Oman tra favola e modernità

Un Paese ancora poco turistico con spettacolari scorci e atmosfera magica
Scritto da: airada
Partenza il: 07/10/2013
Ritorno il: 14/10/2013
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Moneta: rial omani (1 rial = quasi 2 euro)

Prese elettriche: tipo inglese

Meteo trovato a ottobre: prevalentemente molto caldo dovunque

PREMESSE

L’Oman è un paese affascinante in rapidissimo sviluppo, ma che conserva ancora intatta l’atmosfera incantata del passato. Nonostante strade e autostrade moderne, un’infinità di autovetture di lusso (prevalentemente fuoristrada), rete elettrica diffusa in tutto il paese, anche nelle strade provinciali più sperdute, si percepisce ancora la magia dei paesaggi antichi. Distese di deserto, di montagne grige o rossastre, aride, che creano paesaggi lunari, mare azzurro-verde che lambisce una costa ancora selvaggia, canyon spettacolari, con verdissime piscine d’acqua dolce. Paesini e città popolate da uomini tutti vestiti con gli abiti tradizionali e il kum in testa e donne prevalentemente in nero e capo coperto. Forti-castelli di color giallino-rosa che, insieme a torri di avvistamento, caratterizzano il paesaggio. Capre e dromedari in fiere del bestiame, mercati di pesce e verdura nei paesi dei pescatori. Tornando a casa dall’Oman, porto nel mio ricordo una specie di quadri, istantanee fissate nella mente, con dei colori particolari, caldi e avvolgenti. La gentilezza delle persone, il sorriso dei bambini e dei giovani, con occhi color nocciola e languidi. Il caldo da fornace, il venticello leggero nelle gite in barca, ammirando la costa movimentata. A volte mi sono sentita immersa nello scenario di un’antica favola delle mille e una notte.

IL VIAGGIO

Parto con due amiche, prenotando tramite un tour operator su internet che mi offrirà il volo, un tour organizzato di 6 giorni, con l’aggiunta di un giorno extra, individuale, con jeep e autista-guida.

lunedì-07 ottobre-1° giorno

Parto da Fiumicino con volo Qatar QR 82 delle 11.30, in ritardo di circa 45 min.: viaggio tranquillo di oltre 5 ore. Mi offrono un aperitivo con un buon succo di mango e salatini e poi un pranzo con pollo in salsa di cocco e lime. Arrivo a Doha in ritardo e perdo il volo di coincidenza. L’aeroporto è molto bello (me lo ricordo ancora bene dalla sosta nel viaggio verso l’Iran). Mi sistemano sul volo successivo delle 21 (QR 172). Faccio telefonare all’agenzia omanita Magic Arabian per avvisare del nostro ritardo, sperando di trovare qualcuno all’aeroporto.

A causa del disagio subìto, la compagnia aerea ci dà un buono-dinner e ceniamo in un ristorante Qatar, carino, a buffet. Dovunque mi giro vedo donne in nero completamente coperte, talvolta anche gli occhi, mentre li uomini arabi hanno caftani bianchi.

Martedì-08 ottobre-2° giorno

Bellissima la prima impressione di Muscat, immensa: più che una città la definirei una zona circondata da alture aride di colore marroncino, nella quale sono insediati dei quartieri-paesi, come Mutrah, Ruwi (dove si trova il nostro hotel), Al Qurum. Per legge in Oman tutte le case mantengono l’architettura tradizionale: non si vedono grattacieli, al massimo qualche palazzo a più piani e questo fa sì che la città mantenga un suo stile particolare.

Per andare dall’hotel Al Falaj alla Grande Moschea, impieghiamo parecchio tempo in bus sia per la distanza che per il traffico.

