Olanda on the road: tutto di e di tutto! in sette giorni

Finalmente partiamo, a zonzo per l’Olanda. Io e Marco abbiamo organizzato tutto rigorosamente con un “fai da te on line
Scritto da: Monia Ceccarelli
olanda on the road: tutto di e di tutto! in sette giorni
Partenza il: 05/08/2011
Ritorno il: 12/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Finalmente partiamo, a zonzo per l’Olanda. Io e Marco abbiamo organizzato tutto rigorosamente con un “fai da te on line”: volo low cost con la Easyjet Roma – Dussendolf, auto noleggiata per quattro giorni di tour nella provincia olandese e infine tre giorni nella capitale. Quest’anno tanto per cambiare abbiamo deciso di non rompere le scatole ad amici e parenti per il trasporto casa – aeroporto Leonardo Da Vinci (e ritorno). Ci siamo così organizzati con il parcheggio lunga sosta ParkinGo. Ottimo servizio ad un costo addirittura più basso di quello offerto dall’aeroporto (€ 50,00 andata e ritorno): parcheggi la tua auto e una navetta con posto riservato ti accompagna fino al terminal; se il buon giorno si vede dal mattino, la vacanza promette bene. All’aeroporto scopriamo con disappunto che anche borsa e borsello sono considerati bagagli a mano. Dopo un fantozziano e fallimentare tentativo di liberarci di uno dei due bagagli a mano (riempiendo all’inverosimile una valigia fino a farne saltare la chiusura lampo e abbandonando l’altra in un bagno dell’aeroporto) ci arrendiamo all’evidenza e imbarchiamo un trolley, ripromettendoci di non volare mai più con una compagnia low cost. Il tempo di un pisolo e quattro chiacchiere in volo e atterriamo a Dusseldolf. Qualche piccolo problema con l‘Avis che non trovava la nostra auto e dopo una mezzoretta di ricerca affannata di un’auto con targa olandese, (e meno male che avevamo prenotato!) alle 19,00 siamo finalmente in strada e ci dirigiamo a Maastricht. Affamati come pochi ci precipitiamo in città e rimaniamo sconcertati dal silenzio e la calma che regnano in pieno centro storico in un venerdì sera di agosto. Un po’ delusi ( mi aspettavo una città più frizzante) ce ne torniamo in albergo, domani è un altro giorno. E in effetti la mattina seguente la città ci svela un allegro via vai di persone e biciclette nella vasta piazza di Vrijthof e lungo il fiume Maas, ricchi di locali e ristoranti molto suggestivi. Passeggiando per le strade acciottolate del centro storico incontriamo la piccola chiesa gotica St. Janskerk, interamente di colore rosso dal cui campanile è possibile ammirare uno splendido panorama. Proseguiamo il viaggio lasciandoci alle spalle questa aristocratica signorile e tutto sommato sonnacchiosa cittadina. (Hotel Eurotel quattro stelle località Lanaken a circa 1,5 chilometri dal centro di Maastricht con un bel giardino e sauna, piscina, palestra e bagno turco € 55,00 pernottamento senza prima colazione, buon rapporto qualità prezzo. Abbiamo rinunciato alla prima colazione perché il costo ci sembrava eccessivo, € 16,00 a persona). Decidiamo di effettuare una piccola deviazione a Den Bosch, piccola cittadina dal carattere medioevale in cui i canali scorrono proprio sotto gli edifici. Scopriamo con piacere che il sabato è giorno di mercato e ci aggiriamo tra le bancarelle del Markt colorate di fiori e tulipani, frutta e verdura, abbigliamento e improbabili banchi in cui il pesce fresco viene fritto al momento e servito in cartocci di carta. Andiamo un po’ a zonzo e giungiamo fino alla Sint-Janskathedraal, una imponente cattedrale, considerata una delle più belle dell’Olanda. Quindi si riparte.

