Due settimane in Israele – Cultura, tradizioni e paesaggi

Questa è la storia di due settimane di vacanze in Israele: Gerusalemme, deserto del Negev, Mitzpe Ramon, Avdat, Masada, Mar Morto, Galilea, Tsfat, Golan, Akko, Haifa e Tel Aviv.
Scritto da: Dan & Dom
due settimane in israele - cultura, tradizioni e paesaggi
Partenza il: 10/09/2010
Ritorno il: 27/09/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Questa è la storia di due settimane di vacanze in Israele. Ci siamo innamorati di Gerusalemme e della sua aurea mistica. Ci hanno profondamente colpito il Muro del pianto e il Santo Sepolcro, dove tornavamo ogni sera, e lo strano miscuglio di religioni, culture, lingue, abbigliamenti. C’è una convivenza apparentemente perfetta ma instabile. Si ha la sensazione che tutto sia nato lì. Abbiamo fatto i conti con le tensioni politiche quando abbiamo attraversato il muro per uscire da Betlemme. Israele è un paese giovane, se non in guerra, almeno permanentemente militarizzato. I soldati di leva sono ad ogni angolo di strada, come tutti i teenager alla moda, ma in divisa e col mitra a tracolla. Abbiamo provato il piacere di guidare nel deserto del Negev e siamo rimasti senza fiato sul bordo del cratere di Mitzpe Ramon. Abbiamo galleggiato per due giorni nelle acque salatissime del Mar Morto, e vissuto le principali feste ebraiche: capodanno, Yom Kippur, e la festa dei Sukkot. Abbiamo visitato i principali luoghi del Vecchio Testamento e ripercorso i luoghi della predicazione di Gesù. Abbiamo fatto il sali-scendi sulle morbide colline del Golan e visto il confine con la Siria, la Giordania e il Libano. Luoghi di sangue e odio. A Zfat abbiamo dormito a casa di una signora americana, trasferita in Israele perchè “è bello dove tutti seguono le stesse regole” e che si augurava un futuro di pace. Abbiamo ripercorso la costa dal confine col Libano fino a Tel Aviv. Ad Akko abbiamo visto per la prima volta un upupa. Ad Haifa abbiamo sceso mille gradini per vedere i meravigliosi giardini Baha’i. Abbiamo visto i resti delle opere meravigliose di Erode: Masada e Cesarea. Infine Tel Aviv con la sua modernità, le sue spiagge e il suo tramonto. L’organizzazione del viaggio si è dimostrata di ferro, abbiamo rispettato tutta la tabella di marcia e visto i diversi aspetti del paese. Abbiamo imparato a riconoscere qualche lettera ebraica ed araba. Abbiamo mangiato tanto hummus, pite, falafel, lebane.

Venerdì 10 settembre 2010 – GERUSALEMME Parigi, giornata intensa di lavoro per Daniele alle prese con mail da gestire e un computer che fa i capricci. Minuti di panico risolti rapidamente per fortuna. Si fanno le 15 ed è ora di partire. Chiudiamo la nostra sola valigia (lasciando esterrefatto Fabrizio) e ci dirigiamo all’aeroporto Charles De Gaulle, direzione Tel Aviv con scalo ad Amsterdam. L’imbarco a Parigi è tranquillo, ad Amsterdam invece decisamente più aggressivo. Una signora della sicurezza ci assale con domande a cui non eravamo preparati “Prima volta in Israele?”, “Perché questa e non un’altra meta”, “Perché una sola valigia per due persone?” e così di seguito. Vabbé, alla fine ci restituisce i passaporti, ci fa un grande sorriso e ci augura buon viaggio. Si parte con volo KLM, arrivo a Tel Aviv alle 3 del mattino. Sbarchiamo e passiamo la dogana. L’agente della sicurezza controlla sospettosa i passaporti e non facciamo in tempo a chiederle i timbri su un foglio separato (per non precluderci la possibilità di viaggi in alcuni paese arabi nemici di Israele) che, pam pam, ci ritroviamo col timbro sul passaporto. All’uscita i controlli di sicurezza non sono troppo diversi da quelli di un qualsiasi aeroporto europeo. Prendiamo il taxi collettivo (sherut) per Gerusalemme. Il taxi è per dieci persone e dobbiamo aspettare che si riempia: più di un’ora! Alla fine partiamo, sono le 4 passate. Il taxi costa 55 NIS ed impiega 45 per arrivare alla Porta di Damasco a Gerusalemme. Siamo subito colti dalla magia di Gerusalemme. Le strade sono deserte (sono le 5 di mattina). Incontriamo solo due turisti e tre soldati che si fanno le coccole (boh…). Il Muezzin richiamo alla preghiera del mattino. Quattro passi e arriviamo all’ Ecce Homo Convent, sulla via Dolorosa (la via Crucis – la via della passione di Cristo). Sulla strada passa un ragazzo che trasporta due grandi croci di legno; è un’immagine surreale. Il giorno dopo scopriamo che sono utilizzate dai pellegrini cristiani per fare la via cruscis. Il Convento è spartano, ma pulito e ben curato. La vista dalla terrazza è impagabile: dietro al minareto della moschea si nasconde la cupola dorata del Monte del Tempio. Andiamo subito a letto, ci aspettano solo due ore di sonno.

