Parma 20.20. L’incrocio di una vita

Terra di primati ed eccellenze
Scritto da: clitemnestra
parma 20.20. l'incrocio di una vita
Partenza il: 09/04/2016
Ritorno il: 30/11/2019
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
E sono a Parma. Questa volta non come Turista “per Caso” ma come ospite! Ho soggiornato per tre lunghi anni in questa città e vi racconterò ciò che ho imparato.

Per maggiore comodità preferisco dividerla in sezioni: Parma 20.20; Parma Verdi; i castelli del ducato di Parma e Piacenza e l’appennino Tosco Emiliano;

PARMA 20.20.

Finalmente il 2020! Città che non sentiva il bisogno di farsi bella per l’occasione poiché sempre attenta al suo aspetto e alla salvaguardia delle proprie ricchezze. Era pronta per essere capitale della cultura da sempre. Forse è nata per primeggiare, dal lontanissimo 183 a.C. da mano romana. Vittima e carnefice di numerose scorrerie, deve le sue sembianze odierne a due protagonisti: i Farnese durante il periodo rinascimentale e Napoleone, sua moglie Maria Luigia in realtà, a cui spettò il ducato di Parma.

Più bella in primavera e sotto le prime luci d’autunno, Parma mi si apre dinanzi agli occhi, ormai nostalgici, con la bellissima e luminosa Piazza Garibaldi, databile al XIII°sec. contornata dal Palazzo del Governatore con le meridiane volute da Lorenzo Ferrari nel 1829; Palazzo del Podestà; Palazzo del Comune, carico di nicchie artistiche; Palazzo Fainardi e la chiesetta di San Pietro. Qui la giornata del parmigiano medio rigorosamente in “bicicletta e valigetta” si dipana sotto gli occhi attenti dell’ormai venerando e Garibaldi al centro della piazza! Basta sedersi ai piedi del bronzeo Giuseppe per capire come il rapporto tra Parma e la bicicletta è quasi simbiotico: parmigiani di ogni età utilizzano questo mezzo per muoversi! Da immaginarsi il traffico nelle aree ZTL e sulle piste ciclo-pedonali. Chilometri e chilometri di piste ciclabili che raggiungono ogni dove, come da impegni presi e realizzati che promuovono Parma una delle città più green d’Italia. Qui non si tende solo a realizzare ma anche a mantenere nello stato di costruzione anche dopo decenni. Manutenzioni d’agenda ordinaria annuale che rendono questo posto una preziosa perla del nostro Paese. E visto che ormai abbiamo distolto per un attimo lo sguardo dalle bellezze storiche ed architettoniche, mi va di raccontarvi dei suoi abitanti: i parmigiani. Sostantivo che può apparire caricaturale per chi vive altrove, quasi a paragonarli al formaggio che producono! ed invece no! Tal pregio è, tanto da voler distinguersi dagli abitanti della provincia definendoli i Parmensi! Elitari di nascita e francesi d’adozione, sfilano come fossero ogni giorno nella settimana della moda di Milano. Gran gusto nell’abbigliamento ma poca affabilità al nuovo e all’ospite! Terribilmente ligi alle regole tanto da andare in tilt quelle pochissime volte in cui il sistema è di poco sotto la soglia della massima efficienza! Buongustai innati come da tradizione! Silenziosi e riservati di giorno ma scatenati e sfrenati abitanti della vita notturna! Non poche volte mi son ritrovata a commentarli col caro Garibaldi, in fondo anche lui, ancora intento ad inquadrarli!

