Normandia e Bretagna 3

Le piccole case a graticcio di Rouen, le impressionanti falesie bianche e i panorami mozzafiato di Fecamp ed Etretat, il brutalismo di Le Havre, la piccola Honfleur soffocata dai turisti, l’eleganza un po’ decadente di Deauville, le enormi e tragiche spiagge dello sbarco in Normandia, tutti i fari della Bretagna, tutto il sentiero dei...
Scritto da: Elle67
normandia e bretagna 3
Partenza il: 09/07/2020
Ritorno il: 19/07/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Le piccole case a graticcio di Rouen, le impressionanti falesie bianche e i panorami mozzafiato di Fecamp ed Etretat, il brutalismo di Le Havre, la piccola Honfleur soffocata dai turisti, l’eleganza un po’ decadente di Deauville, le enormi e tragiche spiagge dello sbarco in Normandia, tutti i fari della Bretagna, tutto il sentiero dei doganieri, le scogliere verdi di Landemer, le maree di Le Mont-Saint Michel, le montagne di ostriche di Cancale (che non ho osato provare), le mura e i gabbiani feroci di Saint Malò, le rocce rosse di Men Ruz, il fascino selvaggio di Ouessant…e poi oceano, ortensie, sidro, formaggi e crêpe al caramello e burro salato. Ci si potrebbe vivere. Sicuramente bisognerà tornarci.

diario di viaggio

La Francia è un paese che non mi ha mail attirato molto, e invece in 10 giorni in cui ho avuto l’occasione di attraversarla tutta ho scoperto dei paesaggi bellissimi, cibi buonissimi, e un paese che sicuramente merita più di qualche viaggio. Temevo prezzi esagerati ma Normandia e Bretagna sono molto alla mano.

Vedere Normandia e Bretagna in 10 giorni, tutti in macchina, partendo dall’Emilia-Romagna, è una pazzia. Ma dopo 3 mesi di lockdown ci voleva. In principio doveva essere solo Normandia, ma qualche faro lo volevo vedere, e così siamo arrivati appena prima di Brest. Abbiamo dato solo un’occhiata superficiale, e infatti c’è rimasta la voglia di tornarci. Magari la prossima volta arriviamo a Parigi e noleggiamo un’auto, così guadagniamo un paio di giorni di viaggio.

Non abbiamo mai fatto tappe lunghissime, per arrivare in Normandia e tornare dalla Bretagna ci abbiamo messo due giorni, facendo sempre tappa a Lione. Dieci notti e dieci hotel diversi, tutti prenotati prima di partire, per non perdere tempo a cercare in viaggio.

L’autostrada è cara, sia in Italia che in Francia, e la benzina pure. In Francia i prezzi sono variabili, la paghi un po’ meno che in Italia ma non ovunque.

Il Frejus è un furto: 47 euro solo andata. Al ritorno ci siamo rifiutati di farlo e io consiglio a tutti di evitarlo, salvo che ci passiate di notte, d’inverno o con condizioni climatiche particolarmente brutte. Il panorama è meraviglioso, la strada alternativa è una strada di montagna ma non ha particolari difficoltà ed è in buone condizioni. Si passa da un lago stupendo e si vedono le montagne innevate, anche a metà luglio.

Lione non mi ha colpito particolarmente, forse anche perché c’erano oltre 35 gradi e non si respirava. Bella la zona Confluence, a sud, dove si incrociano i due fiumi. Bellissimo il Confluence Museum, e gli edifici attorno come quello Euro News, la Sucrière. Il centro lo localizzerei tra l’Opera e la piazza Bellecour, poi c’è la parte alta e il quartiere sotto alla parte alta appena oltre il fiume. Mi è sembrata piena di vita notturna anche la zona attorno all’Opera. Sicuramente è una bella città ma non mi ha colpito particolarmente, anche se dovrò tornarci per vederla meglio e soprattutto scoprire la sua street art. D’altra parte in due mezze giornate non si poteva fare di più.

Ma Lione è stata solo una tappa obbligata per spezzare il viaggio, la prima vera meta è stata Rouen. Poco prima di Rouen abbiamo lasciato Giverny e la casa di Monet per il prossimo viaggio e ci siamo fermati per una foto veloce al Vecchio Mulino, nelle vicinanze.

