Francia – L’incanto del Nord

Itinerario tra fiabe, leggende e corsari
Scritto da: GabrieAlex
francia - l'incanto del nord
Partenza il: 31/07/2009
Ritorno il: 18/08/2009
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
FRANCIA- L’INCANTO DEL NORD

(ITINERARIO TRA FIABE, LEGGENDE E CORSARI)

Non è la nostra prima volta in Francia.

Dopo il nostro viaggio di nozze a Parigi, Alessandro ed io, abbiamo più volte attraversato la frontiera alla scoperta delle bellezze di questo meraviglioso paese alle porte di casa nostra.

Dalla Costa Azzurra ai Pirenei sulle orme di Templari e Catari ci siamo poi diretti verso nord sulle rotte dei pirati fino a Lione per una serata a teatro (siamo pazzi per i musical francesi) scoprendo il giorno dopo un’affasciante città.

Non ci stancheremo mai di esplorarlo!

La Francia ha davvero tanto da offrire e questa volta, scegliamo agosto come periodo ideale sacrificando le classiche vacanze al mare per un tour flessibile, organizzato da noi, sulla base di diverse suggestioni offerte da romanzi, musica, trasmissioni televisive e da itinerari di altri turisti per caso.

È così che ci piace viaggiare, seguendo l’onda emotiva e se pur abbiamo un piano di base con delle prenotazioni effettuate su internet (tutte facilmente annullabili fino al giorno precedente all’arrivo), non saremo rigidi ma decideremo momento per momento cosa fare.

Venerdì 31 luglio 2009 (Bergamo- Versailles):

è il giorno della nostra partenza. Ci alziamo di buon mattino ma senza “mega-levatacce” e alle 7:30 siamo in viaggio.

La nostra prima destinazione ci è ancora sconosciuta. Considerando che la prima tappa stabilita è Versailles (che avevamo visitato troppo velocemente durante il nostro viaggio di nozze) e che sono circa 900 Km, in base al traffico decideremo per strada se spezzare pernottando a Digione o tirare dritto.

Le autostrade francesi però non si smentiscono e pur essendo solo a due corsie sono sempre vuote o con un traffico talmente scorrevole che a mezzogiorno abbiamo già superato Lione e verso le due già alle porte di Digione.

Facciamo pausa pranzo in autogrill dove conosciamo un simpatico signore italiano che lavora a Parigi da anni e si è anche creato una numerosa famiglia con una ragazza di origini bretoni. È proprio dalla Bretagna (dove sono andati a trovare i genitori di lei) che stanno scendendo verso l’Italia per la visita ai nonni paterni. Sono simpatici e socievoli e ci danno parecchi consigli.

Scopriamo purtroppo, che agosto in Normandia (dove arriveremo tra qualche giorno), non è il periodo ideale per le ostriche perché come dice lui sono “grasse” e dunque meno buone. In compenso, faremo a suo dire, scorpacciate di Mule (quelle che da noi si chiamano cozze).

Scopriamo che è un appassionato di storia e ci racconta meraviglie della zona tra Limoge e Clermont Ferrand che ci consiglia assolutamente di visitare in un prossimo viaggio. Le sue testuali parole sono: “uscite dall’autostrada verso Clermont e… perdetevi…”

Ci ha convinto e iniziamo a fare qualche pensierino sul rientro che potremmo posticipare… perdendoci nella zona.

Vedremo ! Niente pernottamento a Digione, non siamo stanchi. Proseguiamo e verso le cinque siamo a Versailles dove ci aspetta una camera al “première classe”, uno di quegli alberghi che si trovano subito all’uscita dell’autostrada alle porte di paesi e città.

Si tratta di una catena di Hotel che abbiamo già collaudato in passato, sono una soluzione molto economica che assomiglia al campeggio. Pernottare infatti nelle camere “loculo” (come le chiamiamo noi), ricorda il soggiorno in un camper ma se non si hanno problemi con gli spazi molto ristretti (soprattutto per quanto riguarda il bagno), sono pratici e puliti. Sono per lo più dotati di aria condizionata e la colazione alla mattina costa solo 4 euro ma è abbondante e ricca.

Appoggiamo i bagagli, cena al “bufalo Grill” proprio di fronte e a nanna per essere pronti alla visita di Versailles domani. A proposito di “Bufalo Grill”, vi consiglio la “Salade de chèvre”, infatti il formaggio di capra è una specialità francese e servito caldo su di un crostino immerso nell’insalata mista è davvero buono.

Sabato 1 agosto (visita a Versailles):

ci alziamo comodamente dato che passeremo l’intera giornata a Versailles, non è necessario svegliarsi presto. Facciamo colazione verso le 10 e mezz’ora dopo, siamo alle porte di Versailles dove ci accoglie imponente maestosa, all’ingresso del palazzo reale, la statua di Luigi XIV. Purtroppo le poche nuvole che avevamo scorto all’orizzonte al risveglio, si sono già trasformate in una leggera pioggerella anche se fortunatamente non fa freddo. Per questo viaggio ci siamo organizzati con un abbigliamento a strati perché abbiamo già fatto esperienza dei cambiamenti climatici repentini che caratterizzano il nord della Francia compresa la zona di Parigi.

Un tantino amareggiati dalla pioggia, ci consoliamo acquistando da uno dei tanti venditori ambulanti di souvenir fuori dal parcheggio, un “cappello ombrellino” multicolore con il logo della tour Eiffel. Be se proprio dobbiamo prendere l’acqua, lo facciamo divertendoci !

Invece non facciamo a tempo ad indossarlo che subito il cielo si schiarisce regalandoci una mattinata splendida.

Quando entriamo sono le undici, siamo in perfetto orario per assistere all’apertura delle fontane che avviene per un’ora due volte al giorno alle 11 e alle 15.

Versailles, ci appare così dal Parterre, in tutta la sua magnificenza.

È immensa e dalla fontana di Latona, a quella di Nettuno, l’occhio si perde nel gran canale dove alcuni turisti in barca, ammirano da lontano la reggia.

Approfittando dei giochi d’acqua passiamo la mattinata e il pomeriggio a “Zonzo” per il parco percorrendo a piedi non pochi chilometri.

