Norvegia: la forza dell’acqua

Dal museo Fram di Oslo alla strada dei Troll, poi i fiordi norvegesi sino a Bergen, la scalata al Preikestolen e la scoperta di idilliaci villaggi lungo la costa meridionale.
Scritto da: alvinktm
norvegia: la forza dell'acqua
Partenza il: 06/06/2019
Ritorno il: 15/06/2019
Viaggiatori: 3
Spesa: 1000 €
Cascate, ghiacciai, laghi, fiordi, mare e fiumi hanno tutti un elemento in comune: l’acqua. Dolce o salata, allo stato liquido oppure solido, è sempre una meraviglia da ammirare e per la quale emozionarsi. Ci ha accompagnato per i dieci giorni on the road in Norvegia, ha drogato i nostri cervelli tanto da renderli dipendenti e assuefarli a un paesaggio dove è lei, in ogni sua forma, la protagonista assoluta.

Ma andiamo per ordine.

Un viaggio come quello che sto per raccontarvi, se lo si vuole low cost, non si può improvvisare. Innanzitutto bisogna decidere come spostarsi, se prediligere la macchina o decidere per la combinazione treno più nave. Avendo un bimbo di tre anni abbiamo scelto la prima soluzione per godere di una libertà di movimento assoluta. Per quanto riguarda l’aereo la compagnia Ryanair è la scelta a basso costo per eccellenza, tuttavia si devono controllare i prezzi dei voli che spesso raggiungono cifre elevate, e non giustificate, e adattarsi agli orari scomodi e ai rari voli settimanali. Il periodo migliore per prenotarli va dai due mesi al mese e mezzo prima. Stesso discorso vale le strutture ricettive. Grandi città a parte, i paesi seppure molto turistici offrono poche sistemazioni e in alta stagione diventano costose se non riservate per tempo. A meno che non si voglia rischiare un last minute, ma in certe località come Geiranger e Olden l’incognita di non trovare neppure un alloggio spartano rimane elevate, è meglio agire d’anticipo. A tal proposito potete consultare i siti Booking.com, Hotels.com, Bedandbreakfast.com e direttamente il sito dell’albergo e del campeggio. Altro aspetto da definire è il percorso. In Norvegia ci sono talmente tante strade turistiche da percorrere, escursioni da vivere e fiordi da navigare che è davvero difficile scegliere. Questo può diventare anche un vantaggio, perché chiunque può costruirsi la vacanza dei propri sogni. I chilometraggi sono lunghi e i tempi di percorrenza per via dei limiti di velocità restrittivi si dilatano enormemente. Tuttavia ricordate: la strada, non la meta, è l’attrazione. Perciò non abbiate fretta e saprete godervi al meglio il viaggio on the road in Norvegia.

Un po’ di consigli pratici.

Molte strade, tunnel e ponti sono a pagamento ma non esistono i caselli come in Italia, bensì telecamere di lettura della targa. Se noleggiate un automobile non dovrete preoccuparvi di nulla perché le grandi compagnie come Hertz e Avis l’avranno dotata di Autopass. A ogni passaggio sotto le postazioni fisse verrà addebitata una tariffa, di volta in volta specificata con cartelli ai lati della carreggiata, e alla fine vi arriverà un estratto conto con i dettagli dei transiti e della corrispettiva somma addebitata sulla carta di credito. Per il noleggio dell’auto potete affidarvi al sito Autoeurope che compara i prezzi di diverse compagnie e propone sconti vantaggiosi. Se invece decidete di partire dall’Italia con la vostra macchina ricordatevi di registrarla sul sito www.autopass.no. Rifornimenti: diesel e benzina sono un po’ più costosi, tuttavia si trovano spesso benzinai con costi uguali ai nostri.

Il tempo è estremamente variabile, si passa dal sole alla pioggia battente nel giro di pochi minuti. Se il cielo al mattino appare sereno non lasciatevi ingannare perché all’ora di pranzo potrebbe rannuvolarsi, specialmente nella zona dei fiordi.

La Norvegia è quasi una nazione cash free, si paga tutto con la carta di credito, compresi i costosissimi parcheggi di Oslo, le toilette pubbliche e i giochi per bambini nei centri commerciali. Il primo impatto può disorientare, eppure ci si abitua in fretta ed è una grande comodità vista la valuta diversa dall’euro: il NOK, cioè la corona norvegese.

Mangiare nei ristoranti è moto costoso e infatti noi li abbiamo evitati. Se volete risparmiare fate la spesa nei supermercati della catena Kiwi Mini Pris che offrono un ampissima scelta di prodotti e scegliete strutture con cucine in comune o appartamenti, così da potervi preparare la cena. In alternativa arrangiatevi con insalate pronte da gustare all’aperto nelle lunghe serate norvegesi, magari in riva a un fiordo. Mcdonald’s e Seven Eleven sono buone alternative per pasti senza troppe pretese a base di panini e hamburger. Costano un pochino di più rispetto all’Italia, e agli altri stati europei, ma nulla di proibitivo.

Detto questo passiamo nel vivo del viaggio.

1°GIORNO: dall’Aeroporto di Sandefjord-Torpo a Lillehammer, 320 chilometri circa.

Atterriamo alle 9:30 del mattino e finalmente, dopo settimane di attesa, calpestiamo la terra scandinava: ancora non ci sembra vero. Frastornati per la levataccia e le oltre due ore di volo, sbrighiamo le pratiche per il ritiro della macchina alla Hertz e imbocchiamo subito l’autostrada E18 in direzione di OSLO. La prima meta del viaggio è il Museo Fram, che raggiungiamo dopo una sosta alla Telenor Arena per rifornirci al supermercato Kiwi mini pris, lasciar correre Leonardo, nostro figlio, nella grande zona pedonale, e consumare un pranzo veloce su uno dei tanti tavoli esterni sistemati tra le aiuole.

