Diario di un flauto andino

Deborah M. DIARIO DI UN FLAUTO ANDINO Un viaggio avventuroso alla conquista del Perù, intimo ed emozionante, vissuto e raccontato da Deborah e Paolo. INTRODUZIONE Tra pochissimi giorni si avvererà come per miracolo, e capita davvero al momento giusto, uno dei nostri desideri più profondi: quello di conoscere il Perù…. E mia nonna, che...
Scritto da: Deborah Mini
diario di un flauto andino
Partenza il: 25/08/2005
Ritorno il: 16/09/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Deborah M. DIARIO DI UN FLAUTO ANDINO Un viaggio avventuroso alla conquista del Perù, intimo ed emozionante, vissuto e raccontato da Deborah e Paolo. INTRODUZIONE Tra pochissimi giorni si avvererà come per miracolo, e capita davvero al momento giusto, uno dei nostri desideri più profondi: quello di conoscere il Perù…. E mia nonna, che vede sempre le nostre foto in anteprima, ha già “fabbricato” l’ennesimo centrino su cui poserà l’ennesimo souvenir, che le porteremo da questa esperienza ai confini del mondo… Quest’anno è stato veramente un colpo di fortuna quello che ci ha portati, quasi per caso, ad imbatterci in un diario di bordo dalle mille sfaccettature, simpatico, leggero, esaustivo sotto ogni profilo…Si tratta di un vero e proprio manuale di consigli pratici, da fare invidia alla Lonely Planet, studiato per prendere per mano e per guidare anche il turista più inesperto; ma soprattutto si tratta di un racconto capace di sfiorarti il cuore, di stregarti, con quella sensibilità che pochi sanno cogliere, profondo, intimissimo, che parla di gente e di luoghi bellissimi e diversi allo stesso tempo: il diario di Gabriele Serrau… Come tutti gli anni, prima di partire per le vacanze, io e mio marito Paolo cerchiamo di documentarci circa il Paese che andremo a visitare, prendendo spunto dalle tante impressioni che i “turisti per caso” pubblicano su INTERNET….Quasi per caso, appunto, (come fa a passare inosservato, cavolo….con le sue oltre 50 pagine è indubbiamente il diario più lungo che io abbia mai visto in rete! Scaricatelo anche voi!!!), quasi per caso, dicevo, abbiamo avuto la fortuna di leggere il racconto di Gabriele, un ragazzo intelligente e preparato, che ci ha letteralmente stregati col suo modo semplicemente magico di scrivere e di descrivere…Un racconto da cui traspira una sensibilità fuori dal normale, difficile da trovare ai giorni nostri. Un insieme di ricordi carichi di sentimento, vissuti durante i suoi numerosissimi viaggi in Perù. Gabriele, infatti, cerca di dare il suo aiuto ad una ONG che ha come scopo primario quello di promuovere il turismo sostenibile e responsabile, dando la possibilità a noi “turisti mortali” di immergerci dolcemente e con rispetto all’interno della cultura delle comunità peruviane, nei loro usi, costumi, modi di VIVERE E SOPRAVVIVERE, evitando di entrare violentemente nella loro vita, lasciando che la nostra si fonda nella loro….Con G. E il suo comodo pullmino verde speranza si ha la possibilità, ogni anno, d’estate, di raggiungere le mete più famose del Perù: turistiche, naturalistiche, storico-culturali…soprattutto, però, si ha la possibilità di conoscere la vita autentica della gente peruviana, quella vera, nascosta, che si riesce ad intravedere solo in lontananza, durante uno di quei soliti, “perfettini”, organizzati e costosissimi viaggi in agenzia. Tramite lui o la ONG, infatti, si può percorrere un magnifico itinerario turistico e non, che ci permetterà di sfiorare, quasi con le mani, tutta la geografia del Perù. Per abbassare i costi del viaggio, inoltre, ci si può spostare utilizzando il suo pullmino oppure i mezzi di trasporto pubblico e pernottare in ostelli puliti ma molto spartani, senza tante pretese (quelli dove non puoi “fregarti” le bottigliette di shampoo con su scritto il nome dell’albergo a 5* per intenderci!!), oppure in centri di accoglienza familiare, dove puoi entrare a contatto con la gente che soffre o che ha sofferto, ma che ha ancora voglia di regalarti un sorriso!!! Prima di partire, G. Ci ha messi al corrente anche dei possibili disagi che potremmo incontrare durante il nostro soggiorno…che non somiglierà di certo ad una tranquillissima e noiosissima vacanza alle Maldive! Ci ha domandato, infine, cosa ci aspettassimo da questo viaggio. Beh! Sapete cosa ho risposto? Dal Perù mi aspetto tutto…..Mi aspetto di passare dal paesaggio desertico alla costa del Pacifico, dal lago navigabile più alto del mondo alle gole profonde del Colca Canyon, dalla cordigliera Bianca e Negra al sito di Machu Picchu, con i suoi misteri e secoli di storia. Sono convinta di poter sostenere al 100% i ritmi frenetici di questa vacanza attiva e dinamica, che sarà caratterizzata da camminate dal fiato corto lungo gli impervi sentieri andini, da interminabili ore trascorse su mezzi di trasporto a volte sgarrupati, da levatacce al mattino presto quando sei già arrivato stanchissimo alla sera e non vedi l’ora di coricarti, coi piedi freddi nel letto che fanno fatica a scaldarsi…ma so di potercela fare! Mi aspetto di conoscere volontari che aiutano le persone più deboli, “angeli travestiti da uomini” che hanno offerto accoglienza a bambini poveri e abbandonati…..Mi aspetto di salutare con rispetto e devozione dei vecchi “quechua”, sparsi qua e là per qualche viuzza del Paese, con i loro caratteristici cappelli e ponchi rosso acceso, con i volti rugosi e le mani segnate dal tempo, con quegli occhi “appannati”, quasi familiari, che tanto ricordano i miei saggi e affettuosissimi nonni. Soprattutto, però, mi auguro di incontrare, in luoghi sperduti e abbandonati da Dio, moltitudini di bambini, chiassosi e coloratissimi, poveri ma felici, nell’inconsapevolezza di non possedere niente! Dei piccoli “malavoglia”, con le guance tonde e sporche di terra, con il nasino umido, con quegli occhi grandi grandi, neri e lucidi, che ti scavano dentro; fanciulli che mi fissano curiosi, che studiano ogni mia mossa, che capiscono di trovarsi di fronte a gente più fortunata di loro, ma che hanno la dignità di non chiedere nulla, che mi infondono tenerezza e che mi fanno apprezzare le cose belle della vita, le persone e le cose che ho, facendomi ritrovare la voglia di vivere! Dal Perù mi aspetto tutto questo e molto più e so già che non mi deluderà… Dedìco esta istoria, con mucho calor, al mi amigo Gabriel: el hombre que me ha permiso de viajar sognando! Purtroppo è già suonata la sveglia! Apro gli occhi assonnati…Devo alzarmi per andare al lavoro…Sono seduta davanti al monitor e a mille scartoffie…guardo con euforia il calendario: tra dieci giorni si parte! 24/08/2005-25/08/2005 * ARRIVO A LIMA E CITY TOUR* La nostra colazione sta mattina è stata allietata (si fa per dire) dalla notizia di un aereo caduto in Perù: purtroppo ha fatto moltissime vittime, tra cui due coppie italiane, tanto da lasciare col fiato sospeso alcuni dei nostri familiari, che hanno impiegato un po’ di minuti prima di capire che noi non potevamo essere su quell’aereo, anche perché si trattava di un volo interno e noi dovevamo ancora arrivare…Finalmente partiamo da Fiumicino alle ore 11,00 e, dopo circa un paio di ore, mettiamo piede sul suolo di Madrid dove, organizzandoci all’ultimo momento e avendo anche un po’ di fortuna, riusciamo a prendere la metro che si trova nelle vicinanze dell’aeroporto e, senza bagagli perché li avevamo già imbarcati per Lima, a girare velocemente nei dintorni della capitale iberica (che culo!!!!) . Riprendiamo la nostra strada maestra dopo la breve parentesi spagnola, per arrivare a Lima, dopo circa 12 ore di volo, alle ore 3.30 del mattino; tuttavia, alle 9.00 spaccate, senza quasi riposare, siamo già in piedi, tutti euforici, perché non vediamo l’ora di conoscere i sobborghi della città….Veniamo accolti subito da un manto grigio pesantissimo: è la GARUA, di cui ci avevano già parlato in tanti…Si tratta di una nebbiolina stupida, insulsa e fastidiosa, che avvolge tutta la città e che ci ha accompagnati, ahimé, durante tutto il nostro soggiorno nella capitale peruviana! Attraversiamo le calles principali del quartiere Miraflores dove alberghiamo e, tra banche e centri commerciali, avvertiamo subito un rassicurante senso di protezione: lungo le vie più importanti della città, infatti, esistono moltissimi istituti di credito, all’uscita dei quali lavora sempre un gruppetto di poliziotti gentilissimi e disponibilissimi, pronti a rispondere a qualsiasi domanda il visitatore più inesperto e rompiballe faccia loro. Scorgiamo con sorpresa anche degli uomini vestiti di rosso, con disegnato davanti il simbolo $…..No…..Non sono mascherati da Superman!!! Si tratta di “cambiatori di dollari”! Il cambio è leggermente più favorevole rispetto a quello ufficiale che applica la banca. Sono persone autorizzate….ci fidiamo! Dopo pranzo, passiamo attraverso le vie del finto e turistico quartiere Miraflores e gli ulivi del quartiere San Isidro, per poi proseguire verso La playa del Amor affacciata sul Pacifico, dove esiste un originale parco creato in stile Gaudì, con una statua centrale che riproduce il bacio di due innamorati. Arriviamo al centro, dopo mille manovre in mezzo al traffico, causato da una delle tante manifestazioni che si incontrano ogni settimana. Entriamo all’interno della chiesa di S. Domingo, che custodisce gelosamente le reliquie di alcuni santi: prime fra tutte quelle di Santa Rosa da Lima, patrona del Perù e di tutto il Sud America.Visitiamo anche la chiesa di S. Francesco, che contiene nei suoi sotterranei un ossario molto inquietante; per non parlare poi della famosa ed illuminatissima Plaza de Armas, il Palazzo del Governo, la Cattedral e i numerosissimi palazzi in stile coloniale, caratterizzati dai magnifici ed elaborati balconi in legno. Per la cena andiamo alla “ Trattoria” di Mambrino, in Via Manuel Bonilla 106, consigliataci dal nostro amico Gabriele: si mangia veramente da Dio, anche se i prezzi, secondo me, sono un po’ aumentati !