AOTEAROA – Una terra agli antipodi

AOTEAROA – Nuova Zelanda Isola del Nord Giovedì 9 novembre 2000 Arrivo a Auckland, capitale economica del paese, dopo un volo di 22h via Londra-Los Angeles (70% del budget). Gli abitanti sono accoglienti. Andiamo subito a prendere il camper (5% del budget) Mio Dio: il camper!!! Guidare a sinistra non è un grosso problema, piuttosto...
Partenza il: 09/11/2000
Ritorno il: 25/11/2000
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
AOTEAROA – Nuova Zelanda Isola del Nord Giovedì 9 novembre 2000 Arrivo a Auckland, capitale economica del paese, dopo un volo di 22h via Londra-Los Angeles (70% del budget).

Gli abitanti sono accoglienti.

Andiamo subito a prendere il camper (5% del budget) Mio Dio: il camper!!! Guidare a sinistra non è un grosso problema, piuttosto trovare le frecce senza far scattare ripetutamente il tergi cristalli è veramente difficile! La marcia a sinistra è un altro gadget di cui avrei fatto volentieri a meno ; e poi, la terza che non entra mai… Primo obiettivo: fare le provviste per i prossimi giorni. Ci viene gentilmente indicato sulla carta stradale dataci in omaggio un supermarket a soli 2Km dal Rent-car. Fortuna che in cambio di un passaggio sino a casa sua, una maori incrociata sulla strada si offre di farci da guida, altrimenti penso che avremmo passato il resto del nostro viaggio di nozze a cercarlo! Ad Auckland passiamo una bellissima serata, il centro è speciale e la Sky-tower che domina la città offre uno splendido panorama sulle 2 baie che guardano sul Pacifico ed il Mare di Tasman, le 52 isole tutt’intorno ed i 60 vulcani spenti che punteggiano la piana sino all’orizzonte : miiiii che spettacolo! Ci ricorderemo con piacere anche il piatto di costolette di …Gamberetti (!) e dell’insalata d’agnello: avevamo dimenticato che gusto avesse l’agnello.

Venerdì 10 novembre 2000 Dopo un viaggio di notte ed una notte frescolina, ci risvegliamo a Orere Point sulle rive dell’oceano Pacifico. Un risveglio fra i fiori, su una spaaggia di sabbia fine ed una marea di gabbiani (la maggiorparte sono sterne col becco e le gambe rosse. Ci abitueremo rapidamente alla loro presenza ovunque, è come se sostituissero i piccioni nostrani, ma in maniera molto più simpatica). La foresta è solo a qualche metro e la sensazione di libertà è già palpabile.

Non siamo che al primo appuntamento con la Nuova Zelanda ed essa ci appare già come un piccolo paradiso. E sinceramente, non ci fu più dato di cambiare opinione!!! Il primo viaggio a lunga percorrenza ci porta verso la Penisola di Coromandel e comincia lungo una bellissima costa frastagliata dove aironi e trampolieri di ogni specie si alternano a rapaci che planano a destra e a manca.

Ah, tutta la Pacific Highway è una banale strada a due corsie : una in un senso e l’altra nell’altro! Giunti a Coromandel, si penetra nella densa e profumata foresta di Wangapohua in direzione di Whitianga. La strada attraversa spesso delle argille rosse, rosa, viola e gialle che, persi in tanta bellezza, dimenticheremo di fotografare (bravi tonti!). Per fortuna ne abbiamo fatto una ripresa di… 7 secondi! Le foreste di palme, abeti, querce e felci giganti si estendono fianco a fianco a lunghe spiagge costituite da conchiglie e frammenti di corallo che ci riempiono gli occhi, il cuore e… la bottiglia di sabbia! La sera, fra i pinnacoli rocciosi della baia di Whitianga, ci dirigiamo verso il paesino di Hahei. Il vento si alza, il sole tramonta e… fa un freddo boia!!! Sabato 11 novembre 2000 Facciamo una passeggiata a Cathedral Cove, una serie di baie meravigliose dove il mare ha scavato degli archi di pietra in una roccia vulcanica multicolore. E’ un saliscendi continuo che porta da foreste con piante ed uccelli sconosciuti a spiagge vestite di sabbie dorate.