Rouen è stupenda, un gioiellino. Città famosa per Giovanna d’Arco, piccolina, con le sue bellissime case a graticcio, le sue chiese gotiche, i vecchi negozi dei liutai, i fiori (da qui in poi una parte essenziale del paesaggio), un po’ di street art qua e là, l’impressionante palazzo di giustizia, i suoi strani giardini incasinatissimi, il torrione dove la leggenda vuole che fosse rinchiusa la Pulzella, la stranissima e modernissima chiesa dedicata a lei, ma anche la parte nuova, lungo la Senna, con edifici di design e tanti posti dove bere e mangiare all’aperto godendosi le giornate lunghissime. A Rouen si nota il cambio di clima, siamo a metà luglio ma felpa e giacca ci stanno bene appena usciti al mattino. Vale la pena fare una tappa e dedicarle un giorno. Dormito all’hotel IBIS, al limite del centro. Decente, parcheggio comodo sotto l’hotel, si arriva comodamente in centro a piedi ma è comodo anche per arrivare in macchina perché vicinissimo alla tangenziale.

Il giorno dopo seguiamo la Senna per andare verso la costa, ma prima facciamo tappa all’Abbazia di Jumièges, una vecchia abbazia senza tetto, in un grande parco. Cercando un bar in cui fare colazione ci stupiamo del fatto che nessun bar ha nulla da mangiare. Finché una ragazza ci spiega che possiamo andare a comprare qualcosa al forno e poi sederci al bar, ordinare un caffè e mangiarlo lì. È l’usanza, almeno al nord, abbiamo visto che lo facevano quasi tutti e ci siamo rapidamente adeguati. Andando verso un’altra Abbazia, quella di Wandrille, vediamo in lontananza degli enormi rotoloni grandi come palazzi con avvolti dei cavi colorati. Ci siamo avvicinati per capire cosa fossero, sono di un’azienda che si chiama Sarens Sicuramente una cosa mai vista! All’Abbazia di Wandrille abbiamo fatto la visita guidata, interessante ma mi sarebbe piaciuto vedere meglio la zona riservata ai frati.

Da lì in poi, dritti verso la costa, e il paesaggio diventa meraviglioso. Cielo azzurro con nuvolette windows, grano e girasoli, mucche al pascolo, e inimmaginabili cespugli di ortensie, mai viste così belle e tante e fitte! Non solo di fianco alle case, ma spesso anche appoggiate a muri diroccati, sembra che siano selvagge.

Varangeville-sur-Mer è la prima tappa sulla costa. Evitiamo il centro e andiamo subito alla chiesa, una piccola chiesa, con un minuscolo cimitero e la vista dall’alto verso la spiaggia, infinita: è la prima falesia che vediamo. Panorama stupendo. Ci sarebbe stato da vedere un giardino botanico (Shamrock) ma la visita richiede più di un’ora e non ce la facciamo. Invece ci spostiamo a Veules-les-Roses, per vedere quello che alcuni definiscono uno dei più bei paesini della Francia. È senza dubbio molto carino, c’è il fiume più piccolo della Francia, una bella spiaggia, purtroppo piena di gente. Molto traffico anche di auto, non ce lo godiamo molto, ma una crepe allo speculoos ci risolleva il morale.

Ecco, bisogna fare un inciso. In questa vacanza, i posti che dovevano essere spettacolari ci hanno un po’ deluso: forse avevamo troppe aspettative, forse erano talmente pieni di gente che non siamo riusciti ad apprezzarli (sbagliata la scelta della settimana con il ponte della presa della Bastiglia, visto che il turismo è per il 90% francese i posti erano abbastanza pieni; dal punto di vista COVID però è stata la scelta migliore, forse l’unica possibile). Quello che ci ha lasciato a bocca aperta sono stati i paesaggi in piccole stradine in mezzo al nulla, i cespugli traboccanti di ortensie, i colori del cielo e del mare, ma mai nei posti più conosciuti, sempre negli angoli nascosti trovati spesso per caso.

