Madagascar, una meraviglia della natura

Una terra dai mille colori, dalla vegetazione lussureggiante, dal mare cristallino, popolato da simpatici abitanti, che supera di gran lunga l'immaginario collettivo e che alimenta sempre di più il mal d'Africa
Scritto da: iresov
madagascar, una meraviglia della natura
Partenza il: 21/10/2013
Ritorno il: 29/10/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Scendo dall’aereo ancora stordita dopo nove ore di volo e mi ritrovo in una stanza adibita ad aeroporto in cui il rullo che trasporta le valigie è umano, formato da una decina di malgasci che in coro ci chiedono: “mancia, mancia”.

Anche questa è una delle mille sfaccettature che caratterizzano questa splendida terra.

Saliamo nel pulmino che ci porta nella località di Andilana, una delle zone più belle di Nosy Be e dove è situato il nostro villaggio turistico e veniamo catturati da quello stile di vita così lento e pacato, ben diverso dalla conosciuta frenesia.

Percorriamo Hellville, il capoluogo dell’isola e tutto è un susseguirsi di colori contrastanti: le strade asfaltate ma coperte di terra mista a polvere, i negozietti locali che pullulano di primizie a chilometri zero tra cui banane, ananas, mango, papaya, un paradiso per gli amanti della frutta, intervallati da qualche localino tipico, bianco e azzurro, adibito a ristorantino con appesi in strada baguette e pesci. Più in là il verde intenso degli alberi e delle palme, che fanno da sfondo a questo pittoresco ritratto.

Sono le otto del mattino ed il sole è già alto nel cielo. Poco fuori dalla città ammiriamo la vera essenza del Madagascar: prati stepposi dove pascolano pacatamente gli zebù, o simpaticamente chiamati da loro “zio bù”. Sono le nostre mucche, molto più magre e con una strana gobba dietro alla testa, considerata tra l’altro, la parte più prelibata del bovino.

Più in là un gruppo di fortunati bambini con lo zainetto in spalla, si avviano con molta calma a scuola. Eh si, il loro motto è “more more” ovvero “calma calma”; d’altronde qui le giornate scorrono con un ritmo decisamente più lento.

Anche le donne, tutte pitturate in viso con una pasta particolare per proteggersi dal sole, si danno il loro da fare. Fuori dalle loro piccole ma graziose capanne elevate da terra, accendono dei fuochi sopra ai quali ci sono dei catini di ferro dove bolle del riso, elemento base della loro alimentazione. Qualcuna accudisce i bambini più piccoli, qualche altra ricama magnifici parei colorati con tanto di pizzi e merletti. Gli uomini invece intagliano il legno che abbonda in Madagascar.

Ogni tanto qualcuno guarda il nostro pulmino ed emette un timido “ciao”.

Arriviamo nel villaggio e ciò che notiamo immediatamente è un giardino zoologico di un verde che sembra finto. Ci allontaniamo dal caos di valigie e ci inoltriamo in un susseguirsi di palme e alberi. Tutto intorno c’è un silenzio magico, interrotto dai versi di qualche animale che non riusciamo a decifrare. Poco dopo sbuca da dietro un albero un simpatico omino, tutto di verde vestito che ci fa notare una famiglia di camaleonti, tassativamente mimetizzati tra le piante. Ne prende uno in mano e ce lo mostra. Non avevo mai visto prima un essere simile, così strano e bello allo stesso tempo. Gli occhi girano a 360 gradi, la coda si attorciglia lungo la mano e di tanto in tanto estrae una lingua degna di nota. Il suo colore varia dal verde scuro, al verde smeraldo sino ad un rosso vermiglio e penso a come il nostro Creatore abbia potuto inventare tanto. Senza che nemmeno ce lo chiedesse, il nostro nuovo amico si arrampica atleticamente su una palma alta circa venti metri e ci fa avere un cocco appena raccolto. Taglia la dura corteccia con un arnese simile ad un’ascia e ci fa assaporare una delizia che prima d’ora non avevamo mai assaggiato: il latte di cocco. Mangiamo anche il frutto, ben diverso da quello che troviamo al supermercato.

Ringraziato per la dolce sorpresa, ci avviamo verso la reception, oltrepassiamo la scenografica piscina e ci avviamo verso una magnifica laguna di acqua cristallina dove veniamo immancabilmente presi d’assalto dai beach boys, simpatici ragazzi malgasci che inizialmente possono sembrare insistenti, ma in realtà non fanno altro che tentare di portare a casa dei soldi offrendoci delle escursioni ben organizzate.

Prenotiamo immediatamente la gita a Nosy Iranja per il giorno seguente e Nosy Tanikely e Nosy Kombe per la domenica.

Siamo pronti all’escursione con tanto di cappellini e creme solari e salpiamo a bordo di uno scafo, piccolo ma confortevole verso Nosy Iranja, o anche isola delle tartarughe e dopo circa due ore di navigazione vediamo davanti ai nostri occhi ciò che mai avremo potuto immaginare. Un vero e proprio paradiso terrestre formato da due isolette ricche di vegetazione e collegate tra loro da una striscia di sabbia bianchissima che ci acceca e tutto circondato da una mare celeste da cartolina: una libidine per la vista.

Scendiamo ancora impressionati da tanta bellezza e ci tuffiamo in quelle acque calde senza esitazione, sentendoci degli dei nati da quel mare. Il nostro assaggio non dura granché perché veniamo richiamati dalla guida, il nostro beach boy malgascio, ad addentrarci all’interno del villaggio locale ed anche lì è una sorpresa continua. Veniamo accolti da una moltitudine di tovaglie colorate svolazzanti e da bambini urlanti e festosi che ci salutano con un “ciao mozzarelline”.

Percorriamo un tratto di foresta in salita, ricca di piante di vaniglia e cannella, dove si può scorgere, tra le fitte ramificazioni, un pezzetto di blu del mare e raggiungiamo una scuola pullulante di bambini che stanno imparando i giorni della settimana in francese, ma la loro attenzione viene distolta dalla nostra presenza e in un batter d’occhio veniamo circondati da manine in attesa di una penna o di una caramella. Non avendo portato nulla con noi, diamo loro dei braccialettini in gomma colorati e nei loro occhi esplode una gran gioia che ci dimostrano scrivendo sulle lavagnette: “grazie”. Banali fatti che riempiono il cuore.

Poco dopo saliamo su un faro lì vicino dal quale è possibile vedere l’immensità del mare fino alla costa del Madagascar. Anche la lingua di sabbia è ben visibile, sembra un fascio di luce che da lì a poco andrà a scomparire a causa della marea.

Ci affrettiamo a scendere per goderci ancora un po’ il mare e per riempirci la pancia di riso e aragosta in compagnia di simpatici paperi pronti a punzecchiare il terreno alla ricerca di qualche chicco.

Ed ecco la mascotte dell’isola da ben centocinquanta anni: la tartaruga gigante. Ebbene si, chissà quanti volti avrà visto in tutti questi anni di vita.

Nosy Iranja è anche l’isola delle tartarughe marine che ogni primavera vengono lì a deporre le uova.

La giornata è ormai finita, risaliamo nella nostra barchetta dove ci attende il “marinaio” con il bottino del giorno: una cernia di cinquanta chili!

Il Madagascar non ha ancora finito di stupirci e lungo il tragitto, percorrendo parte del Canale del Mozambico, vediamo la regina del mare, in tutta la sua magnificenza: la balena che volteggia tranquilla ad una decina di metri dalla nostra barca, che mai prima d’ora sembra così piccola.

I giorni in villaggio trascorrono piacevolmente, tra giochi in spiaggia e spettacoli serali, ma attendiamo con ansia la domenica per goderci ancora quest’angolo di paradiso.

Salpiamo, sempre in compagnia del nostro ormai amico beach boy, alla volta di Nosy Tanikely (isola piccola) e, armati di maschera e boccaglio ci immergiamo in un acquario a misura d’uomo, meno ricco dei fondali del Mar Rosso, ma comunque coralli dorati, anemoni adornati da pesci pagliaccio, pesci pappagallo e ricci di mare non mancano.

Nosy Kombe (isola dei lemuri) è invece l’isola dei lemuri, simpaticissime scimmiette che vivono in mezzo alla foresta, insieme al serpente boa, ma che interagiscono tranquillamente con l’uomo. Così mi faccio prendere dall’euforia e do loro delle banane da mangiare. Non occorre nemmeno chiamarli, dato che uno di loro mi balza in spalla, facendomi quasi cadere dallo spavento e mi toglie di mano la banana che accuratamente sbuccia. Un altro ancora mi sale in testa.

È facile distinguere il maschio dalla femmina. Il primo è tutto nero, la seconda marrone rossiccia. Uno tutto bianco invece salta acrobaticamente di ramo in ramo volendosi così distinguere dagli altri non solo per il colore.

Le escursioni naturalistiche sono al loro termine, ma non la nostra giornata.

È domenica e i malgasci fanno grande festa bevendo rum e altri alcolici, ma lo spettacolo più atteso è la “Moraingj” ovvero la lotta malgascia.

La guida ci accompagna a Dzamanzar, suo paese natale, in una arena gremita di gente, in cui noi spiccavamo per il nostro colorito. Ed ecco che la calma domenicale viene interrotta da questi uomini provenienti da villaggi limitrofi che si sfidano tra loro. Lo sfidante passeggia attorno ad un cerchio lanciando sguardi di sfida finché non trova qualcuno che accetta. Questo tipo di lotta comporta agilità e rapidità di movimenti ed è accompagnata da suoni, canti e dalle urla degli spettarti che incitano i giovani. Notiamo che molti di loro masticano qualcosa e ci viene spiegato che si tratta di foglie di Kat, una pianta eccitante che aiuta a non sentire il dolore. Restiamo impressionati da tanta ferocia, ma per loro è come assistere ad una partita di calcio.

Terminiamo la giornata partecipando ad una messa cantata in coro da tutti i fedeli ed il tutto è così bello che ci viene da andarci più spesso.

Che dire, il Madagascar è una terra dai mille colori, dalla vegetazione lussureggiante, dal mare cristallino, popolato da simpatici abitanti, che ha superato di gran lunga le nostre aspettative e che porteremo sempre nel cuore, alimentando sempre più il nostro mal d’Africa.

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Nosy Iranja dall'alto

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Bambini a scuola

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Scorcio di Nosy Iranja

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Il camaleonte

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Un mare da sogno

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Colori sulla spiaggia

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Un simpatico lemure



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