Isla Grande de Chiloé, la porta della Patagonia cilena, fuori dai grandi flussi turistici

Cronaca e consigli pratici da una cinque giorni low cost sull’isola durante l’inverno australe
Scritto da: c_darwin
isla grande de chiloé, la porta della patagonia cilena, fuori dai grandi flussi turistici
Partenza il: 16/08/2018
Ritorno il: 23/08/2018
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €

Ancud, dove il viaggio comincia

Arrivo ad Ancud, secondo centro cittadino a nord dell’isola, in bus da Santiago, una traversata di 14 ore con i famosi semicama, bus con sedili imbottiti e reclinabili. È il mezzo di trasporto più affidabile per chi viaggia con pochi soldi in tasca. Da Santiago la compagnia Queilen bus per 16000CLP vi porta sull’isola di Chiloé (non servono pasti a bordo!). Con un po’ di anticipo, è possibile trovare soluzioni in aereo con Skyairlines, la compagnia low cost del paese. Il bus si lascia alle spalle l’ultimo centro abitato sulla terraferma, Puerto Montt, prosegue una trentina di km sulla Panaermicana, e prende un battello da Pargua a Chacao, l’approdo a Chiloè venendo da nord.

Chiloè è l’isola della pioggia, una Scozia nel pacifico meridionale pensa un europeo appena arrivato. L’umidità e un po’ di fortuna rendono il mio arrivo indimenticabile, il battello attraversa un arcobaleno e il sole illumina l’isola che si avvicina. Il bus prosegue diretto fino ad Ancud, attraversando le dolci colline verdi, popolate da mucche pasciute. La stazione dei bus di Ancud è appena fuori dal centro, proseguo a piedi contro vento, ma si può prendere uno dei numerosi bus diretti all’Avenida Pratt. Qui troverete la feria municipal dove i pescatori vendono frutti di mare e alghe giganti alla Jules Verne.

Sono un viaggiatore fuori stagione, qui è pieno inverno, mi godo perciò la quotidianità autentica della cittadina. Indirizzato dalla guida Routard, trovo da dormire all’ostello 13 Lunas (http://www.13lunas.cl/espanol/inicio – Los Carrera 855. Il nome è un omaggio al calendario Maya e la costruzione in legno un inno alla sostenibilità ambientale, con un bel salotto e tempo permettendo si può approfittare della terrazza con amache e sdraio con vista sull’oceano. Accoglienza calorosa del giovane proprietario, per 10.000CLP ho un letto nel dormitorio da 7 più colazione. È previsto anche l’utilizzo della cucina e dalla grande sala comune. La specialità dell’isola è il curanto, frutti di mare e carne mista cotti a terra con enormi foglie di pangue, (qui la ricetta in italiano: http://pangeanews.net/gastronomia/cucina-latina-curanto-stufato-cileno-di-mari-e-monti-65530).

Al ristorante Los Artesanos cucinano un curanto raccomandatomi dal proprietario dell’ostello. Si trova al primo piano del mercado municipal, al piano terra ci sono venditori di prodotti locali, l’ufficio turistico che propone il giro notturno nel bosco fuori città per scoprire la tradizione del Trauco, una creatura mitica alla quale le mogli dei pescatori addebitavano le gravidanze impreviste durante l’assenza dello sposo. Purtroppo, non ho scoperto se poi i mariti ci credessero davvero. Per risolvere il pranzo, per niente raffinato ma molto nutriente, serve una lunga passeggiata. Respiro il fosforo dell’oceano lungo la costanera, seguito dagli immancabili e pacifici perros de la calle, i cani di strada, presenza costante nelle strade del Cile. Attraversando il forte spagnolo, si arriva in una bella caletta e ancora oltre la playa Arena Gruesa, i cui sentieri sono lastricati da infiniti frammenti di conchiglie.

CHONCI E L’ISOLA LEMUY, IL CENTRO DELL’ISOLA

Da Ancud con uno dei tanti bus, Cruz del Sur o altre compagnie, in un paio d’ore si arriva a Chonci, centro abitato esattamente a metà strada tra il nord e il sud dell’isola. Il bus si ferma davanti alla bella chiesa di legno San Carlos, mi affascina la maestria del costruttore, il pavimento non cigola e le assi sono ben compatte. Una ripida discesa porta al Museo de las tradiciones chonchinas, un’esposizione semplice sulle tradizioni dell’isola. Sembra la casa della famiglia Buendia di Cent’anni di solitudine, un posto reale e magico allo stesso tempo. Qui il tempo si è fermato e c’è una commistione convincente tra stili europei e sudamericani, il mitico fugon, le foto di famiglia in bianco e nero e quelle impressionanti del terremoto del 22 maggio 1960, un evento che ha lasciato tracce in tutti i luoghi che ho visitato; con una magnitudo 9,5 è stato il più forte mai registrato nella storia. A 4 km a sud di Chonci c’è l’imbarco per l’isola di Lemuy, la traversata in barca è gratuita per i pedoni. Sull’isoletta il distacco dal tempo è ancora più forte. Arrivo in autostop, grazie alla jeep di un campesino, al primo villaggio, Ichuac, dove c’è una bella chiesa di legno scuro e una spiaggia paludosa. Il consiglio è portarsi il pranzo sull’isola, oppure affidarsi alla sorte. Opto per la seconda e finisco per bussare a casa di una signora che sta sfornando panzerotti fritti alla marmellata, ne compro tre e le lascio volentieri il resto. L’inaspettato pranzo consumato ai piedi di un albero su un bel prato verde si rivelerà difficile da digerire, ma la curiosità che trasmette l’isola mi aiuta a superare i patemi dello stomaco.

Il centro dell’isola, Puqueldòn, dista ancora 15 km decido di non raggiungerlo, pare vi sia una bella chiesa in legno (l’ennesima!). Torno sui miei passi in direzione Cucao, passeggiando per la strada d’asfalto che attraversa le colline e i pascoli di Lemuy. Arrivo a Cucao, centro abitato sulla costa ovest dell’isola, con un bus diretto da Chonci. 200 metri prima del ponte e prima della scuola, c’è un market dove rifornirsi per la cena. Passo la notte al Palafito Cucao (http://hostelpalafitocucao.cl), un delizioso ostello di legno, un prodigio di architettura, con vetrate che si affacciano sul lago, si può anche fare la sauna all’aperto e il bagno nel lago, (16000CLP in dormitorio e colazione, ma ci sono anche stanze più piccole e matrimoniali).

IL MOLO DELLE ANIME, CUCAO, DOVE IL TEMPO È SOSPESO

La colazione del Palafito è ricca e abbondante, con marmellate e pane di casa. Parto con due cilene conosciute a colazione verso el Muelle de las almas (https://www.elpatagonico.com/el-magico-muelle-las-almas-chiloe-n1482754) a punta Pirulil, si arriva in macchina in venti minuti, ma ci sono dei bus anche da Chonci. Pagato il biglietto di ingresso a 1500CLP (tenete la ricevuta, vi servirà!), si supera un ponticello, sulla destra si trova una bella spiaggia di sabbia e sassi, per chi ha la pazienza di fermarsi c’è una bella sorpresa. Le onde incessanti dell’oceano fanno vibrare i sassi e suona una musica da fine del mondo. Dal parcheggio, a pagamento, comincia il sentiero fino al Muelle. Armatevi di pazienza per attraversare il bosco, mettetevi all’ascolto dei versi degli uccelli e state attenti a non scivolare, il fango copre il sentiero fino a poco prima dell’arrivo. Superato la boscaglia, c’è l’unica casa della collina, mostrate il biglietto di ingresso o compratelo lì se non l’avete fatto prima, da questo momento proseguite direzione ovest, all’unico bivio che troverete, dopo la staccionata e la salita, tenete la destra ed eccovi arrivati. Il luogo è magico, mi trovo in cima alla scogliera, a strapiombo sull’Oceano che si infrange sulle falesie devastate dal terremoto. Mi siedo sul ponticello, il molo delle anime, e mi godo questa sensazione sospesa tra la violenza della natura e la pace del luogo, un incanto che si può godere se si arriva di mattina presto per evitare la folla. Il molo è opera di un giovane artista, un omaggio alla mitologia locale e al trapasso delle anime che partono proprio da quella scogliera.

Tornando verso Cucao, si può mangiare una empanada appena sfornata o un pranzo più ricco al El Arrayàn per poi visitare il parco nazionale di Chiloè. I pannelli all’interno ricordano la visita del 1830 di Charles Darwin, le specie animali scoperte dall’allora 22enne naturalista inglese che rivoluzionò la scienza proprio grazie alle osservazioni svolte in questi luoghi. Riparto in bus verso Castro, la capitale dell’isola, e trovo una stanza tra i palafiots, la cartolina della città, gruppi di palafitte all’ingresso del centro abitato sopra il fiume. Dormo al Palafito Hostel (http://palafitohostel.com), 14000CLP con colazione. La città non è bella e ci si può fare tentare dal pensiero di arrivare in Patagonia, con una nave diretta a Chaitén. Da visitare la chiesa di San Francisco, ha un bell’interno in legno, immancabili le foto del terremoto, osservo incuriosito una statua dal viso familiare, finché realizzo che il culto di Padre Pio è arrivato fin qui. In cerca di cartoline postali, segno di riconoscimento dei viaggiatori romantici, scopro la libreria El Tren su Calle Thompson e la sua bella selezione di libri e stampe.

ISLA QUINCHAO, COCINERIA DI DALCHAUÉ E FESTA A SORPRESA

Da Castro un bus risale verso nord fino a Dalcahué, la cui cocineria del porto è uno degli indirizzi da ricordare, e mi porta sull’Isla de Quinchao, nella parte interna tra Chiloé e il continente. Appena sceso alla fermata di Achao il Pacifico mi entra nei polmoni e mi viene fame, gironzolo tra i banchi della feria artesanal, dove si possono trovare dei bellissimi maglioni in lana cuciti a mano. Al secondo piano della feria, la cocineria serve solo due piatti. La zuppa di carne, verdure e coriandolo, consumata vista mare è una delle belle sorprese della giornata. Da visitare la piccola chiesa in legno di Achao, patrimonio dell’umanità UNESCO. Salto su un bus per ritornare verso Dalcahué, dopo una sosta a Curacò de Velez per un giretto lungo la passerella in legno sul mare. Da Dalcahué un bus, con frequenza di passaggio più bassa, mi porta fino al paesino di Tenàun, un borgo di pescatori affacciato sull’arcipelago interno. Raggiungendo la collina sopra il villaggio, la vista nelle giornate di sole è meravigliosa, oltre il fumo che sale dai tetti di Tenàun, ecco le isole Chaques, l’Oceano e le Ande innevate. Si può fare una bella passeggiata ad anello di circa un’ora, con partenza e arrivo dalla piazza della chiesa. Dormo a casa di Mirella http://www.chiloeturismorural.cl/web/archivos/103, 7 camere (con o senza bagno) gestite da questa donna con le spalle larghe, di un’accoglienza concreta e senza fronzoli. Sono fortunato, per cena si festeggia il compleanno del marito di Mirella, lei prepara empanadas al formaggio, verdure, brodo, pollo di casa in umido con piselli, si brinda col pisco lemon e vino forte. Coi figli di Mirella, carpentieri d’inverno e d’estate portano in giro in barca i turisti, discutiamo di politica ed economia del Cile. Mi raccontano della strana tradizione della Minga (https://www.youtube.com/watch?v=Xp7F1_huSuA), una festa contadina in cui trascinano in giro una casa, prima trainandola con i buoi e poi in barca sul mare. I cileni sono nazionalisti si dice, a me sembra un amore semplice per il proprio paese senza l’illusione di essere il centro del mondo.

DA ANGELMO A PUERTO MONTT PER TORNARE A CASA

Il pane e le marmellate per la colazione di Mirella sono l’addio a Tenàun. Al mattino presto il villaggio è avvolto da una fitta nebbia, il bus delle 8.30 mi porta ad Ancud, da lì cambio e proseguo per Puerto Montt. La traversata in barca verso la terraferma, le Ande, l’Oceano e l’ultima chiesa in legno sulla costa nord di Chiloé sono i titoli di coda del viaggio. Dalla stazione dei bus di Puerto Montt, prendo la direzione opposta al centro abitato, verso la caletta Angelmo, borgo di pescatori e oggi mercato turistico, celebrato anche dal poeta Neruda. Chiacchierando con un ambulante olandese zoppo che vende formaggi trovo un indirizzo per pranzare, ho l’onore di essere accompagnato dalla figlia dodicenne la quale mi scorta al suo posto abituale per pranzo. Che fortuna! Facciamo slalom tra i camerieri che attirano i turisti e ci fermiamo di fronte a un anonimo baracchino, l’insegna bianca dice “da Guille”. Salmone al forno e insalata saranno un pasto buono ed economico. Lascio la caletta di Angelmo e leoni marini che prendono il sole, compro il formaggio dell’olandese e parlo con un giovane artigiano cileno, ha vissuto a Bologna e maledice Pinochet e la sua eredità politica nel Cile odierno. Visito il centro di Puerto Montt, il museo Juan Pablo II con le memorie del terremoto che devastò la città nel 1960, il lungomare con bella vista sulla baia e le Ande lontane. Riprendo il bus dal terminal central e in poco più di mezz’ora arrivo all’aeroporto. Non ho tempo per visitare la bella città di Puerto Varas, sul lago a nord di Puerto Montt, è tempo di tornare a Santiago.

Charles Darwin

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El muelle de las almas a Chiloé



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