……. 26/08/2005 * L’ISOLA FELICE DELLA TABLADA* Questa mattina siamo andati a visitare la parte più vera e povera di Lima e di tutto il Perù: la Tablada di Lurin. Un inferno fatto di violenza, prostituzione ed incesti, dove spicca, però, un’isola felice che si chiama Ceprof. Questo centro di accoglienza familiare è fondato e gestito da due donne che stanno dedicando tutta la loro vita, con l’aiuto anche di altre volontarie, all’educazione, all’insegnamento, all’assistenza fisica e morale delle bambine che vivono lì. Molte di loro sono scappate di casa, altre vengono abbandonate dalle famiglie d’origine, alcune rimangono orfane, altre ancora affidate lì dal Tribunale, perché spesso vittime di violenza ed abusi domestici! Daniela e Maruca, questi i nomi delle due “buon samaritane”, sanno metterti subito a tuo agio, fanno il caffè alla vecchia maniera italiana, cucinano meglio di mia nonna ed hanno delle stanze per dormire comode e pulitissime…Soprattutto, però, sanno farti conoscere e capire, con quella discrezione che solo le persone intelligenti sanno usare, l’universo mostruoso, assurdo ed inconcepibile, da cui sono state strappate (per fortuna!) quelle povere bambine, senza cadere mai nella solita commiserazione da mendicante ed evitando di infondere pietismi gratuiti nei i turisti che vanno a trovarle…. A cena sembra di essere tutti una bella famiglia….Tra noi c’è anche Stefany, una bambina down rimasta orfana della madre prestissimo e purtroppo abusata dal padre quando aveva appena tre anni! Ora è la figlia adottiva di Maruca. Quello che colpisce guardando negli occhi questi bambini è l’inconsapevolezza della loro situazione; la loro incomprensibile, quasi paradossale, gioia di vivere, ma soprattutto la loro spensieratezza… Al mattino abbiamo visitato la scuola dove studiano i piccoli peruviani. Appena ci hanno visto arrivare ci hanno subito assaliti con baci ed abbracci…non nego di essermi davvero commossa! Maruca ci ha portati anche a visitare le rovine di Pachacamac, un antichissimo sito archeologico, dove abbiamo potuto osservare in “prima fila” gli scavi di una tomba aperta. C’erano vasi in argilla, vecchi utensili e perfino le teste capellute di due mummie che cercavano di fare capolino! (si fa per dire!). I lavori li stanno portando avanti i Giapponesi perché i Peruviani, purtroppo, non hanno fondi da stanziare per il recupero storico dei beni di interesse culturale. Al ritorno abbiamo visto il secondo cimitero più grande al mondo. Non so quante tombe possa ospitare e come facciano i familiari dei defunti a trovare la lapide su cui posare un misero fiore, tanto sono mischiati e appiccicati quei gelidi tumuli di terra! Quello che mi ha fatto più rabbrividire, però, è l’amara constatazione che chi vive da povero muore da povero, seppellito da un pugno di sassi con una croce in cima….i più fortunati hanno persino la foto! Questa città dei morti è sconfinata, in continua espansione e con gli anni non potrà far a meno di confondersi con quella dei vivi, che “abitano le montagne”, vivendo in quelle che noi occidentali chiameremmo “baraccopoli”… 27/08/2005 * L’INCONTAMINATA PENISOLA DI PARACAS* Di buon mattino salutiamo Maruca con un grandissimo abbraccio e con gli occhi lucidi…Ho ancora sulla pelle e nel cuore il profumo di amore e di pace di cui è pervaso il Ceprof alla Tablada di Lurin! Arriviamo a Pisco con il pullman della compagnia di trasporti Ormeño: davvero molto confortevole! Visitiamo immediatamente la Riserva Nazionale di Paracas: un’area naturale protetta, dove abbiamo il piacere di ammirare numerose specie di uccelli, tra cui i fenicotteri rosa. Proseguiamo lungo la costa marina, dove il paesaggio si confonde tra i colori della natura che ci accompagna: quelli delle dune sabbiose ocra, oro, rosse, marroni e quello bianco, candido, delle schiumose onde oceaniche che, come le mani tentacolose di un polpo, si distendono e si ritraggono, per poi di nuovo, quasi arrabbiate, infrangersi rumorosamente sulle rocce…Il loro movimento è sensuale come l’unione di due corpi: si lasciano e si riprendono, al ritmo di un Bolero Estasi! Con un po’ di paura guardo in giù, dall’alto del costone che mi divide dall’abisso…Sono ferma, immobile, quasi inebetita, colpita da una specie di sindrome di Stendhal….Starei ore ed ammirare queste splendide immagini, insolite, ipnotiche, surreali, alimentate da una specie di moto perpetuo, cercando con gli occhi e con la mente di scattare una foto eterna a questo oceano insidioso e tentatore. Ogni mio senso è elevato alla massima potenza. Rimango lì, assorta, concentrata ad ascoltare il silenzio, interrotto soltanto, per qualche secondo, dal fragore delle onde, ritmico come il battito del cuore… A spezzare questo idillio un languorino allo stomaco: il mio! Così decidiamo di pranzare in uno dei tre ristorantini vicino alla spiaggia, dove si mangia dell’ottimo pesce veramente a buon mercato. Questa notte alloggeremo al San Isidro: un hotel con servizi base ma pulito; ha anche una piccola piscina. Per la cena ci spostiamo verso il centro, con una motoretta molto simile ad un tuc-tuc thailandese. Il paese, tuttavia, come vita notturna non ha molto da offrire, a parte l’entrata in qualche bottega di liquore (il pisco, appunto), che però non abbiamo visitato. 28/08/2005 * SAFARI ALLE ISOLE BALLESTAS* Al mattino ci dirigiamo con una motobarca alle isole Ballestas, o Galapagos del Perù, dove riusciamo a fotografare avidamente le numerosissime specie di cormorani, pellicani, pinguini, leoni marini ed ogni altro essere vivente, facente parte della fauna marina e terrestre, che sembra essersi messo in posa davanti all’obbiettivo! Lungo il cammino scrutiamo il famoso e misteriosissimo CANDELABRO: una sorta di cactus scolpito nella roccia, senza uno scopo ed una datazione ben precisa. Ci sono delle favole in giro, circa la sua origine: alcuni lo considerano una specie di faro, o punto di riferimento per le imbarcazioni che c’erano un tempo; altri lo farebbero risalire addirittura agli UFO!!! Per il pranzo, dopo essere tornati a Pisco, ci rechiamo al ristorante AS de OROS, sito in Av. San Martin 472, che ci sentiamo veramente di consigliare, perché trattasi di un localino elegante, pulito ed economico, dove si mangia veramente bene! Prima di cena, invece, ci dirigiamo a Nazca, presso l’hotel Maison Suisse, sempre con un mezzo della compagnia Ormeño. Lungo la strada il paesaggio è veramente strano, anche perché non capita tutti i giorni di costeggiare l’Oceano Pacifico (che di pacifico ha ben poco!) e vedere contemporaneamente le dune di sabbia che, a tratti, ricoprono “letteralmente” la strada maestra! 29/08/2005 * SORVOLO DELLE LINEE DI NAZCA* Facciamo colazione tranquillamente alle ore 7.30, anche perché il nostro volo è previsto per le ore 10.00 e quindi abbiamo tutto il tempo di digerire una normale colazione fatta di the, pane, burro e marmellata. Durante l’attesa ci propongono una escursione al cimitero di Chauchilla (10$), dove si possono visitare delle tombe molto interessanti, nelle quali sono state riposte dagli archeologi numerose mummie, collocate nella direi quasi “comica” posizione fetale, tipica delle mummie di tutto il Sud America. Alcune di esse hanno ancora i capelli “rasta” attaccati: sembra di fotografare gli antenati di Bob Marley! Più tardi ci portano a visitare una bottega artigianale, dove fabbricano oggetti in ceramica di ogni forma e dimensione; la particolarità, però, sta nel fatto che questi ultimi vengono lucidati attraverso il grasso della pelle dell’artigiano, il quale, per fissare i colori e rendere più brillante l’oggetto, con l’ausilio di un sassetto arrotondato spalma sul souvenir tutte le sue impurità epidermiche…(che schifo!!!). Proseguiamo verso una bottega dove ci spiegano come si estrae l’oro. Qui gli operai lavorano davvero come dei “somari cinesi”, spezzandosi la schiena a furia di dondolare le gambe sopra dei tronchi d’albero…La cosa veramente cinica, però, è che i loro padroni si sentono persino con la coscienza apposto, credendo di alleggerire la loro fatica facendoli muovere al ritmo di salsa e merengue! Alle ore 12.30, decisamente in netto ritardo, saliamo finalmente sul nostro piper, stile “paziente inglese” a cinque posti….Indossiamo le cuffie antirumore ed iniziamo a ridere come matti, perché mio marito sembra proprio il sosia di Claudio Cecchetto! (con i capelli naturalmente!!!). Voliamo per circa 30 minuti e, per fortuna, avendo avuto il tempo per stradigerire la colazione…Sono un’amante del brivido e delle montagne russe, ma quelle virate repentine sopra i cucuzzoli delle montagne, ammetto che mi abbiano fatto letteralmente “cagare sotto”!!! Le linee di Nazca sono tuttora un mistero. Non si sa chi abbia fatto questi segni geometrici, lineari e trapezoidali, alcune raffiguranti persino animali, come ad esempio il ragno, la scimmia e il colibrì. Non si sa neppure a cosa siano servite. Fatto sta che queste tracce enigmatiche possono essere ammirate soltanto dall’alto ed averle realizzate, tantissimi anni fa, senza l’ausilio di un mezzo di trasporto aereo, è davvero molto strano…Saranno stati gli UFO anche qui? L’escursione è stata davvero interessante, ma anche per me, che sono un’appassionata di archeologia misteriosa (quegli argomenti trattati da programmi come STARGATE o VOYAGER), il prezzo di circa 60 $ per una mezz’oretta appare decisamente eccessivo! Al pomeriggio partenza per Arequipa. 