Sabato 11 settembre 2010 – GERUSALEMME Sveglia alle 7:45, colazione in convento e subito in marcia. Ripercorriamo le tappe della via Crucis, che si conclude nella Chiesa del Santo Sepolcro dove si trovano le ultime cinque stazioni, compreso il luogo della crocifissione. Il Santo Sepolcro è una piccola cappella all’interno della Chiesa vera a propria. L’atmosfera è a tempo stesso caotica, per la grande calca di pellegrini, e mistica. C’è emozione a stare nei luoghi della morte e resurrezione di Gesù. Prendiamo due candele per i nostri genitori e le appoggiamo sulla pietra tombale come fanno tutti. Poco lontano visitiamo il monastero etiopico e il suk (dove compriamo spazzolino e dentifricio… si dimentica sempre qualcosa). Da Jaffa Gate saliamo sui bastioni, il biglietto costa 8/16 NIS studenti/adulti, che percorriamo fino alla Porta del Letame (Dung Gate). Rischiamo grosso, Domenico scivola e si fa parecchio male. Finita la camminata, ci troviamo all’ingresso del Muro Occidentale o Muro del Pianto, luogo sacro per gli Ebrei. Controlli di sicurezza leggeri e si accede alla spianata. E’ Shabbat e nessuna foto è permessa. Indossiamo la kippa, scriviamo i nostri biglietti con la preghiera e li deponiamo tra le fessure del muro millenario. Che emozione!! La spianata è divisa in due: uomini e donne. Una parte del muro prosegue lungo una galleria coperta, riservata agli uomini intenti a leggere testi sacri. Ci sono molti ortodossi, alcuni con cappotto e cappello di pelliccia (ci sono più di 30 gradi!). Usciamo attraverso la Dung Gate e ci dirigiamo verso il Monte degli Ulivi e il Giardino del Getzemani, costeggiando la valle di Giosafat. Incredibile travarci nei luogi della Bibbia! Nel giardino, almeno 3 ulivi hanno più di 2000 anni. Entriamo nella Basilica delle Nazioni, che custodisce una grande pietra sulla quale, si dice, Gesù sudò sangue. Proviamo a visitare la Chiesa Russa di Maria Maddalena, con le cupole dorate, ma è chiusa. Poco distante, visitiamo la tomba di Maria Vergine. E’ piena di antiche lampade di ottone; è il luogo dove Maria è stata sepolta dai discepoli. Ritorniamo al convento, siamo stanchi, fa caldo e la prima giornata è stata carica di emozioni. Gerusalemme ci ha subito colpito, è un sorprendente crocevia di culture, religioni, lingue, costumi. Ripercorrere i luoghi del Vangelo dei quali abbiamo sempre sentito parlare è emozionante. Per tutta la città gruppi di pellegrini recitano preghiere, portano croci e cantano. Le tensioni politiche che tormentano Israele e la Palestina sembrano lontano. Ad un certo punto, la vista dell’enorme muro di cemento che recinta le zone occupate ce le ricorda. Finiamo di scrivere questo resoconto e il Muezzin richiama alla preghiera della sera. Subito dopo, in perfetta sintonia, rintoccano le campane del Santo Sepolcro.

Domenica 12 settembre 2010 – GERUSALEMME Sveglia al canto del gallo (e non si fa per dire…). Da qualche parte c’è un gallo canterino particolarmente arzillo. Colazione in convento e subito fuori. Proviamo invano a visitare il Monte del Tempio e la Moschea di Al-Aqsa, ma è chiusa. Chiediamo a un soldato che ci dice che domani, forse, è aperta. Di fronte al Muro del Pianto prendiamo il bus n°2 fino al Central Bus Station e il n°20 fino al Monte Herzl, biglietto 6,20 NIS a persona. Da lì raggiungiamo a piedi lo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto, entrata libera, audio guida 20 NIS, mappa 5 NIS. E’ un complesso estremamente vasto, ci restiamo tutta la mattinata. Comprende il museo sulla storia della Shoah, scavato sotto terra in una struttura triangolare che rappresenta la metà della stella di Davide. Ogni sala è dedicata a un capitolo dello sterminio, con numerose testimonianze video e audio. Ci sorprende la sala dei nomi, a forma di imbuto, che conserva la storia individuale di molti degli ebrei sterminati. Visitiamo anche il complesso commemorativo ai bambini. Completamente buio, illuminato da candele, con una voce che ripete i nomi, l’età e la nazionalità dei bambini uccisi. Ci colpisce anche la sala della memoria dove arde una fiamma eterna su un pavimento coi nomi dei campi di concentramento. Percorriamo il viale dei giusti, dove ogni albero è dedicato ad una persona distintasi per aver salvato degli ebrei. Prima di uscire troviamo il monumento del carro bestiame, uno dei vagoni della deportazione, posto su un binario sospeso sul nulla, a strapiombo sulla collina. Usciamo commessi. Ripercorriamo l’interconnecting path dove dei cartelli spiegano le tappe della nascita dello stato di Israele e conducono all’Herzl Museum, o museo del sionismo. La collina è molto bella, ricoperta di pini e cedri. Prendiamo il bus 20 che ci riconduce verso la città vecchia. Scendiamo e facciamo sosta al mercato Mahame Yehuda, che vende di tutto. Daniele compra l’origano, Domenico una kippa. Una bancarella vende succhi di frutta particolari: Daniele scegli un succo verdissimo al cedro, Domenico uno piccantissimo di ginseng. A Daniele piace quello di Domenico, a Domenico quello di Daniele; ottima scelta. Riprendiamo il bus 20 fino alla Porta di Jaffa, e da li a piedi andiamo al Monte Sion dove visitiamo la sala del Cenacolo, la tomba di Davide, la Chiesa della Dormizione. A parte il bel mosaico con la Vergine, sono luoghi meno impressionanti e mistici rispetto a quelli visitati il giorno prima. Cerchiamo invano la tomba di Oskar Shindler, ma alla fine ci arrendiamo. Non lontano c’è il quartiere armeno, una città nella città. Entriamo nel quartiere ebraico, di più recente costruzione (dopo i bombardamenti del ’48); decidiamo di perderci nelle viuzze pulite e ordinate. Visitiamo il Cardo, l’antica strada romana che collegava la porta di Damasco con la porta di Sion. Arriviamo a Hurva Square, una bella piazza piena di teenager con la divisa militare. Fa una certa impressione vederli così giovani, con lo zainetto sulle spalle, peluches e ciondoli… e il mitra. L’atmosfera è da gita scolastica, più festosa che militare. La porta della Sinagoga di Hurva è aperta, e chiediamo di entrare. Domenico indossa fiero la sua kippa. E’ la prima volta che assistiamo a una cerimonia ebraica, si leggono i rotoli della Torah, la sala è gremita di uomini, le donne assistono dal piano superiore. Non sappiamo molto della cerimonia, ma l’atmosfera è mistica. Usciamo, passeggiamo senza meta e ci ritroviamo per caso di fronte al Santo Sepolcro; alla luce del crepuscolo è ancora più magico. Entriamo nella basilica e proviamo ad accedere alla piccola cappella che contiene il Santo Sepolcro. Si accede a gruppi di quattro nella sala antistante, per poi accedere a quella del Sepolcro. E’ in assoluto il luogo che ci colpisce maggiormente. Usciti, restiamo un po’ sui gradini del sacrato. Riprendiamo la strada del suk, e arriviamo al quartiere ebraico dove ci godiamo il primo falafel made in Israel. Il muezzin accompagno il nostro ritorno in hotel.

