla dell’arcipelago soprattutto per le innumerevoli e indescrivibili sfumature di azzurro del mare e per le lunghissime spiagge bianche. Anche Espenqui ha una spiaggia bellissima ma a renderla più speciale per noi è la sorpresa di rimanere tutto il giorno in 4 sull’isola deserta in compagnia solo di una colonia di pellicani che non si curano molto di noi. Esplorando l’isola la sensazione è entusiasmante, camminiamo da soli senza parlare ma il mare, il vento e i pellicani riempiono il silenzio e non c’è tempo per sentire la solitudine perché qui parla la natura e noi ne facciamo parte. Cayo Muerto è una lingua di sabbia bianca in mezzo al mare e sembra uscita da un fumetto, non c’è vegetazione ma solo pellicani, arrivando con la barca il ragazzo rallenta e ci chiede ‘va bene qui?’ e noi pensiamo qui dove? In mezzo al mare? Poi ci affacciamo e scorgiamo davanti a noi una striscia bianca che spunta dal mare cristallino, e io penso va bene? Va benone! Sembra di essere in un film….noi siamo in 6 e per un giorno facciamo volentieri i profughi. La temperatura dell’aria e dell’acqua e la ventilazione continua rendono il clima perfetto, il sole è forte, io sono una lucertola ma i primi due giorni sono stata sempre sotto l’ombrellone e ho usato la protezione 40 fino all’ultimo giorno. Noi abbiamo avuto fortuna perché ottobre è bassa stagione per quanto riguarda il numero di turisti ma il tempo è perfetto, solo un giorno c’è stato vento più forte e mare mosso, per il resto neanche una nuvola e spiagge completamente deserte. Per gli amanti del mare e della tranquillità queste isole sono quanto di meglio si possa chiedere, chiaramente senza cercare servizi da villaggio o grand hotel. A noi è bastato un giorno per sentirci a casa e questo ha reso il soggiorno molto più bello e la partenza molto più triste e difficile. Forse ci sono anche degli aspetti negativi ma io non sono in grado di trovarne, secondo me chi è tornato deluso non era informato abbastanza ed è grave perché al di là delle sensazioni personali che trasmettiamo scrivendo, confrontando i racconti prima di partire ho trovato ovunque le stesse notizie. Alla fine poi tirando le somme sicuramente ci sono persone che si accorgono di non essere adatte a questo tipo di vacanza, ma ce ne sono tante (e le abbiamo conosciute) che sono partite sapendone poco, talmente poco che qualcuno era senza crema protettiva….(e sfido chiunque abbia letto qualcosa a dire che non è scritto da nessuna parte di portarsi la protezione 40-50!). Noi siamo partiti consapevoli di quello che ci aspettava ma abbiamo trovato molto di più, un’atmosfera caldissima e soprattutto una tranquillità inimmaginabile in un vero e proprio angolo di paradiso e non c’è dubbio che faremo di tutto per tornarci al più presto. Carrara.elisabetta@libero.it


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