30/08/2005 * AREQUIPA: LA CIUDAD BLANCA * Arriviamo dopo circa 9 ore di pullman ad Arequipa: una città molto tranquilla e pulita. Sembra quasi una capitale europea! Il viaggio è molto comodo, la compagnia è sempre l’Ormeño, i sedili sono molto larghi e ci si può anche distendere. Ci passano, addirittura, anche la cena: direi accettabile, quando uno c’ha fame! Alloggiamo alla Casa de mi Abuela: una sistemazione molto carina, con piscina, biblioteca e giardino, dove siamo soliti al mattino fare colazione. Ci rechiamo subito in giro per la città, per ammirare da soli Plaza de Armas e la Cattedral, in perfetto stile coloniale, dietro la quale spunta vanitoso il vulcano innevato Misti, uno dei più alti in questa zona e nel mondo. Per pranzo e per cena approfittiamo di alcuni ristorantini balconati che offrono, specialmente di sera, un’ottima veduta di Plaza de Armas tutta illuminata…Assaggiamo per la prima volta la carne di alpaca, accompagnata sempre da riso lesso, verdure e patatine fritte: il tutto per la modica cifra di 10 soles a persona (circa 2,5 €!) Arriviamo sempre da soli, ma con le dovute accortezze, nei pressi del mercato di San Camillo: l’unico mercato che esiste per i non turisti. Qui, infatti, vanno a comprare pesce, carne, frutta e verdura, gli abitanti del posto, i quali, al nostro passare, sgranano gli occhi come se avessero visto gli extraterrestri! Al pomeriggio c’è stata la visita guidata al Monasterio de Santa Catalina da Siena, chiamato così perché la fondatrice era molto devota a questa Santa italiana, che però non arrivò mai in Perù. Si avverte subito un’atmosfera surreale, lungo le viuzze del convento, caratterizzate dai colori blu elettrico, rosso mattone e bianco (il colore naturale del tufo che si estrae in questa zona e che ha dato probabilmente il nome ad Arequipa – la ciudad blanca, appunto! -). In quest’area coloniale, spagnoleggiante in ogni suo angolo, si ha come l’impressione che debba uscire Zorro da un momento all’altro! Successivamente visitiamo il museo della mummia Juanita: una bambina che fu vittima, tanti secoli fa, di un sacrificio Inca. La fanciulletta, dopo tantissime peripezie, fu trovata da una equipe del National Geographic, sul cratere del vulcano Ampato ed ora è qui, davanti a noi, in posizione fetale, dentro una teca di cristallo, con tutti pezzi di ghiaccio attaccati addosso…sembra quasi sorriderci….(“ e te credo: con tutto quer freddo l’hanno trovata a ride sì !!!”). 31/08/2005 * CAMMINANDO VERSO LA CIMA DELLE ANDE * Ci vengono a prendere con un pullmino alle ore 9.00 in punto. Dopo non so quanti chilometri di strada in salita, asfaltata e non e di pericolosi tornanti, si arriva finalmente a Coporaque: un ridente e sperduto paesino, ubicato a circa 4.000 metri slm. Lungo il percorso, durato circa 5 ore, è stato veramente interessante osservare gruppi di vigogne, lama ed alpaca, le tre specie di camelidi più diffuse in Perù; ma, soprattutto, godere della vista di alcuni vulcani, come il Misti, il Chachani e l’Ampato, che, con le loro vette innevate, si stagliano fieri, maestosamente all’orizzonte. L’aria quassù comincia a farsi rarefatta, come in estate sull’asfalto. C’è moltissimo vento e si fa fatica anche a scendere dal pullmino, per andare a bere un bollente “mate de coca” nel baretto che si incontra lungo la strada. La fermata, sicuramente, non è stata fortuita, anche perché, vicino a questo rifugio, si trova praticamente un mercato all’aperto, con bancarelle cariche di prodotti artigianali fatti a mano, di guanti, sciarpe e cappellini coloratissimi. Anche le “addette alla vendita” non sono per niente monocromatiche e, con i loro abiti rosso acceso, non passano di certo inosservate! A noi sta bene…curiosiamo discretamente la merce e facciamo di sfuggita delle foto meravigliose, inquadrando le bambine più sorridenti e le donne più anziane, che filano velocemente la lana. Questo “quadretto umano” si incontra praticamente dappertutto, ad ogni sosta scelta ad hoc per i turisti…I soggetti sembrano mettersi in posa davanti all’obbiettivo, racimolando così qualche soldino per la gioranta o qualche dolcissima caramella. Alcuni tengono in braccio degli esemplari di baby alpaca, come se fossero dei barboncini bianchi coperti di ovatta! I bambini in questi posti hanno proprio quei visini tondi e screpolati dal freddo che mi ero immaginata prima di partire…Mi hanno fatto veramente tenerezza! Alloggiamo alla casa di Mamayachi: una costruzione nuova e molto confortevole. Il proprietario ha origini genovesi e non appena ha sentito il nostro accento italiano ha voluto subito attaccare bottone…Dopo un pranzo fugace, iniziamo un bush tour di circa un’ora e mezza nei dintorni della valle del rio Colca. La nostra guida si chiama Jesus, un aitante ragazzo peruviano dalla parlata metallica, “andatura ambigua”, orecchino d’oro, anello al pollice ed occhio “trombino”…Solo che “casca” male, perché siamo quasi tutte donne, alcune delle quali pure ammogliate!!! Ritorniamo stanchissimi ed infreddoliti, ma per farci ristorare un po’ ci portano alle terme pubbliche di Chivay (costo 10 soles ). Dentro l’acqua si sta veramente bene, i nostri muscoli si rilassano dolcemente, lasciandoci una leggera sensazione di benessere; purtroppo, però, sono già le 18.00, è già buio e ad uscire a quell’ora, dopo 60 minuti di bagnetto, si muore letteralmente dal freddo! Prima di cenare ci mettiamo tutti insieme intorno al tavolo, per parlare, tutti in lingue diverse, ognuno delle proprie impressioni…C’è un’atmosfera quasi natalizia intorno a noi, con lo scoppiettìo della legna nel camino e il tovagliato di colore rosso brillante! Il nostro gruppo e’ formato da quattro olandesi e due danesi. Cerchiamo di farci capire alla meno peggio, rispolverando un misero inglese scolastico; ma ad ogni battuta esilarante, mentre gli altri si sganasciano dalle risate, noi rimaniamo vergognosamente in silenzio, facendo praticamente la figura di due carabinieri!!! Ed è proprio in questi momenti che ci si rende conto di quanto siamo ignoranti noi italiani; soprattutto di fronte a degli olandesi che parlano indistintamente tre o quattro lingue! Per fortuna una di loro capiva anche lo spagnolo (pure!) e così abbiamo potuto comunicare un “poquito” anche noi! 01/09/2005 * AVVENTURA TRA LE ANDENES * Oggi è stata veramente una tipica, splendida, giornata di montagna… Dopo colazione, di buona lena, ci avventuriamo a piedi, fino al paesino di Yanque, a circa due ore di cammino!!! Decidiamo di fare dei “fuori pista” per accorciare un po’, ma ci accorgiamo subito di esserci persi: così, per ritrovare la strada maestra, abbiamo dovuto inerpicarci su degli impervi ed insidiosi sentieri! Lungo il percorso, molto accidentato direi, osserviamo le numerose specie di cactus che nascono e fioriscono spontanee in questa zona. Siamo veramente in alto quassù…Il cielo è di un colore blu cobalto mai visto in Italia…Veniamo colpiti dagli sconfinati terrazzamenti che caratterizzano tutto il panorama: le andenes. In questo periodo non spiccano molto per il colore, ma d’estate, confondendosi in mezzo a tutto questo verde, credo siano uno spettacolo meraviglioso! Ci affacciamo un po’ timorosi, dall’alto di un dirupo e scorgiamo una sorta di Gran Canyon: la gola scavata dal rio Colca in mezzo alle montagne…Credo che Ludovico Ariosto, prima di scrivere “L’Astolfo sulla luna”, abbia fatto una scampagnata quassù, a dorso dell’ippogrifo, perché vedendo tanta beltà le parole ti nascono veramente spontanee: << “…da qui si domina la valle…ciò che si vede è! Ma se l’imago è scalma al vostro occhio, scendiamo a rimirarla da più in basso: planeremo in un galoppo alato, entro il cratere ove gorgoglia il tempo!