Lunedi 13 settembre 2010 – GERUSALEMME Sveglia alle 4 con il muezzin, poi è il turno del gallo, risultato: siamo già in piedi e in giro per il convento alle 6 di mattino. Colazione e usciamo. Terzo tentativo per visitare il Monte del Tempio, questa volta ci riusciamo. L’unico ingresso consentito ai non mussulmani è la “Porta dei Magrebini”, accanto al Muro del Pianto. Una passerella di legno collega la piazza all’area della moschea. Incredibile come sia tutto vicino. La spianata di Al-Aqsa si estende su un’area di circa due ettari, è tranquilla, silenziosa, con molti alberi e punti d’ombra. Parecchi turisti, soprattutto italiani chiassosi, e pochissimi fedeli. È un giorno feriale. Ai turisti è permesso visitarla solo al di fuori delle festività islamiche. I due monumenti principali della spianata sono la Moschea di Al-Aqsa (terzo luogo sacro per l’Islam) e la Cupola della Roccia, con la sua cupola dorata e le sue pareti esterne blu decorate con versetti del corano. Entrambi i luoghi sono preclusi ai non mussulmani. Usciamo e ci dirigiamo verso Gerusalemme Est, la zona della città a prevalenza mussulmana. Usciamo dalla città vecchia attraverso la Porta di Erode e proseguiamo sulla Saladin Street. Giungiamo alla Cattedrale anglicana di Saint George, dove una simpatica signora ci dà il benvenuto insieme a una coppia di turisti ortodossi-etiopi. Scendiamo per la Nablus Road fino alla Tomba del Giardino, luogo gestito da inglesi anglicani, considerato il possibile luogo della crocifissione e sepoltura di Cristo. C’è una parete di pietra a forma di teschio (“Golgota”) e una tomba che sembra rispettare il racconto del vangelo di Luca. Nel giardino gruppi di fedeli, per lo più asiatici, intonano canzoni religiose. Una coppia di indonesiani chiede di fare la foto con noi, anche in questo viaggio abbiamo avuto i nostri 5 secondi di fama (l’ultima volta è stato a Ho Chi Minh City). Usciti dal giardino ci dirigiamo verso Mea She’arim, il quartiere ebraico ultra-ortodosso. Sulla strada ci fermiamo alla Chiesa Etiope. Arriviamo a Mea She’arim, che ci sembra essere la parte più brutta, sporca e degradata della città. Ritorniamo in convento per mangiare e riposare un po’. Il pomeriggio lo dedichiamo a Betlemme. Dista pochi chilometri da Gerusalemme, ma è nei territori occupati (West Bank / Cisgiordania). Dalla stazione degli autobus, fuori dalla Porta di Damasco, prendiamo il bus N° 21. Una signora italiana che vive a Betlemme prende il nostro stesso autobus, e ci dà una mano. Costo 6.20 NIS a persona. Il bus ci lascia quasi in centro, attraversiamo il suk e arriviamo alla Basilica della Natività. Da una porta strettissima, entriamo nella basilica. Sul pavimento si vedono i bellissimi mosaici del IV secolo. Una piccola scala porta alla cripta che ricorda il luogo della nascita di Gesù. Sul pavimento c’è un foro circondato da una stella d’argento a 14 punti, che ricorda le 14 stazioni della via crucis. Un gruppo di italiani canta una canzone religiosa, che emozione. Un’atmosfera solenne che ci commuove. Visitiamo anche l’adiacente chiesa di Santa Caterina, la cappella della grotta del latte e il suk. Prendiamo la via del ritorno. Non esistono mezzi di trasporto palestinesi che possano portarci a Gerusalemme. Bisogna prendere un taxi, per 15 NIS, fino al check point, punto di frontiera tra Cisgiordania e Israele, separati dall’enorme muro di cemento e filo spinato. I controlli sono rigorosi. Ci chiedono passaporto, si passa tutto al metal detector. È la prima volta, da quando siamo arrivati, che tocchiamo con mano le tensioni che lacerano questa terra. Saliamo sul bus n° 21 che ci riporta a Gerusalemme per 4 NIS a persona, fino alla Porta di Giaffa. Ceniamo nel quartiere ebraico vicino alla Sinagoga di Hurva: hummus e falafel per 35 NIS, più birra a 17 NIS. C’è un’atmosfera festosa, i ragazzi si radunano chiassosi sulla piazza, molti sono ebrei americani. La giornata è finita.