Dormiamo vicino a Fecamp, in una specie di agriturismo in mezzo al nulla: Hotel La Grange. Una struttura in mezzo alla campagna, appena ristrutturata, molto bella, con una proprietaria molto gentile. Usciamo per andare a cena a Fecamp ma è sabato sera, c’è bel tempo, siamo nella settimana del ponte della festa nazionale, e capiamo che cenare sarà difficilissimo. I posti sono tutti pieni. Decidiamo di sederci su una panchina sul lungomare e mangiare due hamburger comprati in una baracchina. Cibo 6 ma panorama 10! Il sole tramonta dopo le 22, c’è ancora tempo per il tramonto. Ci sta una passeggiata per vedere il mare dall’alto. Scegliamo la strada a sinistra (guardando il mare) che arriva in un campeggio con dei piccoli bungalow proprio sulla scogliera; in 5 minuti a piedi si arriva molto in alto e ci si gode il panorama. Poi scendiamo di nuovo, arriviamo in riva al mare ma faticando non poco, la spiaggia è fatta di sassi rotondi su cui si cammina a fatica. Il sole tramonta e la temperatura cambia, veloce giro in città e rientro in hotel.

Il giorno dopo iniziamo con il sentiero sulle falesie di Etretat. Paesaggio stupendo, vale la pena faticare un po’, assolutamente da non perdere. Le guide dicono di evitare la domenica, e noi ovviamente ci capitiamo nella domenica più turistica dell’anno. Quindi l’unica è andarci presto, e così facciamo. Meno male, quando torniamo indietro verso le 11 il sentiero è strapieno, non si riesce a camminare. La prima falesia che facciamo è la Falaise d’Aval, quella a sinistra. Il sentiero è lunghissimo, puoi andare avanti per ore, è una parte dei Cammino dei Doganieri che arriva fino in Bretagna e andrebbe fatto tutto a piedi, il panorama è sempre diverso e sempre bellissimo. Noi arriviamo fino a oltre il campo da golf, vediamo in lontananza il Faro d’Antifer e torniamo indietro. La falesia è meravigliosa, il mare dall’alto ha un colore stupendo, il sentiero in alcuni punti è a strapiombo sul mare quindi bisogna fare attenzione ma non ha particolari difficoltà, basta avere le scarpe giuste e non avere fretta. Ad un certo punto c’è un buco nella roccia stranissimo, si può entrare e dopo un paio di metri….lo strapiombo, giù in verticale per decine di metri! Assistiamo anche alla lezione di volo di un piccolo di gabbiano, divertentissimo! Quando torniamo notiamo come sia cambiata la marea anche solo in un paio di ore. Poi saliamo la falesia d’Amont, più bassa, facciamo tappa alla chiesetta in alto, ma il Giardino lo lasciamo per la prossima volta.

Vorremmo andare a vedere il faro d’Antifer ma bisogna lasciare la macchina abbastanza lontano e non è chiaro se lo troveremo aperto, quindi riprendiamo il viaggio. Facciamo tappa a Le Havre. Ci colpisce, ma non esattamente per la bellezza! E’ stata distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale (operazione tabula rasa) quindi è tutta nuova, ricostruita in fretta e in economia, a mio parere. È domenica, primo pomeriggio, sole cocente, nessuno in giro, neanche un bar aperto. C’è davvero poco da vedere. Poi magari qualche architetto la troverà interessante ma a me proprio non è piaciuta. Simpatica l’installazione sul porto fatta con i container colorati, da vedere l’enorme piazza poco distante con il “Vulcano” e l’immancabile Monumento ai Caduti in mezzo a un tripudio di bandiere, e la Chiesa di San Giuseppe, fatta dall’architetto che ha ricostruito tutta la città dagli anni ’50 in poi, puro stile brutalista applicato ad una chiesa…senza dubbio originale ma non di mio gusto. Però vale la pena vederla.