…”>> . Incontriamo, con tutto il suo gregge, anche la gente del posto, cordiale e disponibile. Sembra veramente di stare in montagna, come da noi, dove ci si incontra e ci si saluta tutti, con quel fare “amicone”…Ci lasciano fotografare anche i loro bambini, portati dietro le spalle dalle donne che indossano quel caratteristico scialle colorato. Con la lingua sotto i piedi, arriviamo finalmente al paesino di Yanque! Qui fotografiamo una interessante chiesetta bianca, che stanno ristrutturando da circa due anni. Il centro è ancora vergine dal punto di vista turistico, anche se tra un po’, sono sicura, prenderà piede come gli altri. In giro c’è pochissima gente: vi abiteranno sì e no quattro anime, cinque col somaro!!! Ancora con un po’ di adrenalina in corpo, decidiamo di fare un ultimo sforzo, dirigendoci verso le terme locali. Certo, non hanno gli stessi comfort di quelle di Chivay, forse meno manutenzione, non sono per i turisti; ma sono sicuramente più caratteristiche, perché è qui che vengono a bagnarsi le persone del posto, ed è proprio con loro che, con “le chiappe a mollo”, abbiamo conversato per un bel po’…Il biglietto costa 3 soles, mentre un misero mezzo sol per i residenti. Con la pressione sotto zero, raccogliamo tutti i nostri straccetti e ci incamminiamo ancora per un chilometro e mezzo, come “due masochisti scemi”, sotto il sole cocente delle ore 14.00, lungo la strada ciottolosa che costeggia la valle del Colca, accompagnati dal rumore del fiume che scorre di fianco a noi. Sfiniti, raggiungiamo la piazza, dove riusciamo a prendere al volo un autobus collettivo. Siamo stati in piedi fino a Chivay, tutti stretti stretti, tra la gente che ritornava dal lavoro ed alcuni turisti fai da te che, secondo me, non si lavavano da qualche giorno! Dalla stazione giungiamo al centro con una motoretta scassatissima, simile ai tuc tuc di Pisco. Ci fermiamo nel primo ristorantino che troviamo, anche perché stavamo morendo di fame e non avevamo molta voglia di girare…Abbiamo speso soltanto 5 soles cadauno per il menù del giorno: minestrone fatto con non so che cosa, mezza trota fritta, patine e riso bollito, il tutto servito sul nudo tavolo di legno! Per bere, invece, una brocca di chicha morada: la tipica bevanda peruviana di colore rosa scuro, fatta con il mais fermentato, acqua e zucchero (devo dire anche molto dissetante!). Con la pancia piena e soddisfatta, si fa per dire, ci addentriamo all’interno del mercato turistico, che si trova vicino alla piazza, dove ci lasciamo dolcemente trasportare dalla gente e dai suoi abiti dai mille colori, da quegli occhi e quegli zigomi diversi da persona a persona, dal colore della frutta e verdura sparse qua e là sulla strada, dal visetto birichino dei bambini che corrono, dai cappelli dalle stranissime forme, dal profumo del pollo cucinato vicino ai marciapiedi, dal suono della musica strumentale andina, che, proveniente dal retro delle bancarelle, si confonde con la voce invitante delle venditrici: << pregùntame amiga! Còmo puedo ayudarte? >>…Ti chiamano con educazione e rispetto, a voce bassa, quasi con timore, proponendo la loro merce, senza piombarti addosso come nei bazar musulmani! Dopo aver fatto un po’ di acquisti per alcuni nostri amici, decidiamo di prendere un combi collettivo per la strada del ritorno: costa solo un sol, è sporco e sgarrupato, ma sono affascinata dall’idea di confondermi tra quei “curiosi passeggeri”! Di fronte a me sedevano il figlio e la moglie del conducente, la quale, ad ogni fermata, dava da mangiare al marito “una manciata” di spaghetti al pomodoro e qualche frittella di riso e patate, che usciva da un sacchetto di plastica come un coniglio dalla bocca di un cilindro! Dietro di noi una vecchietta, stanca e sdentata ed un bambino dalle scarpe rotte, tutti sporchi e carichi di prodotti acquistati al mercato…Di fianco a mio marito una giovane donna dalla pelle scura…ci sorride affabile e abbassa gli occhi un po’ vergognosa, guardando il braccio penzolone di suo figlio, appena addormentato tra i capezzoli umidi! La consorte del guidatore è davvero folkloristica: ha uno strano cappello in testa ed un grembiule tutto sporco, prende una pera matura da un cestino, la pulisce bene bene con un pezzo di carta igienica e poi cerca di sbucciarla con le unghie delle dita! Sputa per terra tutti i semini che tiene in bocca, cercando (inutilmente!) di evitare le nostre scarpe “vergini” e noi, diventati piccoli piccoli vicino al finestrino, ci guardiamo e ci stringiamo sempre di più, increduli di stare lì, in quel momento, come “i cavoli a merenda”, confusi tra la gente, tra quella gente, che ci guarda stupita e sembra ridere di noi! Il pullmino non parte se non è tutto riempito, così stiamo fermi, ad aspettare per circa mezz’ora, in quella strana situazione tragicomica, tra le urla della buffa tizia che continua ancora a gridare: << Coporaque!!! Coporaque!!! >>, per attirare qualche passante. Finalmente, stanchi ma contenti, arriviamo all’Hotel del genovese, felici per aver vissuto oggi questa magnifica avventura fai da te, anche se, ripensandoci, sono sempre più convinta che, in fondo in fondo, gli unici veri “ passeggeri curiosi” eravamo proprio noi !?! 02/09/2005 * VOLANDO SOPRA I CONDOR * Ci svegliano alle 5.00 di mattina, di buon’ora, per partire alla volta della Cruz del Condor. Arriviamo dopo varie fermate, vicino ad alcuni paesini, tra cui spicca Maca, famosa per una bella chiesetta bianca appena ristrutturata. Giunti a destinazione, ci facciamo un po’ di spazio tra gli zaini dei turisti, che già si trovavano sul posto X, per poi sistemarci vicino ad un muretto che dà a strapiombo sul canyon. Siamo tutti in silenzio serafico, con le orecchie attente come i cani da guardia, nella speranza di poter avvertire nel nulla un battito di ali, un sibilo tagliente, un rumore al limite dell’ultrasuono. I nostri occhi sono persi nel vuoto, poi vagano di qua e di là, come una pallina da flipper in una sala giochi, nell’attesa di poter fotografare avidamente il primo uccellone che si leva in volo. << Eccolo!!! >> grida un ragazzo. Il primo “sceriffo nero delle Ande” passa vicino alle nostre teste, sempre più indolenzite per girare repentinamente a destra e a manca…Forse i veri avvoltoi siamo proprio noi, popolo di turisti insaziabili, bramosi di foto da scattare, tanto per far “rosicare” in Italia, chissà, qualche amico invidioso! Dopo circa 50 minuti ci fanno arrivare nei pressi di un altro bel vedere: la Cruz del Condor, appunto, dove, facendo a schiaffi tra turisti insolenti e venditrici “per caso”, avremmo dovuto vedere altri condores librarsi nell’aria. Osservarli da vicino è stato veramente emozionante; ma questo momento, come tutte le cose belle, è durato decisamente troppo poco. Gli uccelloni sembrano essersi fermati, non si vedono più e, dopo circa mezz’ora, risaliamo sul pullman alla volta di Arequipa. Sono convinta che bisognasse aspettare soltanto ancora un po’ e poi si sarebbero nuovamente mostrati a noi, maestosi tra le nuvole. Con Gabriele ne avremmo sicuramente visti di più!!! Dopo un pranzetto coi baffi nei pressi di Chivay (14 soles), arriviamo stanchi morti alla Casa de mi Abuela, scendendo dai 4.000 ai 3.000 metri di altitudine tutti d’un fiato, dopo ore ed ore di strada accidentata e di tornanti. A dirla tutta, pensavamo addirittura di non cenare, tanto eravamo sazi di polvere mangiata lungo il tragitto…E avrei fatto veramente bene ad ascoltare il mio delicato stomachino, anche perché, sia per la stanchezza e il cambiamento alimentare, sia per il mal d’altura forse, durante la notte, purtroppo, mi sono alzata per vomitare ben nove volte, ed altrettante per problemi intestinali. Mi è venuta anche la febbre a 38.30 C° e non sono riuscita praticamente a dormire… 03/09/2005 * VIAGGIO VERSO PUNO * Per fortuna, questa mattina non è prevista nessuna escursione! Mi alzo dal letto, bianca cadaverica, probabilmente ho perso anche un paio di chili (evvai!!!). Non mi reggo molto in piedi ed ho ancora la febbre….Raggiungiamo la stazione per prendere il pullman dell’Ormeño, che ci porterà, dritti dritti, senza passare dal Via, verso la città di Puno. Arriviamo dopo circa 8 ore di viaggio all’Hotel El Lago (av. Sol 865) gestito dalla magnifica famiglia del Sig. Hugo: un uomo disponibile ed accogliente, tanto che, dopo aver saputo che ero stata vittima della “maledizione di Ataualpa”, ci fa portare subito in camera un mate di coca per due, miracoloso, bollente e ristoratore, che, come un elisir di guarigione, mi purifica nel corpo e nella mente, togliendomi di dosso ogni stanchezza…Qui l’altezza inizia veramente a farsi sentire, tanto che per portare le nostre valige al secondo piano a momenti stramazzavamo al suolo! Il cuore batte fortissimo, te lo senti in gola e nelle tempie, rapido, martellante, come il suono di un tam tam nella giungla africana…Stiamo a quasi 4.000 metri s.l.m. Ragazzi, non dimentichiamocelo !!! L’Hotel è grande e pulito ed accoglie numerose camere, distribuite su vari livelli. La colazione viene servita in una stanza originalissima, ampia e piena di quadri, che raffigurano ad esempio le rovine di Sillustani e la piazza della città. Ci mettono gentilmente a disposizione anche la saletta Internet; così possiamo mandare immediatamente i nostri auguri di ben venuto al nipotino di mio marito, nato proprio l’altra sera! Prima di ritornare in stanza, infine, facciamo la conoscenza di Edwin, il ragazzo timido ed educato, che domani ci ospiterà a Kollino, sull’isola di Taquile. 04/09/2005 * DONNA AVVENTURA SULL’ISOLA DI TAQUILE * Oggi abbiamo vissuto un’esperienza veramente indimenticabile, che rimarrà impressa nei nostri cuori per tutta la vita…. Verso le 7.30 arriviamo, stretti stretti, su una specie di risciò-scooter, nelle vicinanze del porto, dove, tra gli schiamazzi di una venditrice di frittelle, saliamo su un’imbarcazione collettiva: destinazione Taquile!