Chiusa la parentesi su tali facezie, meglio tornare alla città; non sia mai, che riuscissi in due righe ad inimicarmi pure quei pochi amici che son riuscita a farmi in questa città! Superata di poco la bellissima piazza Garibaldi, subito oltre lo stretto vicolo del Parmigianino pensante ci si imbatte nella Chiesa di Santa Maria Della Steccata. D’origine rinascimentale e sorta sulle spoglie di una casa ritenuta miracolosa per l’immagine di San Giovanni Battista, tanto da sentir il bisogno di erigere una steccata per trattenervi i fedeli. Suggestivo l’esterno con la grossa cupola opera dell’allievo di Bramante. Notevole i lavori interni del Parmigianino e di Michelangelo Anselmi. Procedendo verso Piazzale della Pace, consiglio di non perdere il convento di San Paolo, monastero di benedettine databile all’XI°SEC. La cui Badessa commissionò al Correggio e all’Araldi l’abbellimento delle camere dedicate oggi agli stessi e della celletta di Santa Chiara. Il convento è visitabile a soli Eur. 6. Ne vale davvero la pena. A pochi passi dal convento si arriva alla storica Piazza Duomo. Una delle più belle piazze d’Italia, con duomo e battistero a pochi metri l’uno dall’altro! Il battistero a soli 8 Euro e per chi avesse visto quello di Firenze non rimarrà certamente deluso: 75 formelle decorate stile Ionico da animali mitologici.

Gusto romanico ma con influssi del barocco francese, a pianta rigorosamente ottagonale eretto nel 1196 dallo scultore Benedetto Antelami, è uno dei più importanti monumenti italiani del Medioevo. Ed il Duomo, dello stesso periodo e della stessa mano, con la Cupola affrescata dal Correggio. Davvero imperdibile. Ah… date uno sguardo alla cripta, in cui vi è custodito il sepolcro di San Bernardo. E cosi immaginerete come Parma mi abbia conquistata! Ritornando verso piazzale della Pace, si erge la dimora dei Farnese, il palazzo della Pilotta! Inizialmente l’edificio sarebbe dovuto servire solo come servizi di corte: caserma, scuderie, magazzini, sala delle armi, archivio di Stato ma poi fu trasformato in teatro ed in un ottimo passaggio per raggiungere il verdissimo parco ducale. Oggi ospita il museo Archeologico Nazionale; il Teatro Farnese, vero capolavoro barocco rinascimentale; la Galleria Nazionale in cui son tanti artisti che fan da padrone ma non potrei non citare il Correggio ed il Parmigianino per la pittura ed il Canova nell’unicum di” Maria Luigia in aspetto di Concordia”; la Biblioteca Palatina, con sale colme di affreschi; ed infine il Museo Bodoniano ubicato all’ultimo piano della biblioteca palatina e dedicato a Bodoni insigne incisore e tipografo chiamato a Parma dai Borboni per gestire la Stamperia Reale. Il biglietto è di 10 Euro e la visita dura come potete immaginare un bel po! Davvero tanta roba! Affianco alla Pilotta si erge il Teatro Regio. Costruito per volere di Maria Luigia tra il 1821 e ‘29 sotto l’architettura del Bettoli. La prima dama francese volle dare sfarzo al teatro alla stregua della Fenice o della Scala! E ci riuscì. Qui il giovane Verdi, nato nel parmense ebbe, agli esordi, il suo pubblico più raffinato. Uno spettacolo imperdibile!

Ed attraverso il ponte verdi che si erge sul torrente Parma, torrentello invernale che non classificò la città tra le capitali vere e proprie come racconta ironicamente Attilio Bertolucci: «Come capitale le competeva un fiume, a Parma, ma siccome è una piccola capitale le è toccato un torrente, spesso asciutto.» giungo al Parco Ducale. Posto incantevole che Maria Luigia volle portare ai grandi fasti di Versailles. E non solo dal punto di vista architettonico, pare che qui, l’amabile francesina amasse sollazzare in compagnia, oltre che di studiosi e letterati, anche di aiutanti stallieri in attesa che il marito tornasse dalla conquista incondizionata del mondo! Sorvolando su pettegolezzi, tornerei all’architettura. Il Trianon infatti, la fontana a tre vasche del laghetto al centro del parco, imita a tutti gli effetti quella di Versailles. Ma ancora, il tempietto dell’Arcadia fu eretto per volontà della stessa per le riunioni degli accademici dell’Arcadia con le 10 statue in marmo del Boudard. Anche e non per ultimo il palazzo ducale del Vignola merita una visita con le sue sale affrescate dai più grandi artisti del tempo. Ora il palazzo è sede dei R.I.S. di Parma.