Martedì 14 settembre 2010 – GERUSALEMME Sveglia alle 5, niente colazione e subito al Santo Sepolcro per la messa in italiano celebrata da un prete asiatico. Non siamo particolarmente religiosi, ma a Gerusalemme lo sentiamo importante. Ritorniamo in hotel per doccia e colazione, quella non la saltiamo mai. Ci dirigiamo verso il Muro del Pianto per visitare le gallerie sotterranee. Una guida (20/30 NIS studente/adulto) ci spiega la storia del Tempio conducendoci tra stretti passaggi per tutta la lunghezza dell’antico Tempio di Gerusalemme. L’uscita si trova proprio di fronte al nostro convento. Ritorniamo alla Dung Gate per dirigerci alla valle di Giosafat, una stretta valle tra la città antica e il Monte degli Ulivi. Secondo la Bibbia, qui avverrà il giudizio universale. Nella valle ci sono alcune antiche tombe e grotte scavate nella roccia. Scarpiniamo la collina per arrivare al cimitero ebraico che oggi ricopre un versante del Monte degli Ulivi. Si gode un panorama mozzafiato di tutta la città vecchia. Facciamo una sosta alla chiesa del Dominus Flevit (“il signore pianse”) e proseguiamo fino alla sommità della collina. Anche da qui la vista è meravigliosa, ma meno mistica: ci sono venditori di cianfrusaglie per turisti e un asino e un cammello per fare le foto ricordo. Ritorniamo in convento per riposare qualche istante, e poi di nuovo in marcia verso la Cittadella (Torre di David), vicino alla Porta di Giaffa. È un castello-fortezza. Una cinquantina di esaltati provenienti da tutto il mondo, appartenenti alla fantomatica “All Nations Convention”, si era data appuntamento sul tetto della torre per cantare, ballare, suonare la cetra e fare il girotondo, incitati da un santone americano. Notevole il suonatore di arpa, ma nel complesso tutti molto ridicoli. È quasi ora di cena, andiamo a Gerusalemme centro per mangiare un boccone. È una zona piena di locali carini e angoli simpatici. Col buio rientriamo in città, facciamo la consueta tappa al Santo Sepolcro e al Muro del Pianto, i due luoghi che più ci sono entrati nel cuore. Domenico lascia sul muro il biglietto che aveva preparato. È il nostro addio a Gerusalemme, domani si parte.

Mercoledi 15 settembre 2010 – MIZPE RAMON Sveglia alle 6.15. Colazione e in marcia verso l’agenzia della Sixt dove abbiamo prenotato (da casa) l’auto che useremo per il resto del viaggio. Le procedure ci tengono impegnati per circa due ore, ma alla fine recuperiamo una Fiat Punto bianca, e si parte. Uscire da Gerusalemme è più semplice di quanto ci aspettassimo. Seguiamo le indicazioni per Betlemme e ci ritroviamo al check point da cui siamo passati due giorni prima. Piccolo errore, marcia indietro e prendiamo la strada giusta: route 60 direzione sud. I cartelli stradali sono chiari. Non ci accorgiamo neppure di entrare in Cisgiordania, in compenso uscire è ben più evidente. Al posto di blocco ci fanno aspettare una ventina di minuti per il controllo dei passaporti e perquisiscono l’auto. Ci chiediamo perché il controllo dei nostri passaporti duri più a lungo che per i palestinesi, boh. Proseguiamo in direzione di Sde Boker, nel deserto del Negev, dove visitiamo velocemente la casa natale di Ben Gurion, fondatore dello stato di Israele. Niente di che, ma era sulla strada… La seconda tappa è più interessante: il parco nazionale di Ein Avdat. È una stretta valle molto suggestiva. Biglietto 25/42 NIS studente/adulto. Il sentiero ci porta in un canyon scavato nella roccia bianca sedimentaria intervallata da strati di roccia nera. Dopo qualche minuto arriviamo a una pozza d’acqua trasparentissima su di un fondale verde. La Lonely la descrive come una pozza di acqua gelata, non sembra proprio esserlo. Ci sono diversi stambecchi che si abbeverano e pascolano. Ci arrampichiamo sulla parete di roccia per arrivare a delle grotte usate anticamente dai monaci cristiani per nascondersi durante l’occupazione bizantina. Ritorniamo al parcheggio, recuperiamo l’auto e ci dirigiamo verso l’ultima tappa della giornata: Mizpe Ramon. È una piccola località costruita sul bordo del cratere omonimo. Il panorama è da mozzare il fiato, il cratere è profondo 300 metri ed ha un diametro di 8 Km, ricorda il Gran Canyon. In teoria si potrebbero percorrere dei sentieri naturalistici, ma si è fatto tardi e dobbiamo ancora raggiungere il villaggio beduino alla base del cratere dove passeremo la notte. Piccola sosta al supermercato per recuperare la cena, e scendiamo in auto dentro al cratere. Dopo15 km di curve e altri 5 di strada sterrata arriviamo a quello che da lontano sembra un accampamento militare: Be’erat Camping. Una struttura isolata, spartana, in pieno deserto. Siamo gli unici ospiti. Due beduini di lingua araba ci accolgono, non proprio in maniera ospitale. Per dormire per terra sui materassini ci chiedono 65 NIS. Il deserto del Negev è bellissimo, nulla a che vedere col Sahara. È una distesa di pietre interrotta qua e là da oasi e campi coltivati. Dormire nella tenda è un’esperienza unica, anche se ci fa un po’ paura, abituati come siamo ai rumori e alle luci della città. Cena frugale con pane, biscotti e mele.

Giovedi 16 settembre 2010 – AVDAT / MASADA Ci svegliamo alle 5:00 nella tenda beduina. Nella notte abbiamo passato le fasi del: cane che abbaiava, le zanzare che pungevano, mosche che ronzavano, il cane che leccava la caviglia di Domenico, insetto non meglio identificato che si arrampicava sulla gamba di Daniele. Nonostante la notte non delle migliori, lo spettacolo del cratere all’alba è di rara bellezza. Consigliamo comunque di godersi il cratere senza dormire nella tenda beduina; l’ospitalità dei beduini non è stata delle migliori, ma forse siamo capitati nei giorni sbagliati. Facciamo la doccia all’aperto con un tubo dell’acqua trovato accanto allo stabilimento (chiuso) delle docce. Partiamo che i beduini ancora dormono. Risaliamo in auto il cratere fino alla cittadina di Mizpe Ramon, dove compriamo cornetti e cappuccino, per mangiarli sul bordo del cratere, con il precipizio sotto i nostri piedi e gli stambecchi poco lontani. Veniamo fermati dalla polizia per una conversione a U non autorizzata. Vabbè… All’alba nel mezzo del deserto…. Riprendiamo il viaggio, prima tappa Avdat. Una delle principali città Nabatee della rotta dell’incenso, insieme a Petra in Giordania. Biglietto di ingresso 21/25 NIS studenti/adulti. La città è molto bella, su una collinetta. Un serpente ci taglia la strada, pauuuura. Le rovine sono ben conservate e lasciano immaginare la vita dell’epoca. Tuttavia, nulla in confronto con la seconda meta della giornata: Masada. Per arrivarci attraversiamo ancora una parte del Negev, costeggiando la città di Damona (sede dell’arsenale nucleare israeliano), le vasche di evaporazione a sud del Mar Morto e gli impianti industriali. Alla fine arriviamo al centro visitatori di Masada. Costo del biglietto per la sola andata in funicolare 45 NIS. Fa caldo, è mezzogiorno, siamo nel mezzo del Negev e non c’è un albero che possa farci ombra. Masada è una fortezza (quasi) inespugnabile a 800 metri al di sopra del livello del mare. Anticamente era la residenza invernale di Erode il Grande (quello della strage degli innocenti…). Durante il periodo romano vi si rifugiarono gli ebrei, l’esercito mise sotto assedio la città che capitolò dopo diversi mesi. Gli ebri preferirono tutti togliersi la vita piuttosto che diventare schivi: 10 ebrei vennero scelti a sorte per uccidere gli altri e darsi, infine, loro stessi la morte. Tra le rovine, furono trovati i ciotoli per il tiraggio a sorte. La città è ben conservata, la vista sul Mar Morto e la Giordania meravigliosa. Gli strapiombi da mozzafiato. Daniele non visita il Palazzo Nord, accessibile da una scaletta di ferro sospesa nel nulla, a 800 metri di altezza. Ritorniamo al centro visitatori a piedi, percorrendo il “sentiero del serpente” per circa un’ora. E’ una bella passeggiata, piacevole, all’ombra, e con una vista meravigliosa. Riprendiamo l’auto e in pochi minuti siamo a Ein Gedi, la località di villeggiatura nella quale resteremo per due giorni. Dormiamo allo Youth Hostel, 110 NIS a notte a persona in dormitorio. Andiamo nel kibbutz vicino per fare un po’ di spesa: hummus, vino scadentissimo, pane e frutta. Ci sediamo sul prato a cenare. Il kibbutz ha l’aspetto di un villaggio turistico, calmo e curato in ogni particolare. Alberi bellissimi, prati curati, case ordinate, gente cordiale. Un signore anziano ci racconta la sua vita, i suoi viaggi, le sue avventure. E’ poliglotta, ha girato mezzo mondo e ha tanta voglia di parlare. Rientriamo in hotel, l’afa fuori è insopportabile.