…Lungo il tragitto lacustre, approfittiamo per visitare le isole degli Uros (5 soles), ovvero gli abitanti di queste stranissime piattaforme, costruite sulla totora: una specie di canna che cresce spontanea nel lago Titicaca. Sempre di totora sono costruite le loro case e le loro tipiche imbarcazioni, anche se c’è chi dice in giro che si tratta tutto di una bufala, per attirare i turisti creduloni come noi!!! Girovagando tra le bancarelle sembra di fare gli equilibristi, evitando di cadere da questi enormi “materassi ad acqua”! Qui è possibile anche fare dello shopping a buon mercato, acquistando tappeti colorati oppure manufatti in legno. I bambini, però, mi hanno fatto davvero impressione per quanto fossero sporchi…eppure vivono circondati dall’acqua!?! Continuiamo tranquillamente il nostro viaggio in barca. L’acqua si tinge di verde vicino alle canne, per poi passare, dove raggiunge il punto di massima profondità, ad un blu cobalto, come il cielo che abbiamo trovato quassù…Le acque sono molto calme, sembrano cullarti, ed io, lasciandomi trastullare, mi appisolo di tanto in tanto, prendendo il sole sulla faccia….quel sole perfido e ruffiano che, per fortuna, viene ingentilito, ogni tanto, dal soffio di un piacevole vento ristoratore.…Sull’imbarcazione molti ragazzi Taquileni, timidi e riservati, abituati a parlare pianissimo, quasi a sibilare, perché sulla loro pacifica isola non esistono rumori inquinanti e così non hanno bisogno di alzare la voce come noi “caciaroni” italiani. Arriviamo dopo più di tre ore di onde, riposati e quasi insonnoliti. A svegliarci bruscamente, però, una camminata in salita di quasi un’ora, da far stramazzare al suolo anche Carl Lewis!!! C’era anche il padre di Edwin con noi, carico di ogni ben di Dio sulle spalle! Anche lui, che ha sessant’anni, ogni tanto si fermava a respirare, tra una sosta e l’altra, solidale con i suoi nuovi ospiti. La salita è stata veramente dura, ma la nostra fatica è stata subito ripagata dalla magnifica vista che si gode da quassù: sembra di poter toccare il cielo con un dito! All’orizzonte spicca fiero il “Resegone del Sud America”, ossia il gruppo di Ande che segnano il confine con la Bolivia. L’aria è leggera e il cielo è terso; i gradoni cadono a picco lungo la scogliera. Credo che Taquile non abbia assolutamente niente da invidiare alla Liguria e alle sue Cinque Terre! Appena arrivati conosciamo subito la moglie di Edwin (una “Penelope” di appena 22 anni), sua madre (che ha 58 anni ma ne dimostra 80!!!) e i suoi due dolcissimi bambini: una “scopettina” di sei e un bambolotto di quattro anni, educati, semplici, tenerissimi, sporchi, sorridenti, stupiti, contenti, birichini…Li abbiamo sorpresi lì, mentre si rotolavano sulla paglia, pieni di terra sul viso, quasi scalzi, che giocavano spensierati con i sassetti e una pallina da tennis, calva come mio marito e ormai pregna di polvere! Vicino a loro anche altri “giocattoli”: uno specchio rotto, una bottiglia di Coca Cola e, udite udite, un trattoretto rosso carico di “cacchetta ovina”, lasciato lì forse da qualche turista pietoso….Edwin ci spiega che per loro non esistono regali, neanche quando viene il Natale: l’unico giorno di festa in cui possono mangiare pane e cioccolata! Pranziamo con tutta la famiglia in un posto che loro chiamano “ristorantino”!!!…Di fatto è una specie di capanna fatta di fango e pietra, credo, con due tavolini centrali coperti da un tessuto coloratissimo cosparso di briciole. Ai lati anche due panchine in legno…dure, ma così dure, che ci si potevano schiacciare sopra i pinoli!!! La seduta è veramente dura come il marmo di Carrara, ma i padroni di casa, gentilissimi, vi avevano adagiato sopra delle coperte per non farci stare troppo scomodi. Il pavimento è fatto di terra, con qualche “sasso di Assisi” qua e là (!?!), e tutte le volte che uscivamo da lì eravamo più impolverati di quando abbiamo fatto il nostro primo Safari in Kenia! Dopo il pranzo, costituito da una zuppa vegetale, mais bollito, riso e frittata di patate, ci incamminiamo verso la playa, sempre accompagnati dal nostro giovanissimo “Ulisse”…Durante il percorso, interrotto soltanto da qualche pecora, Edwin ci ha parlato molto della sua amata isola, ancora molto vergine dal punto di vista turistico; anche se, da qualche tempo, le sei comunità che la abitano si stanno “scafando” velocemente…La sua vive sul punto più alto, a Kollino, a circa 4.000 metri s.l.m., dove i bambini possono addirittura “giocare a girotondo con gli angeli” ! Da pochi anni hanno costruito delle sistemazioni per noi turisti, desiderosi di fare un tuffo indietro nel tempo, vivendo come si viveva una volta, senza acqua, né luce, né corrente elettrica…Qui sono ancora fortemente radicate le loro tradizioni, i loro usi e costumi, i loro tipici copricapo, la loro cucina e soprattutto il loro idioma. I loro figli, infatti, prima di iniziare la scuola a sei anni ed imparare lo spagnolo, parlano soltanto il quechua: la lingua arcaica tramandata dagli Incas. Al ritorno, prima di ristramazzare al suolo (noi! Edwin invece sembrava fresco come una rosa!), rimaniamo assorti, quasi inebetiti, vicino ad un sasso su cui ci appoggiamo, per ammirare lo splendido tramonto che si gode sull’isola di Taquile… Verso le 19.00 ci ritroviamo nel ristorantino, nuovamente tutti insieme, per cenare e conversare con il vecchio saggio…Mangiamo un altro tipo di zuppa e ahimé un altro tipo di frittata.. Questa volta mi è toccata con le cipolle, l’unica cosa che non riesco a digerire, ma vedendo che per le altre donne non c’era, mi sembrava un insulto alla miseria lasciarla nel piatto, e così l’ho mangiata tutta senza fiatare, facendo anche i complimenti alla cuoca, che in certi casi sono di rigore! Sulla tavola non so cosa ci fosse ancora, anche perché non c’era elettricità e quella poca che proveniva dai pannelli solari non illuminava molto bene….Dopo cena, abbiamo finalmente il coraggio di andare alla “toilette”: un riparo molto angusto, lontano dalla casa, con il tetto fatto di pagliuzze; al centro un water piccolo piccolo, che ricopriva quello che doveva essere stato il bagno di qualche tempo fa, cioè un semplicissimo buco!!! All’entrata credevo di trovar scritta la stessa frase dell’Inferno posta al sommo della porta: << Lasciate ogne speranza, Voi ch’intrate! >> ; ma poi la prendiamo a ridere ed entriamo uno alla volta, anche perché in due non saremmo più usciti da lì, da quanto era stretto… Appeso ad un macabro fil di ferro, notiamo sconsolato un rotolo finito di carta igienica, forse lasciato in quello stato dall’ultimo turista che era stato lì, qualche tempo fa; perché di fatto questo è il bagno ”esclusivo” degli ospiti, in quanto i padroni di casa usano di certo metodi più spartani ! Più in basso, sopra il “maiolicato di terra”, una scatoletta di cartone, piena di fazzoletti già usati…per fortuna non per roba solida!!! L’acqua naturalmente non c’era e tutti i nostri “umori liquidi” (concimi naturali sia ben chiaro!), venivano lentamente risucchiati da quel foro, come da una clessidra piena di sabbia…Sembrava di stare alle Grotte di Frasassi, tanto era il rumore cadenzato di quello stillicidio! Il fatto comico però è che mio marito se la faceva proprio sotto, ma per non “fermare il tempo”, ha preferito aspettare il nostro ritorno in albergo, l’indomani sera, con non pochi problemi intestinali…Ci eravamo persino abituati a guardare negli occhi soltanto qualche pecora che, se ci fosse stato uno specchio nel bagno, ci saremmo senza dubbio spaventati! (se c’era…ma tanto non c’era!)… Appena uscita dalla porticina dei “sette nani”, vengo rapita da un cielo stellatissimo…Era buio pesto e gli unici lampioni accesi erano le stelle che brillavano sopra le nostre teste! Saranno state a migliaia…Alcune erano raggruppate insieme da una fitta nebbia vorticosa: forse abbiamo visto le galassie!!! Se non fosse stato per quel freddo pungente, saremmo stati lì per ore ed ore, coi nasi in su, come Melchiorre e Baldassarre la notte del 06 Gennaio! Lasciamo a malincuore quell’osservatorio astronomico naturale, per dirigerci, a tastoni, come a mosca cieca, verso la nostra nuova camera…Ci muoviamo cauti, tra pietre contundenti e sassetti vari, sparsi qua e là in mezzo alla campagna, ringraziando tutti i Santi del calendario per non esserci spezzati l’osso del collo! Appena entrati scorgiamo subito, attraverso una fievole luce attaccata al soffitto, due lettini separati, uno a destra e l’altro a sinistra, con sopra una montagna di coperte grigie, lanose, grezze, ruvide, talmente “raspose” da non doverti fare la barba al mattino…stile ospedale insomma, che, data la quantità, facevano presagire una nottatina da freddo siberiano niente male! I materassi secondo me, erano imbottiti con le canne…Il problema delle lenzuola pulite, poi, non si è presentato minimamente (anche perché non c’erano proprio!?! )…e neanche quello delle pantofole, che non sapevamo se era il caso di infilare nello zainone (anche perché il pavimento era fatto di terra e così non ne abbiamo avuto bisogno, a meno ché non ne avessimo un paio con il carrarmato sotto!?!). Dormiamo quasi subito, stanchi, impolverati e pure mezzi vestiti…Buona notte! 