Kinderdijk è un piccolo villaggio a 22 km da Rotterdam dichiarato dall’Unesco sito patrimonio dell’umanità che ospita un complesso storico di 19 mulini a vento perfettamente restaurati e funzionanti disposti lungo il ciglio dei canali. Si tratta di un bellissimo parco naturale, in cui i mulini svettano su una distesa verdissima d’erba e si specchiano sulle acque dei canali, tra le canne palustri popolate di germani e cigni: tutto ciò crea un suggestivo scenario, tra i più caratteristici – forse – dell’Olanda. Giunti all’affollatissimo villaggio abbiamo parcheggiato l’auto (eccessivo il prezzo del parcheggio: 5 euro!) e iniziamo la nostra passeggiata in questa pianura solcata da canali e attraversata da ponticelli e sentieri sterrati, tra le famose mucche bianche e nere che ruminano in mezzo al verde e le anatre che nuotano e si tuffano nell’acqua dei canali. Non tutti i mulini a vento sono funzionanti e solo uno è accessibile al pubblico pagando un supplemento di € 3,00. Purtroppo l’orario di chiusura della piana dei mulini è fissato alle 17.30, percui non vogliamo rischiare e torniamo velocemente all’auto, anche perchè nuvole sempre più scure iniziano ad addensarsi, preannunciando la consueta pioggia che in questa vacanza ci sta perseguitando senza tregua. Un vero peccato, credo sarebbe stato davvero impagabile lo scenario suggestivo del riflesso dei mulini sulle acque dei canali nel rosso del tramonto! Sarà per la prossima volta.

Giungiamo a Rotterdam. Una città incredibilmente iper: ipermoderna, ipertecnologica, ipercubica. Gli amanti dell’architettura saranno sicuramente affascinati dai grattacieli, dalla MaasToren (l’edificio più alto d’Olanda), le opere architettoniche futuristiche di Renzo Piano e Peter Wilson , dagli edifici cubiformi in ardito equilibrio di Piet Blom e i cantieri in continuo movimento, che rendono la città un museo a cielo aperto all’interno del quale è possibile passare in rassegna tutti i più importanti stili del ventesimo secolo. L’unico quartiere in cui si respira il passato della città è lo storico quartiere di Delshaven, con il suo pittoresco mulino a vento, affacciato sul canale navigabile Nieuve Maas. La sera decidiamo di andare a cena in un pub/caffè sul lungomare di Rotterdam (“De Ballantent” – Parkkade 1) ma arrivati ci avvertono che la cucina è chiusa (di sabato sera? Alle 21.00? Ad agosto?). Ci dirigiamo quindi verso un ristorante nei pressi del centro, (“Dudok” – Meent 88), dove ci forniscono la stessa risposta. Sbalorditi, ripiegamo su l’unico locale che sembra in grado di sfamarci, il McDonald’s e inzuppati fino alle ossa torniamo in albergo. (Port Hotel tre stelle a circa 50 metri dal porto € 65,00 pernottamento con prima colazione, stanza piccola ma confortevole, colazione adeguata, buon rapporto qualità prezzo).

La mattina successiva ci dirigiamo verso Leida. Ci accoglie un silenzio irreale da disastro post atomico. Parlottando sottovoce un po’ in soggezione girovaghiamo tra le stradine deserte lungo gli storici canali navigabili fino ad arrivare alla roccaforte del XI secolo, De Burcht, che offre una bella veduta della città. Torniamo verso il centro di Leida, alla confluenza dei due rami del Reno: lo Oude Rijn e il Nieuwe Rijn, attraversato da un caratteristico ponte coperto in legno, il Korenbeursbrug. Dal ponte si vedono svariati caffè galleggiani e ristoranti lungo la riva ma – aimè – posso solo immaginare il brulicare di persone, turisti e studenti e biciclette lungo la passeggiata che costeggia il canale e nei numerosi caffè all’aperto ospitati nei barconi ormeggiati lungo la riva: nonostante l’ora, tutto è deserto. C’è anche una lunga via dello shopping, Haarlemmerstraat, interamente pedonale ma anche qui troviamo negozi chiusi e marciapiedi silenziosi, a parte il suonare di carillon delle campane della chiesa a intervalli regolari. Verso l’ora di pranzo, complice forse lo spicchio di sole sbiadito che riesce a farsi strada tra la coltre di nubi, appare qualche altro sparuto gruppetto di turisti. Scopriamo che i negozi non aprono di domenica e decidiamo di lasciarci alle spalle questa piccola Venezia, con il rimpianto di non averne goduto appieno.