Il pomeriggio andiamo a Hot Water Beach. Equipaggiati di una pala noleggiata nel chioschetto antistante la spiaggia, scaviamo la nostra piccola buca nella sabbia in attesa che le sorgenti calde ci intiepidiscano il bagno nelle freddissime acque del Pacifico, col magro risultato di ustionarci la pianta dei piedi!!! A Tairua scaliamo la piccola cima del Monte Paku, visto che la leggenda dice che chi lo scala ritornerà in Nuova Zelanda dopo 7 anni… Impariamo presto che i neozelandesi sono abilissimi a fare le aree di campeggio, ad equipaggiare ogni luogo di toilette pubbliche pulite e sempre munite di carta igienica, ma i sentieri non sono il loro forte, avendo una certa propensione a seguire la linea di massima pendenza, ovvero dritti, dritti, dritti sino alla cima!!! E’ una zona Kiwi (quelli col becco), ma nemmeno l’ombra di questi uccelli bizzarri, ma del resto sono soliti dormire 20h/24h e sperare di trovarne uno sveglio sarebbe domandare troppo. Le case tutt’intorno sono bellissime ed i giardini fioriti una meraviglia.

Terminiamo la giornata con un viaggio sino a Wangamata attraverso un paesaggio che si snoda alla stessa maniera di quello di ieri, ma di cui non ci stancheremo mai.

Domenica 12 novembre 2000 Risveglio con colazione in riva al mare. Facciamo un alt a Kati Kati, una cittadina tranquilla conosciuta per i suoi murales che animano le pareti di tutte le abitazioni. Ne approfittiamo per comprare un po’ di frutta: qualche kiwi (il frutto peloso). La gente vende i frutti del proprio giardino su delle bancarelle a prezzi bassissimi. Inoltre, scoperto che siamo europei, paghiamo metà prezzo e ci vengono pure regalati una decina di avocadi! Prima di lasciare l’oceano in direzione del centro dell’isola ci facciamo un bagno nelle fresche e pulitissime acque di Papamoa Beach.

A mano a mano che penetriamo nell’entroterra, sull’asfalto notiamo la presenza massiccia di poveri animali schiacciati. Non sapendo di che si tratta li chiameremo “One-more”, sino a che non incontreremo un “Not-yet” (lo stesso animale ma ancora vivo). Scopriremo più tardi che si tratta di opossum e che spiaccicarli sull’asfalto sia uno sport nazionale: dei pcartelli stradali invitano esplicitamente i guidatori all’investimento come ad un dovere civico!!! Occorre sapere che queste bestiole della dimensione di un grosso gatto sono stati importati ed il loro arrivo ha causato un disequilibrio biologico nelle foreste neozelandesi e nella catena alimentare.

La strada verso Rotorua, la capitale dei Maori, è punteggiata di campi di kiwi (quelli coi peli).

Vi giungiamo nel primo pomeriggio. Situata nel cuore dell’isola del Nord, Rotorua si sviluppa su una area in cui il vulcanismo è ancora attivo. Passiamo dunque in visita tutti i luoghi più rappresentativi, cominciando da Hell’s Gate dove gli umori della terra ci danno un ben fetido benvenuto. A Ohinemutu, villaggio Maori situato sulle oscure rive del Lago Rotorua e completamente scolpito in legno dipinto di rosso, il riscaldamento è a tutt’oggi fornito dalle numerose sorgenti calde che percorrono il sottosuolo. Esse sono utilizzate tanto per fare il bagno quanto per cucinare! Fumo e acque bollenti che fuoriescono sulle strade di questa città simulano in pieno giorno un ambiente brumoso simile alla Londra vittoriana dove aspettiamo di incrociare da un momento all’altro Jack lo squartatore.

Lunedì 13 novembre 2000 Ci svegliamo in riva al Lago Blu. Mai dormire in riva ad un lago in Nuova Zelanda (sfortunatamente per noi, lo scopriremo tardi e a nostre spese…). Qui infatti, le zanzare assenti, le fatali Sandfly (o mosche della sabbia) le sostituiscono degnamente. Piccole, silenziose, rapide e con uno spiccato senso sociale, approfittano della più esile fessura per auto-invitarsi a cena da voi… Peccato che siate voi, la cena!!! Oltretutto le zanzare non mi hanno mai morso, preferiscono piuttosto mia moglie Carine; invece le sandfly mi adorano, assaggiando Carine solo saltuariamente.