05/09/2005 * LA SEMPLICITA’ DI EDWIN * La notte non è stata per niente tranquilla ed il sonno piuttosto singhiozzante…Mi pareva di aver dormito come sassi, su dei sassi, tanto erano stati duri e scomodi quei letti! Appena mi sono alzata è caduto anche un pezzo di legno…Per dovere di cronaca, tuttavia, devo dire che Paolo ha riferito di essere stato molto comodo: forse mi è capitato il letto più sfortunato, ma secondo me, ha masticato talmente tante foglie di coca quassù che è diventato insensibile a tutto!!! Per paura di morire assiderata, mi ero fatta “sommergere” da moltissime coperte…Avranno pesato circa 10 chili l’una, credo! Non riuscivo nemmeno a muovere il mignolino del piede, tanto era quel peso…Avevo come la sensazione di essere stata insabbiata, per sbaglio, sulla spiaggia di Fregene, e per toglierle via tutte, a mio marito, per poco, non esce un’ernia inguinale!!! I nostri padroni di casa sono già in piedi prima di noi, perché devono dar da mangiare agli animali e andare a prendere l’acqua, che durerà soltanto poche ore e che purtroppo si trova in un pozzo a circa un km di distanza…Edwin se la carica tutta sulle spalle, dentro una specie di barile, ogni giorno che Dio ha fatto, ogni mattina, giù per un dirupo e poi di nuovo su, con trenta chili in più dietro la schiena…Come per miracolo, ci svegliamo anche noi prestissimo quest’oggi: l’orologio fa le 5.40 (che culo!?!). Il nostro sguardo è di nuovo rapito da un altro grande, meritevole, spettacolo della natura: l’alba sull’isola di Taquile, dove il cielo si tinge all’improvviso d’arancio, come stesse per tramontare! Dopo aver scattato qualche foto, noi, “principini” viziati, rimaniamo nel letto a poltrire ancora un po’; poi ci alziamo, lavandoci alla meno peggio (bisognerebbe fare un monumento all’inventore dei Fresh & Clean !!!). Andiamo a fare colazione, sperando di mettere qualcosa di buono sotto i denti…Ci porgono su un piatto una tortilla di uova gigante, per fortuna senza cipolle, e, dulcis in fundo, quando meno te l’aspetti, mentre i nostri stomaci continuavano a sventolare “bandiera bianca”, si fanno avanti tre panini belli grossi con dentro delle uova al tegamino…(questi montanari avranno il colesterolo a mille!!!). Per digerire il tutto, una bella passeggiata di circa un’ora, verso la piazza, dove troviamo numerosissimi turisti, ristorantini alla buona e ragazze Taquilene, con i loro abiti tipici, larghissimi, dalle vesti così ampie da fare sembrare obesa perfino Naomi Campbell! Anche i ragazzi non scherzano mica: indossano un cappello colorato e buffissimo, che mi fa venire in mente E. De Filippo nella sua commedia “Natale in casa Cupiello”! Ci eravamo già estraniati dal resto del mondo che quella folla di turisti giù in piazza quasi ci infastidisce! Lungo il ritorno riusciamo a visitare anche qualche rovina, mentre Edwin sferruzza meglio di mia nonna, con quattro uncinetti tutti attaccati ad un filo, per fabbricare un cappello di lana da vendere al mercato. Le stradine periferiche sono quasi tutte deserte, a parte qualche asino incontrato per caso…Credevo che da un momento all’altro sbucasse fuori Leonardo da Vinci da dietro un cespuglio…Ci hanno anche chiesto dei fiorini…ma questa è un’altra storia! Ritorniamo per il desco, su per quei ripidi sentieri, in fila indiana, come i bambini delle elementari…Io dietro a tutti naturalmente, mentre cercavo di raggiungere invano quella strana coppia più veloce di me…Ci mancavano solamente cappellini e cotillon e poi sembravamo il trenino di Capodanno! Brigitte Bardot Bardot! Brigitte Bardot Bardot! Oggi, per fortuna, “la gallina dalle uova d’oro” non ha fatto il suo “dovere”; così mangiamo dell’ottimo pesce con patatine fritte! Dopo pranzo ci fanno vedere alcuni prodotti artigianali che fabbricano loro, ma non sono colorati come piacciono a me e poi costano il triplo; così decidiamo di non comprare nulla e lasciare una piccola mancia per i bambini. Prima di congedarci, facciamo anche una foto tutti insieme, promettendo di inviargliela via mail…Ci avventuriamo quindi verso il traguardo…Dopo circa 40 minuti di gradoni scoscesi, più pericolosi a scendere che a salire, siamo qui vicino al molo, ad aspettare che un’altra barca collettiva ci venga a ritirare, come una raccomandata alle Poste centrali, come due stracci in una “bagnarola”, in attesa di essere appesi ad un filo di plastica con le braccia al vento…Arriviamo all’hotel stanchi morti, confusi e felici, pienamente soddisfatti per aver vissuto questa esperienza limite, come se qualcuno ci avesse trasportato indietro nel tempo di 200 anni almeno! Entriamo nella nostra nuova stanza dell’Hotel El Lago e, con nostra grande sorpresa, scopriamo che si tratta di una suite al primo piano, che il nostro amico Hugo ci ha voluto riserbare, dopo avergli riferito che la vecchia camera aveva avuto dei problemi con la doccia. I nostri corpi, ora, possono finalmente “disinfestarsi” e, dopo un bagnetto caldo e ristoratore, infiliamo finalmente le nostre stanche membra nel lettone profumato di pulito. Tiriamo un gran sospiro di sollievo: siamo tornati all’era moderna! L’esperienza di Kollino ci ha letteralmente segnati, nel senso buono del termine intendo. Per descrivere la semplicità di Edwin e la ricchezza della sua isola, ho utilizzato moltissime pagine del mio piccolo block notes, che, tra l’altro, stava per finire, solidale con la mia penna, tante sono state le emozioni che hanno suscitato in me…Ci è venuto quasi naturale calarci negli usi e nei costumi di quella gente molto diversa da noi, ma con una ricchezza interiore ed una dignità da vendere a noi occidentali senza rispetto! Ciao Edwin….a presto! 06/09/2005 * PUNO E LA SUA GENTE * Questa mattina giriamo a piedi per la città di Puno: il mercato tipico, la chiesa di san Juan, la Cattedral, Plaza de Armas e calle Lima, dove incontriamo molti ristorantini, negozietti, bar, centri internet, pizzerie e pub, per fare bisboccia durante la notte. Ieri sera, infatti, tutta la vita notturna di Puno ruotava intorno a questo posto, che pullulava di turisti in prevalenza europei. Ci sono anche molte “tiendas” di prodotti artigianali, soprattutto tessili, ma aprono alla sera tardi e così stamattina non abbiamo potuto fare molto shopping. La gente, qui, è disponibile e veste bene, ma è un vero peccato che la città sia così sporca ed emani un nauseante odore di pipì in ogni angolo! Non c’è da stupirsi nemmeno se ogni tanto si vede gente per strada con le mani nel naso: in Perù mi sa che è normale! Al pomeriggio prenotiamo una escursione per Sillustani dall’albergo, a circa 32 soles cadauno, anche se poi scopriamo che in centro ne avremmo pagati soltanto 25 direttamente in agenzia, ma come si suol dire: “ogni mondo è paese!”…Ci vengono a prendere con un pullmino e, dopo circa tre quarti d’ora, arriviamo presto a destinazione: un cimitero preinca molto famoso, dove si possono ammirare ancora i resti delle tombe costruite a cono, con i lati che si gettano verso l’esterno, per dare più stabilità a tutta la costruzione; il tutto condito da una bellissima veduta della laguna azzurra che circonda il sito archeologico. Facciamo delle foto dalla cima del colle, per poi ridiscendere, piano piano, con il vento e la polvere a favore !?! L’escursione prevedeva anche una guida inglese-spagnolo; è durata in tutto 3 ore tra andare e venire, ma non è che mi abbia entusiasmato molto… Mentre tutti tornano in albergo, noi ci facciamo scendere vicino al centro, dove, data l’ora tarda, possiamo finalmente fare delle compere a buon mercato. Optiamo poi per cenare in un ristorantino del centro, ma, con spiacevole sorpresa, ci accorgiamo (ed oggi non è la prima volta!) che fanno un po’ i furboni coi turisti più sprovveduti, aumentando il prezzo delle vivande quando è il momento di pagare! Perciò ragazzi: occhio ai prezzi segnati sul menù! 07/09/2005 * ALLA VOLTA DI CUSCO * Ci svegliamo di buon’ora per raggiungere in tutta fretta l’ombelico del mondo! La compagnia dei trasporti è la INCA EXPRESS: molto comoda direi. Durante il tragitto sono previste delle tappe al prezzo di 15 soles: la prima è a Pukarà, cioè roccia rossa, dove visitiamo un museo molto interessante, i resti di un centro cerimoniale e le statue di alcuni guerrieri, che portano tra le mani, come trofeo di guerra, la testa del nemico… La guida ci spiega che in passato, dopo essere stati sacrificati, i corpi dei nemici battuti venivano anche mangiati, perché in questo modo i soldati vincitori traevano maggior energia dal macabro rituale! Arriviamo dopo circa mezz’ora alla seconda tappa: la RAYA, ossia un belvedere situato a “soli” 4.335 metri s.l.m., da cui ammirare un bellissimo panorama…Ti portano così vicino alle Ande che a volte sembra di sbatterci il naso! Di contorno, le solite bancarelle colorate e qualche bambina con i lama, intenta a farsi fare una foto, per scroccare una caramella o una piccola “propina”…Mentre viaggiamo, incominciano a fare nuovamente la loro comparsa le prime nuvole, enormi, bianche, soffici, a cui ognuno di noi sembra dare una forma o un significato diverso…Ti viene voglia di salirci sopra e, come sul tappeto magico di Aladin, farti trasportare dal vento, per rivedere di nuovo, laggiù, piccoli piccoli, tutti quei posti e quella gente che abbiamo già visitato, che mi hanno colpito l’anima e in cui ho lasciato una parte di me! Giungiamo a Sicuani per la sosta pranzo. Il ristorante non so come si chiamasse, comunque abbiamo mangiato ottimamente, allietati anche da un complessino che improvvisava musica strumentale andina, che a me piace da morire! Successivamente la guida ci porta a visitare la località di San Paolo, turistica al massimo, dove scattiamo qualche foto a dei camelidi e a qualche porcellino d’India capitato lì “per caso”!?! La sosta presso il sito di Raqchi, invece, merita notevolmente la nostra attenzione: qui, infatti, possiamo ammirare quello che rimane del tempio di Viracocha, il Dio creatore del mondo, della luna, del sole e di tutti gli esseri viventi. Le costruzioni sono state realizzate quasi tutte in stile INCA, utilizzando le pietre basaltiche di un vulcano lì vicino. All’uscita facciamo veramente ottimi affari, comprando delle “salamandre”, ossia dei vasetti in ceramica colorata a mano, da cui entra ed esce magicamente un liquido inserito all’interno. Ultima tappa, ma non in ordine di importanza, la chiesa di ANDAHUAYLILLAS, ribattezzata anche “la Cappella Sistina” di tutto il Sud America! Qui si possono ammirare numerosi altari ricoperti di lamine d’oro, statue di Santi ed Evangelisti, ma soprattutto affreschi realizzati dai maggiori esponenti dell’arte Cusqueña. Il viaggio è stato molto gradevole…Il Perù ti accompagna con una musica dolce e leggera, tanto che le parole per riempire il mio “caro diario” mi escono di getto, senza pensarci due volte, spontanee come per comporre una canzone…ma le canzoni son come i fiori, nascono da sole, son come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono e non ritornano più! Lalalalalalalalalalala………(non so se c’azzeccava molto, ma mi piaceva anche dare un tocco musicale e poi Vasco sta bene dappertutto!)