Passiamo il Pont de Normandie e arriviamo a Honfleur. Hotel scelto un IBIS un po’ fuori, praticamente sulla tangenziale. Ho visto di meglio, ma almeno il parcheggio è gratis. Andiamo in centro a piedi. Saranno i km di falesie che abbiamo nelle gambe, ma ci delude molto. Uno dei più bei paesi della Francia è soffocato dalle macchine, dalla gente, dai tendoni e dagli odori delle centinaia di posti in cui mangiare. Una specie di luna park. Ci fa veramente una brutta impressione. La giriamo un po’ ma ci sono macchine ovunque, ci allontaniamo dal centro facendo una passeggiata sulla spiaggia, poi cerchiamo di immaginarci come sarebbe bella se non fosse così piena. Ci torneremo in novembre, voglio rivederla per bene.

La mattina dopo continuiamo sulla costa, prima Trouville dove facciamo colazione in spiaggia e poi Deauville, famosa per il festival del cinema. Molto carina, elegante, una specie di Forte dei Marmi, e infatti troviamo uno stupendo mercatino in cui facciamo shopping selvaggio: tante belle cose a prezzi abbordabilissimi. Qui la spiaggia è di sabbia, gli ombrelloni hanno tutti colori diversi e hanno una specie di tenda che li ripara da un lato. Abbiamo trovato una giornata caldissima ma non deve essere la regola. Si respira lusso ed eleganza, ma purtroppo anche molto smog, le macchine sono troppe, anche qui.

Ci spostiamo verso ovest e iniziano le spiagge dello sbarco. Andiamo dritti fino al Cimitero Americano, un posto bellissimo, con quelle migliaia di croci bianche, perfettamente distanziate, poi Omaha Beach, Pointe du Hoc e il Cimitero Tedesco di La Cambe. Pointe du Hoc mi ha deluso (è una falesia su cui c’erano i tedeschi, scalata dai Rangers americani), i cimiteri invece per me sono da vedere. Molto ben organizzato quello americano, più abbandonato quello tedesco, ma fanno riflettere. Non abbiamo visto nessun museo sulla guerra, non c’è che l’imbarazzo della scelta, ma non si poteva fare tutto e visto il periodo COVID abbiamo privilegiato le attività all’aperto. Arriviamo in tarda serata al nostro hotel, Au Moyne de Saire. Forse il più scarso del viaggio, ma ha il ristorante proprio sotto e vista la stanchezza è una piacevole sorpresa (la camera però è davvero brutta). Non si tratta proprio di un paese, sono 4 case ma c’è una bellissima chiesa con piccolo cimitero e ortensie meravigliose. Per il dopo cena andiamo a Barfleur, un piccolo paesino di pescatori, dove finalmente ci sediamo in un bar all’aperto a sentire un concerto di un gruppo che fa cover dei Beatles.

Il giorno dopo, il nostro primo Faro, quello di Gatteville. Non sapevamo che bisognava prenotare ma fortunatamente arriviamo qualche minuto prima dell’apertura e quindi riusciamo ad entrare. Siamo solo in 4. La salita è lunga, sono 349 gradini, d’altra parte è il secondo faro più alto della Francia! Oggi il tempo è cambiato, cielo plumbeo, ma non vedremo una goccia di pioggia in 10 giorni, non possiamo lamentarci. Davanti al faro tanti camper che evidentemente hanno passato lì la notte, ne vedremo tanti in giro.

La prossima tappa è Le Landemer, dove c’è un panorama sul sentiero dei doganieri totalmente diverso da quello che abbiamo visto finora, qui le falesie sono verdissime! Bisogna parcheggiare e fare qualche passo a piedi, dalla strada non si vede nulla ma quando si arriva al panorama si rimane a bocca aperta. Prima di arrivarci vediamo un punto con una vegetazione incredibile. Non solo ortensie a centinaia, ma anche un cespuglio di una pianta mai vista prima, foglie grandi come tavolini!!! Si trova a la Hague, sulla D45 / Rue Saint Laurent, sulla sinistra prima di entrare in paese. Vale la pena fermarsi un attimo. Ripartiamo, arriviamo a Cap de la Hague, vediamo il faro in lontananza e ci rimettiamo in macchina, abbiamo un lungo tratto fino a Mont Saint-Michel.