Questa mattina decidiamo di fare un purificante giretto intorno al Lago Blu e, parzialmente intorno all’adiacente Lago Verde. Nella foresta incontriamo degli uccellini che ci danzano intorno aprendo la coda a ventaglio come la corona di un grande capo indiano : checcariiiini! Strada facendo mia moglie ed io ricordiamo come la sera prima avevamo scherzato su certi gorgoglii provenienti dal lago dicendo: “Sarà la Nessie del luogo…”. Qualche minuto dopo, su un cartello d’informazioni scopriamo con stupore che una leggenda maori racconta proprio d’un mostro che scorrazza nei fondali oscuri del lago… Così abbandoniamo rapidamente questo luogo appestato da piccoli e grandi mostri per dirigerci verso il più grande centro Maori: Whakarewarewa (e vi risparmiamo il nome più lungo!). Partecipiamo al benvenuto maori ed impariamo i costumi di questo orgogliosissimo popolo guerriero. Poi ci dirigiamo verso i geyser e le sorgenti calde. In una gabbia sorvegliata a vista possiamo finalmente incontriare dei Kiwi, quelli col becco. Per una coincidenza che deve prodursi una volta ogni mille anni, riusciamo perfino a vederne uno sveglio! Nel pomeriggio ancora geyser e zone termali: oramai ci siamo abituati all’odore nauseabondo del metano e dello zolfo. Siamo a Wa-io-tapu dove il fango bolle spruzzando delle gocce ad un metro d’altezza e dove i laghi si colorano d’opale, d’azzurro denso o di giallo, rosso e blu come la Champagne pool : mai visto nulla di simile pria d’ora, uno spettacolo incredibile che né le foto, ne la telecamera hanno potuto riprodurre fedelmente …Snif, snif.

In serata lasciamo con dispiacere questi luoghi dove la materia inerte sembra prender vita e ci dirigiamo verso il Tongariro National Park (National Park è il nome del paese!) dove ci aspettano i 3 grandi vulcani che capeggiano la regione.

Martedì 14 novembre 2000 Non più alti di 2800m, la neve ricopre le cime dei vulcani ed un ghiacciaio quella del più alto, che decidiamo immediatamente di scalare (Ruapehu 2797m).

Due seggiovie (qui in estate si può sciare) avrebbero dovuto portarci in quota, ma a dicembre non funzionano ancora, quindi risaliamo a piedi i 1100m di dislivello che separano il parcheggio del camper dalla cima. Il sentiero è ovviamente in stile neozelandese, lo conoscete già : sempre dritti sino alla punta! Quando arriviamo siamo stanchissimi, ma felici. Il lago nel cratere centrale fuma ancora dopo l’ultima eruzione del 1995, l’incontro tra il ghiaccio, l’acqua ed il fuoco è semplicemente impressionante. Il panorama domina una piana verdeggiante che si estende all’infinito sino a confondersi col turchino dell’oceano.

In serata facciamo un po’ della strada che ci separa da Wellington (la capitale). Da lì partiremo alla volta dell’isola del Sud. Ci fermiamo a Raetihi, un simpatico villaggio perduto nell’angolo più nascosto dell’isola, tutti passeggiano senza scarpe. Non è una novità, in Nuova Zelanda molti passeggiano senza scarpe, anche ad Auckland può capitare di incrociare qualcuno scalzo, ma un paese intero non ci era ancora capitato: i negozianti, i tassisti, nonni, nipoti, proprio tutti! Mercoledì 15 novembre 2000 Seguiamo le sinuose vallate scavate dal fiume Wanganui per raggiungere l’omonima città situata alla sua foce. Lungo la strada ci soffermiamo per visitare un Pa. I Pa erano i villaggi fortificati che i Maori costruivano sui luoghi più improbabili. Questa caratteristica conferiva ai Pa la certezza assoluta di essere inespugnabili. Ed in effetti neppure gli inglesi, sebbene con i loro fucili ed eserciti, riuscirono mai a conquistarne uno! Peccato che essendo costruiti in legno non ne rimanga oggi che la forma superficiale, per il resto, occorre disporre di una buona fantasia… A Wanganui andiamo in uno dei fornitissimi ed efficacissimi uffici d’informazione dove prenotiamo il posto sul ferry che ci deve portare nell’isola del Sud, ma per oggi è completo. Passeremo dunque un giorno in più sull’isola del Nord. Ne approfittiamo per recarci al Taranaki (il secondo vulcano più alto della Nuova Zelanda), ma non prima d’aver spiaccicato il camper su di un ramo. Per fortuna i danni sono lievi ed il viaggio può continuare.

Giovedì 16 novembre 2000 Niente da fare, il Taranaki non vuole saperne di mostrarsi, le nuvole lo ricoprono dalla testa ai piedi. Torniamo a Wanganui. Questa città è da tempo oggetto di recriminazione da parte dei Maori che non riconoscono d’averla mai venduta al governo neozelandese.

Le case sono costruite come nel Far West ed i parchi sono veramente belli. Da non perdere, la piccola chiesa di Putiki: un gioiello d’artigianato Maori. Interamente scolpita nel legno, ogni cosa è decorata con disegni in staff rosso e bianco d’inimitabile stile Maori e rivestita da tessuti cuciti ed intrecciati a mano: formidabile! Sulla strada verso la capitale seguiamo la costa. Inizialmente noiosa e monotona, quando si è quasi arrivati, si trasforma in una serie di scogliere rocciose che formano numerose e bellissime baie nascoste. Propri prima di arrivare a Wellington viene persino da pensare a Portofino! Anzi una volta arrivati in città, l’impressione resta: siamo mica a Genova??? Chiusa fra il mare e la montagna , con le sue funicolari e i suoi grattacieli in centro, si direbbe veramente Genova. Un giro s’impone.

Nel porto saliamo su una nave-ristorante. Il posto è chic, ma fino ad ora i parchi e i camping sono veramente alla portata di tutti i portafogli (5-10 euro al massimo), quindi una pazzia ce la possiamo permettere. Proviamo ancora una volta a domandare un piatto di frutti di mare e pasce nella speranza di non ritrovarci per l’ennesima volta di fronte al solito piatto di Fish & chips. Finalmente, però, otteniamo una vera insalata di mare, con tanto di cozze verdi giganti (16cm). La serata scivola via con musica dal vivo, lustri e paillettes e la spesa è ancora una volta alla nostra portata (70 euro in due!).

Occorrerebbe anche fare urgentemente il dump del camper… All’interno c’è un odore che temiamo ci impediscano di salire sul ferry! Riassumendo, l’Isola del Nord incanta per le sue spiagge soleggiate e le sabbie dorate, le sue foreste profumate, i suoi vulcani innevati e le aree termali veramente spettacolari. Il tutto organizzato alla perfezione e parzialmente turistico (aree termali). I Maori sono presenti in gran numero, tuttavia, eccettuato a Roturoa, le loro condizioni di vita non ci sono parse buone. Tranne ad Auckland ed a Wellington, le altre città assomigliano molto a quelle del far west dei film western.

Infine, non scorderemo mai le notti scurissime in cui non si riesce neppure a distinguere le proprie mani e le stelle brillano come una manciata di diamanti su un panno nero: cosa abbiamo perso con tutti i nostri lampioni… Oltre a tutto questo vorremmo ricordare anche qualche dettaglio stravagante quale: 1) I cartelli di prevenzione degli incendi costituiti da una freccia che indica il livello di pericolo (pensate un po’ al tipo incaricato di girare le frecce ogni mattina!!!); 2) Gli stessi cartelli informativi, ma indicanti la probabilità di sviluppare un eczema (senza parole); 3) Le automobili che si accendono o si spengono da sole; 4) La gente scalza, ma ne abbiamo già parlato.

Ed infine qualche dettaglio molto importante per un genovese: 1) La benzina nel 2000 era a 0,62 euro al litro; 2) Il diesel 0,46 euro al litro, si spende meno a fare il pieno del camper che a quello dell’auto; 3) Le tariffe del telefono bassissime : con 4,65 euro si può telefonare in Europa per 30 minuti (12minuti ad un cellulare). Ricordo solo che siamo agli antipodi! 4) Tutti i servizi possiedono un numero verde gratuito, per cui si può chiamare il prossimo campeggio, riservare un posto sul ferry, la crociera, i voli aerei, ecc. Senza tirare fuori una lira… E per un genovese… Isola del Sud Venerdì 17 novembre 2000 L’arrivo a Picton, tra i labirinti dei fiordi, il turchese del mare ed il verde delle foreste ci resterà nel cuore anche per i micro-pinguini blu che ci danno il benvenuto sguazzando nelle acque limpide del porticciuolo.

Ci sono pure i delfini, ma saltellano troppo distanti dalla nave per poterli apprezzare.

Scendiamo a terra e cominciamo il giro dei fiordi che ci porterà a Nelson e poi alla Baia di Abel Tasman. Un giro bellissimo con una varietà di panorami da togliere il fiato, sembra di essere in Norvegia.

La bassa marea è l’occasione per la gente di camminare sulle ampie spiagge e lasciare i loro messaggi con i ciottoli sulla sabbia : si va da un semplice “X loves Y” a dei complessi disegni Maori simili a quelli di Nazca : semplicemente unico.

Sabato 18 novembre 2000 Giornata Kayak. Per apprezzare la Baia d’Abel Tasman non c’è niente di meglio. L’acqua turchese è limpidissima e le coste ricche di vegetazione nascondono i nidi dei cormorani. Particolarità degli alberi della foresta di Tasman è di possedere una corteccia nera come se avessero subito un incendio (!). In più, all’interno della corteccia ci sono degli scarabei che producono un siero le cui gocce (che fuori escono dal fusto) hanno un gusto dolcissimo.

Pagaiando in silenzio si può avvicinare i cormorani e di tanto in tanto un pinguino blu sbuca sotto il kayak per poi immergersi subitamente. Sulle coste le spiagge sono costituite da una sabbia bianchissima mista ad una nera. Dei pezzi di granito ancora integri ci danno l’indizio sull’origine di questa stranezza.

Peccato che nel pomeriggio si alzi il vento ed il mare diventi talmente mosso da richiedere l’intervento del Taxi d’acqua. Si tratta di un motoscafo che passa a prendervi su qualsiasi baia sperduta voi siate, carica voi ed il kayak e vi porta a casa. Il prezzo è compreso nell’affitto dei kayak: semplicemente geniale! Ah, dimenticavamo, tutta la penisola di Abel Tasman è parco nazionale e le poche case costruite prima dell’istituzione del parco non hanno l’elettricità, nonostante ciò troverete dei servizi igienici perfettamente funzionanti in ogni sperdutissima baia in cui approdiate! A proposito di parchi nazionali, bisogna aprire una piccola parentesi, quasi il 50% dell’intero territorio neozelandese è parco nazionale e l’isola del sud è quasi tutto un parco.

Domenica 19 novembre 2000 Finalmente ci siamo parcheggiati con il muso del camper in salita… Affari nostri! E’ il primo viaggio lungo, ci dirigiamo verso la West Coast, il luogo più selvaggio della Nuova Zelanda.

In mattinata ci fermiamo al Lago Rotoroa dove siamo accolti benissimo da coloni d’origine irlandese e scozzese. La notte prima è nevicato e tutte le cime sono imbiancate, il lago ha le coste rossastre, poi mano a mano divengono gialle, verdi, ed infine di un blu intenso al centro.

Siamo un po’ fuori dal mondo, dieci case a 60Km dal paese più vicino, Murchinson, dove decido di suicidarmi prendendo un gelato psichedelico con le caramelle di gomma dentro! Lungo la strada i panorami sono costituiti da monti “pettinati”, ossia al posto della foresta originaria ci sono dei pini sistemati in file parallele e l’impressione è proprio quella che siano stati pettinati! Ci infiliamo nelle Gole del Buller River dove l’acqua nerissima ha scavato dei bellissimi canyon. Tra poco arriveremo alla West Coast. Sulla strada incrociamo i normalissimi bus di linea che hanno la particolarità d’avere il guidatore con il microfono che vi spiega cosa incontrate durante il tragitto! Ed eccoci alla costa : il Mare di Tasman ci accoglie con le sue onde spumeggianti che aggrediscono una costa martoriata a picco sul mare. Le poche baie hanno una sabbia nera che brilla sotto il sole del pomeriggio.

Neppure scesi dal camper che 3 uccelli simili a dei Kiwi ma colorati come dei fagiani (scopriremo essere dei galli selvatici tipici dell’Oceania) ci danno il benvenuto avvicinandosi tanto da poterli toccare. Solo che se ci provate si dileguano come il Bip-bip di Willy il coyote! Facciamo 300m ed eccoci sugli scogli, sotto di noi un branco di foche prosegue la sua vita come se niente fosse. I piccoli prendono il latte, gli adulti giocano, lottano o dormono sulle rocce soleggiate. Non ci sembra vero, stiamo solo sognando! A malincuore riprendiamo la strada sino a Punakaiki per vedere il tramonto su queste stranissime formazioni rocciose simili a tante crêpes impilate una sull’altra (vi risparmio la spiegazione geologica, siete contenti?!).

Giunta la notte ci accampiamo sul lungo mare per ammirare un pianeta (Giove? Venere?) riflettere la sua luce sulle acque e gli scogli, come un faro nel buio. Mai visto nulla di simile.

Lunedì 20 novembre 2000 Ancora una giornata di viaggio verso sud.

La mattina ci dirigiamo a Greymouth la più grande città della costa ovest (10.000 abitanti!).

La ferrovia passa sulla strada senza passaggi a livello né segnali sonori o visivi! E quando dico passa sulla strada vuol dire che quando bisogna attraversare un ponte, poiché in Nuova Zelanda i ponti sono quasi tutti ad una sola corsia, i binari passano al centro della corsia!!! Qui mangiamo la specialità della costa : la frittata di… bianchetti!!! Riprendiamo la strada per il sud, verso i ghiacciai. Attraversiamo chilometri di foresta pluviale incontaminata, incontrando ogni tanto una casetta di legno che fa da bed & breakfast o una cittadina di 4 case come Whataroa con una boutique d’arte Maori.

Raggiunto Franz Josef Glacier (paese costruito proprio sulla più grande faglia che attraversa tutta l’isola del sud) ci accorgiamo che in ogni casa c’è un garage, ma che in ogni garage non c’è una macchina, bensì un elicottero! Ecco la risposta alla nostra domanda : ma come faranno a vivere così distanti dal primo ospedale? Serata freddina e tempo che si copre, speriamo che tenga perché domani vorremmo risalire il ghiacciaio.

Martedì 21 novembre 2000 Risveglio sotto il diluvio!!! Tentiamo il ghiacciaio ugualmente, il tempo a nostra disposizione ci è dannatamente contato.

Fantastico F.J.Glacier. Peccato per la pioggia. Le nuvole ci hanno impedito di vedere le punte altrettanto che il mare : siamo veramente fradici marci!!! Abbiamo attraversato crepacci di più di tre metri di profondità, scalato pareti verticali dove i kiwi (le guide neozelandesi) hanno scolpito gradini nel ghiaccio. Il passaggio in un crepaccio chiuso verso l’alto è stato indimenticabile, ci siamo ritrovati all’improvviso dentro una grotta di un avvolgente blu intenso : una decina di metri capaci di farci dimenticare tutto il freddo e la stanchezza! Credo che questo ghiacciaio, insieme al suo gemello Fox Glacier (25Km più a sud), meriti qualche considerazione in più : si tratta di ghiacciai attualmente in avanzamento rapido (60cm al giorno!) e il cui fronte è situato a soli 200m d’altezza e 4,5Km dalla riva del mare!!! Insomma per salirli completamente (sino a 3200m) ci vogliono almeno 4 giorni : davvero impressionanti! Se poi aggiungete che la foresta pluviale con felci e palme si ferma giusto 400m prima del ghiacciaio… beh, roba da non crederci.

Prima di lasciarci annegare dal mega-temporale che si profila all’orizzonte, vorremmo ricordare anche i milioni di turisti giapponesi sotto, accanto, sopra, davanti al ghiacciaio; i milioni di chewing-gum sul ghiaccio (mai visto una roba simile!); i kiwi (sempre le guide) impressionati dai nostri moderni ramponi a 8 punte! Dopo una doccia colossale (siamo o non siamo in una foresta pluviale?!) eccoci al Fox Glacier. Questa volta però siamo troppo stravolti e ci limitiamo ad ammirarlo dal basso… Mercoledì 22 novembre 2000 Pioggia, pioggia e ancora pioggia… oggi svalicheremo per renderci a Queenstown nell’interno delle Alpi Neozelandesi, 404Km di stradine di montagna… Notte passata in riva ad un lago… Vi dicono qualcosa le sandfly… Non so cosa ci prende ed effettuiamo un giro nella foresta pluviale, tanto ha smesso… : le ultime parole famose, eppure pensavamo fosse impossibile bagnarsi più di ieri!!! Sulla strada verso Haast riusciamo a vedere qualche foca a Knights Point, seguono una miriade di cascate verso Haast Pass. Appena valicato eccoci nelle valli alpine, sotto un sole che ci asciuga le ossa.

Molto più secche, queste valli sono costellate di laghi di cui il più piccolo misura 50Km di lunghezza… Ne costeggeremo due, Wanaka e Hawea. Purtroppo arriveremo al paese di Wanaka troppo tardi per visitare il Puzzling Word. Di che si tratta? Si tratta di un intero villaggio labirintico costruito con muri inclinati con angoli assurdi. Una volta entrati lo scopo è di uscirne prima del tramonto! Tristi, riprendiamo la nostra strada ancora lunga (siamo solo a metà) verso Queenstown. Le gole di Kawarau assomigliano vagamente a quelle del Verdun in Francia. I monti intorno sono viola (!), completamente ricoperti di timo in fiore, e più avanti si fanno giallo-viola per l’intrusione delle ginestre (la Nuova Zelanda pare il paese delle ginestre, ce n’è ovunque!).

Verso sera eccoci infine alla nostra meta, la si riconosce perché tutti i ponti sono muniti di cavi per il salto con l’elastico, i fiumi colmi di kayak, rafting, Jet-boat. Ah, per chi non lo sapesse, Queenstown è nota come la capitale mondiale dello sport estremo! Le montagne innevate, l’aria frizzante… ehm, no, proprio fredda (!) della sera, gli abeti che s’intrufolano nella città, si conciliano molto meglio con i Babbo Natale che nelle vetrine ritrovano finalmente le loro slitte (altrove, come nelle Isole Cook, fanno solitamente dello sci acquatico…).