… Arriviamo finalmente al Cusco, detto anche ombelico del mondo, perché posto al centro dei quattro regni Incas più importanti. Questa volta non alloggiamo in un albergo classico, ma al Caith: un altro centro di accoglienza familiare, gestito dalla signora Vittoria Savio. All’inizio il nostro arrivo mi lascia un po’ perplessa…Questa nuova sistemazione, infatti, pensavo fosse decisamente più vicina; invece si trova letteralmente “in culo alla luna” e così siamo costretti a prendere il taxi ogni qualvolta desideriamo arrivare in centro…La signora Vittoria, poi, ci accoglie in maniera molto fredda, quasi antipatica…Ci rimango un po’ male, anche perché da quella che chiamano la Maria Teresa di Cusco, mi aspettavo un po’ più di calore, come alla Tablada! In realtà, quella che, di primo impatto, mi sembrava soltanto un’anziana befana dalla voce roca per il fumo, burbera e malandata, deve essere stata da giovane (ed ancora lo è) una donna supercazzuta, in grado di rivoltare il mondo con la forza del suo amore! Si sta battendo da anni per strappare, dalle famiglie ricche di Cusco, bambine innocenti, ridotte in schiavitù, costrette a svolgere, già in tenerissima età, lavori domestici dai ritmi pesantissimi. Queste fanciulle spesso vengono vendute dalle loro famiglie d’origine, poverissime, oppure sono lasciate a Cusco dai genitori stessi, nella vana speranza di poter assicurare loro un futuro migliore. Di fatto non vengono mai fatte studiare, non vengono pagate e, a volte, purtroppo, sono vittime anche di abusi sessuali, operati nei loro confronti dai mariti delle “padrone”! Abbiamo ascoltato delle storie incredibili, fatte di violenza inaudita; esperienze terrificanti persino a parlarne, che hanno segnato duramente quelle povere ragazze! Alcune di esse stanno già acquistando una loro, prima, vera identità; cominciano ad avere un po’ più di fiducia in sé stesse; si stupiscono addirittura se vengono salutate da noi turisti! In questo hogar vivono e dormono, studiano e giocano e, quando saranno pronte, spiccheranno il volo, cercando di rifarsi un’altra vita! L’ambiente, a vederlo di giorno, è decisamente più accogliente. A colazione si sta tutti insieme e si incontra gente di tutti i tipi e di tutti i paesi. C’è anche Jack, la mascotte del Caith: un boxer marrone, di circa 2 anni, che si fa fare i grattini come fosse un gatto persiano! Si è affezionato perfino a me, che invece ho il terrore dei cani! Anche la signora Vittoria appare più dolce…All’inizio sembra un po’ diffidente, ma poi ti prende a ben volere sotto la sua grande ala protettrice! E’una persona veramente in gamba: mette in riga tutte, come fosse una generalessa. E’ una donna d’altri tempi, come piacciono a me, con le idee chiare in testa da rispettare e far rispettare…l’unico difetto, però, è che fuma troppo, troppissimo: sembra un mozzicone di cicca vivente!…Con il costo delle sigarette che acquista in un anno si sfamerebbe mezza Africa, credo! Comunque è una brava persona ed è questo l’importante… 08/09/2005 – 09/09/2005 * VISITANDO LA VALLE SACRA * Ci vengono a prendere in combi, pulito e lucidato a tiro per l’occasione, un nove posti tutto per noi…La guida ci conduce prima al sito archeologico di Pisaq, dove non va mai nessuno, perché la maggior parte dei turisti spendaccioni desidera soltanto vedere il mercato lì vicino. Facciamo una faticaccia per salire fin lassù, ma poi il paesaggio ci ripaga di tutta la stanchezza. Successivamente, ci dirigiamo anche noi verso la piazza, per fare un po’ di shopping tra quelle bancarelle, tipiche e turistiche, alimentari e non, reali e finte allo stesso tempo…I commercianti si sono infurbiti da qualche anno a questa parte e così i prezzi sono quasi uguali a quelli delle altre città visitate. Gli unici che abbassano il prezzo di molto, quasi al limite della rimissione, sono le persone più povere, ma contrattare con loro sarebbe veramente un delitto! C’è molta musica ed anche molta confusione: gente che contratta, che vende, che compra, che strilla, che ruba e che si lascia rubare, che mangia con le mani, che dorme per terra, che prepara le limonate, che dipinge, che allatta i bambini, che suona il flauto, tutto in un clima di allegria collettiva, tra frutta e tappeti multicromatici. Sarà anche finto, ma a me è piaciuto molto… Pranziamo ad Urubamba, a El Maizal, dove hanno preparato un gran buffet in guanti bianchi. Noi ne approfittiamo subito e ci “abbuffiamo” soddisfattissimi! Dopo il pranzo luculliano ci dirigiamo verso Maras, dove facciamo insolite fotografie alle candide vasche saline, circondate dalle montagne. Visitiamo anche Moray, dove stanno facendo una sperimentazione botanica sui microclimi. Il posto sarebbe stato anche interessante, se non fosse per il vento che ci prendeva letteralmente “a schiaffi”! Così lo salutiamo in tutta fretta dallo specchietto retrovisore, per arrivare di gran lena al paesino di Chinchero. Qui credevo di trovare un altro mercatino, ma poiché si festeggiava la Madonna della Navidad, tutte le comunità vicine, invece di esporre i propri prodotti sulle bancarelle, si preoccupavano di mangiare e bere birra a qualsiasi ora della giornata…Morale: abbiamo visto una chiesetta semivuota e un centinaio di ubriaconi barcollanti, che ballavano, mangiavano e bevevano tutti insieme, in un’atmosfera di bisboccia generale! Ritornando a Cusco veniamo frastornati dal rumore dei tromboni della banda della città, che scorrazzava da una piazza all’altra, contornata da balli e canti in maschera…Ma ‘sti Peruviani stanno sempre a fa’ festa? Alla sera visitiamo il centro CosQo de arte nativo, tanto per iniziare a sfruttare il biglietto integrato. Lo spettacolo folkloristico meritava davvero, anche perché, dopo tanto camminare, ci siamo finalmente messi seduti per mezz’ora… Il giorno dopo, di buon mattino, proviamo ad arrivare a Plaza de Armas da soli, prendendo il “pedabus” ! Arriviamo tutti sudati e con la lingua sotto i piedi…Iniziamo subito a fotografare la bellissima Cattedrale e le altre chiese lì vicino. Continuiamo a sfruttare il biglietto turistico per visitare tre musei, giriamo poi per le vie della città, da Trionfo a San Blas, che sembra una galleria d’arte all’aperto…Girando girando, arriviamo in via Espaderos 136…il mio stomaco non crede ai “propri occhi”: PIZZERIA DA MARIO CAROZZA!!! Il localino è davvero grazioso, ed è gestito da un napoletano con il pallino dell’astronomia e da un cileno che sta completando la sua tesi in architettura andina. Hanno inaugurato da pochissimi giorni, così mangiamo veramente a buon prezzo (solo 8 soles) per una pizza media, quasi all’italiana, un piatto di spaghetti ed una bibita…Inutile dire che siamo diventati ospiti fissi della settimana, anche per fare due chiacchiere sulla misteriosa archeo-astronomia che a me intriga parecchio! Alle ore 14,00 siamo già con i nostri fondoschiena sul pullmino privato, che ci condurrà a visitare i quattro siti archeologici più importanti di tutto il Valle Sagrado: Tambomachay, sede dei bagni purificatori inca, Puka Pukara, con funzioni di controllo, Q’enqo, luogo sacro dove venivano seppelliti i re inca più importanti e dove venivano fatti dei sacrifici di animali; per ultimo, ma il più importante secondo me, la fortezza di Saqsaywaman, anche se di fortezza aveva ben poco. In origine, infatti, rappresentava la casa imperiale degli Inca, tutta a forma di zig-zag, costruita con megaliti di roccia e calcare, incastonati tra loro senza usare collanti! Al ritorno visitiamo insieme alla guida l’interno della Cattedrale e il Tempio del Sole o Qorikancha, sulle cui fondamenta è stato costruito un convento di frati moltissimi anni fa…Arriviamo senza cena in un albergo di Urubamba, dove crolliamo subito dopo per la stanchezza. 