Lungo le strade norvegesi abituatevi a incontrare molte aree picnic attrezzate con panchine, wc e giochi per bambini, oltre ai chioschi e ai benzinai.

La nave Fram (https://frammuseum.no/) è custodita nella penisola dei musei di Oslo, un’area verdeggiante protesa nel fiordo cittadino. L’edificio che la accoglie è stato costruito intorno a essa e ne valorizza appieno le dimensioni. Le passerelle dei piani superiori consentono di ammirarla da ogni angolazione e permettono di accedere agli interni. Il valore aggiunto di questa attrazione è infatti il poter visitare gli ambienti ancora intatti, stipati degli oggetti usati dall’equipaggio, dalle cabine alla sala da pranzo, dal locale provviste ai servizi igienici, dal solone con il piano alla cucina. Si viene così trasportati nel 1892, anno di costruzione, per poi balzare nel 1893, quando partì per la sua prima spedizione. Durò tre anni, durante i quali la ciurma raccolse prezioso materiale scientifico proveniente dalle isole disperse nel mar glaciale artico: terre fino ad allora inesplorate. Otto Sverdrup era il capitano della nave mentre Fridtjof Nansen supervisionava la parte scientifica. Quest’ultimo nel 1888 fu il primo, insieme a cinque compagni, ad attraversare l’entroterra della Groenlandia, trascorrendo sei settimane sciando da est a ovest.

Dal 1898 al 1902 si svolse la seconda missione della Fram, capitanata sempre da Otto Sverdrup, che la spinse nelle regioni più settentrionali del Canada, dove i tecnici-marinai mapparono il nuovo territorio e svolsero importanti indagini scientifiche.

Con il capitano Roald Amundsen, nel 1910, il Fram partì per la sua terza e ultima spedizione, stavolta con direzione Polo Sud. Nel 1911 Amundsen riuscì a raggiungere la meta grazie al lavoro instancabile dei cani da slitta con i quali poté scivolare sulla calotta di ghiaccio.

Il museo è arricchito da interessanti plastici riguardanti le varie missioni navali, da orsi polari impagliati, dalla riproduzione di un igloo, da giochi per grandi e piccoli, dalla simulazione delle rigide condizioni vissute dall’equipaggio (e si rabbrividisce per davvero!). Inoltre dal ponte principale della Fram si può godere dello spettacolo dell’aurora boreale e del mare in tempesta, proiettato sulle pareti circostanti.

Il museo ospita pure il Gjøa, la prima nave ad aver attraversato per intero il passaggio a nord-ovest. L’impresa avvenne tra il 1903 e il 1906, dopo diversi mesi di fermo tra i ghiacci dell’Artico. Durante la spedizione il capitano Roald Amundsen e i suoi sei compagni dimostrarono che il Polo Nord Magnetico si sposta nel tempo.

Usciamo entusiasti, perché un museo del genere non l’avevamo mai vista prima. E’ proprio questo lo stato d’animo che dovrebbe lasciare ogni nuova esperienza ed è il primo di questo viaggio.

Prima di abbandonare Oslo attraversiamo il centro in auto per buttare l’occhio sulle linee spigolose del moderno Teatro dell’Opera. Il vetro si fonde con il marmo e il granito bianco e sorge dalle acque del fiordo della capitale, quasi accecando l’osservatore. Non ci fermiamo, il tragitto fino a Lillehammer è ancora lungo ed è già pomeriggio inoltrato.

La strada per la località sciistica, resa famosa dalle Olimpiadi invernali del 1992, è molto piacevole e si snoda fra laghi, pinete, paesi e fattorie rosse, le stesse che abbiamo tanto amato in Svezia. Il panorama è un assaggio della Norvegia selvaggia che esploreremo nei prossimi giorni e subito ci conquista, assieme all’odore del sottobosco umido, dei pini e dell’erba bagnata dei campi.

Soggiorniamo al Birkebeineren Hotel and Apartments, una struttura limitrofa al parco olimpico. Nel 1992 l’italia ebbe grandi protagonisti fra i quali Deborah Compagnoni, trionfatrice nello slalom gigante, Manuela Di Centa che vinse diverse medaglie nello sci di fondo e Alberto Tomba che conquistò l’argento nello slalom. L’albergo possiede camere semplici, offre un’ottima colazione e ha un buon rapporto qualità prezzo.

GIORNO 2: da Lillehammer a Valldal, 350 chilometri circa.

La pioggia copiosa della sera precedente ci ha costretto a rimandare al mattino la passeggiata nel grazioso paese di Lillehammer. Il cuore storico si adagia lungo la pianeggiante Storgata, la via pedonale delimitata da bassi edifici dalle tonalità tenui, dentro cui si aprono le attività commerciali.

Giusto il tempo di sgranchire le gambe e riprendiamo la marcia verso nord, sulla E6. Nonostante le condizioni meteo non siano delle migliori e la nebbia nasconda le cime delle montagne, poco dopo il villaggio di Ringebu decidiamo di deviare per la strada turistica numero 27, poi 29, che si addentra nel Parco Nazionale di Rondane. Il primo tratto sale con curve a gomito poi, raggiunto l’altopiano, si addentra in una distesa di muschi bianchi, laghetti e bassi cespugli spazzati dai venti. Qua e là compaiono chiazze di neve e sullo sfondo emergono monti dalla cima arrotondata, pochi più alti di colline. Fortunatamente, man mano che ci addentriamo, la visibilità aumenta e godiamo di uno spettacolo naturale fantastico, simile a quello delle highlands scozzesi. In effetti ci sembra di essere degli highlanders. Guidiamo per chilometri senza incrociare macchine o persone, di rado compaiono dei minuscoli cottages e tutto è in balia delle forze del vento e dell’acqua. Un paesaggio così aspro, che a molti può sembrare triste e desolato, a noi trasmette pace e tanta, tantissima libertà.

Dopo una solitudine quasi completa, uscire dal parco e giungere nel paese di Dombas, snodo principale tra la E6 per Trondheim e la E136 verso Alesund, ci dà la sensazione di tornare alla civiltà. Sebbene di traffico e di case ce ne siano ben pochi rispetto agli standard italiani.

All’incrocio seguiamo l’indicazione per la città portuale di Alesund. Non arriveremo a visitarla, i nostri progetti sono ben diversi.

Più proseguiamo e più l’ampia vallata modellata dal lavoro agricolo dell’uomo si restringe. I paesi svaniscono e le pareti delle montagne si fanno verticali. Sopra la rigogliosa vegetazione si innalza la pietra scura da cui si gettano innumerevoli cascate: è uno spettacolo. Sono talmente tante da non sapere in quale direzione guardare. Le abbondanti nevicate e la primavera particolarmente piovosa ha alimentato i laghi e i depositi nevosi; l’alzarsi delle temperature ha fatto il resto.

Pensavamo non potesse stupirci più nulla invece, dopo aver imboccato in località Sogge Bru la famosa STRADA DEI TROLL, la natura ci riserva altre meraviglie.

La Trollstigen, così si chiama in norvegese, è una frazione di 55 chilometri della strada Turistica Nazionale numero 63 che si conclude a Valldal. Proprio lì trascorreremo la seconda notte. La carreggiata è stretta e delle piazzole si alternano su entrambi i lati per agevolare il transito di due mezzi. Il serpentone di asfalto sale lungo il fianco roccioso, superando il dislivello grazie agli undici tornanti e ai picchi di pendenza dell’11%. Salendo si viene investiti dagli spruzzi d’acqua dell’impetuosa cascata Stigfossen e, arrivati a 700 metri di quota, è possibile affacciarsi dal punto panoramico Utsikten per ammirare dall’alto il percorso appena compiuto. Si parcheggia l’auto nei pressi della struttura turistica con caffetteria e museo, bassa e con ampie vetrate che ben si integrano nel territorio, per poi camminare su delle pedane costeggianti il fiume, fino a dei balconi a strapiombo sulla vallata. E’ adrenalinico, spaventoso e nel contempo spettacolare guardare di sotto. Il panorama mi ricorda la salita al passo Stelvio in Valtellina che tante volte abbiamo percorso in bici e in moto.

Attraversato il pianoro innevato la strada scende verso Valldal. Il clima diventa via via più mite, e in effetti è il più caldo nella zona dei fiordi, lo si capisce dalle coltivazioni all’aperto di fragole e dalle piante di ciliege. Poco prima di giungere al paese, nel bosco di pini e betulle, si schiudono le suggestive gole di Gudbrandsjuvet, plasmate dalle acque del torrente Valldøla. Le si scopre grazie a delle passerelle in ferro sospese tra una roccia e l’altra. Vale la pena fermarsi soprattutto col sole, per sorseggiare un caffé nella frescura del terrazza del bar con vista sulle cascate.

L’affittacamere Valdall Gjestgiveri, di recente ristrutturazione, ci ospita per la notte. Dispone di camere essenziali con bagno al piano, una sala e una cucina in comune ben attrezzata della quale usufruiamo per preparare la cena. La passeggiata serale sulle rive dello Storfjorden è d’obbligo, e sebbene il paese non offra nulla di particolare ce ne innamoriamo. Sono la semplicità e il ‘niente’ norvegesi che conquistano chiunque abbia la fortuna di entrarvi in contatto.

GIORNO 3: da Valldal a Innvik, 180 chilometri circa più una tratta in traghetto.

Il mattino siamo pronti per salire sul primo battello della vacanza per attraversare il fiordo in una decina di minuti, dallo scalo di Linge, vicinissimo al paese di Valldal, a Eisdal. La compagnia che fornisce il servizio è la Fjord1 e su internet potete trovare le informazioni sugli orari e i costi che variano a seconda della grandezza del mezzo da trasportare e dal numero di passeggeri. Il sito è solo in lingua norvegese ma lo si riesce a interpretare comunque. Stavolta niente autopass, si paga in contanti o con carta di credito prima di imbarcarsi.

A Eisdal riprendiamo a guidare sulla strada Turistica Nazionale numero 63 che sale dolcemente fino al passo per poi gettarsi verso la nota, e costosa, località turistica di GEIRANGER, la più conosciuta della regione dei fiordi. Poco prima di raggiungerla compare a strapiombo il punto panoramico Ørnesvingen che regala una vista privilegiata sul villaggio e soprattutto sull’insenatura marina tra le più belle dell’intera Norvegia. Anche qui non mancano spettacolari falesie rocciose e cascate.

Non ci sarebbe dispiaciuto fare due passi per Geiranger, tuttavia la congetione creata da migliaia di croceristi ci spinge a proseguire fino al belvedere Dalsnibba. Lo si raggiunge percorrendo in direzione sud per 17 chilometri la carrozzabile 63 e poi svoltando su una stradina a pagamento, 150 corone a veicolo, e proseguendo per meno di 5 chilometri. Il costo è elevato ma la vista maestosa che sia apre a Dalsnibba la compensa ampiamente. Le cime innevate disegnano l’orizzonte e sullo sfondo compare il fiordo su cui si affaccia Geiranger.

Il tragitto sino a OLDEN è altrettanto incantevole, immerso in una natura pulita, fresca e rigogliosa. L’unico centro di dimensioni ragguardevoli è Stryn, dov’è possibile acquistare provviste nell’economico supermercato Kiwi mini pris, bere un caffé in uno dei tanti bar e fare shopping nei negozi. Prima di arrivare a Olden si supera la località di Loen. Dal centro del paese parte la Loen Skylift, la funivia inaugurata nel 2017 che consente senza fatica di salire sul monte Hoven, dal quale godere di un panorama, dicono, mozzafiato. Sebbene per mancanza di tempo non abbiamo potuto verificarlo di persona è facile crederci. La visione del mondo da un punto privilegiato come quello può soltanto essere meravigliosa.

Da Olden si imbocca la lunga vallata costeggiando i numerosi laghi alimentati dal fiume Oldeelva. La carreggiata si snoda pianeggiante, offrendo placidi scorci su fattorie solitarie, e solo nell’ultima frazione aumenta di poco la pendenza. In effetti il tratto più ripido che ci condurrà fino alla lingua del ghiacciaio Briksdal, a sua volta una parte dello Jostedal, il più grande del continente europeo situato sulla terra ferma, lo si deve compiere a piedi. In alternativa il parco mette a disposizione un servizio a pagamento, costoso, di navetta, di cui non abbiamo usufruito. Siamo venuti in Norvegia anche per camminare!

Ho voluto puntualizzare l’informazione in merito al ghiacciaio dello Jostedal in quanto il primo per grandezza in Europa è il Vatnajokull, in Islanda, una meraviglia che ha contribuito a ispirare il mio secondo thriller, ‘Il mistero dell’isola di ghiaccio‘.

Torniamo in Norvegia, precisamente al centro turistico da cui parte la camminata di circa un’ora per il Briksdalbreen (breen, posto dopo il nome proprio indica ghiacciaio in norvegese). Il sentiero comincia ripido e a un certo punto sembra essere inghiottito dagli spruzzi impalpabili e gelidi della cascata. Le acque appaiono bianche tanto è la loro potenza. Poco oltre, la vallata diventa pianeggiante e regala scorci magnifici sulle calotte che sembrano congiungersi ai pini e tuffarsi nei prati fioriti. Ancora un ultimo sforzo e il lago dall’inconfondibile colore grigio azzurro si presenta davanti ai nostri occhi. La lingua di ghiaccio purtroppo è lontana, incastrata tra i massi levigati. Durante il percorso dei cartelli informano i turisti sui vari fronti del ghiacciaio degli ultimi centinaia di anni ed è impressionante scoprire quanto si sia ritirato. Forse le nuove generazioni non potranno più vedere un tale scenario e questo mi spaventa. La sola speranza è che questa rotta si inverta il prima possibile.

A Innvik, nelle vicinanze di Olden, veniamo accolti dalla romantica vista sul fiordo dell’albergo Innvikfjord. Le camere sono semplice ma pulite, la colazione buona e il rapporto qualità prezzo è di certo migliorabile. Troppo caro per gli standard qualitativi italiani. Il punto forte è la posizione, direttamente sulla riva ed è facile immaginare la vista dalla stanza. Godersi fino all’ultimo minuto la luce delle lunghissime giornate nordiche, stesi sul letto, è impagabile.

Innvik è un piccolo paese e offre ben pochi servizi per i turisti, eppure a noi non è mancato nulla. Abbiamo cenato sul terrazzo della camera con i prodotti acquistati al supermercato e la sera Leonardo si è scatenato nel parco giochi e nel campo da calcio del villaggio. Momenti semplici, rilassanti, che ricorderemo per il resto della vita.

GIORNO 4: da Innvik a Voss, 170 chilometri circa più crociera sui fiordi.

La strada è l’attrazione, lo ribadisco. E’ un concetto che si impara velocemente in un viaggio in Norvegia. Guidare diventa un piacere e fuori dal finestrino va in scena il documentario naturalistico visto tante volte alla televisione. La differenza è che basta aprire la portiera per entrare a farne parte.

Nel tragitto da Innvik a Kaupanger, porto da cui partirà la crociera tra i fiordi, la carrozzabile si inerpica in montagna per regalare ampie vedute sui bracci di mare e le vallate sottostanti. Una breve deviazione seguita da un facile sentiero pianeggiante consente di scoprire il ghiacciaio Boya, che si riflette nelle acque gelide del lago formato dal suo sciogliersi incessante.

Più avanti, alle porte del villaggio di Fjaerland, merita una visita il Museo dei ghiacci, accolto in una costruzione fatta di vetro e lastroni di pietra chiari che ricordano i parallelepipedi ghiacciati usati per costruire gli igloo. Fuori tre mammut fanno la guardia, dentro un orso polare accoglie i visitatori in un percorso interattivo in cui vengono spiegati i cambiamenti climatici, come si sono formati ed espansi i ghiacciai, e il loro graduale ritiro. Il tutto è illustrato da un filmato a ciclo continuo, da plastici ed esperimenti. L’ambiente è piccolo e la visita si conclude in meno di un’ora, tuttavia è molto educativo ed ha attratto l’attenzione di nostro figlio, di soli 3 anni.

Devo per forza attraversare le poche case disposte lungo la riva di Fjaerland, fino al minuscolo molo. Lì, in scaffali all’aperto, i libri si mischiano al territorio e nelle due casette, un tempo rimesse per barche, si viene letteralmente sommersi da mensole di libri, nuovi o usati, in diverse lingue. In un angolino è possibile sedersi su comode poltrone, sfogliare volumi illustrati per bambini e divertirsi a indovinare dal titolo in norvegese quale famoso bestseller di Ken Follet teniamo fra le mani. Si esce e i manoscritti sono dappertutto, basta fare due passi e li si trova in vecchie stalle ristrutturate, nell’antico Hotel Mundal, nella caffetteria e all’ufficio del turismo. Tutto questo è possibile perché ci troviamo nel paese del libro e delle fiabe. Sembra di essere fuori dal tempo, fuori dal mondo, fuori da tutto. L’atmosfera invoglia a fermarsi, aprire un volume e dimenticarsi del resto, liberarsi dallo stress e dal pensiero del mondo, per imparare a vivere ‘un giorno alla volta’, perché in fondo è solo l’oggi quello che abbiamo.

Nel primo pomeriggio arriviamo a Kaupanger, dove ci imbarcheremo sul traghetto prenotato in anticipo sul sito: https://www.visitflam.com.

Prima però l’alto campanile, i pinnacoli, i tetti spioventi della Stavkirke attirano la nostra attenzione. I legni scuri con cui è stata costruita la chiesa contrastano col verde brillante del prato ai suoi piedi, dove spuntano le lapidi dei defunti. I cimiteri in Norvegia sono concepiti così, somigliano più a giardini e attraversali non incute angoscia o tristezza. Nessun monumento pacchiano, pochissimi fiori, niente viali costrittivi, solo l’erba che accoglie tutti allo stesso modo.

Guardando la chiesa dall’esterno balza subito all’occhio la quasi assenza di aperture. L’interno ne subisce le conseguenze apparendo piuttosto buio. Il costo del biglietto è caro, tuttavia vale la pena entrare e ascoltare la spiegazione in inglese della guida perché l’ambiente è molto particolare, completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere negli altri luoghi di culto. La sua costruzione risale al 1140 ed è un’esempio di struttura a doghe, tipica tecnica norvegese. Nel corso dei secoli ha subito modifiche e ampliamenti e adesso soltanto delle alte travi verticali sostengono il tetto, amplificandone così il senso di altezza. Il fonte battesimale, l’altare e il pulpito sono decorati e a tutt’oggi sono utilizzati per le celebrazioni.

Alle 15 parte puntuale la crociera di due ore e mezza nel Sognefjord. E’ la prima volta che ci avventuriamo a bordo di una barca lungo i tortuosi bracci di mare che tagliano, modellano, si insinuano nella frastagliata costa norvegese. Siamo emozionati perché è il sogno di tanti poterli esplorare e anche il nostro.

La prima parte del percorso offre panorami piacevoli e, perdonate l’espressione, piuttosto normali. Lo specchio d’acqua è ampio e i fianchi delle montagne scendono dolci fino a riva. La vera meraviglia inizia all’imbocco dello stretto Naeroyfjord. L’UNESCO lo ha inserito nella lista dei Patrimoni dell’Umanità nel 2005 e non appena si ha la fortuna di attraversarlo se ne comprende il motivo. Misura 17 chilometri di bellezza selvaggia. I monti si gettano quasi verticali nell’acqua e il verde cupo della vegetazione lussureggiante è interrotto dal bianco fluire delle cascate. Di tanto in tanto compaiono fattorie solitarie, si vede un paesello raccolto attorno alla chiesa e si scorgono fra gli alberi le tende dei campeggiatori. 250 metri è la larghezza nel punto più stretto. Lì i picchi innevati sembrano davvero caderti addosso e ti chiedi come possano viverci delle persone. Se a volte mi sento isolata a vivere in Valtellina, qui pare di essere su un altro pianeta. La pioggia sottile crea un’atmosfera velata, ricca di fascino, mistero e regala la sensazione di essere stati catapultati nell’ambientazione di un film fantasy. Da un momento all’altro mi aspetto di intravedere un troll che sorveglia il transito del traghetto dal ramo di un albero.

I troll sono creature del bosco, somiglianti a noi umani, con un naso grosso, il pelo e una coda. Buoni ma dispettosi, amano fare scherzi a chiunque si addentri nella loro foresta. I norvegesi li adorano e i negozi di souvenir ne sono pieni.

Sbarcare a Gudvangen significa la fine della crociera in uno dei fiordi più belli al mondo. Il Naeroyfjord ha superato le nostre aspettative, e ora bisogna guidare fino a Voss, attraversando le gole di Stalheim. In verità se si segue la via principale, la E16, si vede poco. Bisognerebbe percorrere il vecchio e strettissimo percorso, oppure soggiornare allo Stalheim hotel, con vista sulle gole.

A Voss pernottiamo al Voss hostel, un ostello con camere famigliari e bagno privato, direttamente sul lago. La struttura è davvero minimale e la colazione passabile. Non mi sento di consigliarlo visto il costo elevato e la bassa qualità, o la mancanza, di servizi, compresi la colazione.

Merita invece la passeggiata ciclo-pedonale che dalla struttura segue le sponde del lago fino al centro del paese, nota località sciistica e famosa per offrire molte attività sportive come arrampicata, discese in gommone, mountain bike e sport estremi.

GIORNO 5: da Voss a Bergen, 110 chilometri circa.

Il tragitto è un piacevole trasferimento per giungere nella ‘capitale dei fiordi’.

Come tutte le città trovare parcheggi in centro è difficile e costoso, perciò consiglio di lasciare l’auto in una delle autorimesse multipiano in periferia. Il ByGarasjen è comodissimo se si è in transito sulla E39 e da lì il nucleo storico si raggiunge in dieci/quindici minuti a piedi. BERGEN infatti può apparire caotica per via delle migliaia di crocieristi che ogni giorno sbarcano dalle navi ancorate al porto, eppure è una città piccola, amante della vita all’aria aperta ed estremamente graziosa. Si passeggia attorno al laghetto cittadino, nei parchi e nelle vie lastricate del centro, si ammirano la cattedrale e l’alto campanile rosso della chiesa di St. John. Ci sono diversi musei che abbiamo scelto di non visitare. Avendo soltanto mezza giornata a disposizione preferiamo sfruttarla per le due attrazioni principali, di cui la prima è il monte Floyen. Con la sua altezza di 300 metri delimita Bergen a nord-est e offre un balcone naturale eccellente. Lo si raggiunge con la funicolare, della quale ci sarebbe piaciuto usufruire se non fosse stata per la coda chilometrica di turisti alle porte di accesso. Poco male, spingendo il passeggino puntiamo alla stradina adiacente che si inerpica, tornante dopo tornante e con pendenze arcigne, verso la sommità. Ci mischiamo così alle persone del posto che in tenuta sportiva praticano jogging e camminata. Per gli abitanti di Bergen il monte Floyen è come Central Park per i newyorchese, o Hyde park per i londinesi… solo in salita. 3,3 chilometri separano la città dalla cima e si cammina dapprima in mezzo a eleganti case in legno bianco, poi immersi nella pineta. Man mano la vista si amplia sui tetti e il porto di Bergen, per esplodere nel punto più alto. Panorama a parte, il Floyen offre diverse attrattive, soprattutto per i bambini. Accanto al classico parco giochi, tra gli alberi sono stati costruiti percorsi avventura con legno e corde, c’è una casetta che pare dover cadere da un momento all’altro, un laghetto, chioschi e caffetterie. Inoltre è un punto di partenza per diverse escursioni. Sebbene il tempo non risparmia qualche scroscio d’acqua, vi trascorriamo l’intero pomeriggio. D’altronde il clima norvegese è questo ed è l’uomo a doversi adattare per vivere al meglio la giornata.

Tornati in città e dopo una cena frugale consumata in un fast food, il sole sceglie di regalarci una serata stupenda, accendendo i colori delle case di Bryggen, lo storico quartiere affacciato sul mare. Una visione esterna, seppure bella e caratteristica, non basta. Bisogna addentrarsi tra gli stretti vicoli, salire le scale, attraversare i passatoi, sbirciare all’interno delle botteghe e sporgersi dai balconi per assimilare l’essenza di Bryggen. A ogni passo lo scricchiolio del legno ricorda che qui tutto è stato costruito con questo materiale, diverse centinaia di anni fa. L’odore forte che emana penetra nelle narici, soprattutto quando piove e l’umidità lo rende ancora più intenso. Adesso i locali accolgono negozi di souvenir, bar e ristoranti, barbieri e centri culturali, botteghe di artigianato di pelli e ceramica. Nel 1955 tuttavia il quartiere rischiò di scomparire per sempre a causa di un grande incendio, l’ultimo di una lunga serie, scoppiato tra le casette in stato di abbandono dal 1900. Bryggen racchiude una profonda storia, risalente agli inizi dell’XI secolo, dopo la fine dell’era Vichinga. Grazie alla posizione strategica, raggiungibile sia dal sud che dal nord dell’Europa, diventa un importante centro commerciale. Nel 1300 la sua influenza cresce ancora con lo stabilirsi di una sede della Lega Anseatica, l’alleanza mercantile stretta fra diverse città site nella parte settentrionale del continente e sotto il monopolio dei tedeschi. Questi influenzarono per molti secoli la cultura norvegese e dettarono leggi sui commerci: tonnellate di pesce pescato nel mare antistante la città in cambio di cereali, sale e merci pregiate che penetravano nella penisola scandinava.

Il fascino di oggi del quartiere è indiscusso. Bisogna però fermarsi a riflettere sull’atmosfera ben differente del passato. Sporcizia, odore nauseabondo di tonnellate di pesce essiccato, bambini costretti a lavorare in condizioni estreme, umidità e freddo, tanto freddo, perché essendo gli edifici costruiti in legno i fuochi erano vietati per evitare gli incendi. Le belle facciate sul porto custodiscono tali brutture. Bryggen è un pezzo di storia che sopravvive ancora e visitarlo significa ricordare tutto questo.

Il Quality hotel Edvard Grieg, nella periferia a sud di Bergen, è l’albergo scelto per la notte. Gli spazi ampi e moderni, le camere curate e la colazione superlativa contribuiscono a rendere perfetto il soggiorno. Unico difetto è la distanza dal cuore cittadino. L’albergo può risultare scomodo per chi è privo dell’auto, di contro è proprio per tale motivo che le tariffe sono allettanti.

GIORNO 6: da Bergen a Sandnes, 230 chilometri circa più due tratte in traghetto.

Questa è una giornata di piacevole trasferimento. In una vacanza come questa è bello anche assaporare la mancanza di tappe prestabilite e di orari da rispettare.

Ci sia alza con calma e con altrettanta tranquillità si riempe la pancia con il ricco buffet mattutino, poi si comincia a guidare, fermandosi per scattare una foto quando si trova uno scorcio particolarmente attraente. Si traghetta tra Halhjem a Sandvikvag e si guarda dal ponte della nave le case in legno disperse su isolette e lembi di terra incontaminata. Il panorama mi ricorda tanto l’arcipelago di isole di fronte a Stoccolma che tanto ho amato l’anno scorso. Si attraversano lunghi tunnel sottomarini, ponti e si devia in uno dei tanti villaggi costieri per respirare la tipica vita da mare. Il sole splende caldo nel cielo e la gente fa il bagno nelle calette dove, nel mezzo del nulla, qualcuno ha costruito un pontile e dei tavoli in legno. E’ la cornice perfetta per un pic nic e noi ne approfittiamo per fermarci e fingere di essere dei norvegesi.

Svoltiamo per Haugesund dove visitiamo Haraldshaugen, il monumento nazionale inaugurato nel 1872 per celebrare l’unificazione della Norvegia avvenuta 1000 anni prima. Le 28 lapidi posizionate attorno all’alto obelisco centrale simboleggiano le altrettanti antiche contee in cui si componeva il territorio.

Ancora qualche chilometro di strada e ci si imbarca ad Arsvagen per raggiungere Mortavika, sulle isole alle porte di Stavanger. Il panorama cambia ancora e ricorda la Scozia o l’Irlanda. Pecore e pascoli dappertutto, muretti a secco e fattorie bianche, colline suddivise fra prati e boschi.

Entrambi i traghetti presi in giornata hanno partenze frequenti, dai 15 ai 25 minuti circa, e rappresentano la continuazione via acqua delle strade. Non vi sono caselli e si pagano comodamente con l’autopass.

Il traffico aumenta man mano che ci si avvicina e si supera Stavanger ma nulla di impressionante. Evitiamo di proposito di visitare la città conosciuta come la capitale del petrolio. Non a caso qui gli è stato dedicato un museo. E’ già tardi perché abbiamo preferito trascorrere la giornata tra la natura, meno estrema e più accogliente rispetto a quella dei fiordi.

Arriviamo a Sandnes in serata e nel chiarore estivo delle inesistenti notti nordiche passeggiamo per la lunga via pedonale, molto graziosa e piena di negozi aperti fino a tardi per via dei saldi.

L’hotel Sverre, dove pernottiamo per due notti, si trova proprio in centro, in posizione comoda per vivere la cittadina e altrettanto funzionale per raggiungere uno degli obiettivi più sognati della vacanza…

GIORNO 7: da Sandnes a Preikestolen Fjellstue, 50 chilometri circa più una tratta in traghetto.

Dopo tante foto e documentari visti, guide e siti web consultati, è giunto il nostro momento di conquistare la famosa roccia a strapiombo sul Lysefjord chiamata ‘il Pulpito’, ovvero il PREIKESTOLEN.

Il precorso stradale è interrotto dall’ennesimo braccio di mare che taglia la costa e da Lauvik a Oanes bisogna salire sulla nave per 10 minuti, pagando stavolta in contanti o con carta di credito. Si seguono le indicazioni per il Preikestolen, arrivando all’ampio parcheggio a pagamento all’interno del quale si trovano un rifugio e una caffetteria. Tutti coloro che scendono dalla macchina lì sono spinta da un’obiettivo comune: arrivare alla fine dei quattro chilometri di sentiero per guadagnarsi un selfie e contemplare uno dei panorami più belli dell’intera Norvegia.

La mulattiera attacca subito in salita e alterna frazioni di ripide scalinate in pietra a tratti ondulati, attraversa un altopiano paludoso trasformandosi in una passerella di legno e, superata la metà, si perde su e giù fra grosse pietre levigate dagli agenti atmosferici. Il paesaggio nel quale si è immersi è notevole, eppure non paragonabile all’estrema bellezza che si spalanca davanti, e sotto di noi, una volta conquistato ‘il Pulpito’. Le pareti verticali precipitano per oltre 600 metri nelle acque del Lysefjord e si è talmente in alto da avere la sensazione di dominare i rilievi che si estendono fino all’orizzonte. E’ meraviglioso, la visibilità è perfetta, il vento è debole e la pioggia leggera che ha segnato la prima parte dell’escursione si è dissolta, lasciando spazio a un sole caldo e a una luminosità che esalta i colori della natura.

Se volete intraprendere questa camminata di quattro ore fra andata e ritorno ricordate di portare con voi acqua e viveri a sufficienza perché dal parcheggio in poi non ci sono chioschi dove poterli acquistare. Il terreno è viscido e impervio, perciò calzate degli scarponi. Abbiamo incrociato un paio di persone infortunate e altre con scarpe ridicole che scivolavano in continuazione. Il tempo è estremamente mutevole, quindi portatevi dell’abbigliamento di ricambio, una felpa e la giacca a vento: la temperatura e le condizioni alla partenza sono diverse da quelle dell’arrivo. Se non sottovaluterete la montagna, questa vi regalerà momenti indimenticabili e sensazioni difficilmente ripetibili.

Stanchi ed entusiasti per la camminata, prima di imbarcarci di nuovo sulla nave del ritorno in albergo, sostiamo al Lysefjordsenteret, a Oanes. La struttura turistica con il grande ristorante è quasi sempre chiusa ma si può accedere al terrazzone direttamente sull’acqua, con vista sul ponte all’imbocco del fiordo e sugli idilliaci villaggi della sponda opposta. Alcuni giochi e animali da cortile racchiusi in un praticello divertono Leonardo. Se lo merita questo svago visto che pure lui, sebbene nello zaino, ha scalato il Preikestolen.

GIORNO 8: da Sandnes a Farsund, 250 chilometri circa.

Oggi comincia la scoperta della costa meridionale norvegese. Le condizioni meteo non sono delle migliori, piove e c’è molto vento, eppure la stupenda giornata di ieri ci ha talmente caricati da non farci guastare il buon umore da un po’ di mal tempo.

Percorriamo le strade turistiche nazionali numero 507 e 44 in riva al mare del nord. I prati in cui pascolano mucche e pecore si allungano fino a scomparire nelle onde e a volte vengono interrotti da lunghi tratti di spiaggia di sabbia o sassi. Scendendo, il territorio muta e l’erba si trasforma in ammassi di roccia, rendendo il panorama più affascinante. Ci fermiamo di tanto in tanto, non abbiamo tappe predefiniti, eccetto l’arrivare nel punto più meridionale della Norvegia continentale: il faro di Lindesnes.

Per fortuna, quando giungiamo alla fine della lunga penisola, il vento ha spazzato via i nuvoloni e la luce abbagliante del giorno colpisce la sagoma bianca e rossa del faro. Eretto nel 1656, è il più antico della Norvegia, e dista 2518 chilometri da Capo Nord. Si trova in cima a uno scoglio rosato e tondeggiante, uno dei tanti che caratterizzano tale parte di costa. Su di esso si abbarbicano delle casette dove foto e documenti raccontano la storia dei fari e delle attività marittime. Queste fanno parte dell’ampia area museale di Lindesnes, a cui si accede pagando un biglietto, e dove è possibile trovare riparo nella calda caffetteria, comprare dei souvenir e guardare un filmato relativo all’attrazione che ci si appresta a visitare. Con Leonardo che corre entusiasta davanti a noi arriviamo ai piedi del faro per spalancarne la porticina e salire la scalinata fin sotto la grande lanterna. Oltre alla luce, la sirena funzionò dal 1825 al 1967, per avvertire le navi in balia della nebbia fitta nel mare del Nord. Qui, l’ormai scomparsa professione di custode del faro sopravvive ancora con due persone, le uniche in verità di tutta la Norvegia. Si tratta di uno di quei lavori carichi di fascino, uno dei pochi che fanno pensare a una grande libertà, ma pure a un’enorme solitudine.

Il perimetro museale comprende i resti di un fortificazione tedesca risalente alla Seconda Guerra Mondiale. E’ possibile perdersi fra gli stretti e cupi cunicoli scavati nella roccia, in una sorta di labirinto che perfora lo scoglio alla base del faro e consente di attraversarlo sia in lunghezza che in altezza: incredibile e inquietante assieme.

In un insenatura naturale sorge la sistemazione scelta per trascorrere la notte. Si tratta di uno degli appartamenti del Farsund Resort, ricavati nelle tipiche casette in stile norvegese direttamente sul mare. La struttura è moderna e confortevole, e nasce perlopiù per accontentare gli amanti della pesca, ma si presta anche a un weekend romantico e a famiglie con bambini visto lo spazio verde di cui dispone. L’unico punto a sfavore può essere la lontananza da tutto. Nelle vicinanze non vi sono negozi, supermercati, bar o ristoranti, a eccezione di quello del resort che tuttavia rimane aperto solo in alta stagione, e il paese più vicino è Farsund, a 15 chilometri. Bisogna perciò ricordarsi di acquistare provviste per la cena e la colazione, disagio colmato dalla bellezza del luogo. Cucinare guardando il fiordo è impagabile e la sera si può uscire per una passeggiata lungo il pontile, sugli scogli, o fra i boschi. In un posto del genere il relax e la quiete si elevano all’ennesima potenza.

GIORNO 9: da Farsund a Tonsberg, 350 chilometri circa.

Scoprire i caratteristici villaggi della Norvegia meridionale è l’obiettivo della giornata. Prima però ci concediamo una passeggiata sulla spiaggia che disegna una mezzaluna di 800 metri nella località di Mandal. Il mare è agitato, freddo e scoraggerebbe persino il più audace degli scandinavi, tuttavia il contesto è molto piacevole: una lingua di sabbia erosa dalle onde e compressa dalla fitta pineta e dal litorale roccioso.

Più avanti è la volta di Lillesand, un bel paese scelto da decenni dai norvegesi come località per trascorrere le vacanze estive. Edifici bianchi si affacciano sul porticciolo e il centro pedonale è animato dai negozietti che vendono infradito, abiti leggeri e giochi per bambini, proprio come nelle nostre località balneari.

Merita una deviazione il minuscolo villaggio di Homborsund con l’altrettanto piccolo porticciolo nelle cui acque si riflette il rosso intenso delle case. Alle loro spalle, nascoste dalla vegetazione e dalle pietre, si adagiano i villini dalle facciate bianche, mentre davanti, i moli pullulano di modeste imbarcazioni a motore.

Nel tragitto fino a Stavern di certo troverete almeno un paio di luoghi che vi costringeranno a fermarvi. Non sono segnalati dalle guide, bensì dai vostri occhi e dal vostro cuore.

Nel paese marittimo di Stavern merita avventurarsi nella Fredriksvern Verft, la prima base della marina norvegese, voluta nel 1750 da re Frederik V. Si cammina volentieri fra le fortificazioni, i fossati e i molti edifici ben conservati fra i quali si riconoscono la casa del comandante e la sala delle guardie. Passo dopo passo si arriva agli scogli e poi su fino al Minnehallen, il monumento in pietra di forma piramidale eretto in onore dei marinai morti nella grande guerra.

L’ultima notte in terra scandinava la passiamo al Wilhelmsen house, a due passi dal centro della vivace Tonsberg. Senza saperlo finiamo in una cittadina piena di vita e dal cuore pedonale ben tenuto. Possiede un molo con locali alla moda zeppi di gente e una collina su cui svettano una torre e i resti di un antico castello, dalla quale godere di un panorama sublime verso la città da un lato e sulla dolce campagna dall’altra. Ammirare il tramonto da questi due luoghi è romantico, splendido, e date le lunghissime giornate nordiche potete provare l’esperienza nella stessa serata.

GIORNO 10: da Tonsberg all’Aeroporto di Sandefjord-Torpo, 25 chilometri circa.

E’ giunto il momento di salutare la Norvegia e tutti i meravigliosi panorami catturati nei dieci giorni di viaggio on the road. Non è un addio, bensì un saluto. Speriamo di tornare un giorno in questa terra per esplorarne la parte più settentrionale. Intanto, assieme all’aereo delle 11 del mattino, decollano verso l’Italia pure le emozioni, i ricordi, i profumi e i colori norvegesi. Grazie e arrivederci a presto.

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punto panoramico Utsikten lungo la trollstigen

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punto panoramico Ørnesvingen sul fiordo di Geiranger

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nel museo Fram a Oslo

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il Lysefjord visto dal PREIKESTOLEN

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i colori delle case di Bryggen a Bergen

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navigando lungo il Naeroyfjord



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