Giovedì 23 novembre 2000 Questa è la regione dei grandi laghi e parcheggiare vicino ad uno di questi diventa inevitabile. Al risveglio però, le temibilissime sandfly sono assenti, sostituite da un’umidità tale da bagnare le federe dei cuscini : quale il male minore? Pazienza, il cielo è sereno ed un’alba rossa ci da il buongiorno.

Oggi finalmente faremo i turisti. Un volo ci porterà a Milford Sound, un fiordo nel sud dell’isola dove ci aspetta una crociera per vedere foche, pinguini dal ciuffo giallo, delfini e balene… Volo annullato, a Milford c’è la nebbia! Ci andremo in camper, ci vogliono solo… 5h!!! Superiamo rapidamente, ma con dispiacere, il lago di Wakatipu su cui s’affaccia Queenstown ed i The Remarquables, la catena montuosa che cinge la città. Il lago è talmente lungo (110Km) che la differente pressione dell’aria alle estremità crea un effetto di marea di 10cm ogni 5 minuti. I Maori dicono che sotto l’acqua ci sia un gigante addormentato e che la marea ritmi il suo respiro (un po’ più poetico, non trovate ?).

Sulla strada che si snoda fra le montagne facciamo i 120Km/h, alle 15h abbiamo la crociera : non ce la possiamo fare… Appena raggiungiamo la piana un vento fortissimo non ci fa fare più degli 80Km/h. E siamo a tavoletta! Raggiungiamo Te Anau la capitale del Fiordland per le 13h, ancora 121Km di stradine per Milford : non ce la possiamo fare… La strada costeggia per 40 Km il lago Te Anau tra foreste, fiumi e montagne innevate.

Il paesaggio è straordinario, fantastico, incommensurabile, scusate, ma non ci sono aggettivi per descriverlo. In seguito si scende lentamente verso il fiordo nascosto fra le dense nebbie di un inferno freddo. La neve fresca borda la strada e l’alito si condensa davanti ai nostri sorrisi esterrefatti.

Un tunnel di miniera, nero come la notte scende a 40° verso l’altro mondo. Ne usciamo sotto un’infinità di cascate che precipitano per 200m nella valle dove la foresta è più rigogliosa che mai.

Ci siamo! Lungo la strada, dei Kea. Sono pappagalli verdi le cui ali in volo mostrano i colori del fuoco. Hanno sostituito i rapaci del luogo, ma quando scendiamo dal camper, li avviciniamo con un pezzo di pane. Loro non scappano, diffidano, ma si lasciano quasi toccare, prendono il pane e volano via : semplicemente straordinario.

La baia di Milford si presenta sinistra e lugubre, presidiata com’è dai suoi alti picchi a farle da guardia, incappucciati di bianco come fantasmi. Il silenzio è rotto solo dallo scrosciare della pioggia. Nel primo quarto d’ora la crociera è come statica, si avanza con lentezza all’interno del fiordo, quasi che il tempo si fosse fermato. Poi ci si avvicina alle lisce pareti dei picchi, verticali come il filo a piombo. Le piante vi si aggrappano disperatamente in una massa omogenea di un verde scuro intenso, sino a confondersi con la roccia nera.

Ad un tratto la sorpresa : in questo groviglio di rami e di foglie vi è chi ha scelto d’attirare l’attenzione degli insetti esplodendo in una miriade di fiorellini rossi, come una nebulosa in un universo vegetale.

E’ quasi irreale, incredibile.

La crociera prosegue sfiorando le cascate che, in numero sempre più grande si tuffano nel mare. Di tanto in tanto il vento soffia così forte che le spezza, le sostiene un istante cullandole in aria per poi piegarle all’indietro, su, verso l’alto, in uno sbuffo di polvere bianca, ma forse stiamo solo sognando… Sulla riva, fra gli scogli martoriati dalle onde, dei pinguini in frac ci riportano alla realtà con l’allegria dei loro goffi saltelli. Dall’altra parte del fiordo una colonia di foche fa il suo pisolino, distese su una roccia a picco sul mare.

Si rientra. Siamo quasi al porto e l’esperienza è stata fantastica, peccato per le balene, ma non è la stagione, e pure per i delfini… E’ come aver pronunciato una parola magica, fra i quattro kayak che incoscienti del tempo affrontano le onde davanti a noi, ecco una pinna, poi due, quattro… Davanti alla prua tre delfini schizzano fuori dall’acqua nuotando più veloci di noi.

Qui a Milford una moltitudine di emozioni vi colgono impreparati, vi avvolgono, vi coinvolgono e commuovono sino alle lacrime. Siamo nuovamente a terra, un ultimo sguardo a questo luogo fatato dove l’uomo ritrova la sua dimensione. Siamo dall’altra parte del mondo, eppure ci sentiamo come a casa nostra. Vi lasciamo una parte dei nostri cuori, un frammento delle nostre anime (ed io pure la mia penna parker!).