Le strade: non ci sono autostrade in Normandia e Bretagna, o quanto meno noi non le abbiamo usate. Per i tratti lunghi abbiamo preso le superstrade, tutte di ottima qualità anche se bar e benzinai non sono frequenti come in Italia. Quando si va sulle strade normali bisogna calcolare tempi abbastanza lunghi perché i limiti sono bassi e TUTTI li rispettano, anche il limite dei 30 nei centri abitati, per quanto piccoli siano. Le strade sono in ottimo stato, il traffico è ordinato, in 10 giorni ho visto forse un unico cretino al volante. I km da fare sono molti ma in un ambiente rilassante. Però tenete presente che 300 km in un giorno sono tantissimi, io consiglio tappe da 50/100 km vissuti con lentezza e assaporando ogni paesino e ogni angolo di panorama.

Dormiamo a Pontorson, in una stanza tipo B&B, Flor du Mont. Un po’ distante da Mont Saint-Michel ma carino e con prezzo accettabile. Mont Saint-Michel è stata un’altra delusione, è certamente un posto unico al mondo ma c’era troppa gente e ci siamo messi la mascherina anche per stare all’aperto. Siamo arrivati nel tardo pomeriggio e ci siamo limitati a fare un giro nell’isola, che è veramente minuscola, anche se tutta in salita. La parte più alta è occupata dall’Abbazia e si visita con prenotazione (abbiamo prenotato per la mattina dopo ma l’organizzazione è stata pessima, si è creato un grande assembramento, abbiamo aspettato oltre mezz’ora in piedi, non c’era una fila organizzata…un disastro!), le strade sono strapiene di negozi che vendono schifezze, bar e ristoranti brutti e cari…insomma abbiamo trovato un belvedere, guardato il panorama in mezzo a dei chiassosissimi gabbiani e scappati a cenare altrove. Visto che la marea era bassissima e non si sarebbe alzata ancora per un po’, ci siamo avventurati a fare il giro dell’isola. Di solito lo sconsigliano, anzi è vietato, ma la marea aveva un coefficiente basso, abbiamo visto che la Polizia non ci ha detto nulla e abbiamo dedotto che non fosse pericoloso. Siamo tornati al mattino dopo presto, e allora ce la siamo goduta un po’ di più soprattutto perché ci siamo avvicinati a piedi, le strade erano ancora deserte, il cielo scuro con il sole che ogni tanto spuntava, luce perfetta. I gabbiani erano sempre assordanti, il panorama unico al mondo, ma tornerò in bassissima stagione.

Due informazioni utili: il parcheggio costa una dozzina di euro, che tu resti un minuto o 24 ore. Quindi se ci restate solo per qualche ora pensateci. Se arrivate presto la mattina o di sera potete trovare posto in strada, ma dovrete comunque farvi un paio di km a piedi, più la passerella, per arrivare all’isola. Se siete pigri usate i parcheggi, le navette partono continuamente. Le maree hanno un orario preciso, lo trovate indicato in tanti siti. Ma è molto importante capire anche il coefficiente della marea, quando ci siamo stati noi era meno di 40 il che vuol dire che non è mai molto alta, ma se ci vai quando il coefficiente è 110 allora vedi la passerella andare sott’acqua e a quel punto se sei sull’isola ci devi restare almeno un paio d’ore. Se invece sei sulla passerella…hai un grande problema!!! Ma immagino che in questi casi mettano vigilanza aggiuntiva. Attraversare la baia a piedi da soli è veramente pericoloso e altamente sconsigliato, se volete farlo prendete una guida esperta.

Saint Malò. Dormiamo all’IBIS Page, vecchiotto ma in centro. Molto carino, un paese abbastanza grande, con una bella spiaggia, una stupenda camminata sulle mura, un forte, un castello, tante porte ancora intatte, una stupenda piscina ricavata tra gli scogli. Qui c’è abbastanza da vedere, negozi carini, mareggiate furiose (anche qui bisognerà tornare d’inverno). Abbiamo visto una scena da film horror, un gabbiano ha attaccato una ragazza strappandole di mano il panino che stava mangiando!