Venerdì 17 settembre 2010 – EIN GEDI (Mar Marto) Sveglia alle 7:00 e colazione. Facciamo conoscenza con due signori scozzesi che ci raccontano il motivo del loro viaggio e di come abbiano sentito una “chiamata” religiosa trent’anni prima. In auto andiamo alla Ein Gedi Spa, 55 NIS grazie allo sconto del 20% dell’ostello. Passiamo la mattinata a cospargerci di fango dalla testa ai piedi, capelli compresi. Siamo ridicolissimi. Ci laviamo nelle acque salatissime del Mar Morto. Immergersi dà strana sensazione, si galleggia come un ciocco di legno. Cosa che non dicono le guide: l’acqua salatissima brucia quando entra negli occhi! Per fortuna nel mare, poco lontano dalla riva, ci sono delle piccole zattere di legno con rubinetti di acqua dolce per sciacquarsi gli occhi. Il sole è fortissimo, il paesaggio impagabile: da un lato le montagne nude e arse di Israele, dall’altro il Mar Morto e in lontananza la Giordania. Usciamo verso le 14:00, un gruppo di signore russe intona Shalom Aleichem (vedasi YouTube), probabilmente per celebrare l’inizio dello Yom Kippur. Usciti dalla spa andiamo al supermercato del kippuz. Alle 18:00 inizia lo Yom Kippur, la più importante festa religiosa ebraica, per 25 ore gli ebrei si astengono da qualsiasi attività per pregare e celebrare Dio. Unica attività permessa: la lettura dei testi sacri. In serata ritorniamo in spiaggia per l’ultimo bagno al chiaro di luna, l’acqua è caldissima, molto di più in profondità che in superficie. Sulla spiaggia ci sono solo arabi israeliani, che arrossiscono carne alla brace. Cena frugale e nanna.

Sabato 18 settembre 2010 – EIN GEDI (Mar Marto) Sveglia alle 7:30 per la colazione. Giornata di relax sul Mar Morto, fino alle 10:00. Siamo “immobilizzati” anche noi per lo Yom Kippur. La TV si astiene dal trasmettere programmi, le auto non circolano, i negozi sono chiusi… Ogni attività è sospesa. Recuperiamo le energie per il giorno dopo. Fa caldissimo, alle 10:00 del mattino ci sono 38°. L’umidità è altissima. Mettiamo il naso fuori dalla camera solo verso sera. Abbiamo passato quasi tutta la giornata in camera, fra pisolini, lettura nella Lonely e sistemazione della valigia.

Domenica 19 settembre 2010 – GALILEA L’itinerario della giornata si annuncia intenso. Decidiamo di alzarci alle 4:30. Il mar morto all’alba è bellissimo. Partiamo verso nord in direzione di Bet She’an. Arriviamo alle 7:30, molto prima del previsto; il parco archeologico apre alle 8:00. Visitiamo i resti dell’antica città romana, biglietto 21/25 NIS studenti/adulti. La visita prende circa un’ora; è mattina presto ma fa già caldissimo. Ci rimettiamo in auto verso la Galilea Superiore, costeggiando il lago di Tiberiade. Superiamo la città omonima e dopo qualche esitazione con le strade arriviamo a Tabgha. Pensavamo di trovare una città ma in realtà ci sono solo tre santuari: il Monte delle Beatitudini, il Santuario del Primato di Pietro e quello della moltiplicazione dei Pani e dei Pesci (quest’ultimo chiuso di domenica). Il Monte delle Beatitudini è su una collinetta tranquilla e verdeggiante, 10 NIS l’entrata per macchina (fee entrance). Il Santuario del Primato di Pietro è vicino al lago, quasi sulla riva. Anche qui l’atmosfera è molto pacifica. Il Santuario ricorda l’apparizione di Gesù risorto a Pietro e la fondazione della Chiesa. Poco distante c’è Cafarnao. La città non esiste, sono i ruderi della antica città biblica con la casa di Pietro dove visse anche Gesù. C’è anche la sinagoga dove predicò. Non molto distante anche Magdala, la città natale di Maria Maddalena, che però non visitiamo. Concludiamo la mattinata “religiosa”. Nel pomeriggio pranziamo in un buon ristorante al centro commerciale di Rosh Pina: degli ottimi Hamburger e del pane fatto in casa da immergere dell’olio. Facciamo un breve giro nella cittadina di Rosh Pina, fatto di casette di legno (tipo chalet) eleganti in cima alla collina. La tappa successiva è il lago di Hula, riserva naturale visitable con golf car (145 NIS per due ore + fee entrance 3 NIS per persona). Troviamo la passeggiata piuttosto interessante, ci sono un’infinità di volatili e nutrie (importate dal Messico, e che hanno infestato il parco). Riprendiamo l’auto verso l’ostello di Tel Hai vicino a Kiryat Shmona (135 NIS a persona nel dormitorio, ma per lo stesso presso ci danno la doppia perché il dormitorio è pieno di studenti chiassosi).