Ad Utrecht finalmente un pizzico di fortuna è dalla nostra: sebbene sia domenica tutti i negozi sono aperti e il centro storico è animato dai banchi del mercato. Lungo l’Oudegracht è tutto un brulicare di persone nei caffè e nelle botteghe, di biciclette e carrozzine mentre gli antichi palazzi si affacciano direttamente sull’acqua placida dei canali. Ci lasciamo risucchiare dal via vai della folla e proseguiamo la nostra passeggiata fino ad arrivare alla piazza principale del centro storico dove troneggia il Domtoren, la torre medioevale e vicino la Domkerk, la Cattedrale in stile gotico.

Ci dirigiamo quindi alla volta di Amersfoort. La pioggia battente ci lascia qualche ora di tregua, e riusciamo quindi a passeggiare sotto una pioggerellina leggera tra il dedalo di pittoresche stradine, le case medioevali e le piazzette del centro storico, che evoca ancora oggi una caratteristica atmosfera medievale. Passeggiamo lungo la Langestraat, la via dello shopping (neppure a dirlo, ancora una volta troviamo tutto chiuso!)e giungiamo fino ad Sint Joriskerk situata sul Hof, il cuore del centro storico, una piazza su cui si affacciano case antichissime tutte sbilenche, che sembra un miracolo stiano ancora in piedi. Ad un centinanio di metri incontriamo una seconda piazza, la Lieve-Vrouwekerkhof, sovrastata dalla Onze Lievevrouwetoren, la torre campanaria che domina la citta’. Camminando camminardo riusciamo anche a vedere una delle antiche porte di accesso della città .

La stanchezza inizia a farsi sentire e ci dirigiamo a Harderwijk, una cittadina sul mare con un pittoresco centro storico e una bella chiesa sulla piazza cittadina, una via pullulante di negozi, caffetterie, pub e sopratutto un delfinario (Hotel Marktzicht affacciato direttamente sulla piazza principale, € 45,00 pernottamento e prima colazione stanze pulite e spaziose e colazione adeguata)

La mattina successiva vorremmo visitare il Parco nazionale di Hoge Veluwe, ma la solita pioggia ci costringe a rinunciare alla visita.