La Grande Moschea del Sultano Qaboos è bellissima: tutta in marmo bianco accecante. E’ moderna e veramente grandiosa. Per prima cosa entriamo nella sala delle donne e, credendola la sala principale, rimango un po’ delusa. Invece, avanzando nel cuore dell’edificio, rimango a bocca aperta ammirando l’enorme tappeto, che prima era il più grande del mondo, superato ora da quello di Abu Dabi. Ma la cosa più sconvolgente è l’enorme lampadario Swarovski con oltre 1000 lampadine, veramente scenografico. All’ingresso della Moschea c’è una scolaresca omanita: tutti molto gentili, sorridenti e disponibili a farsi fotografare. Naturalmente noi donne ci dobbiamo coprire il capo con un foulard.

Dopo la Moschea ci dirigiamo a Mutrah, che sembra un piccolo paese sul mare, cuore antico di Muscat. E’ bellissimo l’impatto del lungomare che circonda la baia, con le rocce marroncine che movimentano il paesaggio, le case bianche ed i forti sullo sfondo. Al centro della baia c’è una cupola dalla quale parte il souk. Ne ho visti tantissimi, ma ognuno ha una sua caratteristica interessante. La bellezza di questo, abbastanza moderno, sta nel fatto di essere, per fortuna, poco turistico. Questo è il paese dell’incenso e nel souk si sente spesso quest’odore diffuso. Dovunque ti giri vedi uomini che indossano i bellissimi abiti tradizionali, tuniche bianche immacolate, lunghe alla caviglia e senza colletto (dishdasha), con i cappellini caratteristici, cilindrici e ricamati (di colore marrone, mattone, beige, verde marcio, su fondo chiaro), che si chiamano Kum (o Kummah). Però negli uffici pubblici gli omaniti indossano un altro tipo di copricapo, il Mussar, un tessuto di forma quadrata sistemato a turbante. Indossano poi delle caratteristiche mutande a pareo (in seguito la nostra simpatica guida Luis cercherà di spiegarci come vengono indossate). Dal collo del vestito pende un cordoncino (Furakha) che viene impregnata di profumo. Le donne invece indossano tutte abiti neri (abaya, spesso ricamati in modo prezioso) con il viso quasi sempre coperto da una specie di tendina, molto poche quelle a volto più scoperto.

Ripreso il bus, ci dirigiamo verso il museo Baïy Al Zubair, veramente bello, perché ricco di oggetti particolari e rappresentativi della cultura dell’Oman. Mi colpiscono soprattutto i tipici pugnali (khanjar), ricurvi, in argento, elegantemente cesellati ed inseriti in cinture di pelle decorate con fili d’oro e d’argento. Ancora oggi molti uomini li portano indosso. Stupende le collane, con appese piccole borsette che contengono versi del corano, ciondoli con simboli fallici e religiosi e altri gioielli veramente splendidi per fattura ed originalità. Completano la collezione delle pesantissime cavigliere, armi, maschere per il viso, usate ancora oggi da alcune donne omanite, quadri che raffigurano l’attuale sultano (l’Oman è un sultanato ereditario) e gli usi del paese.

Per completare la mattinata andiamo, a piedi, a fare una passeggiata di fronte al palazzo di Al-Alam, residenza del Sultano, con decori azzurri e oro ed una cancellata scura con stemmi dorati circolari che mi ricordano Buckingham Palace. Di fronte spicca un altro edificio bianco con due ali laterali ed intorno collinette con torri circolari. Tante bouganville costeggiano il palazzo e, girando l’angolo, riusciamo a scorgere i due forti che delimitano la baia, Mirani e Jalali, risalenti al XVII secolo.

Pomeriggio stupendo con gita in barca al tramonto lungo la costa sud di Muscat. Scorci di rocce, spiagge incontaminate con accesso solo dal mare, bellissimi hotel (Al Bustan, Shangri-la) e villaggi di pescatori. La luce del tramonto che esalta il colore rossiccio degli scogli e l’aria calda sul viso mi danno una meravigliosa sensazione magica.

Cena tranquilla in hotel, buona: abbigliamento informalissimo.

Mercoledì-09 ottobre-3° giorno

Lascio il bagaglio più grande in hotel (dove torneremo tra qualche giorno) ed iniziamo il viaggio verso il deserto. Prima però attraversiamo una zona molto bella, verde ed elegante: è il quartiere di Al Qurum, pieno di ambasciate, hotel, ristoranti e la monumentale Royal Opera House (inaugurata l’anno scorso): qui ci proponiamo di tornare a cena.

Facciamo una sosta alla fabbrica di profumi Amouage: pensavo che fosse la solita fermata, tipica di tutti i tour, ad un negozio di prodotti locali, invece scopro che questa marca è molto famosa, cara ed esportata in tutto il mondo. Provo qualche essenza.

Ci viene offerto il famoso “khawa”, caffè omanita aromatizzato con cardamomo, acqua di rose e altre spezie: è buono e leggero (anche se non ha niente in comune con il nostro caffè) e si deve gustare assaggiando prima degli squisiti datteri che qui in Oman sono poco dolci e morbidissimi.

Appena usciti da Muscat il paesaggio è subito arido e deserto: rocce grigio-beige con qualche sporadico ciuffo di verde. Lo strano (sintomo di grande ricchezza) è che anche tutte le strade non cittadine abbiano… l’illuminazione: infatti ora realizzo che quei ricami di luce che vedevo dall’aereo erano vie extraurbane.

Ci dice la guida che non è raro trovare in mezzo a questo “nulla” dei parchi-giochi attrezzati, meta di gite degli omaniti che non dimenticano mai di portare con loro in macchina il barbecue.

Arriviamo al Wadi (letteralmente”valle”, scavata nella roccia da acque dolci che corrono verso il mare) Bani Khalid, un posto bellissimo che si raggiunge a piedi dopo aver parcheggiato il bus. La strada non è molto lunga: si cammina su un sentiero brecciato costeggiato da canaletti che ogni tanto si allargano in pozze di acqua verde smeraldo. Tutt’intorno le palme dell’oasi spiccano sulle rocce aride. Arriviamo ad un cartello che invita a fare il bagno “vestiti adeguatamente”. La popolazione dell’Oman è molto tradizionalista e qui (a parte negli hotel o nelle spiagge deserte) è inconcepibile fare il bagno in luoghi pubblici con il costume. Questo posto è meta dei pochi turisti del paese e delle famiglie omanite che vengono qui nei giorni di festa per fare pic-nic. In fondo c’è un ponticello che attraversa lo specchio d’acqua più grande, a sinistra, mentre un canale più stretto, a destra, sparisce dietro le rocce bianche. E’ veramente bello: ci accomodiamo ai tavoli di un ristorante e a aspettiamo che ci venga servito il pranzo (riso e pollo). Sono molto tentata di tuffarmi nella pozza verde, ma un po’ titubante: devo spogliarmi, indossare un pareo sul costume e poi cambiarmi di nuovo: insomma alla fine mi convinco a seguire un’amica che entra in acqua e mi chiama incoraggiandomi. In fondo la mia filosofia è “ogni lasciata è persa” e sono davvero contenta di non aver sprecato questa opportunità. Acqua calda, ambiente particolare, il sole in viso….bellissimo.

Riprendiamo per il bus e ci dirigiamo verso le Wahiba Sands, un vasto deserto di dune arancioni:

arriviamo all’Orix Camp dopo aver lasciato il bus in un’area di servizio nella zona di Al Mintrib, ed essere saliti su comode jeep. Il tragitto sulla pista desertica è breve: il campo mi piace molto perché è abbastanza spartano, niente di lusso, ma per questo ha un’aria più “vera”. Le camere sono piccole ma accoglienti. Unico neo sarà il caldo durante la notte: non accendiamo l’aria condizionata perché troppo diretta sul corpo. Bellissima atmosfera prima e dopo cena sedute all’aperto su cuscini-divani, guardando le stelle. Saliamo con le jeep sulle dune per ammirare un bellissimo tramonto e poi scendiamo a tutta velocità sui pendii ripidi. E’ eccitante e divertente e mi ricorda una simile esperienza in Namibia.

Prima di andare a letto: meravigliosa atmosfera con cielo stellato, falce di luna.

giovedì-10 ottobre-4° giorno

Molto bella la luce del mattino nel deserto. Colazione nel ristorante (carino) dove ieri abbiamo cenato discretamente, su tavolini bassi.

Lasciamo il campo tendato e ci dirigiamo al villaggio di Ibra, molto antico e in rovina, con le tipiche case in “banco” (materiale di fango e paglia usato in Oman per costruire le abitazioni) e in pietra (quelle degli abitanti più ricchi). Questo luogo mi piace moltissimo per la luce ed i colori. Anche se ha alcune case nuove abitate, sembra un paese deserto, con rovine qua e là che lasciano intravedere interni con archi, decorazioni in stucco e porte in legno intagliate. In lontananza collinette con numerose torri di avvistamento e ciuffi di palme. Questa cittadina, una delle più antiche dell’Oman, si trova a circa 140 chilometri a sud di Muscat ed anticamente è stata un importante centro commerciale, culturale ed artistico.

La prossima tappa sarebbe il mercato di Sinaw, dove però decidiamo di non fermarci. La particolarità di questo posto non è nelle mercanzie esposte, ma nell’osservare la gente del luogo, in particolare le donne con le maschere sul viso, che fanno i loro acquisti casalinghi. Non è assolutamente un posto turistico: cerchiamo di fare delle foto dal bus perché da vicino non sarebbe opportuno.

Arriviamo al Castello di Jabreen, molto bello anche se abbastanza restaurato, con interni arredati da tappeti e cuscini, utensili per cucina e ceramiche, soffitti dipinti e pareti decorate con iscrizioni arabe. Ha vari piani e sulla terrazza merlata si ammira un bel panorama sulla vallata.

Fa caldo da morire. Ci sono parecchie stanze, per vari usi. Saliamo e scendiamo scale. E’ pieno di atmosfera con le finestre a grate che a tratti lasciano filtrare un po’ di arietta.

Questo Castello fu costruito nel 1675 dal Sultano Bil’arab della dinastia Yaruba. In Oman i Forti e i Castelli sono elementi caratteristici del paesaggio. Essi, insieme alle torri ed alle mura delle città, sono stati usati come bastioni difensivi e di avvistamento: poiché le coste del paese sono lunghe circa 1700 chilometri, ce ne sono oltre 500, necessari per proteggere la nazione da potenziali invasori. Quando risaliamo sul bus accade una cosa insolita per questo periodo in Oman: piove. Speriamo per poco. Dovremmo fare una sosta fotografica al castello di Bahla, patrimonio dell’Unesco e non visitabile all’interno. Però, date le attuali condizioni meteorologiche, non potremmo fare foto e decidiamo quindi di proseguire alla ricerca di un ristorante per la sosta-pranzo. Finora l’organizzazione del viaggio è stata ottima, ma, non so perché, Luis non ha prenotato un ristorante per oggi e fatichiamo un po’ a trovarne uno aperto, abbastanza decente. Alla fine, dopo vari inutili giri, ne troviamo uno che ci accoglie offrendoci l’immancabile riso (con chiodi di garofano) e pollo. C’è ancora un po’ di pioggia ma riusciamo a fare qualche foto all’esterno del Forte di Bahla. Il luogo non mi entusiasma particolarmente: la cittadina intorno, abbastanza diroccata, presenta ancora tracce delle antiche mura (uno dei pochissimi esempi ancora presenti).

La città vecchia di Nizwa mi colpisce ed attrae subito per la sua aria un po’ sospesa tra presente e passato. Ci sono mura rosate con una grande porta che immette nel souk. Continuo ad essere colpita dalla onnipresente presenza degli uomini vestiti di bianco con il Kum in testa, che sembrano riportarci indietro nel tempo.

Passiamo attraverso il mercato del pesce (pienissimo di mosche), con bancarelle di melograni, verdure, negozi di pugnali, argento e spezie. Bellissima all’imbrunire la cupola della moschea sullo sfondo.

L’albergo Falaj (canale) Daris è molto carino: le stanze si snodano intorno ad un corridoio che circonda la piscina. Intorno ci sono i tavoli ed il buffet della cena.

Venerdì-11 ottobre-5° giorno

Stamattina torniamo a Nizwa vecchia (il nostro hotel era un po’ in periferia), che anche di giorno è piena di fascino. Anzi stamattina ci sono più negozi aperti pieni di orci in terracotta e piccoli oggetti. Tutto è più colorato e ravvivato dal continuo andirivieni di uomini in tuniche bianche e kum. Molti imbracciano fucili, quasi per esibire gesti tribali, ed armi strettamente legate, come i pugnali ricurvi, ai loro costumi tradizionali.

Visitiamo il famoso Forte (XVII secolo) che è particolare per la sua grandissima torre circolare (di 45 metri di diametro ed alta 50 metri), dalla quale c’è una meravigliosa vista sull’oasi e sul palmeto verde. Mi affascina molto il minareto e la cupola dell’adiacente moschea, decorata con motivi color ocre che spiccano sull’avorio.

La città di Nizwa, antica importante capitale intorno al VI e VII secolo, è ora un centro per la coltivazione dei datteri.

Riprendiamo il bus che lasceremo nella zona di Al Hamra per salire sulle 4×4 ed iniziare una lunga strada prevalentemente sterrata che sale e scende con una fila di tornanti fino ad arrivare al Grand Canyon dell’Oman: il Jebel Shams, nelle montagne dell’Hajar.

Piccola sosta per fotografare un antico paesino incastonato nella roccia ed abbandonato, con case di paglia e fango. La vista dall’alto del Canyon è molto bella e spettacolare: mi affaccio dallo strapiombo. Assomiglia, in piccolo naturalmente (per l’estensione), al Grand Canyon americano, ma assolutamente non può reggere il confronto. Di fronte c’è una bancarella che vende braccialetti in lana colorata.

Rimaniamo in zona per pranzare in un campeggio dove si alternano tende molto carine, casette in pietra marrone, ben inserite nel paesaggio ed altre color crema, più antiestetiche. Il cibo è sempre lo stesso: pollo e riso. Terminiamo però con datteri buonissimi e l’immancabile kuwa che mi piace molto.

Di nuovo in bus per arrivare ad un posto molto particolare e stranissimo: Misfah. All’ingresso del paese si possono vedere grossi veicoli, principalmente fuoristrada Toyota (che qui imperversa). Poi, man mano che ci si addentra nelle strette stradine, gli unici mezzi che riescono a passare tra i vicoli sono gli… asinelli. Incontriamo poche persone: le case sono assolutamente fatiscenti e sembrano abbandonate: in realtà ospitano gli abitanti di questo strano paese che scende terrazzato affacciandosi su una valle con vegetazione lussureggiante. Costeggiamo molti canali, mentre scendiamo scalini scivolosi, ammirando palme e montagne sullo sfondo. E’ veramente una bellissima passeggiata. Luis ci raccomanda di essere silenziosi e discreti perché la popolazione è molto all’antica e riservata.

Ed ora di nuovo verso Muscat dove ceneremo in hotel.

Sabato-12 ottobre-6° giorno

Oggi andiamo in gita a nord, verso la regione di Batinah: prima tappa Barka, paese di pescatori molto caratteristico. Sullo sfondo il castello-fortezza, con davanti uno spiazzo pieno di macchine, gabbie di animali e tante capre. Poi ci avviciniamo alla spiaggia: prima c’è il mercato del pesce, una zona coperta da una tettoia, ma aperta sui lati, con tanti banchi pieni di prodotti di vari formati. Devo dire che è tutto abbastanza pulito. E’ molto caratteristico: ci sono prevalentemente uomini con i loro abiti lunghi (non sempre bianchi, talvolta grigi, marrone, neri) che contrattano le vendite e gli acquisti e fanno anche un’asta, tutti seduti intorno al battitore. Poco più in là la fonte della merce: tante barche di pescatori appena rientrati dal mare. Alcune sono a secco sulla riva ancora con i pesci nelle reti, altre sono in mare, in riva. Bellissimo spettacolo, caldo micidiale e tempo bello.

Proseguiamo poi per Nakhl, dove visitiamo un castello-forte, simile agli altri, ma con un’atmosfera ancora più bella, forse perché più silenzioso ed isolato, circondato dal palmeto e molto movimentato da torri e torrette. Ci troviamo a circa 120 chilometri ad ovest di Muscat ed è costruito su una roccia dalla forma particolare, alcuni punti della quale sbucano anche nell’interno della costruzione. Bellissimo, come sempre, il contrasto tra il cielo azzurro e il rosa della mura e delle pietre.

Ultima tappa: una sorgente di acqua calda termale. Il liquido trasparente sgorga dalla parete di roccia, riempie una vasca (dove qualcuno si bagna, vestito) e poi scorre ancora più in giù verso un fiumiciattolo. Molte persone mettono i piedi in acqua per ricevere uno speciale pedicure da uno strano tipo di pesciolini. Tutt’intorno tanto verde ed aria più fresca. Bella natura, mi piace molto.

La cena stasera è libera: prendiamo un taxi (chiamato dall’hotel, per essere più sicure) e, dopo aver trattato sul prezzo, ci facciamo portare prima nella zona di Al Qurum, vicino al mare. Il tassista sembra molto anziano per il suo mestiere e dubitiamo delle sue capacità di guida. Invece si rivela attento e gentile. Scendiamo per una breve passeggiata: è una zona animata con ristoranti, qualche negozio, moltissime macchine e traffico. Intravediamo la spiaggia, ma di sera, al buio, non ci attira particolarmente. Questa zona è molto elegante, con la splendida Royal Opera House tutta illuminata. Andiamo poi al ristorante Kargeen, molto carino e di atmosfera, immerso nel verde. Ci sistemiamo in giardino (il posto più carino) su sedie con cuscini colorati: molti intorno a noi fumano la shisha (o narghile o hookah), tipico oggetto del mondo arabo che serve per vaporizzare e fumare tabacco aromatizzato. Mangiamo un buon pesce, servito su splendidi bracieri in metallo argentato e lavorato.

Domenica-13 ottobre-7° giorno

Stamattina siamo tre principesse: abbiamo una favolosa jeep con un giovane autista di 35 anni che ci fa anche da guida. Scendiamo verso sud prendendo prima una strada interna in mezzo a montagne aride, ma ugualmente scenografica. Poi iniziamo a costeggiare il mare, che pur essendo azzurro, non mi colpisce particolarmente in questo tratto. La prima tappa è un posto spettacolare: il Bimmah Sinkhole, un profondo cratere di calcare pieno d’acqua verde trasparente. Scendendo una ripida scalinata arriviamo ad una spiaggetta rocciosa e ci facciamo un meraviglioso bagno: poiché c’è pochissima gente “osiamo” metterci il bikini. E’ una bellissima ed unica esperienza. Prima di risalire in macchina ci offrono dei datteri buonissimi e ripartiamo alla volta della White Beach, una piccola spiaggia di sabbia bianca con dune alle spalle, deserta, lambita da un mare abbastanza trasparente. Il bello di questo posto è la sua aria selvaggia, con colori affascinanti. Facciamo solo una breve sosta fotografica. Continuando lungo l costa, ammiriamo un bellissimo punto di mare (all’altezza del Wadi Shab Hotel) con l’acqua azzurrissima.

Arriviamo poi al famoso Wadi Shab, da me tanto “studiato” nei diari di viaggio di TPC. Il posto mi appare subito magico, anche se il parcheggio, come avevo letto, è sotto un antiestetico cavalcavia. Prendiamo una barchetta che costa quasi ½ rial per traghettarci sull’altra sponda di un fiume che scorre tra le pareti a strapiombo del canyon, sfociando poi a mare. I colori sono stupendi: rocce rosse, palme verdi come i laghetti d’acqua dolce sparsi qua e là. Cammino su un terreno pietroso con poche zone d’ombra. Le mie amiche si fermano quasi subito sotto un albero per un pic-nic, ma io continuo. Purtroppo ho poco tempo e quando arrivo in un posto incontaminato (dove incomincia un pozza più profonda circondata da massi verticali con forme strane) sono costretta a tornare indietro. Da qui in poi il sentiero si arrampica sulle rocce e sicuramente diventa più accidentato, ma non ho proprio il tempo per andare oltre. Sono sicura (secondo i racconti letti) che avrei scoperto gli scorci più belli andando più avanti, fino ad arrivare ad una grotta con all’interno una piscina: pazienza!

Risaliti sulla nostra confortevole jeep, arriviamo a Sur, tranquilla cittadina sul mare, con case tutte bianche adagiate intorno al porto, dove spicca un tipico faro con cupola celeste e collinette con torri di avvistamento. Ci sono moltissimi dow, le tipiche imbarcazioni del posto: Sur è famosa per la loro costruzione ed infatti andiamo a visitare una fabbrica che li assembla con il resistente legno di mango in circa 6-7 mesi di lavoro. Da vicino sono imponenti. Il luogo è quasi deserto, molti cani randagi dormono sulla spiaggia: gli arabi non amano tenere cani o gatti in casa. La nostra guida ci propone un giro in barca, dove saliamo insieme a lui e ad un suo amico simpatico (che ha un bellissimo copricapo che cercheremo inutilmente di comprare). Facciamo dapprima un giro nella baia e poi all’esterno del porto: le case bianche, a picco sulle rocce scure, mi ricordano le cittadine pugliesi. Al termine della gita ci sediamo in un bar, con terrazza sul mare, insieme al ragazzo che guida la barca, Mubarak, e al nostro autista che ci offre buonissime ciambelline al miele e tè. Qui una delle mie amiche ed io abbiamo un’esperienza “terribile”: andiamo in bagno ed appena lei spalanca la porta, all’improvviso, di colpo, sbuca fuori un enorme topo grigio. Lei si sposta e la zoccolona mi passa esattamente sulla caviglia, mentre scappa via. Ci mettiamo ad urlare e poi… a ridere: ci mancava questa esperienza omanita! Dopo circa 2 ore e mezzo ritorniamo a Muscat: questa escursione è valsa veramente la pena e sono proprio contenta di aver aggiunto un giorno al viaggio per poter visitare anche la costa a sud della capitale, sarebbe stato proprio un peccato perdere questi luoghi.

Alle 18.30 ci facciamo lasciare davanti all’Opera House, tutta illuminata e maestosa. Scattiamo moltissime foto e vorremmo visitarne l’interno: purtroppo la chiusura al pubblico è alle 18 e, nonostante suppliche, preghiere e vari tentativi di persuasione, non riusciamo ad entrare. Che peccato. Ci consoliamo entrando nell’attigua galleria, con qualche negozio dal tono lussuoso, come tutto l’ambiente intorno, ma assolutamente deserto: probabilmente sarà più frequentata prima o dopo gli eventi musicali. Decidiamo di cenare qui, in un localino un po’ stile inglese mangiando un buonissimo filetto di pesce alla griglia. Con il taxi torniamo in hotel, pagando 5 rial (10 euro).

Lunedì-14 ottobre-8° giorno

Oggi si rientra un Italia con il volo QR 167 delle 1140 da Muscat per Doha, proseguendo poi con il QR 79 delle 1850 per Fiumicino. Il viaggio è stato superiore alle mie aspettative e non è escluso che un giorno decida di nuovo di visitare questo paese per esplorare altre zone costiere tralasciate in questa prima esperienza. Lo consiglio vivamente.



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