Lunedi 20 settembre 2010 – MONTE HERMON / TSFAT Sveglia presto e colazione con un sacco di giovani militari. I mitra sono appoggiati qua e là. La colazione è abbondante, poi partiamo alla scoperta del Golan. La prima tappa è il castello di Nimrod, arroccato sulla sommità della montagna. Oltre a noi, solo altri due viaggiatori e una colonia di strani animaletti tipo castorini. Per visitare il castello paghiamo 25 NIS. Giriamo il castello a piedi, sotto un sole già caldo. Rimprendiamo l’auto verso il Monte Hermon, il più alto di Israele (2224 metri). Passiamo per Neve Ativ, una località turistica in stile alpino, e attraversiamo anche Majdal Sham, un centro druso di poco interesse. Sembra che l’intero paese sia in costruzione, la maggiore parte delle case sono recentissime. I cartelli stradali sono inesistenti e sbagliamo strada qualche volta prima di riprendere la strada verso il monte Bental (1165 metri). Sulla cima c’è il fortino di difesa usato durante la guerra dello Yom Kippur. Dal belvedere si può ammirare la zona di disimpegno, sotto il controllo delle Nazioni Unite e, poco più distante, il confine con la Siria. Si vedono i resti della città distrutta di Quneitra, ricostruita pochi chilometri più a nord in Siria. Sul monte beviamo caffè con biscotti in un modernissimo chalet e visitiamo il fortino. Iniziamo la discesa verso sud attraverso il Golan, tra frutteti (soprattutto di mele, melograni, pesche, pere…) oltre a vigneti a perdite d’occhio. Ultima tappa della giornata è Tsfat. Anticamente centro arabo riconquistato dagli ebrei nel 1948 e fatta centro di studio della Cabbala. E’ il primo giorno dei Sukkot, la festa dei tabernacoli: ovunque in città si costruiscono capanne improvvisate per ricordare l’attraversata del popolo nel deserto. Si vendono cedri a più di 200 NIS l’unità. Troviamo molto belli i quartieri delle sinagoghe e degli artisti, separati l’uno dall’altro da una lunga scalinata. Ci sono molti negozzietti, botteghe d’artisti e caffè; l’atmosfera è piacevole. Molto più animata è Jerusalem Street, l’arteria principale della città. Qui molti ebrei sono di origine americana, è strano sentire l’accento americano mischiato all’ebraico moderno. Anche la nostra padrona di casa (B&B Sincha) è americana. Il B&B ha una sola stanza, per 300 NIS a notte, ed è inaspettatamente consigliato dalla Lonely Planet. La padrona di casa è molto gentile ma la stanza è spartana. Ceniamo al Bagdad Caffé in Jerusalem Street, un ristorante vegetariano che ci serve Hummus e Lebane (formaggio di capra), accompagnati da insalate e ottimo pane caldo. Martedi 21 settembre 2010 – AKKO Sincha ci prepara una colazione Yemenita, pane con salsa di pomodoro e cipolle, spezie e uova all’occhio di bue. Lasciamo Tsfat per dirigersi verso la costa, prima tappa Rosh Hanitra, al confine col Libano. Facciamo solo una rapida tappa per mirare il paesaggio e la bellezza del Mediterrano. Anche in mare il confine è segnato, ci sono boe e una nave militare. Seconda tappa di oggi è Nahariyya, popolare località turistica del nord del Paese. Ricorda la costa romagnola. Per l’ora di pranzo arriviamo ad Akko, città portuale e antica sede dei cavalieri templari. Ci accoglie Zippi, una signora simpatica presso cui avevamo prenotato il B&B. Anche qui camera molto spartana, per 150 NIS a persona. Per la prima volta vediamo un upupa, uccello simbolo di Israele. Fuori fa caldissimo ma usciamo a scoprire Akko. La città antica è molto bella ma non è tenuta benissimo. Visitiamo la Cittadella, che fu antica fortezza dei templari arrivati con le crociate. Visitiamo anche il tunnel sotterraneo che permetteva la loro fuga verso il mare. Visitiamo il porto, una moschea, le mura e ci perdiamo tra le viuzze. Percorriamo le mura esterne e recuperiamo l’auto, fa troppo caldo per girare ancora. Ritorneremo in città più tardi, dopo il tramonto. Passeremo la serata sulla terrazza di un ristorante, con vista sul porto di Haifa, le cui luci si vedono in lontananza. L’atmosfera è molto bella, le luci della città si riflettono sul mare, la musica araba (con tanto di video proiettati su di un telo in mezzo al mare), il profumo del narghilé…

Mercoledì 22 settembre 2010 – HAIFA Sveglia alle 7:00, niente colazione e partenza per Haifa. Arriviamo al Guttember Institut verso le 9:00, dove avevamo prenotato la camera per 300 NIS. Ne paghiamo 260 NIS forse perchè la colazione non è servita, essendo giorno festivo. Camera minimalista, ma pulita. Siamo a due passi dai giardini Baha’i, che non si posso visitare interamente essendo un luogo sacro. Discendiamo la collina fino al porto (quasi 2 ore!). I giardini sono bellissimi e curati nel minimo dettaglio. Ai piedi dei giardini c’è la Colonia Tedesca, una bella via fiancheggiata da bar alla moda. Ci sediamo a bere una limonata alla mente e qualche aperitivo salato. A piedi arriviamo al Museo Marittimo, da dove parte la funivia (19 NIS) per visitare il Monastero Carmelitano di Stella Maris, in cima al Monte Carmelo. Ritorniamo in albergo con una lunghissima passeggiata, cerchiamo invano di prendere la metro (l’unica in Israele) ma è chiusa essendo giorno festivo. Ripieghiamo su di un taxi. Passiamo la serata in un bar del Carmel Center, zona animata secondo la Lonely, ma a noi non sembra proprio…

Giovedi 23 settembre 2010 – CESAREA / NETANYYA / TEL AVIV Sveglia alle 6:00, colazione frugale con cereali, latte e caffé, e subito in auto in direzione di Caesarea. Trovare il parco archeologico è un’avventura, non ci sono molti cartelli. Alla fine arriviamo e rimaniamo favorevolmente sorpresi dall’organizzazione della struttura recettiva. Il sito mescola alle rovine dell’antica città fatta costruire da Erode ai servizi di un centro vacanze. Il sito fu ideato e finanziato dal barone de Rothschild. Guardiamo due video sulla Caesarea antica e un sistema interattivo di ologrammi cui porre domande. Visitiamo il sito, l’antifiteatro e l’ippodromo. Sullo sfondo ci sono delle enormi ciminiere industriali, vabbè. Ripartiamo per fare sosta a Netanyya, centro dell’immigrazione ebraica francese; facciamo una passeggiata sul lungomare e un pranzo leggero. Poi arriviamo all’ultima tappa del nostro viaggio: Tel Aviv. Poco prima di arrivare in città facciamo il pieno di benzina e viviamo attimi di panico, non troviamo più i nostri soldi. Neanche l’ATM funziona, e non riusciamo a pagare la benzina. Domenico si fa accompagnare da una signora gentile in città per prelevare e lascia Daniele in ostaggio al benzinaio. Quando Domenico torna, si ricorda dove avevamo nascosto i soldi. Arriviamo in città e troviamo facilmente l’ostello Hayiarkon 48 (dormitorio 5 letti con aria condizionata 315 NIS a testa). L’albergo non è un granchè ma ci accontentiamo. Posiamo i bagagli e andiamo a goderci la prima giornata di mare e sole alla Hilton Beach, proprio accanto alla spiaggia per gli ebrei ortodossi. Aspettiamo il tramonto e ritorniamo in ostello. La sera la spiaggia si anima di ristoranti e bar alla moda. Ci godiamo una birra con i piedi nella sabbia. Ci prepariamo per la cena e decidiamo di andare a Yaffo (Giaffa) approfittando dell’auto che restituiremo il giorno dopo. Yaffo è l’antico porto di Tel Aviv con una meravigliosa vista su tutta la città. Cena con calamari fritti e hummus. Ritorniamo in città per un ultimo drink da “Evita”. Domenico inciampa per l’ennesima volta, Daniele ha il vomitino post-calamari…. Insomma, ritorniamo in hotel.

Venerdì 24 settembre 2010 – TEL AVIV Ci alziamo presto e chiediamo di cambiare stanza, per una doppia con aria condizionata (385 NIS al giorno). Va molto molto molto meglio, il dormitorio non faceva per noi. Andiamo a rendere l’auto all’hotel Hilton. Troviamo subito il parcheggio ma camminiamo tanto per trovare l’agenzia Sixth. Restiamo direttamente in spiaggia per un altro giro di abbronzatura (come sempre, Domenico si lamenta, Daniele si ustiona). Pranziamo in un ristorante sulla spiaggia: ottimi hamburger e insalata israeliana copiosa. Ritorniamo in spiaggia e restiamo fino al tramonto. In serata andiamo all’antico porto, a nord di Hilton Beach. E’ un chilometro di locali molto belli e animati in riva al mare. Prendiamo da bare allo Speedo (lo stesso dei costumi). Ritorniamo stanchi in hotel, nella nostra nuova stanza indipendente. Ottima scelta.

Sabato 25 settembre 2010 – TEL AVIV Sveglia tardi: 7:30. Colazione con pane, marmellata e caffé. Cerchiamo di visitare il Carmel Market ma è Shabbat ed è tutto chiuso. Gironzoliamo per la città e troviamo un paio di case Bahaus, per le quali Tel Aviv è riconosciuta Patrimonio dell’Umanità. Forse l’Unesco questa volta ha esagerato… Passiamo il pomeriggio in spiaggia, dove restiamo fino al tramonto (meraviglioso).

Domenica 27 settembre 2010 – TEL AVIV Colazione e check out. Lasciamo i bagagli in hotel e ci dirigiamo verso il Carmel Market. E’ una piccola via, stretta e piena di bancarelle che vendono frutta, verdura, succhi e capi d’abbigliamento falsissimi. L’atmosfera è piacevole, ci offriamo due t-shirt e quella spezia col sesamo tanto buona che abbiamo visto usare a Gerusalemme. Passeggiamo per la via della “moda” della città (Diesel, Puma e Nike), recuperiamo il bagaglio in hotel e andiamo in aeroporto. Autobus 5 NIS, treno 14 NIS. All’aeroporto i controlli sono severissssssimi. Subiamo un vero e proprio interrogatorio (come vi siete conosciuti? come si chiamano i vostri genitori? per chi lavorate? perchè un solo bagaglio? …). Un’operatrice controlla ogni angolo e capo nella valigia per cercare esplosivi. Domenico subisce un interrogatorio più approfondito a causa dei timbri marocchini sul suo passaporto. Domande pressanti e mirate per capire cosa facesse laggiù. Si infastidisce molto, sembra gli facciano una colpa dell’aver lavorato all’estero. Daniele lo ritiene piuttosto normale, considerando le minacce a cui è costantemente sottoposto Israele. Alla fine partiamo, se ritorna a casa a Parigi.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche