Norvegia: viaggio nelle terre di mezzo

Tra vette perennemente innevate, che si gettano nelle acque, e gli arcipelaghi delle Lofoten e delle Vesteralen... qui ti accorgi di quanto belle siano queste terre
Scritto da: Mar_Bru
norvegia: viaggio nelle terre di mezzo
Partenza il: 09/08/2016
Ritorno il: 18/08/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Si rimette piede in Norvegia per la terza volta, dopo esserci stati nel 2011 e nel 2014. In mente abbiamo solo poche tappe, sui 10 giorni che separano i voli di andata con quelli del ritorno. Nel 2011 avevamo visto la capitale Oslo, Bergen, i principali fiordi norvegesi (Geirangerfjord, Sognefjord, Hardangerfjord) e le Lofoten. Nel 2014 la Lapponia, capo Nord e ancora le Lofoten. Mancava la Norvegia centrale, le “terre di mezzo”.

Primo giorno

È il 9 agosto. Arriviamo a Trondheim in perfetto orario poco prima di mezzogiorno (partiti da Venezia con scalo ad Amsterdam, il tutto operato da KLM), con un pessimo tempo e con un bagaglio in meno, rimasto nella capitale olandese. La KLM ci informa che sarà sua premura farcelo recapitare al massimo entro il giorno dopo, all’Ostello dove pernottiamo la prima notte. Scettici, andiamo a visitarci la terza città norvegese sotto un’acqua battente. Cittadina a misura d’uomo, con una bellezza sua, un po’ diversa da Bergen o Ålesund, ma sempre col suo fascino di cittadina costiera nordica. La Cattedrale di Nidaros da sola, comunque, vale la tappa. Magnifica. Come magnifico il suo quartiere a ridosso. Che la pioggia colora di grigio e di cupo, purtroppo! Fradici, torniamo all’Ostello (Trondheim Vandrerhjem). Scelto per la praticità ed i giudizi su Booking.com. In realtà però l’unica nota positiva di quell’ostello è lo staff, disponibilissimo. Il resto, lasciamo perdere: la stanza è sporca, i servizi – in comune – leggermente migliori. La colazione da dimenticare: due miseri sacchetti, a mo’ di “Razione K”, con della crema di cioccolata in stick, un uovo sodo, 3 fette di pane, due fette due di formaggio e una bottiglietta di succo alla pesca. Di questo però ce ne accorgeremo il giorno dopo. Altra nota dolente: non è vero che a Trondheim è impossibile parcheggiare. L’ostello era stato scelto anche per questa (errata) comunicazione. Il posto si trova, e non sempre a pagamento. Certo, se volete mettere l’auto davanti alla Cattedrale dovrete pagare qualcosa. Ma se siete lì per farvi quattro passi e lasciarla un pochino fuori (300-500 metri dal Brygge) non val la pena spendere in park o simili. Né tantomeno supplementi presso Hotel od alloggi vari.