Ci rimettiamo in viaggio e giungiamo a Giethoorn, un fiabesco villaggio di poche casette affacciate lungo i suoi stretti canali, tutte con il tetto di paglia, ciascuna con il proprio orticello variamente animato – qui pascolano delle oche, lì un puledrino si rotola sulla schiena, laggiù delle mucche si riposano in cerchio – e unite da una parte all’altra dei canali da una fitta rete di ponti in legno o da passerelle. L’intera cittadina è un’attrazione in sé, un tuffo nel passato: non mi sarei stupita nel vedere uscire da uno di quegli usci un’olandesina con le treccine bionde che spuntano dalla cuffietta bianca di pizzo e gli zoccoli di legno. Sarebbe stato bello lasciare l’auto e poter fare una bella passeggiata nel verde o un bel giro tra i canali sulle caratteristiche imbarcazioni che si muovono solo con l’aiuto di un palo ma non riusciamo a salvarci dalla pioggia che ancora ci tartassa e decidiamo di recarci in albergo, località Leeuwarden (Hotel Campanile tre stelle a circa 1,5 Km dal centro città € 65,00 pernottamento con prima colazione, una sorta di motel stile anni settanta, soprattutto il bagno sembra uscito da un film anni settanta, con tanto di tenda alla doccia). Sfidiamo la pioggia e cerchiamo comunque di vagabondare un po’ in questa tranquilla cittadina. Forse un troppo tranquilla: sono da poco passate le 17.00 e i negozi sono già tutti chiusi, le strade sono deserte, e noi, delusi, infreddoliti e fradici nonostante le felpe e i kway decidiamo di trovarci un bel posticino per asciugarci un po’ e mangiare (prima che anche qui chiudano le cucine). E questa volta abbiamo fortuna: troviamo un delizioso ristorante davvero caratteristico, con tutte le sedie spaiate ma una calda atmosfera a lume di candela, un bel cortile interno dove mangiare durante la bella stagione (?) e soprattutto… ottima cucina tradizionale a prezzi davvero ragionevoli! (Spinoza’s – Eewal 50-52). Rinfrancati nel corpo (se non nello spirito: tutta quest’acqua e questo silenzio ci stanno uccidendo!) torniamo in albergo: domani ci aspetta una bella traversata verso l’isola di Texel. Il giorno seguente partiamo di buon mattino e dal porto di Den Helder ci imbarchiamo per raggiungere l’isola con una traversata di 20 minuti (il prezzo del biglietto è ragionevolissino: un’auto € 25,00 a/r indipendentemente dal numero di passeggeri a bordo). Già dalla traversata si respira un’aria particolare, con stormi di gabbiani affamati che ci volteggiano intorno e ci scortano per tutta la durata del viaggio con le loro acrobazie, pronti a tuffarsi su ogni pezzetto di cibo offerto dai turisti dal bordo del traghetto (e sorvoliamo sulla scena dal sapore hitchcockiano dello Stormo Buonappetito che si lancia in picchiata su di me per accaparrarsi qualche succulento boccone del biscotto che stringo saldamente in mano!). Arrivati sull’isola decidiamo di visitare Ecomare (biglietto di ingresso € 9.00), un parco costituito da un centro di recupero per uccelli marini e foche che per svariati motivi necessitano di cure e un museo naturalistico, che illustra i diversi ambienti e la fauna dell’isola e presenta grandi acquari, che mostrano la vita sui fondali dei mari del nord. Chi ha visitato l’acquario di Genova probabilmente può non rimanere particolarmente impressionato da questo centro tutto sommato più piccolo, ma sicuramente è commovente vedere i cuccioli di foca in incubatrice e delle foche cieche nuotare nei grandi vasconi insieme alle altre. E credo sia da non perdere lo spettacolo degli operatori del centro che nutrono le piccole e grandi foche ospiti (alle 11.00 e alle 15.00). Dal centro Ecomare partono una serie di sentieri e percorsi naturalistici segnalati che percorrono un’ampia ed interessante riserva naturale, in cui si susseguono dune sabbiose, alture ricoperte d’erba e pecore al pascolo, da percorrere a piedi o in bicicletta, con la possibilità di incontrare alcune delle numerosissime specie di uccelli che popolano l’isola. Dopo una veloce pausa pranzo ci rimettiamo in macchina e partiamo alla volta di De Cocksdorp, un villaggio sulla punta nord dell’isola, caratteristico per il suo imponente faro rosso che sovrasta il mare del Nord. Decidiamo di visitare il faro, che è aperto al pubblico (biglietto di ingresso € 3.00) e saliti gli interminabili e ripidissimi scalini, godiamo finalmente di una vista spettacolare sulle sterminate spiagge sabbiose spazzate dal vento, che su quest’isola soffia implacabile e senza tregua (arrivata sulla cima folate violente di vento mi trascinavano indietro impedendomi di rimanere in piedi e muovere un passo e una turista tedesca, forse vedendomi piccolina e minuta e temendo di vedermi volar via, molto carinamente mi ha trattenuto tenendomi per mano!).

Proseguiamo il viaggio ed arriviamo a Volendam, una cittadina costruita tutta intorno al porto, con le sue schiere di piccole case di legno che si specchiano sull’acqua e il viavai delle barche dai colori vivaci. Nonostante il tempaccio (sì, piove anche qui), il paesino è decisamente animato lungo il porticciolo, ricco di negozi, caffè e locali all’aperto. Ci fermiamo a cena scegliendo tra i numerosi ristoranti del porto quello ci ispira maggiormente, e l’intuito non ci tradisce: un interno piacevole, curato, accogliente e, cosa più importante ottima cucina, forse il conto è un filino caro, ma ne valeva la pena (Le Pompadour – Haven 142).