10/09/2005 * AVVICINANDOCI ALLA CITTA’ PERDUTA * Dopo colazione passeggiamo per le vie di Urubamba, girovagando per il mercato locale. Incuriositi dalla Signora Vittoria, decidiamo di visitare la fabbrica di ceramiche più importanti in Perù: quella di Seminario. Tutti sanno dov’è, non è difficile trovarla…Possiede anche dei negozi a Lima e a Cusco, vicino alla Cattedrale. La visitiamo velocemente, rimanendo piacevolmente colpiti dalla bellezza, raffinatezza ed originalità dei prodotti esposti nella sala collezione. I prezzi sono un po’ cari, ma ne vale la pena. Prima di partire per il trenino che ci porterà ad Aguas Calientes, riusciamo a visitare il sito archeologico di Ollantaytambo: l’unico vero sito nato con funzioni di fortezza militare. Mentre salivamo su e giù per i gradoni, ci siamo imbattuti anche in una troupe televisiva della BBC, che stava girando un documentario per il prossimo anno! Il trenino per arrivare ad A.Calientes non è proprio dei più comodi, però ha i finestrini molto grandi, cosicché è possibile ammirare il cambiamento del paesaggio e della vegetazione, che via via, si fa sempre più fitta e verdeggiante. Le montagne sono maestose, sembrano le piramidi d’Egitto, come quella che si vede stasera dal balcone della nostra stanza. Trascorriamo la notte all’hostal RupaWasi: un ostello di sole cinque camere, tutto in legno, arredato in stile etnico: sembra la capanna di Tom Soyer sospesa sugli alberi! Per arrivarci il tragitto è un po’ scomodo, ma ha una vista eccezionale! La cittadina di Aguas Calientes è un punto obbligato per chi vuole arrivare a Machu Picchu. Sembra la Las Vegas del Perù! E’ molto viva sia di giorno che di notte; c’è un mercatino e bei locali illuminati…Numerosissimi sono soprattutto i ristoranti, a prezzi “naturalmente” molto più alti del normale, anzi…attenzione all’unità di scambio adottata, perché, mentre in tutte le altre parti i menù turistici sono in soles, qui i prezzi vengono espressi in dollari, ma nessuno te lo dice, così corri il rischio, quando è il momento di pagare, di prendere delle vere e proprie “sonate”!!! 11/09/2005 * FINALMENTE MACHU PICCHU * Ci fanno alzare alle 4,45 per poter prendere il primo pullmino delle 5,30, che finalmente ci “consegnerà” tra le possenti braccia del sito archeologico più famoso nel mondo: quello di Machu Picchu…Un vero e proprio gioiello di architettura dell’età classica incaica. Entrare in questo luogo è immergersi in un’atmosfera magica di luoghi ancora pregni di enigmatica energia…E’ trovarsi nell’essenza stessa della natura e della storia…Dopo quasi due ore di spiegazione, decidiamo di sgranchirci un po’le gambe, salendo “incoscientemente” sul Wayna Picchu: la verdissima montagna che si staglia di fronte alla città perduta degli Incas e che è possibile ammirare praticamente in ogni cartolina…Firmiamo il librone che si trova all’entrata, con i nostri nomi, cognomi ed ora di partenza, per registrarci di nuovo al momento dell’arrivo. Oggi siamo fortunati. In questo periodo, infatti, non c’è molta gente ed il “nemico” da battere, che è soltanto per pochi intimi (max 400 persone al giorno), oggi è quasi tutto per noi! Il gigante ha delle sfumature verdi e marroni. E’alto, maestoso, insidioso…inarrivabile! Ogni qualvolta scende una persona, colgo lo sguardo compassionevole nei nostri riguardi, per noi, turisti sprovveduti, che già senza fiato stiamo solo a metà del percorso! Testardi come somari, però, non ci diamo per vinti e, come dei piccoli Davide contro Golìa, andiamo all’avventura, ad occhi chiusi (quasi!), cercando di battere questo “armadio di terra”!!! I gradoni sono molto alti, quasi insormontabili, soprattutto per me che non eccello in altezza! Nell’aria pregna di sudore i respiri affannosi scandiscono il ritmo della salita…Per terra le impronte battute da migliaia di scarpe da ginnastica: in alcuni punti si può addirittura riconoscerne la marca! Pieghi il ginocchio destro, fai leva sul tallone, per poi cercare disperatamente una fune a cui aggrapparti, una corda d’acciaio oppure una mano amica… Dopo un’ora e tre quarti di soste e di fiatone, arriviamo finalmente alla meta…distrutti, fradici, indolenziti, soddisfatti, curiosi, increduli, fieri di noi…Stiamo lì, sul cucuzzolo della montagna, davanti a quel magnifico paesaggio che si apre ai nostri occhi; ci guardiamo in religioso silenzio gli uni con gli altri, stupiti e al tempo stesso contenti, come se avessimo vinto la coppa del mondo, per essere riusciti in quell’ardua impresa che ci ha accomunati per oltre cento minuti! Riprendiamo barcollanti la strada del ritorno: Aguas Calientes – Ollantaytambo – Cusco. Alle 10,00 di sera, ubriachi di stanchezza, stiamo già nel lettone: distrutti ma felici…con un sorriso quasi da ebeti! 12/09/2005 * IN GIRO PER CUSCO * Oggi dedichiamo l’intera giornata ai musei che ci sono rimasti da visitare e allo shopping. Ci dirigiamo, infatti, verso il centro artigianale della città, dove, quasi increduli, riusciamo a spuntare ottimi prezzi. Decidiamo nel pomeriggio di prendere un mezzo collettivo per ritornare a Pisaq e comprare dei dipinti ad acquarello, in tutta tranquillità, da soli, senza la guida che ti sta aspettando…Con nostro dispiacere, però, il mercato si è notevolmente ristretto rispetto ai giorni canonici di giovedì e domenica, e così non troviamo nessun artista di strada. Ritorniamo in quel di Cusco, tristemente a mani vuote, cercando, tuttavia, di riempire almeno la pancia, cenando in una polleria vicino alla Piazza, dove riusciamo a spendere soltanto 7 soles per un quarto di pollo arrosto, patate fritte e verdure al buffet! 13/09/2005 * RITORNO A LIMA * Salutiamo a colazione la Signora Vittoria, per poi raggiungere in mattinata l’aeroporto di Cusco: destinazione Lima. Al nostro arrivo c’è ad aspettarci quel bell’uomo di Arturo: l’autista dipendente di Tonia e Mario, che lavorano per la Green Life e che ci hanno organizzato materialmente il viaggio. Ci accompagna di nuovo al solito albergo dell’altra volta, da cui, tuttavia, ci allontaniamo immediatamente, per fare un giro più approfondito della città…Andiamo a piedi, per alcuni chilometri, senza stancarci troppo però, perché qui, sul livello del mare, è molto più semplice respirare…Giungiamo al Larco Mar: un famoso centro commerciale, ideato e sviluppato, secondo me, su misura per gli americani! Anche qui riusciamo a pranzare con il solito pollo e patate fritte, al prezzo però di 23 soles; dopodiché andiamo a goderci la splendida vista sull’oceano Pacifico, che oggi, data la bellissima giornata, si lasciava stranamente intravedere! Al pomeriggio prendiamo i bus collettivi per dirigerci verso il MUSEO DE ORO DEL PERU’ Y ARMAS DEL MUNDO: la più grande collezione di tesori di tutto il Sud America. Sarà stata anche interessante, ma se si va senza guida si rischia di non capire niente, come noi, perché i pezzi sono ammassati tutti tra loro e non sono ben segnalati, né come datazione, né tanto meno come origine storico-geografica… 14/09/2005 * ULTIMO GIORNO NELLA CAPITALE * Oggi è il nostro ultimo giorno a Lima; così decidiamo di arrivare fino a Pueblo Libre in combi, al modico prezzo di 1 sol, per visitare il MUSEO DE ARCHEOLOGIA, ANTROPOLOGIA E HISTORIA DEL PERU’. Che esperienza i combi!…Sfrecciano come saette e devi prenderli praticamente al volo! Il bigliettaio, poi, è veramente esilarante, perché, come un disco incantato, ripete all’infinito la direzione del veicolo, per invogliare la gente a salire…Ad ogni semaforo rosso, invece, quando meno te l’aspetti, sale ogni tipo di persona con ogni tipo di problema, approfittando della fermata del bus. Inizia a fare comizi a voce alta per sensibilizzare i passeggeri, alcuni dei quali alla fine cedono a malavoglia, scambiando qualche spiccio per una penna o una caramella…Sembra di assistere ad un carosello televisivo di qualche anno fa! Dopo tanto vociare, purtroppo, il bigliettaio si sbaglia, facendoci scendere davanti al MUSEO LARCO, ribattezzato “degli zozzoni”, perché trattasi del museo più famoso di oggetti erotici peruviani: roba da far arrossire Tinto Brass, per intenderci! Così andiamo a piedi fino all’altro museo, seguendo una utilissima striscia blu colorata per terra, che “avrebbe dovuto” unire i due luoghi di cultura…La linea, purtroppo, si fa via via sempre più “immaginaria”, tanto che in alcuni tratti è necessario persino chiamare il cane Rex accompagnato dalla scientifica di Parma! Giungiamo a destinazione dopo quasi mezz’ora di cammino, ma tanto ormai i nostri piedi vanno da soli…Il biglietto costa 11 soles e devo dire ben spesi, perché questa volta, anche senza l’ausilio di una guida, riusciamo a girare e capire tutto benissimo, in circa un’ora e mezza. Prendiamo un altro combi che, dopo quasi un’ora di strada persa nel traffico, ci “scarica” finalmente nel cuore pulsante della città: Lima center. Con mio grande stupore, proprio qui sotto il nostro naso, dopo aver girato mille città per mille chilometri, incontriamo i centri artigianali e i ristorantini più economici trovati fin d’ora! Così terminiamo i nostri ultimi regalini, mangiamo un gelato in centro, mano nella mano, proprio come in Italia, in mezzo alla folla e ai negozi firmati… ceniamo…Ormai si è fatto buio: gli unici lampioni accesi sono quelli vicino alla Piazza…Di notte non è raccomandabile tornare da soli verso il quartiere Miraflores coi mezzi pubblici; perciò ci affrettiamo a prendere un taxi per 7 soles, scattando l’ultimo ricordo di questo splendido e indimenticabile viaggio…Addio Plaza de Armas! Addio Perù! Addio Maruca, Edwin, Vittoria….rimarrete sempre nel mio cuore!!! Purtroppo è già suonata la sveglia! Apro gli occhi assonnati…Devo alzarmi per andare al lavoro…Sono seduta davanti al monitor e a mille scartoffie…guardo con nostalgia il calendario: sono tornata da dieci giorni, ancora incredula e dimagrita di tre chili…E’ passata più di una settimana, ma sento ancora, nelle orecchie e nel cuore, le magiche note di un flauto andino! Deborah Paolo981@virgilio.it www.peruresponsabile.it


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