Secondo giorno

Smette di piovere, e una mail dall’aeroporto ci comunica che il bagaglio ci verrà consegnato in giornata. Dal tracciamento online veniamo a sapere che è già in consegna. Tanto vale farci l’ultimo giretto per la cittadina, vista anche la giornata clemente. Foto con un cielo terso nel quartiere in prossimità della Cattedrale – con colori che ci fanno quasi esser contenti del ritardo della valigia, per aver potuto cogliere questo splendore – e via di nuovo all’ostello a recuperare gli averi e l’auto. Si parte! Dopo i soli 35 km del giorno prima (dall’aeroporto di Vaernes a Trondheim), ne abbiamo poco meno di 150, quelli che ci separano da Røros. Prendiamo la E6 fino a Storen e poi la R30 per la cittadina mineraria. La tentazione per deviare ed andare a vedere la valle di Hessdalen, famosa per i presunti avvistamenti di UFO, c’era: preferiamo però dare priorità ad aspetti meno paranormali privilegiando la cultura. Check-in presso l’alloggio gestito da Gudlaug, una signora norvegese che ha messo a disposizione la casetta su Airbnb (la classica casetta norvegese con l’erba sul tetto). Disponibilissima, la location è memorabile. Ci accoglie col caminetto acceso ed il tè pronto. Ci consiglia di andare a vedere il paesino ed il museo, prima che chiuda. La miniera, a 13 km di distanza, meglio rimandarla il giorno successivo. Così facciamo. Røros è una perla, e si capisce perché è protetta dall’Unesco. Il tempo colora il cielo di un azzurro brillante che fa da contrasto col bruno della terra di scarto della miniera. Legno e roccia fanno da padroni incontrastati in questo paesino. I colori pastello con tinte rosso-bruno si scontrano con la chiesetta colorata di bianco, visibile da tutti i punti della cittadina, della quale è il simbolo per antonomasia. Rientriamo e riaccendiamo il caminetto. Fuori il termometro segna 5 gradi. Chiudiamo gli occhi non prima di aver aperto quel tanto che basta una finestra. Il monossido di carbonio è nemico silente e vile. Meglio evitare…

Terzo giorno

Consegniamo le chiavi a Gudlaug e ci prepariamo a scendere nelle viscere della terra. Percorriamo la R31 e poi la deviazione che porta alle miniere del re Olav. La visita guidata dura un’ora (abbondante!): tutta in inglese, e si scende a 50 metri. Tre scalinate ripide, ma accessibilissime. La miniera di rame è dismessa dagli anni ’70: da allora i norvegesi l’hanno attrezza a sito turistico, creandone uno splendido percorso guidato (con tanto di rumori artificiali fatti di grida di minatori ed esplosioni). Per poco più di 10 euro ci si fa un’idea di come si era costretti a lavorare il secolo scorso. 5 gradi, di giorno e di notte, d’estate e d’inverno. Tornati in superficie ci dirigiamo verso Dombas (visto già nel 2011, ma ben lieti di ritornarci…), seguendo la R30, la E3, la R29 e quindi la E6. A Dombas (sosta per souvenir) ancora a sud, direzione Dovre, dove ci aspetta la sistemazione alla Toftemo Turiststasjon (altro grande alloggio. Camera spaziosa e bagno privato). 225 km percorsi.

Quarto giorno

Si parte in direzione del favoloso Geiranger e strada dei Troll. Il tempo se ne accorge e inizia a diluviare… Prendiamo per un pezzo la E6 fino a Otta e poi la E15 e quindi la R63, in direzione nord-ovest. Tappa a Lom, per ammirare una delle chiese storiche scandinave. La strada è trafficatissima, tanto che si fatica a parcheggiare nei punti panoramici che danno sul fiordo protetto dall’Unesco. Saliamo verso nord seguendo sempre la R63. Traghetto ad Eidsdal. Arrivati sull’altra sponda ci avvisano che ci sono lavori in corso sulla Trollstigen. Sapremo solo un paio di giorni dopo che in realtà una parte della montagna sta franando, e stanno provvedendo a mettere in sicurezza l’area. Proseguiamo, incuranti dell’attesa e la coda che troveremo. A una manciata di km dalla discesa per Andalsnes (leggi: Trollstigen) troviamo le macchine ferme. Dieci minuti e si riparte. La pioggia invece non ha mai rallentato… Dal punto panoramico non vediamo nulla. Grazia corre in auto e io mi fermo al souvenir shop giusto per prendere un paio di portachiavi ricordo. Iniziamo a percorrere questa strada ed i suoi rinomati tornanti… Apro una parentesi: in tutta onestà, anche se non la fate, questa strada, non vi perdete nulla. Tante nostre strade che portano a passi famosi, come il Pordoi – solo per citarne uno -, sono notevolmente più affascinanti di queste. Le montagne alpine che fanno da sfondo alle nostre curve e tornanti a gomito non sono minimamente paragonabili alla Trollstigen. E’ il nome che la rende famosa. E ancora: la Norvegia è piena di strade così, meno famose ma non meno belle e di fatto meno trafficate. Non è una strada. È marketing… Tornando al viaggio, arriviamo quindi ad Eidsvag, dove ci rintaniamo in camera per asciugarci dai litri di acqua presi. Quasi 370 km fatti nella giornata odierna. Bastano.

Quinto giorno

Strada atlantica e Kristiansund nei programmi. Il tempo è già più clemente, e ci avviamo seguendo la R62, la E39, salutino a Molde e poi su verso nord via R64 fino a Sylte e quindi deviazione a ovest sulla R663 prima e R664 poi direzione Bud, un porticciolo e un paesino consigliatoci dal gestore dell’alberghetto ad Eidsvag. Seguiamo la FV235 direzione nord-est fino all’imbocco ufficiale della Strada atlantica, sito a Vevang, crocevia tra la R663 ed E64: da qui uno stop dopo l’altro per fotografare la famosa tratta di poco più di 8 km. Apro una seconda parentesi: avendo già visto le Lofoten per due volte, questo tratto non ci ha entusiasmato; nelle isole sopracitate sono prassi attraversamenti del genere. Uno per tutti: Hamnoy, sulla costa meridionale delle Lofoten. Arriviamo quindi a Kristiansund. Sarà perché di sabato, ma troviamo il paesino costiero deserto. Troviamo un fish&chips aperto per miracolo (erano le 1730) nei pressi della stazione delle corriere. Negozi chiusi ovunque. La cena si risolve così, camminando a zonzo con pesce fritto e patatine in completa solitudine… Km a fine giornata: quasi 160.

Sesto giorno

Inizia l’inquietudine, data dal non sapere che strade fare e cosa vedere. È il 14 agosto, domenica, e l’aereo parte da Trondheim giovedì 18. Incerti se vedere l’isola di Leka o Vega, ci spostiamo verso nord-est, seguendo la R680, E39, Fv707, Fv 715 ed imbarco a Flakk (per bypassare Trondheim). Sbarcati a Rørvik seguiamo sempre la Fv715 e poi Fv755 sempre in direzione nord-est, arrivando allo Jegtvolden Fjordhotell ad Inderøy. Posto da sogno. Su Booking.com abbiam trovato un’offerta di un camera con bagno a prezzo scontatissimo. Arrivati, la receptionist ci da una stanza che non era stata pulita. Lo comunichiamo, si scusa e ci dà una camera fronte fiordo per scusarsi per l’accaduto. Voglia di stare lì un’altra notte. Senza saperlo, lo rifaremo… La serata la passiamo passeggiando in prossimità del piccolo porticciolo antistante la struttura. Ci voleva, dopo tanta acqua: la giornata non è stata tra le migliori. L’alta pressione si stava facendo strada a fatica, e predominavano ancora i nuvoloni scuri. I panorami e gli scorci tra i fiordi blu ed i gialli campi coltivati li abbiamo colti sporadicamente. In compenso abbiamo sentito benissimo i 305 km…

Settimo giorno

Colazione da principi con 4 (quattro!) tipi di salmone. Decidiamo di andare all’Isola di Leka, famosa per le rocce e la sua geologia. Il clima clemente ci lascia ben sperare. Ci avviamo lungo la Fv755, E6, deviazione ad Asp sulla Fv17, Namsos ed imbarco per Leka da Gutvik (via R802 e R771). Check in sull’unico camping dell’isola. Giro in auto dell’isoletta in un’ora, tempo impiegato per lo più a fotografare il colore della roccia dell’isola del versante atlantico della stessa (un’ocra giallastro che nelle immagini non rende). Rientriamo in stanza, mangiamo della pasta al microonde e facciamo due passi verso il porticciolo che da sull’isoletta di Madsøya. Il cielo si apre, mostrando un azzurro turchese da cartolina che mette a dura prova le nostre macchine fotografiche, che scattano senza ritegno. Il tempo buono ed il panorama portano consiglio: si decide di andare su fino al circolo polare artico come meta della seconda parte del viaggio. L’isola di Vega viene scartata per via dei collegamenti difficoltosi (3 ferry solamente al giorno). 275 km fatti. Ferry esclusi, ovviamente.

Ottavo giorno

Ci svegliamo all’alba. Colazione fugace e traghetto pronto ad imbarcare, quasi ad aspettarci. Riprendiamo la Fv17, secondo ferry per Vennesund da Holm, poi E76 direzione est fino a congiungerci con la E6. Miriamo puntando a nord, passando per Trofors e Mosjøen. Dirigiamo verso Mo I Rana, ma veniamo a sapere che il tunnel di 8 km che collega il sud con l’importante cittadina industriale è interrotto e ci sono deviazioni. I navigatori ci farebbero deviare addirittura per la Svezia. Chiamiamo i camping della zona, che ci rassicurano, garantendoci la percorribilità della tratta senza sconfinare. Proseguiamo. Ma ci becchiamo i lavori in corso. Sosta obbligata di 20 minuti e gimcana su stradine di montagna per passare sopra il tunnel. Arriviamo a Mo I Rana, la salutiamo dal finestrino e corriamo verso il circolo polare artico, ad una sessantina di km (abbondanti) verso nord est. Arrivati al Polarsirkelsenteret, facciamo incetta di souvenir e foto. Cartoline di rito e… Colpo di pazzia. Visti i lavori in corso e i km che ci separano da Trondheim decidiamo di… ritornare più a sud possibile. Riprendiamo ancora la E6, direzione sud, Mo I Rana, altri venti minuti di coda, nuovamente la gimcana sulle stradine montane sopra il tunnel e arrivo verso le 20 al camping di Mosjøen. Nota: se potete, evitate di viaggiare col crepuscolo in direzione ovest con le belle giornate, in queste strade: il sole ha un’inclinazione particolare che rende ciechi per qualche istante. Strada molto trafficata e carreggiata unica a due corsie, con lunghi tratti rettilinei che invitano a correre e curve frequenti aumentano la probabilità di incidenti. Lo stesso vale anche di mattina presto, col sorgere del sole (anche se nei mesi estivi questo significa mettersi in viaggio tra le 3 e le 4 di mattina…) Check-in al camping, doccia e nanna. Ma prima però cogliamo l’occasione per assaggiare una pizza norvegese, visto che nella struttura è presente una pizzeria. Ottima e digeribile. Non sfigurerebbe in Italia! E per oggi abbiamo dato: 582 km.

Nono giorno

Lo Jegtvolden Fjordhotell ad Inderøy ci è piaciuto così tanto che decidiamo di riprenotare per la sera. È ad un’ottantina di km dall’aeroporto e ci avevamo lasciato il cuore. Partiamo e ci fermiamo quasi subito alle cascate di Laksfarnes. Foto e via, ancora sulla E6. La strada è monotona, i distributori di benzina rari: uno ogni 70-80 km di media. Paesaggi mozzafiato (da menzionare il lago Svenningsvatnet). Peccato che se si trova un TIR davanti riesce quasi impossibile da superare. Cosa molto frequente, visto che è l’arteria principale norvegese che collega Bødo con la capitale Oslo (NB: Bødo è anche la stazione ferroviaria norvegese più a nord…). Arrivati a destinazione ci concediamo un’altra passeggiatina nei dintorni dell’Hotel che da sul fiordo. Rilassante e rigenerante. Il parziale segna 351 km.

Decimo e ultimo giorno

Il volo parte attorno alle 17. Quindi sveglia alle 8, colazione abbondante, chiusura valigie e via verso Vaernes, in un giorno da cartolina. La E6 che collega Steinkjer a Vaernes ha numerosi tratti col limite dei 90 km/h (nel resto della Norvegia generalmente il limite è 80 sulle strade principali e a pagamento, 60 in prossimità di centri abitati e 40 nei paesini ed in prossimità di scuole): il piede non vorrebbe spingere sull’acceleratore, quasi a poter allungare il tempo di permanenza in questo spettacolo di paese. Pseudo-poesia a parte, state invece attenti agli autovelox norvegesi: non siamo in Italia, e chi sgarra, paga. Economicamente. I velox sono ben segnalati e visibili, impossibile non vederli, molto frequenti nei grossi centri abitati, rarissimi nel resto del paese. Consegniamo l’auto poco prima di mezzogiorno, con 2531 km totali percorsi. Check-in e incetta finale di souvenir presso il duty-free dell’aeroporto norvegese. Arriviamo a Venezia in serata. Questa volta la KLM non si è tradita: il bagaglio che ha viaggiato in stiva ci ha seguito sempre, nonostante la coincidenza. Lo recuperiamo e ci avviamo verso casa. L’Italia ci accoglie col tempo nordico: piove che Dio la manda. Meglio così. Non ci sarà lo shock termico per la troppa afa. Quella ci aspetterà nei prossimi giorni…

Considerazioni finali

La Norvegia è un paese splendido, con persone magnifiche, accoglienti e civili. E’ raro aver trovato una sistemazione discutibile come quella dell’Ostello di Trondheim: d’altronde, vista la partita Real Madrid-Siviglia in programma in quei giorni, le sistemazioni migliori erano prenotate da quel bel pezzo. Pazienza. Esiste comunque un divario tra Norvegia settentrionale e meridionale. Quella del Nord è dominata dalla cultura Sami, dalla natura spietata, fredda, che ti mette alla prova, ma che sa regalarti visioni e sensazioni che ti ripagano di tutto. Ti ci devi adattare, e non sfidare l’ambiente: perderesti sempre. Quella del Sud è già più civilizzata, più densamente popolata. È una “Norvegia a misura d’uomo”. I fiordi entrano dentro la terraferma, con panorami e scorci da toglierti il fiato. E l’uomo che ci costruisce dentro, in perfetta armonia e stile con ciò che lo circonda. Il freddo lo senti meno, non è così pungente come quando ti trovi a Karasjok o Kiruna, nel profondo entroterra della Scandinavia del nord. I territori che separano il nord dal sud sono una sorta di “terra di mezzo”, di transito. Scarsamente popolate, le vie che le percorrono sono canali rotabili quasi monotoni. A differenza della Svezia – dove le strade dell’entroterra corrono per kilometri in mezzo a boschi incontaminati –, questi territori hanno quel plus di avere sempre un fiume, un lago, un fiordo che li costeggiano. E allora l’occhio mentre guidi va lì o si perde tra le vette perennemente innevate che si gettano nelle acque. Credi di aver toccato il paradiso con un dito, fino a quando non arrivi nelle isole del Grande Nord: Lofoten, Vesteralen… Sono in quelle rive, in quei monti a capofitto sul freddo mare Atlantico che ti accorgi di quanto belle siano queste terre. Immense, sublimi. Dalla loro bellezza forse è nata davvero la nostra civiltà, e lo dico a sostegno di quanto riportato da Felice Vinci, dove nel suo meraviglioso testo “Omero nel Baltico” sostiene proprio questo: che Enea e compagnia bella non siano nativi greci, ma nordici. La Norvegia, e la Scandinavia tutta, va colta nel suo insieme. Per la nostra terza volta abbiam voluto approfondire quella meno turistica e quella più autentica. Una Norvegia che va vista ed amata. Ancora di più. Sempre di più.

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Isola di Leka

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