Il giorno successivo si parte finalmente alla volta di Amsterdam. Acquistiamo immediatamente la Iamterdam card per 72 ore (€ 59.00 per 72 ore – € 49.oo per 48 ore – €39.00 per 24 ore) e con questa ci assicuriamo l’utilizzo del trasporto pubblico dell’intera città (bus, metro e tram escluso il tragitto per l’aeroporto), l’ingresso gratuito nei principali musei (escluso la casa di Anna Frank), un’escursione in battello lungo i canali della città e numerosi sconti presso attrazzioni turistiche, bar e ristoranti ed altro. L’arrivo in città ci regala, almeno per qualche ora uno squarcio di azzurro che ci consente di effettuare un bel giro in battello lungo i canali che ci offre un primo assaggio della città ( con tanto di uomo che passeggia completamente mudo su uno dei pontili, sgranocchiando un gambo di sedano!). Pranzo veloce con i tipici pancake e quindi alla scoperta del Rijksmuseum, che possiede la più grande collezione di opere d’arte del periodo d’oro dell’arte fiamminga e un considerevole numero di opere di Rembrandt, tra cui “La ronda di notte”, una delle maggiori attrazioni di questo mueso e a mio parere una delle più suggestive. davvero grandioso! E quindi andiamo alla scoperta di questa bella capitale. Partiamo da Piazza Dam, il cuore della cittò su cui affacciano il Palazzo Reale e la Chiesa Nuova (Nieuwe Kerk), caffè, hote, pub, negozi, il Museo delle cere di Madame Tussauds, insieme a bancarelle che vendono cartocci di patatine fritte e artisti di strada. Tutta questa folla di persone, dopo giorni di isolamento, mi dà alla testa. Procediamo verso Nieuwedijk e Kalverstraat. le vie sono un susseguirsi di negozi d’abbigliamento, di scarpe e borse, di souvenir, accessori ed essenze, librerie, profumerie, coffeeshops, fast food, pub e io vorrei avere due paia di occhi in più per non dover di continuo girare la testa a destra e sinistra: è un’orgia di vetrine, insegne scintillanti, colore, luci un via vai di persone e biciclette e poco ci manca che mi metta ad urlare “Anch’io I love shopping in Amsterdam!” (tra l’altro scopriamo che i negozi

Sono solitamente aperti tutti i giorni fino alle 18.00 e il giovedì l’apertura è prolungata fino alle 21.00!). Arriviamo fino alla fine della Kalvestraat, a piazza Muntplein, con il suo caratteristico mercato dei fiorni, bonsai, piante grasse, piante esotiche, piante carnivore e, naturalmente tulipani!! Di tutti i tipi e colori: gialli, rossi, blu, neri, screziati, con al classica forma a coppa, con il fiore doppio, in confezione regalo.Dall’altra parte della strada, invece, pupullano i negozi di souvenirs, gadget e oggeti kitsch. Andiamo a zonzo per le stade e le viuzze del centro fino a quando anche l’ultima saracinesca è chiusa e , affamati andiamo a cena in uno dei locali in promozione con la card Iamsterdam (Restaurant Rancho Argentinen Grill, menù molto turistico) e infine a nanna, nel nostro bel hotel Qbic, che merita davvero due parole. Si trova all’interno del complesso del World Trade Center, il cuore del centro finanziario di Amsterdam, ben collegato con il centro città dal tram 5. La particolarità risiede nel design futuristico delle stanze a forma di cubo, con il letto e il bagno incorporati in un unico ambiente e vari giochi di luci colorate che creano un’atmosfera stile Matrix. Il giorno successivo, di buon mattino, per eviatre una fila interminabile, ci rechiamo al Museo Van Gogh. Ogni parola è superflua: tre piani che espongono una vasta di opere di Van Gogh e di altri artisti del 19° secolo, che volano sotto i nostri occhi facendoci perdere la nozione del tempo. Solo quando usciamo dal museo ci rendiamo conto che stranamente piove di nuovo!!, quindi di corsa all’Hermitage, dove sono organizzate esposizioni con opere provenienti dall’omonimo museo di San Pietroburgo. Sfortunamente in questo periodo si tratta dell’esposizione di artefatti religiosi della chiesa ortodossa russa : un trionfo di icone, coppe d’oro e d’argento, frammenti di mosaici e affreschi. Per amanti del genere: noi diamo solo un’occhiatina veloce e poichè che la pioggerellina si è fatta più leggera, ci dirigiamo all’orto botanico, un giardino che contiene più di seimila alberi e piante tropicali. Ma assolutamente imperdibile è la serra delle farfalle, un’ambiente climatizzato avvolto nel verde delle pianti tropicali dove centinaia di farfalle di tutte le specie – enormi, più piccole, colorate, trasparenti – svolazzano liberamente posandosi sui fiori, sulle foglie, sui capelli dei visitatori e sul cibo lasciato a loro disposizione, piccoli pezzi di banana e fettine di arancia messi qua e là. Torniamo in centro ed andiamo di nuovo a zonzo per le strade e i canali del centro.

Per non farci mancare nulla, cosa sarebbe una vacanza ad Amsterdam senza una visita al quartiere a luci rosse? Dopo cena ci addentriamo nel red Light District, un dedalo di vie e viuzze (ce n’è una in particolare larga non più di mezzo metro dove si passa a fatica) diseminate dai neon rossi delle vetrine, dove le prostitute (molte giovanissime e davvero belle, e detto da una donna!!!) sono in mostra in attesa dei clienti, da locali di spogliarello e lap-dance, sex-shop e negozi a tema: di certo non c’è spazio per l’immaginazione! Stanchi e ancora bagnati, torniamo in albergo, domani sarà una lunga giornata.

Non possiamo assolutamente perdere la visita alla casa di Anna Frank, oggi divenuta museo. Nei giorni precedenti avevamo visto una fila interminabile per entrare, quindi di buon mattino siamo fuori l’ingresso e c’è già una discreta coda di persone. Dopo un’oretta e mezza circa di attesa riusciamo ad entrare (costo biglietto € 9.00). Nonostante le stanze dell’alloggio siano vuote, gli oggetti originali, i documenti e le fotografie, il diario di Anna Frank e i suoi quaderni in mostra evocano il periodo della clandestinità e ci avvolgono in un’atmosfera solenne e suggestiva. Commovente e per riflettere, “perché non accada mai più”. Abbiamo ancora qualche ora prima della partenza e accontento Marco che non vuole assolutamente perdersi “The Amsterdam Dungeon”, un sorta di tour fra scene macabre e rappresentazioni raccapriccianti degli eventi più orribili e sanguinosi della storia medioevale di Amsterdam, con attori veri (bravissimi), effetti speciali e scenografie perfettamente ricostruite. Inizialmente temevo il peggio (sono un pò fifona), in realtà è meno spaventoso di quanto temessi e punta più a coinvolgere il pubblico ironizzando sull’orrore che a spaventare. E’ veramente ora di andare. Raggiungiamo la bellissima stazione centrale di Amsterdam e mesti mesti giungiamo in aeroporto, pronti (si fa per dire) per il ritorno. L’Olanda rimane per me un paese da amare e odiare.

Di sicuro Amsterdam mi è rimasta nel cuore. Ho amato la sua atmosfera colorata, cosmopolita e newyorkese, un vero formicaio umano multiculturale e multietnico, dove biondissimi e altissimi vichinghi vivono, si incontrano, si mescolano e confondono con donne musulmane nascoste negli shador, indiani, neri, mulatti; ho amato i chioschi di patatine fritte al cartoccio e i bruin cafè dove bere birra olandese che si susseguono alternandosi alle taverne greche, ai ristoranti cinesi e indonesiani, ai kebab arabi e i locali messicani; ho amato quei serissimi busy men in giacca e cravatta e infradito e le ragazze con l’hijab fasciate in jeans aderenti. Ho amato il volto libero, aperto, tollerante, indulgente di questa bellissima città. Ho odiato la pioggia: leggera impalpabile nebulizzata grossa pesante lenta sottile penetrante pungente ma sempre continua e instancabile: mai visto così tanta pioggia e di tanti tipi diversi! Ho odiato il ritmo di vita pigro e sonnacchioso della provincia, l’atmosfera delle cittadine vuote immobili completamente ferme deserte e silenziosissime.

Non sono superstiziosa ma di sicuro il prossimo anno a chi mi chiederà “Beata te che parti, dove vai di bello in vacanza?”, se ho in programma una crociera tra i fiordi norvegesi con un mezzo sorriso compiaciuto e senza esitare risponderò: “Zanzibar”.



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