Ritorniamo verso Te Anau, accompagnati da quello strano paesaggio che tanto avevamo ammirato all’andata e ci fermiamo ad ammirarlo colti da un senso di malinconia.

Venerdì 24 novembre 2000 Ci svegliamo su una strada di campagna verso nessun luogo. Nel giro di un quarto d’ora passeranno 5 camion (di cui 2 con rimorchio!), 7 macchine ed un bus. Se davvero fra 7 anni torno in Nuova Zelanda lo asfalto e ci metto un casello! A un certo punto arriva un pazzo che rincorre due mucche. E’ seguito da un cane che abbaia. Passa un niente, ed ecco la polizia… Ah, dimenticavamo, sono solo le 8h del mattino!!! Riprendiamo la strada verso nord, domani dobbiamo consegnare il camper e la nostra avventura si concluderà (sigh!).

Dapprima soleggiato, il tempo si guasta sino a riprendere a piovere, sembra quasi che Dio abbia scelto di prepararci a quello che ci aspetterà per i prossimi mesi a casa a Parigi.

Ah, se viaggiaste da queste parti in una giornata di pioggia cercate di non perdervi i cavalli col k-way, un vero spasso! Dunedin è il nome celta per Edimburgo e non a caso è la città più scozzese di tutta la Nuova Zelanda. Il silenzio della natura si prolunga, come dovunque in questo paese, per le vie del centro affollato. Per lo meno sino a quando mia moglie non decide di fare retromarcia distruggendo il faro della macchina che ci segue… Per la città oltre che a piedi scalzi trovate gente in kilt, soprattutto le scolare. Non abbiamo molto tempo ed a malincuore lasciamo il centro, molto bello, per lanciarci sulla strada della penisola di Otago dove ci aspetta una colonia di pinguini ed una di albatros. La strada segue per filo e per segno la costa con un susseguirsi di curve da infarto. In effetti l’asfalto arriva sino al ciglio della strada che è soprelevata di solo 50cm rispetto al mare, ovviamente senza alcuna protezione!!! La pioggia sempre più insistente non ci impedisce di ammirare i maestosi albatros che volteggiano sul mare in tempesta, purtroppo però il tempo a nostra disposizione è sempre di meno e dobbiamo fare ancora molti Km prima di Christchurch, così niente pinguini dagli occhi gialli.

E’ il tramonto e c’è ancora tempo per una fermata geologica presso i Moeraki Boulders : delle sfere di calcare del diametro di un metro un metro e mezzo che punteggiano la spiaggia come un campo da bocce: curiosi.

Scopriamo che al vicino faro c’è una colonia di pinguini dagli occhi gialli, ci facciamo indicare la strada e non so come, ma riusciamo ad imbroccarla al primo colpo (se sapeste com’è non vi chiedereste perché!). Di pinguino ce n’è uno solo, ma lo possiamo osservare da molto vicino e siamo contenti così. C’è pure una foca, ma dorme : c’è da chiedersi se anche loro non abbiano ereditato un po’ del sangue dei kiwi… La giornata è stata massacrante : 512Km per poche manciate di minuti di gioie.

E’ un imperativo: un giorno dobbiamo ritornare qui! Sabato 25 novembre 2000 Ultimo giorno, Christchurch è proprio una bella città, forse la più europea. Finalmente esce il sole e ce lo godiamo con un buon gelato al kiwi in un parco in pieno centro. E’ sabato, c’è un sacco di gente, macchine e bus, eppure sembra d’essere in piena campagna : che pace… Riassumendo, l’isola del Sud è molto più selvaggia, la natura è ancora signora incontrastata. Gli animali non hanno ancora sviluppato l’istintiva paura dell’uomo e, perdonatemi, ma non so proprio come altro potrei dipingervi il Paradiso.

Le infrastrutture turistiche sono sempre eccezionali, ma ci si sente molto più autonomi.

Oltre a tutto questo ci va di ricordare pure alcuni dettagli stravaganti quali : 1) Moltissime macchine degli anni ’20 circolano un po’ in ogni città; 2) Ogni paese, anche dove ci sono solo 4 case, ha il suo Golf club, gun club, bowling; 3) Pecore, pecore, pecore dappertutto! E pure qualche alpaca (?).

4) Le gazze ladre! Sono gli unici animali che vi ricordano che siete nell’altro emisfero. Infatti, contrariamente a quelle Europee, sono bianche sopra e nere sotto! 5) Dei cavalli col k-way ne ho già parlato, ma… hanno anche il cappuccio!!!



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche