Alone in Paris

Diario di una viaggiatrice solitaria a Parigi, Auvers-sur-Oise e Normandia per 8 giorni alla ricerca di sé tra arte, storia e letteratura.
Scritto da: AlixA
alone in paris
Partenza il: 01/08/2013
Ritorno il: 09/08/2013
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
Con lo sbocciare dell’estate, in preda a folate di nostalgia, mi decido a tornare in Francia: un paese che amo, pieno di bellissimi ricordi. Questa volta scelgo di partire da sola, per rivedere i luoghi a cui sono legata e quelli ancora da scoprire, in completa, assoluta libertà. Il filo conduttore di questo viaggio saranno l’arte, la storia e la letteratura: un itinerario sulle tracce dei grandi che mi hanno ispirata e, a volte, consolata. A metà tra sogno e realtà mi immergerò in altre epoche, visitando sontuose dimore nobiliari, teatri e musei da favola, luoghi che hanno segnato la storia.

Perché Parigi è piena di promesse, romantiche e non, anche per chi è -felicemente-solo..

VOLO e HOTEL

Approfitto del voucher della Ryanair, gentilmente offertomi da mio fratello per il compleanno: con 75,00 euro acquisto Bologna-Parigi a/r. Per raggiungere la città dall’aeroporto di Paris Beauvais c’è il pullman che, con 16,00 euro di spesa, in un’ora e 15 minuti circa arriva a Parigi, a Porte Maillot, da dove si può prendere la metro linea 1 e la RER rossa A.

Il viaggio inizia sotto il segno del mio poeta preferito, Arthur Rimbaud. Ho scelto infatti lo stesso albergo dove lui soggiornò nel 1872, l’Hotel Cluny La Sorbonne oppure http://www.hotel-cluny.fr ). E’ solo un 2 stelle, ma è fantastico pernottare qui perché c’è un’atmosfera davvero particolare. La piccola stanza dalla moquette rossa e con i mobili in legno scuro, ha una vista spettacolare sul Pantheon e sui tetti del quartiere latino; se penso che questo panorama lo osservò anche l’autore di Une saison en enfer 140 anni fa (precisamente nella camera 62), l’emozione è veramente intensa. L’hotel Cluny, oltre ad ospiti illustri, vanta anche una posizione magnifica: è a qualche minuto di autobus dal Louvre (fermata sul blv S.Germain) e in zona ci sono le vivaci attrattive di St Germain des Prés e del quartiere latino.

DAY 1- MARAIS, MUSEE CARNAVALET, BRASSERIE LIPP

La mia prima giornata si apre su di un quartiere pittoresco ed alla moda della Rive droite: il Marais. Con l’autobus 96 scendo a Saint Paul e sono subito in loco, pronta per l’esplorazione.

Antica palude bonificata, il Marais oggi vive un momento di gloria, conservando ancora molto del patrimonio architettonico precedente alla rivoluzione, cosa rara a Parigi, e nuove allettanti prospettive di modernità.

L’elegante III°arrondissement è abitato in gran parte dai parigini del tipo“Boho-Chic”, dal look “ricercatamente trasandato”, creato ad arte con abiti e accessori costosissimi; qui gli appartamenti hanno prezzi da capogiro ed io stessa sperimento a mie spese quanto sia cara la vita: una modesta colazione in un caffè mi viene a costare addirittura 15,00 euro!

ll Marais è anche il quartiere gay per antonomasia e ospita la secolare comunità ebraica della città. Questo speziato pot-pourri di gente, ne fa un piccolo, raffinato villaggio all’interno della capitale, ricco di boutiques di lusso, gastronomie ebraiche e non, con deliziose vecchie stradine e qualche museo di rara bellezza; ci sono infine le grandi piazze, come Place de la Republique, de la Bastille e Place des Vosges.

Decido di rivedere il municipio del quartiere e vengo colta dai ricordi: qualche anno fa partecipai ad un elegante matrimonio nello splendido Hotel de Ville (il Salon d’accueil è visitabile dalle 10 alle 19.00, Place de l’hotel de Ville 4e), distrutto durante la comune di Parigi nel 1871 e ricostruito in stile neorinascimentale.

Continuo la mia passeggiata e giunta nell’elegante, perfetto quadrilatero di Place De Vosges, una delle più affascinanti piazze del mondo e la più antica di Parigi (inaugurata nel 1612 come Place Royale), cerco la casa di Victor Hugo al n° 6.

Ammiro il sontuoso edificio porticato, ma, rimandando la visita al suo interno al prossimo viaggio, proseguo il mio gironzolare e, tra le incantevoli vie, in una manciata di minuti mi imbatto ad una delle mete che ho in programma: il Musée Carnavalet, al 23 di rue de Sévigné (www.carnavalet.paris.fr).

Questo scrigno segreto, pieno di tesori, è spesso trascurato dai turisti che privilegiano i grandi musei, come il Louvre o il D’Orsay, ma ha molto da offrire al visitatore ed oltretutto è gratuito. Nelle sue magnifiche sale si ripercorre la storia della città, dalle origini gallo-romane all’epoca attuale. Due bellissimi hotels particuliers di epoca rinascimentale sono l’affascinante cornice delle sue collezioni: uno dei due eleganti edifici, l’Hotel de Carnavalet che dà il nome al museo, in passato ha ospitato nelle sue stanze M.Me de Sevigné. La dama dalla penna frizzante, autrice Lettere alla Figlia, ha vissuto qui nell’ultimo ventennio del 600’ ed è possibile ammirarla nel ritratto appeso in una delle sale del museo. I giardini del Carnavalet, deliziosi nella loro elegante geometria, sono la ciliegina sulla torta.

Un gemma ospitata nelle sale del Carnavalet è la Bijouterie Fouquet, una vera e propria gioielleria, trapiantata all’interno del museo. Gli arredi, creati nel 1901 per il gioielliere G. Fouquet, portano la firma dell’artista ceco Alphonse Mucha e furono smontati nel 1923 perché passati già di moda.

In questo piccolo ambiente l’Art Nouveau “esplode” come un fuoco d’artificio, in un trionfo di magnifici virtuosismi. L’ispirazione alle forme sinuose della natura permea ogni cosa, dalle vetrine, agli specchi, agli espositori. Il risultato è un lusso sofisticato e originale, con le code di fantastici pavoni che si aprono a ventaglio o che scendono come una cascata preziosa su pareti e specchi.

Un altro motivo per cui sono venuta al Carnavalet è squisitamente letterario: mettere piede nella stanza di Marcel Proust, ricomposta qui con gli arredi originali provenienti dall’appartamento in bld Haussmann. Lo scrittore concepì proprio in questa camera rivestita di sughero il suo capolavoro, Alla ricerca del tempo perduto. C’è la dormeuse, il letto d’ottone e persino il suo bastone da passeggio. Per lui questo luogo ha significato molto, dato che vi viveva da recluso, come in una sorta di tana, lavorando alacremente durante la notte. Non si può non restare colpiti, a pensarlo qui, sembra che lo scrittore debba rientrare da un momento all’altro.

Dopo un paio d’ore sognanti trascorse nel museo, ritorno sulle vie del Marais, mi concedo degli ottimi falafel e passeggio per le vie del ghetto ebraico, nella splendida e vivace Rue des Rosiers, tra sinagoghe ed invitanti boulangeries.

Nel tardo pomeriggio rientro all’hotel e, dopo un riposino, esco per aperitivo e cena alla Brasserie Lipp, al 151 di Blv S.Germain: fondata nel 1880, è oggi classificata come patrimonio storico. Era frequentata, come molti bistrot della zona, da celebri intellettuali, tipo il sopracitato Proust, ma anche J.P.Sartre e S.De Beauvoir. La cucina della Lipp -stesso menu da un secolo-dicono sia leggermente scaduta negli ultimi tempi, ma io mi godo comunque l’ottima soupe du jour e una deliziosa omelette, il tutto rigorosamente vegetariano, innaffiandole con un profumato Chablis. E dopo, in compagnia di un buon caffè e di un bel libro, mi sento un po’ esistenzialista nonché donna di mondo, seduta qui dentro a leggere in mezzo a specchi, maioliche ed affreschi…

DAY 2- CHATEAU DE FONTAINEBLEAU

Oggi mi aspetta la prima escursione fuori porta: finalmente potrò vedere il Castello di Fontainebleau che non ho mai visitato(http://www.musee-chateau-fontainebleau.fr) e che si trova nell’omonima cittadina ad una settantina di km a sud est di Parigi, circondato da ettari di foresta. Meno conosciuto e celebrato di Versailles, anche questo castello è un tesoro da scoprire.

Dalla Gare de Lyon prendo il treno direzione Mountargis, fermandomi a Fontainebleau-Avon; poi l’autobus ligne 1 (direzione Les Lilas), scendendo alla fermata Chateau. In due ore di viaggio si arriva a destinazione.

L’audioguida (1h 30 circa di spiegazioni) si rivela un ottimo investimento: mi vengono così svelate le avventurose vicende che queste antiche mura nascondono.

Il venerando castello ha infatti una storia straordinaria: dagli esordi medievali al rinascimento di Francesco I di Valois, fino ad arrivare al primo Impero, con Napoleone che pronunciò proprio qui il suo commosso addio alla Vecchia Guardia, prima dell’esilio all’isola d’Elba. Il discorso fu proclamato dalla monumentale scalinata a ferro di cavallo del XVII sec. che impreziosisce l’ingresso al castello, conferendogli una particolare sontuosità.

Tornando al periodo rinascimentale, Francesco I chiamò a corte una nutrita schiera di artisti italiani per ristrutturare l’edificio. Gli esiti eccezionali della collaborazione di Primaticcio e di Rosso Fiorentino sono visibili nella fiabesca Galleria del castello che porta il nome del re. Un capolavoro del manierismo, tanto originale che lo stile diverrà ben presto un modello da imitare, la scuola di Fontainebleau. Un portentoso mix di affreschi, sculture, stucchi e pannelli di legno decorati ricopre pareti e soffitti, donando agli ambienti un carattere inconfondibile; su tutto domina la grande F di Francesco I.

Da non perdere infine anche lo splendido, minuscolo trono d’oro e velluto blu per il “petit” Napoleone Bonaparte, conservato in una delle sale del castello.

DAY 3: AUVERS-SUR-OISE

Mi sveglio piena di aspettative per la giornata che mi attende, tutta dedicata a Vincent Van Gogh, il mio artista preferito; oggi infatti prendo il treno per Auvers-sur-Oise, che fu l’ultima residenza del pittore olandese. La cittadina si trova a circa 35 km a nord di Parigi ed è raggiungibile dalla Gare du nord. In estate c’è un treno diretto che in mezz’ora ti porta lì ed io ne approfitto, arrivando di buon mattino, dopo aver raggiunto la stazione con la RER B.

Il paese è piccolo e si può tranquillamente scoprire a piedi con una piacevole passeggiata.

Il pittore visse ad Auvers i suoi ultimi giorni dal mese di maggio al luglio del 1890, trasferendosi qui dopo il ricovero all’ospedale psichiatrico di Saint Remy de Provence. Passeggiare ad Auvers fa uno strano effetto, la surreale familiarità di luoghi mai visitati deriva dal filtro delle opere del pittore. Il tempo infatti sembra essersi cristallizzato alla fine del XIX secolo ed in ogni angolo si riconosce un Van Gogh: ci sono il Municipio, la Chiesa, la casa ed il giardino del dottor Gachet (visitabile). Accanto a questi luoghi ci sono pannelli con le riproduzioni dei dipinti: in poche parole è come trovarsi dentro il quadro!

Dulcis in fundo, visito l’Auberge Ravoux (www.maisondevangogh.fr). Lo trovate subito di fonte al municipio. E’ esattamente come nelle foto dell’epoca, anche all’interno. L’edificio è classificato come monumento storico ed è l’unica abitazione di Van Gogh ancora esistente.

Vincent qui pagava pochi franchi per un piccola stanza nel sottotetto ed un pasto caldo. Anch’io pranzo (ottimamente) al ristorante Ravoux prima di visitare la sua camera; peccato, però, che accanto a me ci sia una comitiva di turisti che scatta foto a ripetizione e che rovini l’atmosfera.

Dopo il pranzo mi dedico finalmente alla visita della camera di Vincent, la n° 5, di soli 7 mq. Saliti gli scalini dell’angusta scala ho la fortuna di trovarmi da sola nella stanza dove il pittore visse l’ultima, drammatica parte della sua esistenza, morendovi a soli 37 anni il 29 luglio 1890.

L’Institut Van Gogh, che si occupa di valorizzare i ed conservare questi ambienti, cerca di riportare qui almeno uno dei suoi capolavori, per appenderlo nuovamente dove si trovava più di centoventi anni fa.

La stanza ora è spoglia, ma come spiega la brochure, non si viene qui per semplicemente per visitare, ma per vivere il momento, per sentirlo: ed io lo percepisco con un’intensità inattesa. Vedo dei piccoli buchi alle pareti: è stato qui che appendeva le sue numerose tele?

Questo piccolo locale, tristemente noto come la chambre du suicidé, non fu più occupato dopo la morte di Vincent. Nella stanza a fianco possiamo vedere la ricostruzione di una camera ammobiliata da pittore del XIX secolo; infatti Van Gogh non era l’unico artista a dimorare qui.

Nel solaio dell’albergo si può assistere ad un bel filmato sulla vita del pittore e sul paese, “Sur les pas de Van Gogh”, in qui si ammirano le tele dell’artista, le foto d’epoca, si leggono commoventi stralci delle sue lettere.

Emozionata, termino la mia visita ad Auvers-sur-Oise recandomi al Cimitero. Mi incammino per quei campi inondati di sole dove l’artista dei Girasoli e della Notte stellata dipinse più volte e dove si sparò in un giorno d’estate ormai lontano.

Giunta al cimitero, mi trovo davanti due semplici lapidi ricoperte d’edera che ricordano i fratelli Van Gogh, inseparabili anche nella morte. Theo infatti, unico sostegno economico ed emotivo del fratello, morì pochi mesi dopo di lui. La sera rileggo con emozione le Lettere a Theo, scritte dal pittore al fratello. Mi addormento pensando che una giornata così, non me la scorderò più.

Auvers -sur-Oise non è ancora travolta dal turismo di massa, visitatela, meglio se nei

giorni feriali; ne vale sicuramente la pena se amate Van Gogh.

DAY 4 -MONTMARTRE: MUSEE DE MONTMARTRE, LAPIN AGIL, CIMETIERE DE MONTMARTRE

Il giorno dopo mi sveglio ancora presa da questi pensieri e mi precipito sulla Butte di Montmartre (M.Pigalle) a cercare le tracce di Van Gogh.

Di questo luogo brulicante di turisti, si può solo immaginare l’atmosfera sullo scorcio di fine 800’, quando era ancora una piccola macchia variegata, costellata di mulini a vento, di vigne e di una vivace moltitudine di artisti e mondane d’ogni genere: da Edith Piaf a Modigliani, da Picasso a Toulouse-Lautrec, tutti sembrano essere passati di qui.

Anche Van Gogh ha vissuto a Montmartre nell’appartamento di suo fratello ed io sto cercando con ansia la casa al 54 di Rue Lepic. Finalmente trovo l’edificio, bianco con la porta blu; è contrassegnato da una placca. Vincent si trasferì qui al terzo piano, nel fatale anno 1886, giusto in tempo per assistere all’ultima delle mostre degli impressionisti e schiarire quindi la tavolozza dei suoi quadri. E’ qui che il Van Gogh che tutti conosciamo trova la sua strada.Vorrei entrare, ma non si può. Mi accontento di importunare un losco signore in canottiera, affacciato alla finestra del piano terra: ma di van Gogh sa poco o nulla, mi dice solo che nell’appartamento ora ci abitano 3 inquilini.

Ad un tiro tiro di scoppio della casa di Theo e Vincent scorgo il Moulin de la Galette, esattamente all’angolo di rue Lepic e rue Girardon. Si tratta del famoso locale ritratto da Renoir e Touluse-Lautrec; anche Van Gogh deve aver passato delle alcoliche e spensierate ore qui dentro; un vecchio grande mulino che gli deve aver ricordato almeno un po’ la sua terra natale, l’Olanda.

Girovago per le ripide stradine fino alla famosa Place du Tetre, dove l’animazione è davvero eccessiva e mi stanca, così decido di cambiare itinerario e dopo un pranzetto veloce ed economico in una rosticceria thai, cerco il Cimitero di Montmartre. Se manca delle atmosfere poetiche e maledette del più famoso Père-Lachaise nel XX arrondissement, ha comunque molti punti d’interesse. Il cimitero si trova in Avenue Rachel ed è stato costruito sulle antiche cave di gesso che “ospitarono” le salme delle numerose vittime della Rivoluzione francese.

All’ingresso c’è una mappa. Io sto cercando la tomba di una donna, Alphonsine Plessis. La trovo: una piccola effige sulla lapide raffigura una bellezza delicata e tipicamente ottocentesca, dalla pelle chiara ed i capelli scuri. Questa graziosa signorina è nientedimeno che la cortigiana Marguerite Gautier della Signora delle Camelie di Alexandre Dumas, nonché la Violetta Valery della Traviata. Alphonsine non immaginava certo che la storia con il giovane scrittore le avrebbe regalato l’immortalità..

Canticchiando l’aria di“Baciami Alfredo” mi aggiro tra le lapidi, trovando quelle dei fratelli Goncourt e dello stesso Dumas; poi lascio il cimitero e raggiungo il Museo di Montmartre (www.museedemontmartre.fr). La bella casa color crema al 12 di Rue Cortot, circondata da deliziosi giardini e con alle spalle il vigneto di Montmartre, è stata teatro di grandi vicende legate agli artisti più rappresentativi della Butte.

Qui Renoir ha avuto il suo atelier, dove dipinse Bal du Moulin de la Galette e qui vissero anche Suzanne Valdon, modella e artista con suo figlio, il folle pittore Maurice Utrillo. All’interno, delle affascinanti collezioni, tra le quali spiccano le affiches di Touluse-Lautrec e le fotografie originali della vecchia bohème di Montmartre.

Da una finestra scorgo fuori, alcuni metri più sotto, l’insegna dipinta da André Gill del locale Au Lapin Agil, ex Cabaret des Assassins, un altro luogo-mito della belle époque. Il locale all’interno è ancora come una volta, con tavolacci rustici in legno e finestre oscurate da vetri colorati: luogo adatto per una bisboccia d’altri tempi.

Dopo un pastis ghiacciato, di corsa in hotel a ricaricare le batterie.

DAY 5 – OPERA GARNIER, MUSEE GUSTAVE MOREAU, PARIS PLAGES

Il giorno seguente lascio la nostalgica atmosfera di Montmartre per immergermi nei fasti borghesi del secondo impero: ho prenotato infatti una visita guidata all’Opera Garnier (M.Opera, www.operadeparis.fr). Mi hanno parlato benissimo delle guide che lavorano in questo splendido teatro e infatti non vengo delusa. Sull’onda del Fantasma dell’opera di Gastone Leroux, lascio il mondo reale entro in un universo ovattato e magico, quello del teatro. Ci si accorge subito che questo luogo è carico di lusso e di mistero e non fatico a pensare a Leroux che trova ispirazione proprio qui dentro.

La guida, un signore buffo ma carismatico, ci spiega che questo opulento edificio, inaugurato il 1marzo del 1875, era un po’ la seconda casa di molti facoltosi borghesi e nobili. I palchetti erano utilizzati quasi come appartamenti privati: dopo aver visto lo spettacolo alla prima, si continuava a venire a teatro per giocare a carte o cenare nel proprio palco riservato, protetti da pesanti tendaggi che garantivano la giusta privacy.

L’elegante foyer, la sontuosa scala a doppia elica, la profusione di stucchi dorati e statue barocche lasciano veramente a bocca aperta. Il tocco finale è lo splendido soffitto decorato da Marc Chagall, una nota di poetico contrasto con lo stile ridondante del resto dell’edificio.

Il negozio di souvenir del teatro è pieno di cose magnifiche, tutù vaporosi compresi. Finita la visita, si esce frastornati da questo luogo surreale e si fatica non poco a riadattarsi alla realtà del sole e del traffico parigino. Esausta, mi concedo una deliziosa crème brûlée nell’elegante Cafè de l’Opera.

Rimanendo nel IX°arrondissement, mi dedico ora ad un pittore che sapeva creare suggestioni da vero dandy. Il Museo Gustave Moreau si trova nella casa che fu del pittore, al numero 14 di rue de Rochefoucault (M. Trinité).

Moreau, che fu maestro di Matisse ed uno dei maggiori simbolisti francesi, raccolse e conservò le sue opere più emblematiche per questa casa/museo, concepita da lui stesso come una sorta di testamento spirituale. Nelle sue tele si svela un mondo sensuale di antichi eroi e dee pagane, in una profusione di ombre e ricami dorati.

Al primo piano si trovano il locali che Moreau abitava, mentre al terzo e secondo piano ci sono i grandi spazi da atelier, con una graziosa scala a chiocciola e dei mobili con pannelli girevoli grazie ai quali si possono osservare agevolmente le migliaia di disegni e di acquerelli dell’artista.

Le grandi vetrate esposte a nord dalle quali filtra una luce purissima, il pavimento di legno che scricchiola sotto i miei piedi e pochi, educatissimi turisti, rendono l’atmosfera di questa visita intensa e piacevole.

Anche qui mi sovviene una suggestione letteraria: il passaggio di Controcorrente (1883) di J.K.Huysman, emblema del decadentismo fin de siècle, in cui il protagonista, l’esteta Des Esseintes, si fa sedurre dall’Apparizione (1876) di Moreau.

Il museo regala veramente la sensazione di “spiare” nella vita di un pittore del XIX secolo e ve lo potete godere anche se non siete appassionati d’arte simbolista.

Salto sulla metro 7 e scendo a Châtelet, concedendomi una bella passeggiata l’Île de la Cité e sulle rive della Senna. Qui, al centro di Parigi, trovo ad attendermi Paris Plage, la spiaggia sul fiume e mi accomodo su di un lettino (vestita, fa un freddo!) con un libro favoloso acquistato poco prima dai Bouquinistes: Memorie di una ragazza per bene di S.De Beauvoir. Cenetta con salade de chèvre chaud e meritato riposo in hotel.

DAY 6 – Normandia

Oggi mi attende un’eccitante escursione in Normandia, andrò a visitare le spiagge del D-Day. Lo ammetto, è da quando ho visto Salvate il soldato Rayan di Spielberg che voglio visitare questi luoghi. Decido di utilizzare un ottima compagnia turistica Paris Vision, prenoto l’escursione online (www.pariscityvision.com), sono compresi il trasporto in pullman, la guida ed il pranzo.

Siamo in una ventina di turisti, un gruppo di provenienza eterogenea con molti americani ed un paio di signore di Parigi; io, l’unica italiana. Partiamo all’alba, lasciandoci alle spalle la città ancora addormentata. Ci fermeremo al Memoriale di Caen, a Point du Hoc, visitando il cimitero americano di S.Laurent, ad Arromanche, il porto artificiale degli alleati e Juno Beach con il memoriale canadese.

La Normandia è una regione bellissima e con il bus attraversiamo villaggi caratteristici immersi in bei panorami campestri. La guida, una ragazza simpatica e preparatissima, ci parla in francese, ripetendo le spiegazioni in inglese. Ascoltiamo tutti con attenzione il racconto di quel fatidico 6 giugno 1944, che ha cambiato i destini del mondo, costando la vita a tanti giovani, alcuni praticamente dei ragazzini.

Il racconto della guida è coinvolgente, ricco di particolari, non solo sullo sbarco, ma anche al riguardo della guerra e del nazionalsocialismo. Il museo del memoriale è molto interessante, con diverse sezioni che trattano della Shoah, della resistenza e dell’impatto sociale delle guerra.

Ma l’emozione più forte è stata sicuramente quella sulle spiagge di Omaha Beach e nel cimitero americano: vedere tutte quelle croci bianche contro il cielo azzurro è quasi uno shock. Avrei voluto leggere tutti i nomi su quelle croci, ma ce ne sono davvero troppe. Ognuno di noi visitatori si prende del tempo per esplorare da solo ed in silenzio questo pezzo di storia, con un nastro di mare calmo e lucente che ci fa da sfondo.

La sera sono stanchissima e il mio portafoglio è quasi vuoto, ma i 175,00 euro spesi per questa gita sono stati un vero e proprio investimento. Un’esperienza fantastica, istruttiva sotto diversi punti di vista: la consiglio caldamente.

DAY 8 – MUSEEJACQUEMART-ANDRE’, CLUNY- MUSEE DU MOYEN AGE, PANTHEON

Il museo di Jacquemart -Andrè ( M. St. Augustin – http://www.musee-jacquemart-andre.com/fr ) ha sempre destato il mio interesse, a giudicare da ciò che ne avevo letto sulle guide. Così decido di visitarlo e scopro che merita sicuramente l’attenzione del turista: si tratta di fare un tuffo nella vita agiata di una bella coppia ottocentesca, fatta di arte, bellezza, gusti raffinati.

Lui Édouard André, erede di una facoltosa famiglia di banchieri ed appassionato collezionista d’arte; lei, Nélie Jacquemart, una promettente giovane artista: s’incontrano e si sposano nel 1881. Passeranno la loro vita viaggiando per il mondo ed accumulando collezioni d’arte nella fastosa dimora parigina.

La casa è un vero lusso: come non abbandonarsi a fantasie da Madame Bovary di fronte al sontuoso Jardin d’hiver o al Salon de la musique, dove venivano accolti migliaia di eleganti invitati per epiche serate danzanti? Quanto alle opere d’arte, nel Salon des peintures la pittura del 700’ la fa da padrona, con Boucher e Canaletto, per citarne solo alcuni.

Con orgoglio nazionalista visito poi il museo italiano, una sala tutta dedicata all’arte italiana del rinascimento, particolarmente apprezzata dai due ricchi collezionisti.

Dopo una baguette ed una pausa rigenerante in hotel, scendo nuovamente in strada, e, costeggiando la Sorbonne, in 2 passi giungo al quattrocentesco Hôtel des abbés de Cluny, dove si trova Musée National du Moyen Age.(http://www.musee-moyenage.fr/).

L’ora seguente la dedico ad una full Immersion nella Parigi medievale: la collezione fantastica di questo museo, ospitato nel frigidarium delle terme gallo-romane, vanta dei pezzi unici, come la preziosa serie di arazzi della Dame à la licorne, la Dama dell’Unicorno. Questo capolavoro quattrocentesco, realizzato nei Paesi Bassi meridionali, è esposto nella semi oscurità per preservare le delicate tessiture dalla luce.

A Cluny ci sono tantissime altre “prelibatezze” medievali: come le madonne nordiche, così diverse dalle nostre matrone rinascimentali e mediterranee o le favolose vetrate duecentesche.

L’aura fiabesca del mio pomeriggio continua poi con la passeggiata ai giardini del museo, il Jardin Celeste e il Jardin d’amour.

Terminata la visita, mi trasferisco con la mia personale macchina del tempo, nel 700’: il Pantheon, a due passi dal mio hotel, nato come chiesa dedicata a Sainte Geneviève e convertito nel 1791 in mausoleo, è dedicato alla memoria degli eroi francesi. Saluto le tombe di Voltaire, Zola e Hugo, immerse in un’atmosfera adir poco inquietante, che brividi..

Stanchissima mi precipito in hotel, a preparare le valige, gettando un’ultima nostalgica occhiata ai tetti di Parigi dalla mia finestra.

Parigi..la città perfetta.

VEDEMECUM PER VIAGGI SOLITARI

Viaggiare soli è un’esperienza da fare più di una volta nella vita, e la solitudine o la nostalgia, non si faranno sentire troppo se sarete impegnati nelle cose che più vi appassionano.

Deciderete voi ogni momento della giornata dove andare o cosa fare ed ogni esperienza avrà un eco molto più intensa dentro di voi; la cosa importante è prepararsi bene, con le guide e con i siti internet.

Essere una donna sola a Parigi non è un problema, a patto di non aggirarsi nella metro o sugli autobus a tarda notte, soprattutto in certe zone come Les Halles.

Uno sguardo deciso e attento, la borsa ben stretta scoraggeranno nella maggior parte dei casi gli eventuali borseggiatori.

Essere sole all’estero e farcela, fa bene, benissimo all’autostima. E quel cameriere carino, biondo e.. tanto “francese” che mi ha offerto l’aperitivo, non me lo leverò dalla testa per un bel pezzo!

Quindi…Bonne chance tutte le turiste per caso!



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