Al mattino dopo colazione a Dinard, giusto il tempo di un saluto alla statua di Hitchcock, guarda caso con un paio di gabbiani sulle spalle, e poi si continua lungo la costa. Breve tappa a Fort La Latte, ma c’è troppa gente e decidiamo di non entrare, e poi Cap Frehel. Parcheggiare è complicato ma alla fine ce la facciamo. Saliamo sul faro, non è nulla rispetto a Gatteville. Il panorama però è bello, e ci sono molti sentieri attorno al faro che percorrono la costa. Da un lato lo strapiombo sul mare e dall’altro cespugli di erica, vegetazione fitta con fiori viola e gialli. Peccato che sia molto frequentato.

La prossima tappa è il Faro di Men Ruz. Piccolino, non visitabile, ma le rocce rosse che lo circondano vanno viste. Finora abbiamo visto scogliere bianche, ricoperte di vegetazione, ma queste sono diverse. Enormi massi di granito rosa, scavati dal mare, il sole inizia ad abbassarsi e tutto diventa ancora più rosso. Abbiamo ancora molti chilometri da fare ma come possiamo non vedere neanche da lontano il faro dell’Ile Vierge, il più alto di Francia? Arriviamo nel paesino di fronte, facciamo due foto al crepuscolo con una bassa marea impressionante che ha fatto arenare tutte le barchette ancorate, e poi riprendiamo la strada. Ci tenevo a visitarlo, dentro dev’essere bellissimo, ma ci si va una sola volta al giorno perché gli orari dipendono dalla marea. Arriviamo a Point St. Mathieu verso le 11 di sera, distrutti. La prenotazione era per l’Hotel Vent d’Iroise, ma hanno fatto overbooking e quindi ci spostano a quello superiore, a pochi passi di distanza. Non ce lo godremo molto, abbiamo la sveglia prima delle 6.

Il nostro ultimo giorno prima di iniziare il rientro verso casa è dedicato all’isola di Ouessant. Prenotiamo il primo traghetto, che parte alle 7.35 da Le Conquet, a 5 km. La mia idea era arrivare alle 7.30 parcheggiare davanti al traghetto e via. Invece bisogna essere al parcheggio alle 6.45 e prendere la navetta, oltretutto non abbiamo prenotato il parcheggio quindi non vorremmo arrivare e trovare tutto pieno. Insomma, non si dorme molto quella notte. Il traghetto è diretto, quello della Penn Ar Bed, i biglietti li abbiamo fatti prima di partire. Al ritorno invece facciamo scalo a Molene, e prenotiamo quello delle 16. Quasi 8 ore nell’isola possono bastare. Prendiamo le bici a noleggio in uno dei 3 posti che ci sono appena si sbarca (quelli in paese sono più scomodi perché devi arrivarci a piedi), non avevamo prenotato nulla ma sembra non ce ne sia bisogno. L’isola è 8 km x 4 quindi si gira bene in bici, ma non è pianeggiante! Alcune salite sono impegnative, e le bici non sono proprio di lusso, io più di una volta sono scesa e andata a piedi. Però è fattibile. Vale la pena vederla, è molto selvaggia. In bici si riesce a vedere bene ogni angolo. Segnalo i punti veramente immancabili: la Croix de Saint Paul perché è in mezzo a una vegetazione viola e giallo (almeno in luglio) meravigliosa, le due spiaggette di Porz Ar Lan (qualcosa che assomiglia al paradiso), la “chela” di sinistra da cui si vede il faro della Jument, il faro bianco e nero di Creac’h, il Faro di Stiff, e tutto quello che riuscite a vedere tra un traghetto e l’altro.

Prima di iniziare al rientro torniamo a Point St. Mathieu che non abbiamo visto la sera prima. Il faro bianco e rosso è allegro e diverso dagli altri, e il contrasto con la chiesa diroccata e il cielo finalmente di nuovo azzurro è molto bello. È la nostra ultima vista sull’Oceano, poi si inizia al rientro.

Tappa per dormire a Vitrè, dove passiamo un paio d’ore la mattina dopo, vale la pena fermarcisi. Ibis anche qui, molto economico. Poi di nuovo Lione, e poi si torna in Italia, stavolta niente Frejus, strada normale via Modane, Moncenisio e merenda sul bellissimo lago.



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