Una capatina veloce merita alla casa dei natali al grande Toscanini, infatti in occasione del centenario della nascita del grande maestro i suoi eredi donarono al comune sia la casa che i cimeli che oggi costituisco il museo. Da notare le epistole col Carducci e col D’Annunzio.

Ed infine Cittadella. Zona in cui abitavo e a cui sono affezionata, con discrezione! La cittadella oggi è un parco in cui è possibile fare sport e in cui i parmigiani si ritrovano in austero silenzio a praticare le più disparate attività. Qui avrò perso molti chili accumulati a tavola: prelibatezze di fondute di parmigiano e polenta porterò nel cuore! Non solo: tortelli alle erbette e stracotto di asinina non scherzano mica!

Per scelta mi sono rifiutata di partecipare ai loro pranzi di Natale a forza di cappelletti in brodo di cappone! Scusate ma la mia storia da pugliese non me l’ha permesso. Da noi il brodo “sciacqua”, pulisce per capirci, non sazia! Ma chissà che un giorno accontenti la mia amica Cristina e parteciperò! Tornando a cose più serie dei miei chili di troppo, anche se anche questo fa parte della città… è risaputo! Torniamo a Cittadella in cui si corre tra il verde rilassante del parco ma che un tempo era una vera e propria fortezza con tanto di fossato che circonda i possenti bastioni. Di forma pentagonale ispirato volutamente a quella di Anversa e commissionato da Alessandro Farnese, datato al 1500, fu usato come carcere e caserma a scopi propriamente difensivi. Fuori da ogni guida turistica è bene sapere che tra l’attuale parco della Cittadella ed il palazzo della Pilotta esiste una Parma sotterranea che permetteva ai Signori, Farnese per lo più, di raggiungere la roccaforte in caso di assalti improvvisi, garantendosi cosi la salvezza.

Tunnel sotterraneo che aspetta solo di essere aperto al pubblico e che io so che Parma ce la farà ancora una volta a stupirmi. E visto che ormai siamo in argomento di fuori guida, vorrei tornare un attimo in piazza duomo. Sul retro del battistero, su cui spesso son sedute onte di adolescenti alle prese con rivolte ormonali, è possibile scorgere il segno nella pietra del Battistero di un’impronta di una mano e un fossetto poco distante, forma di un ginocchio.

A mia nipote in visita più d’una volta, dovevo raccontarle come da copione questa antica leggenda. Pare che proprio nella notte in cui la costruzione del battistero fu terminata, il Diavolo apparì su tutte le furie a causa del nuovo edificio eretto al suo antagonista ”divino”. Si racconta che per la rabbia cercò di buttarlo giù a spallate e gomitate. Non riuscendovi perché protetto da Dio. Di quella sera, le tracce sono però rimaste, a ricordare ai parmigiani che il confine tra il bene ed il male è proprio sottile!

Questo è quanto porterò con me nei miei ricordi e nelle memorie, questa fotografia che spero vi sia piaciuta. Una Parma 20.20 che merita di essere adulata, anche perché è nata per essere quella che è. Anche se pare che per quest’anno abbia soffiato il titolo di capitale della cultura alla nostra pugliese Bitonto. Ma ci sta. Il mondo è bello perché vario! E per noi ci sarà tempo.

Destino beffardo il mio, proprio alla soglia dell’apertura del sipario di Parma 20.20 sono stata trasferita. Ho dovuto lasciare la città alla volta di un altro luogo che, per un po’, sarà la mia casa.

A volte capita di ritornare negli stessi posti in cui si è stato e non ritrovare gli stessi sfarzi di un tempo. Beh sono sicura che con Parma non capiterà. Migliorerà con gli anni, alla luce delle caratteristiche socio- culturali raccontate poco prima.

Un grazie particolare ad Arianna per le info fuori guida e Cristina con i suoi excursus culinari parmigiani doc. e non ultimi, i chili di troppo!

PARMA VERDI

Se siete in città in occasione del Parma 20.20 non perdetevi il tour verdiano.

Come non ricordare il festival Verdi che ferma Parma per ben oltre il mese di Ottobre. Manifestazione ormai giunta alla XIX° EDIZIONE e che migliora anno per anno. Il mio tour Verdi parte da Roncole Verdi, cittadina che ha dato i natali al grande musicista. In cui le uniche cose visitabili a parte le distese e verdeggianti pianure che accarezzano la piccola frazione di Busseto è la casa natale, dichiarata monumento nazionale subito dopo la morte del Maestro, cosi come suol essere chiamato da amatori e cultori. Ed è proprio a due passi da casa sua che sorge la chiesetta di San Michele. Qui il giovane Verdi inizia a suonare l’organo settecentesco ancora visibile. Chiesetta aperta solo la domenica mattina per la funzione celebrativa. Ma una piccola perla di questa storia affascinante.

Subito dopo, mi reco a Busseto in cui il Maestro si trasferì all’età di 10 anni. Splendida cittadina che incentra tutto il suo essere sul Maestro. Ricordo la storica via Roma ed il vecchio palazzo del Comune, la Rocca Pallavicino con all’interno il Teatro Verdi. Il teatro invece ne è la grande perla. Tappa imperdibile sulle orme del Maestro. Pare che questo teatro, ahimè piccolissimo fu inaugurato il 15 agosto del 1968. Teatro voluto dai bussetiani in onore dell’ormai blasonato Giuseppe Verdi. Si racconta che quella sera, all’inaugurazione, il maestro non si presentò. Buon sangue non scorreva tra il musicista e i suoi concittadini. Voci di Busseto raccontano la loro versione e cioè, che il maestro avesse un carattere burbero e capriccioso e che proprio in quell’occasione decise di togliersi un grosso sassolino dalla scarpa, come si suol dire. Poiché vedovo e convivente con un’altra donna, la cantante lirica Giuseppina Strepponi, proprio a Busseto ove decise di ritirarvici per un periodo, i bussetiani non accettarono questo comportamento di vita al tempo lascivo e discutibile. Al Maestro, le dicerie e i comportamenti stizzosi e bigotti dei suoi compaesani, non piacquero e ai quali mai perdonò. Inutili furono i tentativi di ricucire tale ferita da parte dei bussetiani. Non in ultimo, erigere un teatro in nome del Maestro. Si narra che vi partecipò con la somma di ben 10mila lire, ma al momento di segnare il totale superamento della discordia, egli non si presentò. Lascio a voi i commenti.

Ancor oggi si svolgono rappresentazioni in questo piccolo gioiello ma trovarvi posto è difficilissimo data la dimensione. Quelle sere in cui ero a Busseto, periodo di Carnevale, davano il Decamerone di Baliani con Stefano Accorsi. Tornai ovviamente a casa a mani vuote.

Conclusi il giro con Villa Verdi a Sant’Agata. Acquistata nel 1828 da Verdi in persona. Grande tenuta con giardino i cui piani superiori sono ancora abitati dagli eredi del Maestro. I piani terra invece sono visitabili perché, un tempo, utilizzati dal Maestro.

I CASTELLI DEL DUCATO

Potete giurarci in tre anni non ho fatto altro che andare di castello in castello. Con la neve o col sole, senza sosta. E’ stato come ritrovarsi nella serie di Game of Thrones e non essere io, quella a morire, alla fine di ogni stagione! Il ducato di Parma e Piacenza ne è pieno. I castelli stanno a Parma e Piacenza come i muretti a secco stanno in Puglia, per capirci. Sono stivati ovunque! Alcuni addirittura attraversati dalla via Francigena. E’ stato bello vedere ogni sorta di camminatori alle prese col Medioevo puro. Rimanendo al nord di Parma, da annoverarsi la reggia di Colorno, la cosiddetta piccola Versailles, ed è proprio vero che le somiglia! E la singolare e rappresentativa per Parma, Certosa Cistercense di Paradigna, severa costruzione del XIV°SEC che ha ispirato Stendhal per la scrittura del suo romanzo La Certosa Di Parma. Oggi ospita una serie di mostre dalle più svariate, non permettendo di visitarla per intero. Degno di nota, il castello di Fontanellato, detta Rocca San Vitale. Imponente fortezza del XIV SEC. A pianta quadrata con quattro torri e tutt’oggi circondata da ampio fossato e tanto di ponte levatoio. Solo l’ultimo conte del castello appartenente alla famiglia dei Sanvitale ha provveduto a far diventare la sua dimora un museo. Il castello è bello da visitare in tutti i suoi meandri, ma per molti il pezzo forte della rocca sarebbe la saletta di Diana e Atteone affrescata dal Parmigianino. Davvero da rimanerVi senza fiato. Ma io porterò con me la visita alla camera ottica all’interno del castello egregiamente conservata risalente all’800 ed ancora funzionante. L’unica in Italia. Ricordo che Fontanellato ha partecipato all’ormai noto contest “IL BORGO DEI BORGHI”. Passateci. Merita. Il prezzo di visita è davvero irrisorio: 8 euro.

Proseguendo verso Sud il mio giro tra i castelli, doverosa menzione devo al castello di Torrechiara, eretto da Pier Maria Rossi tra il 1448 ed il 1460. Con la sua ampia mole, arroccato sulla collina, il castello fu fortificato con tre cinte murarie e circondato dall’antico borgo in cui è possibile passeggiare. Anch’esso in pianta quadrata con le quattro torri angolari. Notevole la camera d’oro affrescata da Benedetto Bembo. Impareggiabili i panorami una volta raggiunti i torrioni su tutta la valle. A gennaio, dopo una nevicata natalizia, potete immaginare gli scenari.

Rotolando ancora verso sud, mi imbatto in Compiano, splendido borgo nella Val di Taro completamente circondato da mura, strettamente legato al suo castello. Pianta poligonale, con torri e camminamenti sul fianco di una scarpata sul Taro. Oggi in vita grazie ad un hotel ristorante di gran lusso in cui è bello sostare per immergersi in una atmosfera fantasy e sicuramente anche per assaporare ciò che c’è di buono nel parmense.

Ma la sosta obbligata è a Bardi, nella Val di Ceno. Anche qui il borgo è avvolto dal castello! Ma che castello, una vera e propria fortezza incastonata in una rupe a strapiombo di basalto e diaspro rosso. Di forma irregolare perché segue la geometria dello sperone roccioso. Durante la visita al castello ed ai suoi camminamenti laterali sui cammini di ronda percorribili, l’immensità degli eremi sulla valle fanno da padrone. Viste mozzafiato. L’interno comprende vari edifici, posti su diversi livelli: la residenza, gli alloggi delle milizie, la cappella, la sala della tortura; tutti collegati tra di loro e con la corte interna e la piazza d’armi da tortuose e strette scale che, come espediente difensivo, girano tutte verso destra. Ricordi incantevoli evocano questo scritto. Porterò con me lo spirito di Moroello, il fantasma della fortezza. Vicenda che ha avuto anche ampio riscontro mediatico, per le foto dei due viandanti, che pernottando una notte nel castello, si accorgono e fotografano quello che verrà ad essere lo spirito del giovane Moroello. La leggenda narra del bel cavaliere che si tolse la vita al ritorno dalla guerra, una volta appresa la notizia del suicidio della sua dolce Soleste. Questa infatti, credendolo morto, si era gettata dal mastio dopo aver visto avvicinarsi al castello truppe con le insegne nemiche. L’infelice giovane non poteva però sapere che quelle divise erano state indossate da Moroello e dai suoi uomini in spregio al nemico battuto. Realtà o leggenda che sia, in loco, c’è molta suggestione! Consigliatissimo.

In ultimo e non ultimo, Castell’Arquato. Tappa molto suggestiva. Borgo medievale di poco più di 4mila anime. E’come fare un viaggio nel tempo. La magia di ritrovarsi in un Medioevo vivente. Fantastica la rocca Viscontea che domina la Val d’Arda fu eretta nel 1300. Uno dei borghi più grandi della serie dei castelli, resta impresso perché la gente vive tra le bellezze di un tempo a spasso con i turisti giunti da ogni dove. E’ stato emozionante ogni percorso fatto. Ma Castell’Arquato insegna come è possibile convivere nell’arte facendone parte.

APPENNINO TOSCO EMILIANO

L’avreste mai detto? PARMA 20.20 è questo e tanto altro che non sono riuscita, nonostante la lunga permanenza, a vedere. La mia meta preferita era il rifugio Lagdei, immerso nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano che oscilla tra i 1600mt e 2000mt d’altitudine. Il sito comprende la terra dei cento laghi. Da pigra quale sono e non amante delle scarpate montane, ne ho visto solo uno, il più grande dei cento, Lago Santo, se ben ricordo a 1600mt. Il parco è, come dicono in zona, la nostra Amazzonia, tra querce, castagni, faggi e conifere ed i tanti animali che animano il fitto bosco. Il Rifugio propone un calendario annuale di escursioni guidate, visite naturalistiche, attività di educazione ambientale per gli scolari. Tutte serate imperdibili, dalle lunate, in cui si fanno escursioni notturne con guide specializzate a prezzi irrisori, ai richiami della foresta in cui si esortano i lupi della zona a palesarsi con il loro classico ululato alla luna. Ci sono stata col sole e con la neve, ahimè senza ciaspole e me la son vista davvero brutta! Ma fortunatamente la seggiovia per la discesa mi ha salvato. Al rifugio è possibile mangiare. Come ho già ripetuto più e più volte in tutta la zona si mangia bene ma in montagna è il top: in autunno ho assaporato le tagliatelle ai porcini del sottobosco dell’appennino, lo stracotto di cinghiale con la polenta è ideale dopo la salita, ma delizioso. Ed il loro vino. Da usare con cautela! Ma ottimo! Location suggestiva sia interna in inverno che esterna in estate. I due San Bernando giganti alla porta sono innocui, tranquilli! Ma è l’acqua il pezzo forte. Direttamente dalla fonte. Gelida! E dissetante. E sole se vi laverete le mani capirete, anche in estate.

CONCLUSIONI: Apro una brevissima parentesi su un’altra manifestazione, a mio parere alla stregua del Festival Verdi, il Festival del prosciutto di Langhirano. Manifestazione imperdibile nel primo week end di Settembre, dalle degustazioni infinite di Crudo di Parma di primissima qualità, come forse non ne avrete mai davvero mangiato, affettato rigorosamente a mano da artisti del mestiere

Non concludendo parlando di cibo, ammetto che il trauma che non ho mai ancora superato è il clima. Ma non il freddo, quello sarebbe pure piacevole! Parlo del “grigio-parma” termine da me coniato per indicare la colorazione stagnante del cielo da ottobre ad aprile. Un po’ come una tonalità degli Uniposca o delle tempere: Terra di Siena o Blu di Prussia? dovrebbero metterci anche il Grigio Parma!

Avrei ancora tanto da scrivere e descrivere ma dovrò fermarmi qui. Sperando di non aver urtato la sensibilità di alcuno con la solerte goliardia zaloniana, questo vuol essere un ausilio per i miei amici “turisti” ma anche un tributo ed un sincero ringraziamento alla città di Parma.



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