Visitiamo il gran Trianon, un vero e proprio palazzo fatto costruire dal re per i suoi rendez-vous con quella che diventerà la sua sposa segreta negli ultimi anni del suo regno. Dopo aver infatti sposato l’infanta di Spagna, aver fatto un esercito di figli con la consorte ufficiale e soprattutto con le sue favorite, è la pia Madame de Maintenon (la balia dei suoi figli) che conquisterà il suo cuore nell’inverno della vita tanto che diventerà sua moglie in segreto. Si può dire che non si è fatto mancare nulla !

Pranziamo con un panino non proprio economico comprato in un chiosco vicino al gran canale ma la cosa assolutamente da evitare se non si vuole essere derubati è prendere un caffè nel bar ristorante che si trova li vicino perché lo si paga 4 euro.

Per carità, non è una tragedia, ma i soldi preferiamo spenderli in altro modo; per esempio per pagare l’ingresso notturno ai giardini dove ogni sabato sera si svolge uno spettacolo di giochi di luce intorno fontane.

Verso le cinque, visitiamo la reggia che è una vera e propria esplosione di colori. Ogni stanza è caratterizzata da un colore diverso. Il ritratto di Luigi XIV è presente ovunque e ogni sala è caratterizzata da meravigliosi decori a tema. Sono tutte dedicate ad una divinità dell’olimpo.

Attraversiamo poi la galleria degli specchi dove si svolgevano le cerimonie di stato e dove fu firmato il trattato di Versailles.

Ammiriamo poi le stanze da letto del re e della regina al primo piano dove immaginiamo le ridicole cerimonie del Petit Lévé e del Gran Lévé durante le quali i due poveri, “malcapitati” sovrani, facevano toilette davanti a tutta la corte.

Insomma, il grande fratello esisteva già ma senza il filtro delle telecamere.

Dopo circa due ore di visita, torniamo in albergo per una doccia e mangiare qualcosa.

Siamo stanchi ma l’idea della serata ci carica e alle 21 siamo pronti in piedi nel parterre ad attendere che i security ci concedano l’accesso ai giardini.

Alle nove in punto, le fontane prendono vita e una miriade di bolle di sapone ci avvolge. La musica parte e i giardini pian piano si animano e si ulluminano man mano che il tramonto cede spazio alla notte.

Ogni fontana è caratterizzata da un gioco di luce, bellissimo quello al laser nel colonnato mentre i viali sono avvolti da una nebbia colorata.

Ci siamo attrezzati con il cavalletto e ci divertiamo a fare un sacco di fotografie.

Il gran canale invece è solcato da alte lingue di fuoco che si alternano a ritmo di musica. È bellissimo !

Noi abbiamo però in cuffia la nostra colonna sonora, quella del musical Francese che più amiamo “Le roi soleil” che rende la serata ancora più suggestiva.

Verso le undici il tutto si conclude con i fuochi d’artificio che omaggiano la Francia con gigli colorati e fontane luminose.

Finito lo spettacolo, ricomincia a piovere. Siamo stati davvero fortunati, il tempo si è adeguato ai nostri programmi.

Torniamo in albergo e crolliamo a letto dopo una giornata fantastica. Speriamo continui così.

Domenica 2 agosto (castello di Rambouillet):

ci alziamo anche oggi tardi e guardando la cartina, dato che siamo stanchi, scegliamo una meta vicina ovvero il castello di Rambouillet.

Non sappiamo molto su quest’ultimo, francamente andiamo a “naso”.

La giornata diversamente dalla precedente è grigia e molto, ribadisco molto… fredda.

Le escursioni termiche qui, sono davvero pesanti.

Dopo aver indossato la felpa e un k-way torno subito al parcheggio ad aggiungerne un altro e il risultato è che assomiglio al gabibbo.

Pazienza ! Del resto siamo attrezzati con di tutto e di più !

Il paesino è davvero carino anche se un po desolato essendo domenica con tutti i negozi chiusi.

Raggiungiamo subito il castello che già a prima vista dall’ingresso principale ci appare un’esplosione di colori perché circondato e coperto di fiori di tutte le specie.

Purtroppo non è possibile visitarlo subito perché l’interno è aperto solo dalle due in poi.

Il parco però è gratuitamente visitabile e aperto come un parco pubblico a tutte le ore.

Entriamo, e proprio qui, c’è la vera sorpresa del luogo.

È meraviglioso e pittoresco, immerso in quella che un tempo era la foresta di Ivelines.

Il parterre in stile classico è un bellissimo giardino dove i colori dei fiori e il loro profumo, soprattutto di menta e lavanda, è inebriante.

Il top però è il giardino d’acqua, ovvero il bellissimo laghetto con tanto di isolette e foresta che lo circondano.

Iniziamo a fare fotografie a tutto spiano, siamo anche fortunati che alle undici della mattina ancora non ci sia nessuno, è tutto per noi. Con le nuvole che cavalcano veloci sul castello e sul lago, dove è possibile veder volare diverse specie di uccelli, il paesaggio assume anche qui un’aurea fiabesca.

Ci godiamo il parco fino all’ora di pranzo dove usciamo per mangiare alla brasserie “le Napoleon”, che si trova subito all’uscita del parco dove con 35 euro mangiamo piatti tipici bretoni.

Seguendo i consigli di altri turisti per caso, siamo preparati sul fatto che l’acqua minerale qui costa come l’oro (una bottiglia da mezzo litro va dai 4 ai 7 euro), chiediamo la famosa caraffe d’eau (acqua del sindaco) che invece non costa nulla ed è molto buona ovunque (ovviamente deve essere accompagnata dall’acquisto di almeno un’altra bibita che però risulta essere molto economica rispetto all’acqua minerale).

Scegliamo di approfittare della vacanza per bere un po’ di cidro che è una delle poche bevande alcoliche che amiamo. Terminiamo il pranzo con il caffè “serré” (ovvero il termine che lo deve accompagnare quando lo si ordina per averlo all’italiana).

Alle due in punto, siamo all’ingresso del castello dove una signora ci accompagna a visitare l’interno.

Ovviamente la visita è in francese ma riusciamo ugualmente a capire, con qualche reminescenza scolastica e l’ausilio della nostra guida cartacea, che nei secoli il castello è passato da zona di caccia del sovrano a castello feudale, da casa di campagna a palazzo reale e residenza imperiale di Napoleone.

Dal 1897 è residenza estiva del presidente della Repubblica. Fu particolarmente amato da Maria Antonietta dove per lei poco lontano Luigi XVI fece costruire la latteria. La guida ci racconta anche di miti e leggende di cui sembra essere feconda la zona soprattutto cita Gargantua e Pantagruel ma non capiamo di più.

Sarkozi e Carla a quanto pare ancora non hanno usufruito di questa tenuta come residenza, ne come luogo di ricevimento di alte cariche di stato.

Le sale all’interno sono molto belle in stile impero ed è palpabile che siano ancora abitate.

Terminato il tour all’interno, ci godiamo ancora qualche minuto il parco poi decidiamo di tornare a Versailles per fare un giro in paese a caccia di una calamita decente del castello da aggiungere alla nostra collezione.

Dovete sapere infatti, che da qualche anno abbiamo cominciato sul frigorifero una collezione di calamite raffiguranti i luoghi da noi visitati e, unite a quelle che ci portano gli amici dai loro viaggi, ormai, stanno occupando un’intera parete della cucina. Si può dire che abbiamo un pezzettino di mondo in casa.

Fortunatamente i negozi di souvenir sono aperti e abbiamo una vasta scelta.

Ne troviamo una molto carina anche del “cenacolo” di Leonardo Da Vinci che abbiamo appena visto a Milano prima di partire e dato che non ne avevamo trovato sul posto una di nostro gusto, approfittiamo per comprarla .

Si è ormai fatta sera e dato che domani si parte, andiamo a riposare presto.

Lunedì 3 agosto (Chartres):

verso le dieci siamo già in direzione Chartres. In poco più di un’ora siamo già nel nostro nuovo Hotel alle porte della città.

Questa volta si tratta della catena Campanile dove di solito si trova un ottimo rapporto tra qualità e prezzo.

Infatti non ci delude, è appena stato ristrutturato, le camere sono nuovissime e dotate di confort compresa TV satellitare e lettore DVD.

Dopo aver preso possesso della camera, ci portiamo subito in centro città, non prima però di aver fatto qualche foto a distanza della maestosa cattedrale che si eleva tra i campi di grano.

A portarci a Chartres è stato un romanzo storico che citava più volte le meraviglie della città e le leggende sulla cattedrale e sul labirinto (intarsiato nel pavimento a segnare il cammino del pellegrino verso Gerusalemme). Dato che siamo appassionati di queste cose non potevamo lasciarci scappare l’occasione visto che era di strada.

In quest’area,infatti, prima che i Celti vi giungessero portando le loro antiche tradizioni, gli abitanti costruirono un dolmen chiuso in un tumulo di pietra. Per molto tempo questo luogo venne considerato sacro e si diceva che vi fosse attiva una potente energia risanatrice. In tempi successivi i sacerdoti dei Celti, i Druidi, realizzarono intorno al dolmen uno dei loro maggiori centri.

Si parla di una visione che questi ultimi avrebbero avuto di una vergine nera che partorisce un bambino. Venne quindi installata un’effige di pietra raffigurante una giovane nera con bambino all’interno di un monumento di pietra. Nel terzo secolo i primi cristiani arrivati in zona, trovarono la statua e fecero erigere nel luogo una chiesa dedicata alla vergine nera cui fecero seguito altre sei poi distrutte da un incendio.

L’unica a sopravvivere fu proprio quella che sarebbe diventata dopo numerose ricostruzioni l’attuale cattedrale gotica di Chartres.

Se la cattedrale è sicuramente l’attrazione principale, la cittadina è però incantevole tanto che da sola merita di essere dipinta.

Bagnata dall’Eure, dove si specchiano piccoli ponti romani, case a graticcio che sembrano uscite da una fiaba, lavatoi e antichi mulini è caratterizzata da piccole strade acciottolate e ripide scale che conducono alla parte alta della città dove dalla cattedrale ci si muove poi verso la zona più moderna.

Arriviamo nella piazza della cattedrale verso mezzogiorno e dopo una breve perlustrazione e qualche foto alle sue splendide facciate, siamo colti dalla fame e ci rifugiamo a “Le Serpente” un bar ristorante proprio di fronte a Notre Dame dove fanno ottime e ricche insalate e panini squisiti.

Verso le due, entriamo nella cattedrale che splende nella luce delle sue famose vetrate. Pur essendo la cattedrale Gotica più grande d’Europa, devo ammettere che non è questo l’effetto che fa. Non appare grande, sono le vetrate a donarle la vera imponenza. Il labirinto purtroppo è nascosto dalle sedie e devo ammettere che è un vero peccato perché meriterebbe di essere ammirato e utilizzato per il suo scopo.

Facciamo acrobazie per riuscire a fotografarlo. Ci dirigiamo poi nella navata laterale dove è conservata la sacra reliquia del “Velo della Vergine”.

Visitamo anche la cripta dove risiedono le fondamenta della cattedrale carolingia.

Usciamo dalla visita (piuttosto impegnativa) molto stanchi e dopo un breve giro per negozietti di souvenir, ci rechiamo in albergo a riposare un po’ perché la serata si preannuncia lunga.

Nelle principali città della Francia infatti, ha preso piede da qualche anno partendo proprio da Chartres, lo spettacolo di illuminazione dei principali monumenti con giochi di proiezioni e di luci.

Nello specifico di questa città dovrebbero essere una ventina i luoghi che saranno teatro di questo spettacolo e dato che inizia molto tardi, verso le 11 circa, sappiamo già che non riusciremo a vederli tutti.

All’ufficio del turismo compriamo così un libro fotografico che racconta l’evento in modo da portarci a casa un bel ricordo e scegliere cosa privilegiare da vedere dal vivo.

Dopo una doccia e un riposino torniamo alla cattedrale dove ceniamo con piatti tipici locali (il patè è buonissimo)al “Bistro della cattedrale” un ristorantino carino dove : Miracolo ! il ristoratore accenna qualche parola di italiano. Amiamo molto la Francia ma il fatto che parlino più lingue ma non si sforzino nemmeno di articolare una parola italiana per accogliere i turisti di un paese confinante, ci urta sempre !

Terminata la cena ci dirigiamo verso la parte moderna della città dove in una piazza una bellissima fontana a getti alternati fa da specchio a palais Idéal che alle undici in punto, con sottofondo musicale, si trasforma in quadri animati che ripropongono soggetti diversi: arabeschi, floreali e di art deco.

Lo spettacolo più entusiasmante lo offre però la cattedrale dove sulla facciata principale vengono riprodotte le vetrate più importanti con voli di colombe e varie icone sacre.

Decidiamo di seguire il percorso che ci porta verso il parcheggio alle porte della città e incontriamo l’église Saint Aignan dove le proiezioni raccontano scene di vita campestre fino a Place Marceau dove il grande obelisco riproduce i colori della bandiera e il giglio di Francia.

Il mercato della verdura invece è spento… peccato !

Ultimo sul nostro percorso è Lycée Marceau dove ornamenti azzurri ricordano il colore predominante della città.

È ormai quasi l’una di notte, andiamo a letto molto stanchi ma estasiati e felici, il nostro viaggio sta procedendo alla grande.

Martedì 4 agosto (Chartres): dopo una splendida colazione in tarda mattinata nel centro di Chartres alla pasticceria “Mignon” (dove ci offrono gigantesche brioches pane imburrato con marmellata e uova sode, il tutto accompagnato da cappuccino), decidiamo che sarà sufficiente anche come pranzo.

Oggi giornata di relax totale viviamo la città passeggiando oziosamente tra le viuzze e i negozietti di prodotti tipici. Non manchiamo un giro da “Fnac” dove andiamo alla ricerca di qualche nuovo album dei nostri artisti francesi preferiti e dato che i prezzi dei cd in Francia sono migliori rispetto all’Italia, facciamo qualche acquisto.

Nel pomeriggio prendiamo il trenino turistico e facciamo il giro della città comodamente seduti, anche se il caldo oggi è infernale e infine non resta che riposare all’ombra della cattedrale dove, ammirando le vetrate, godiamo del fresco che offre l’ambiente.

Terminiamo il pomeriggio sulle sdraio del bistro “le serpente” collocate proprio fuori dalla cattedrale dove bevendo una bibita e leggendo la guida godiamo di questi ultimi momenti in questa splendida città.

Giovedì 5 agosto (Giverny- Etretat):

richiusi i bagagli, siamo in partenza per quella che sarà la tappa più lunga del nostro viaggio ovvero una sosta di cinque giorni in Normandia a Etretat.

Da Chartres sono poco più di due ore di viaggio, decidiamo quindi di fare una sosta per visitare Giverny dove si trova la casa di Monet e il famosissimo giardino giapponese da lui dipinto.

Da Chartres a Giverny sono circa una settantina di chilometri che ci immergono in un paesaggio fiabesco, dove boschi, paesini con case ricoperte di fiori e fiumiciattoli pieni di ninfee ci fanno venire voglia di non tornare più indietro.

È bellissimo ! Sono luoghi dimenticati dal tempo e i colori sono così vivaci che si rimane quasi abbagliati.

La casa in sè non nulla di eccezionale, il giardino è il vero prodigio dove all’improvviso ti sembra di essere parte di un quadro degli impressionisti.

Purtroppo c’è molta gente e parte del fascino si perde nelle lunghe file che bisogna fare sul percorso tra ponticelli e sentieri solcati dai salici piangenti.

Noi vogliamo entrare in questo quadro creandone uno personale attraverso una foto particolare che abbiamo in mente usando un ombrello multicolore che ormai da anni ci accompagna nei nostri viaggi.

C’è però troppa gente e dei simpatici ragazzi spagnoli ci fanno spazio per realizzare la foto con le ninfee e il salice come sfondo. Li ringraziamo e proseguiamo il percorso che purtroppo non ci consente di restare quanto vorremmo dato che bisogna lasciare il posto ai numerosi turisti che aspettano in fila. Prima di uscire naturalmente la tappa obbligata è l’immenso shop dove ci sono souvenir dedicati all’impressionismo di tutti i generi e dire che hanno prezzi alti è… un eufemismo. Compriamo degli specchietti regalo che raffigurano i quadri più famosi dell’artista per le nostre amiche e l’immancabile calamita.

Considerando che a Chartres ne abbiamo prese diverse e siamo solo all’inizio del nostro viaggio, temo che a casa dovremo acquistare una nuova bacheca.

Con rammarico lasciamo questa zona meravigliosa e puntiamo dritti verso Etretat che attendiamo con ansia di visitare dal nostro ultimo viaggio in Bretagna dove abbiamo saggiato la Normandia solo in “toccata e fuga” per visitare i luoghi dello sbarco. È stato però amore a prima vista e non potevamo non dedicare più tempo a questa magnifica regione.

Ed eccoci qui ! Arriviamo in albergo verso le quattro e rimaniamo subito piacevolmente stupiti dalla struttura (che non è proprio economica, ma credetemi ne vale la pena), situata sopra una delle due falesie dove dalla camera e dal bellissimo giardino del ristorante è possibile ammirare costantemente l’altra.

Siamo esaltatissimi, la vista delle falesie ci riempie l’anima e per quanto mi riguarda la mia prima esclamazione è :- “Io da questo luogo non me ne vado più”.

L’hotel è il “Dormy House panoramic hotel” della catena Logis e credetemi, anche se tutto è piuttosto costoso, dalla colazione alla cena (di cui decidiamo di usufruire solo questa sera per ragioni di comodità) è anche tutto altrettanto ricco e abbondante.

Quando arriviamo, il tempo è mite e devo ammettere che mi aspettavo un clima più rigido, invece fino a sera tardi la gente si trattiene in acqua approfittando della bassa marea.

Caratteristica di questa meraviglia è anche il rumore dei gabbiani che è talmente forte che all’inizio ti stordisce ma poi piano piano ha quasi un effetto rilassante.

L’unico problema è come schivare i loro “bombardamenti” dato che ce ne sono schiere intere che fanno dei veri e propri voli radenti. Sono talmente abituati alla gente che arrivano sui tavoli dei ristoranti senza problemi e con il becco invitano gli avventori a sfamarli.

Posso affermare che mai nessun luogo fino ad ora mi aveva fatto sentire così bene, anche se la sera dopo cena inizio ad accusare un po di stanchezza, non posso fare a meno di salire su di una delle due falesie ad ammirare il tramonto che questa sera si presenta davvero spettacolare. Ale è troppo stanco e si apposta sulla spiaggia con la macchina fotografica mentre io comincio la salita munita di telecamera per immortalare e portarmi a casa un ricordo indelebile delle sensazioni che provo ora.

In alto, guardando giù dalla scogliera si prova un senso di vertigine ma anche una gran voglia di spiccare il volo. Siamo in pochi a quest’ora sulla falesia, dietro i campi da golf dell’albergo incominciano a illuminarsi mentre il cielo davanti a me è infuocato e la marea pian piano incomincia a risalire.

Sono felice.

Poi il buio prende il sopravvento e pian piano i fari accendono le falesie colorandole.

Ci appostiamo sul lungomare con il cavalletto e scattiamo foto a raffica. Se è varo che le fotografie rubano l’anima, noi a questo posto l’abbiamo letteralmente rapita.

Giovedì 6 agosto (soggiorno a Etretat):

ci svegliamo con un sole meraviglioso e dato che la colazione è molto costosa, ci riserviamo di farla in albergo solo gli ultimi due giorni optando invece per un bar o una creperie in paese.

In realtà, i bar non vendono assolutamente dolci o croissant è dunque un’odissea trovare un posto dove accoppiare cappuccio e cornetto.

La soluzione che abbiamo visto adottare a molti turisti è passare prima alla boulangerie e poi sfacciatamente con brioches in mano chiedere al bar un cappuccino che in Francia equivale al caffè con latte.

Decidiamo che d’ora in poi le colazioni in hotel saranno sacrosante.

Dopo esserci rifocillati facciamo una prima passeggiata sulla falesia quella con la chiesina, dove la salita richiede un certo impegno. Durante il tragitto incontriamo due simpatici signori italiani che sono in tour con il camper e attratti dalla cosa (che speriamo di poter realizzare in futuro) chiediamo loro un po’ di informazioni e scopriamo che la Francia tra le sue virtù ha anche quella di avere campeggi e aree sosta per camper meravigliosamente attrezzate.

Approfittiamo della loro gentilezza e facciamo un po di foto in coppia in cima alla falesia con sfondo il grande arco della falesia di fronte e ricambiamo. Poi ci salutiamo. Chissà magari il nostro itinerario ci porterà ad incontrarci ancora !

Dopo aver goduto un po’ del magnifico panorama, scendiamo e passiamo una meravigliosa giornata in spiaggia con temperature che per noi sarebbero primaverili ma che per i locali sono ampiamente estive tanto che passano le ore a mollo nella Manica come se fosse un “brodino”. Il mare è calmo e sicuramente non pericoloso dato che tutti si avventurano al largo dove è stata sistemata una piattaforma per fare i tuffi.

Io mi rammarico di non aver comprato una di quelle mute per surfisti che mi avrebbe consentito di fare un bagno come si deve… invece anche se l’acqua non è fredda, mi limito a bagnarmi per la temperatura esterna.

Dopo esserci ben bene rosolati al sole e al vento, ci prepariamo per la cena a base rigorosamente di mule (la specialità locale), ma dato che il sole ha lasciato in serata spazio ad una leggera pioggerella optiamo per un ristorante al coperto avvero al “Repaire des pirates” dove le cozze marinate e alla normanna sono davvero ottime.

Il nostro ombrello multicolore fa si che i simpatici spagnoli che ci avevano favorito a Giverny per la nostra foto, ci riconoscano e si mettono a chiamarci “Italia, Italia umbrella”. Ci salutiamo, siamo quasi compagni di viaggio ormai e ci congediamo con un arrivederci alla prossima tappa senza rivelarci quale sarà, lasceremo fare al destino …

Venerdì 7 agosto (visita a Honfleur):

la giornata inizia sotto la pioggia, ma non ci scoraggiamo e decidiamo su consiglio di amici di visitare Honfleur, un magnifico paesino di pescatori con un piccolo e incantevole porto.

Si trova circa ad una trentina di chilometri da Etretat e ci da l’occasione per passare il famoso ponte di Normandia che troviamo anche piuttosto economico.

Quando stiamo per cavalcarlo, la pendenza devo dire che ci fa una certa impressione, ma a livello architettonico è davvero impressionante almeno per noi che ancora il ponte di Broklin non l’abbiamo visto.

Ci fermiamo anche a fare un po’ di foto alla Senna che sfocia nel mare.

Eravamo convinti che attraversarlo fosse più costoso invece la modica cifra è di 5 euro e la cosa è davvero apprezzabile, non so se da noi ce la caveremmo con così poco considerando che ormai è a pieno titolo un’attrazione turistica.

Arriviamo a Honfleur per pranzo dove la bellezza del posto ci incanta e fortunatamente ha anche smesso di piovere e pian piano passiamo dalla giacca a vento alla t-shirt.

Mangiamo in un’ottimo ristorante il “Zone 42” uno dei tanti che si trovano sul porto dove si possono assaggiare specialità di pesce (Alessandro prende un enorme piatto di crostacei e crudité con a parte salsine di tutti i generi mentre la sottoscritta un’ottima insalata mista alle mele e brie). Terminiamo con la mitica torta di mele locale calda cosparsa di panna. Il pomeriggio lo trascorriamo a spasso per il paese che si rivela bellissimo come il porto, con viuzze pittoresche (dove la maggior parte dei negozi sono gallerie d’arte) e chiesette di legno che sembrano ricavate in antiche stalle con il tetto a forma di barca rivesciata.

Ci fermiamo incantati davanti ad uno dei numerosi negozietti di souvenir che in questo caso vende porcellini (salvadanaio) in terracotta dipinti a mano in mille colori diversi. Non resistiamo e ci portiamo a casa un simpatico maialino giallo bianco e blu dove metteremo qualche piccolo risparmio per futuri viaggi.

Tornati a Etretat, ceniamo questa volta alla brasserie in centro “Des deux agostines” dove il venerdì sera oltre alla cena alla carta è possibile approfittare di un immenso bouffet di crudité de mer e di carni varie.

Da provare sono le scaloppine al camembert davvero gustose !

Sabato 8 agosto dopo una succulenta colazione in albergo che vale letteralmente i 20 euro a testa che ci “scuce”, ci avventuriamo con cestino da pick-nick sulla falesia del grande arco per una lunga camminata lungo tutto il suo perimetro che si estende per qualche chilometro ammirando il paesaggio mozzafiato.

Tra salite e qualche discesa vertiginosa dove è facile farsi male dato che il terreno non è tracciato e piuttosto accidentato, (ora capiamo come mai alcune persone nel nostro albergo avevano il gesso), sostiamo sulla brughiera a picco sul mare per il pranzo con la mitica baguette al prosciutto che abbiamo acquistato sul lungo mare in uno dei numerosi chioschi.

Sdraiati su questo paradiso ci scappa anche una “pennichella” mentre Ale fa bird- watching con i gabbiani che fanno vere e proprie acrobazie in picchiata.

In serata ci dirigiamo nuovamente in spiaggia e sulla terrazza panoramica del nostro albergo dove con un libro in mano ci si può davvero rilassare anche se lo sguardo più che sulle pagine non può che perdersi sul mare, calmo e sconfinato con il tramonto che ogni sera puntuale ci omaggia di tonalità sempre più calde e irridescenti.

Avevamo in mente di tornare anche sulle zone dello sbarco (che avevamo già ampliamente visitato nel nostro viaggio precedente) ma il posto è talmente bello che ci spiace allontanarci troppo dato che era nostra intenzione anche godere di qualche giorno di mare come siamo soliti fare in questo periodo.

Domenica 9 agosto (Fecamp- palais Benedectine):

dato che la mattinata si preannuncia piovosa, ci rechiamo a Fecamp per vedere “Palais Benedectine” e dare un’occhiata a questo paesino.

In realtà la cittadina si rivela bruttissima e piuttosto sporca ma il palazzo in stile barocco che ospita la famosa distilleria dove dal secolo scorso viene prodotto l’amaro più famoso della Normandia è ricco di fascino.

In realtà la storia di questo amaro è molto antica, la sua ricetta la si deve ad un monaco dell’abbazia di Fecamp che nel rinascimento avrebbe lasciato un manoscritto relativo ad un liquore fatto con più di 27 erbe, divenuto poi famoso alla corte di Francesco 1.

Durante il periodo della rivoluzione francese nel caos che ne deriva, tale manoscritto passa di mano in mano e viene acquistato da un ricco borghese di Fecamp che lo dimentica nella sua biblioteca ignorandone il contenuto e dimenticandosi di possederlo.

Nel 1863 invece un suo parente Alexandre Le Grand si imbatte per caso nel manoscritto e incuriosito cerca di decifrarlo scoprendone la ricetta.

Vuole provare a produrlo e fa costruire pochi anni dopo un palazzo da allestire a distilleria ma che sia anche un museo nel quale raccoglie arte sacra di tutti i generi.

Nasce così questo strambo ma interessante edificio dove sono raccolti talmente tante meraviglie che ci si può tranquillamente passare l’intera giornata.

Ciò che più ci colpisce è nei sotterranei dove risiede la distilleria. Qui si trova una sala dove in questi giorni è presente una mostra di mosaici e mandala fatti con le spezie e i petali dei fiori.

Il profumo è fortissimo e qualcuno può anche uscirne stordito, ma credetemi che questo viaggio nei colori e nei profumi non si dimentica facilmente.

Dopo l’assaggio di rito del liquore e delle sue varianti elaborate in quest’ultimo secolo (siamo giunti anche alle caramelle aromatizzate al “Benedectine”), facciamo qualche acquisto per i nostri amici e torniamo a Etretat perché Fecamp offre davvero poco.

Incantevoli invece sono i paesini che attraversiamo per tornare alla base dove nel mentre il tempo si è ristabilito. Sono pieni di fiori ovunque e le casette con il tetto di paglia e a graticcio li fanno apparire magici. Mi chiedo come possa essere vivere qui, lontano dalle modaiole vie di negozi delle grandi città dove per fare benzina o andare in un centro commerciale si devono fare parecchi chilometri.

Non so se sarei capace di viverci per sempre, ma certamente per un po’ mi piacerebbe godere di questa vita più lenta e calma dove l’antidepressivo non è lo shopping ma i magici colori dei fiori, dei campi dorati e del mare che incontra il bianco delle falesie.

Lunedì 10 agosto (Etretat):

è il nostro ultimo giorno a Etretat e decidiamo di viverlo in completo relax a spasso per le falesie e sulla spiaggia approfittando della bassa marea facendo un po’ di foto negli anfratti ancora bagnati dal mare che si è da poco ritirato. Abbiamo fatto circa 1000 foto, ma non ci stanchiamo mai, vogliamo portare Etretat a casa con noi.

Facciamo la nostra ultima cena a base di mule perché domani saremo in Bretagna e la approfitteremo delle ostriche.

Martedì 11 agosto (partenza per la Bretagna):

ci alziamo con comodo e ci dirigiamo a Mont Saint Michele che avevamo già accuratamente visitato in passato ma che è sempre bello ritrovare.

Speriamo di riuscire a vedere la marea ma a quanto pare non è giornata e quest’ultima si limita a qualche rivolo d’acqua che però regala sempre una particolare atmosfera .

Appena arrivati saliamo sulle mura per fare un po’ di foto ad un gruppo di pellegrini a cavallo che si dirigono verso il monte.

Scorgiamo anche alcuni gruppi a piedi che sfidano le sabbie mobili e percorrono diversi chilometri per giungere in questo posto incantato.

Purtroppo c’è molta gente e parte del suo fascino si perde nelle code e nelle spallate che riceviamo per muoverci all’interno delle mura.

Nel nostro precedente viaggio in primavera, tutto era più vivibile; del resto, siamo ad agosto. Scegliamo di non rivisitare la cattedrale proprio per l’eccessivo affollamento ma di fare piuttosto un giro nei negozietti tipici e riposare un po’ nello spiazzo vicino alle mura dove incontriamo gente di tutte le nazionalità. C’è anche una simpatica coppia con due gemelli di pochi mesi nel marsupio (all’africana) e una bimba di poco più grande che danno loro la pappa seduti per terra. Riflettiamo sul fatto che in Italia sarebbe difficile assistere ad una scena del genere, all’estero i genitori sono più spartani e non so se sia un male… i gemellini sembravano gradire!

Aspettiamo il tramonto per fare delle foto caratteristiche e devo dire che riusciamo nel nostro intento. Ci divertiamo ad osservare dei ragazzi italiani accampati sotto il monte con la roulotte che letteralemte nuotano nel fango della marea. Scivolati per errore nell’acqua ormai ci hanno preso gusto e ridono all’idea dei commenti dei genitori quando lo scopriranno.

Verso le undici ci dirigiamo verso il nuovo albergo a Le Vivier sur mer che troviamo carino e accogliente (sempre della catena Logis) anche se ci inquieta il forte odore di brodo (tipico degli ospedali) che permea ogni centimetro della struttura, compresa la nostra stanza. Ci si appiccica addosso, sui vestiti e sui capelli e sicuramente non ci invita ad assaggiare la cucina.

Mercoledì 12 agosto (Saint Malò):

oggi giornata dedicata a Saint Malò che riscopriamo con gioia questa volta sotto il sole e con un clima più caldo.

Arriviamo in città in tarda mattinata con qualche piccola coda per parcheggiare fuori dalle mura, in zona porto.

Entriamo in città e passeggiamo tranquilli tra le viuzze piene di negozi coloratissimi che vendono souvenir di tutti i generi: abbigliamento da vela e oggetti artistici come magliette, ombrelli, borse di stoffa dipinti a mano.

Ad avere il portafoglio pieno e spazio in macchina qui c’è da portar via un vero e proprio bottino degno della città dei pirati.

Purtroppo non avendo ne l’uno ne l’altro ci limitiamo ad osservare.

Non riusciamo però a trattenerci dall’uscire a mani vuote da un negozio di foto artistiche che vende immagini di fari bretoni avvolti dalle onde.

Compriamo un paio di libri fotografici ad una cifra modica, e abbiamo l’impressione che nonostante i buoni propositi, la nostra giornata di shopping sia appena cominciata.

Infatti… è proprio così! Io vengo rapita da un negozio di borse che vende il mio marchio preferito (le mitiche e sportivissime borse Kipling, quelle con la simpatica scimmietta portachiavi incorporata) e ci scappa da parte di mio marito un regalino di compleanno in anticipo.

Poi Ale viene catturato dall’ennesimo giaccone strampalato da esploratore e via di carta di credito… per non parlare poi degli artisti di strada che suonano gli strumenti più strani di cui non possiamo farci sfuggire il cd terminando nella piazza principale (dove i pittori espongono le loro opere) con l’acquisto di un dipinto all’interno di una conchiglia che riproduce due viandanti verso il Mont Saint Michele.

Terminato questo attacco di bulimia da shopping, ci ripromettiamo di fare più economia il prossimo mese e ci dirigiamo senza rimorsi alla macchina per depositare il bottino.

È ormai ora di pranzo e ci sediamo in uno dei tanti ristoranti che circondano l’interno delle mura. Scegliamo il Majestic dove però il servizio non è dei migliori e attendiamo ore per qualche ostrica, due gallette e un bicchiere di cidro.

Del resto non abbiamo fretta, dunque la prendiamo con filosofia e ci gustiamo il pranzo ormai a pomeriggio inoltrato.

Ci dirigiamo poi alla spiaggia piena di gente grazie alla bassa marea ma non prima di aver approfittato di quest’ultima per visitare il Fort National situato su uno scoglio proprio di fronte le mura. È infatti visitabile solo quando il mare non lo circonda ed ha alle spalle una storia secolare. Fatto costruire da luigi XIV nel 1682 a difesa della città corsara incaricando l’ingegnere militare Vauban (che sfruttò al massimo la topografia trasformando ogni isoletta in avamposto) è pittoresco.

La rupe sulla quale è stato costruito il forte si chiama “Islet” luogo anche di esecuzioni e condanne a morte prima che il forte vedesse la luce.

La visita è interessante anche se a colpire dalle mura di questo castello è proprio il panorama che si staglia sulla baia di Sain Malò con la città alle spalle e una miriade di isolotti e fari in mezzo al mare.

isiù in voga, ma il sempliice ll semplice lascar vagare la mente su questi l’o andare in un centro commerciale si devonoIl resto del pomeriggio lo trascorriamo sulla spiaggia con i piedi a bagno nel mare e a prendere un po’ di sole che alle sei di sera è ancora caldo.

Assistiamo al servizio fotografico di una coppia di sposi che si avventura sulla spiaggia per fare qualche scatto artistico in attesa del tramonto a discapito del candido abito di lei e dei suoi tacchi che immagino, dopo essere sprofondata fino alle caviglie nella sabbia bagnata, non riuscirà più ad indossare. Però il bello è proprio questo e un po’ li invidio perché mi sarebbe piaciuto sposarmi al mare. Personalmente avrei anche compiuto lo “sfregio” finale di un tuffo con tanto di velo…sarebbe stato uno scatto memorabile.

Divertiti all’idea, iniziamo ad avvertire la fame e questa volta torniamo a “La pignatta” dove lo scorso anno avevamo assaggiato delle mule merinate buonissime annegate nel cidro. Ottima anche l’entrecote che ordiniamo dopo.

Con la pancia piena lasciamo la città dei pirati e siccome non c’è due senza tre, la salutiamo con un arrivederci.

Giovedì 13 agosto (Cap Frael-fort La Latte-Cancale):

siamo diretti a Cap Frael dove dal faro, si possono ammirare le meravigliose scogliere rosse della Bretagna.

Il tempo alla partenza è brutto, nel giro di mezz’ora però si schiarisce e all’arrivo al faro c’è il sole ed anche un vento fortissimo.

Felpe con cappuccio sono fondamentali per queste zone.

Il vento è talmente forte che non riesco a manovrare la telecamera e a tenerla dritta, pazienza ! La ripongo nello zaino e mi godo l’intenso panorama che ho di fronte.

Ho i brividi ma non per il freddo, si sente un profumo di mare molto intenso e non riesco a non immaginare quanto sarebbe bello poter vivere qui.

In lontananza si vede il “Fort la latte” che visiteremo tra poco.

Percorriamo i 20 chilometri che li separano e in pochi minuti siamo al parcheggio ma prima di inoltrarci nel sentiro che conduce al forte a picco sul mare, ci intratteniamo in un bellissimo giardinetto zen dove è stato allestito un minuscolo chiosco che fa panini con mele e formaggio divini (il più buon panino mangiato in vita mia…ve lo consiglio). Ci si può accomodare su delle comodissime sdraio e con panino e birra in mano si gode di un dolcissimo riposo con musica new age.

È un posto talmente carino che ce la prendiamo comoda e catturiamo anche qualche raggio di sole (siamo abbronzati come dopo una vacanza estiva di mare, il sole qui si prende ovunque nonostante le temperature non proprio estive).

Con la pancia piena, “belli satolli” come dice Ale, ci inoltriamo nel sentiero e dopo pochi minuti vediamo comparire tra l’oro dei campi di grano il forte che crea un contrasto di colori meraviglioso con l’azzurro intenso del mare, il rosso delle rocce e il verde della brughiera.

È meraviglioso ! lo ricordavamo tale ma i colori dell’estate regalano al luogo un fascino diverso, più solare.

In più, arriviamo nel pieno di festeggiamenti dove vengono rievocate le gesta di cavalieri e dame e varie bancarelle illustrano gli antichi mestieri. All’ingresso del forte, porchetta e piatti tipici medievali per tutti, ma dato che abbiamo già abbondantemente pranzato non ci soffermiamo anche se a malincuore.

Passato il ponte levatoio, ci accolgono figuranti in costume d’epoca, dame e menestrelli con musici e cantastorie che conducono i bambini a visitare il forte raccontando loro fiabe come quella del pifferaio magico.

L’iniziativa è molto bella ma c’è troppa gente. Non importa! Ci facciamo strada tra la folla e scaliamo la torre principale da dove è possibile godere di un panorama infinito.

Salutiamo il faro di Cap Frael e ci soffermiamo sulla limpidezza del mare che è tranquillo nonostante il forte vento.

Immaginiamo la solitudine dell’essere confinati in avamposti come questi ma l’immensità dei panorami è tale che riempirebbe qualsiasi vuoto.

Passiamo buona parte del pomeriggio nel forte incuriositi dalle varie attività e curiosiamo tra le bancarelle che vendono artigianato di ogni tipo.

Siccome abbiamo intenzione di trascorrere la nostra ultima serata bretone a Cancale, la città delle ostriche torniamo verso le 5 in albergo. Breve doccia e via verso questo stupendo paesino dove al nostro arrivo ci accoglie una spianata di sabbia con miriadi di barche incagliate per la bassa marea.

La cittadina è fantastica e l’attrazione principale sono i numerosi ristoranti e bancarelle dove è possibile a qualsiasi ora fare scorpacciate di frutti di mare (ostriche per lo più) freschissimi.

Su consiglio di un amico scegliamo “le Outriere” dove a cifre accettabili ci portano un mega-piatto con dodici ostriche enormi come antipasto.

Confesso che ho avuto difficoltà a mangiarle poiché ho la bocca piuttosto piccola e farle scivolare in gola non è facile…ci vuole un po’ di pratica.

Sono però buonissime sia al naturale che condite con delle salsine all’aceto per mitigare il sapore intenso di mare che le caratterizza e che non tutti apprezzano.

Di seguito ci facciamo un ultima scorpacciata di Mule al graten e marinate con cidro.

Insomma chiudiamo alla grande il nostro soggiorno in Bretagna ma la sorpresa l’abbiamo all’uscita quando abbiamo l’occasione di assistere all’arrivo della marea che a velocità inaspettata raggiunge le varie barche ormeggiate e ci concede di fare qualche foto caratterisitica.

A conclusione della serata il tramonto tanto per lasciarci il “magone” e il rimpianto nel partire da questa terra delle meraviglie.

Venerdì 14 agosto (partenza per la Loira- Villandry):

dopo una lenta colazione (è ormai palese che non ce ne vogliamo andare…), salutiamo definitivamente la Bretagna per dirigerci verso la nostra tappa finale nella Loira per completare la nostra visita dei castelli iniziata con il precedente viaggio.

In tale occasione eravamo solo di passaggio e abbiamo potuto solamente saggiare per una giornata la bellezza di questa regione dominata da boschi bellissimi, campi di girasole e da castelli degni delle fiabe di Perroult e d’Aulnoy.

Ovviamente all’epoca avevamo optato per i due più vicini a Tour (dove pernottavamo) e più famosi, ovvero Chenonceu e Amboise.

Il primo famoso per un intreccio amoroso in quanto il re Enrico II verso la metà del 1500 offrì il castello in dono alla sua amante Diana di Poitiers (divenuta duchessa di Valentinois e una delle donne più influenti dell’epoca) che acquisì la proprietà del castello e proprio a lei si deve l’attuale struttura del maniero e la realizzazione della caratteristica galleria ponte sul fiume. A lei si deve anche la realizzazione degli splendidi giardini lungo le rive del fiume. Coloratissimi e pieni di fiori e piante aromatiche.

Ovviamente alla morte di Enrico II la moglie Caterina de Medici fece di tutto per scacciare l’amante intrusa offrendole in cambio il castello di Chaumont.

Sbarazzatasi di Diana, Caterina elesse Chenonceux a sua dimora preferita prodigandosi nella costruzione di una nuova ala di giardini ed organizzando feste e divertimenti. Nel 1570 in occasione dell’ascesa al trono del figlio Francesco II vi fece organizzare anche uno spettacolo pirotecnico mai visto prima.

Inutile soffermarsi poi sulla bellezza delle stanze del castello tutte a tema e orante da fiori meravigliosi. Particolarmente suggestiva la stanza delle lacrime adibita al dolore e al pianto per la morte del re.

Amboise è invece famoso perché ospiterebbe la tomba di Leonardo Da vinci anche se si tratta per lo più di una leggenda.

Tornando al presente, lasciamo Le Vivier sur mer con una temperatura intorno ai 17 gradi e scendiamo dall’automobile nei pressi del castello di Villandry con 30-35 gradi.

Sono le due del pomeriggio e lo shock termico ci coglie impreparati. Dotati di aria condizionata nell’abitacolo siamo ancora vestiti con maglietta a maniche lunghe e felpa e l’ondata di calore che ci assale al parcheggio è devastante.

Per prima cosa cerchiamo di adeguare il nostro abbigliamento spogliandoci il più possibile, poi assetati e affamati ci dirigiamo verso un chioschetto che vende panini.

Qui chiediamo asilo al tavolo di un gruppo di ragazzi italiani che sembrano avere due sedie in avanzo e intavoliamo con loro una simpatica conversazione sul nostro percorso che a quanto pare loro stanno percorrendo all’inverso.

Noi siamo alla fine del nostro viaggio mentre loro sono appena partiti anche se l’itinerario è più o meno lo stesso.

Verso le tre, ancora un po’ boccheggianti entriamo nel castello dove la vera attrazione sono i giardini…un vero e proprio capolavoro!

Impossibile non vivere un rusveglio dei sensi (soprattutto vista e olfatto) che vengono colpiti all’istante dai colori dei giardini e dal profumo intenso di fiori ed erbe di vario tipo. Ci vuole un attimo per abituarsi e iniziare a riconoscerli.

Il castello fu costruito nel 1532 e passò in diverse mani fino ad arrivare in quelle del fratello di Napoleone bonaparte nel 1800.

Però è nel 1906 grazie ad un medico Joachim Carvallo che divenne lo splendore di oggi, grazie ad una ristrutturazione e alla creazione dei giardini probabilmente più belli in assoluto.

Ancora oggi di proprietà della famiglia Carvallo e abitato da una nipote, può essere visitato solo in alcune aree mentre i giardini sono a completa disposizione e credetemi che vale la pena passarci un’intera giornata.

Ci si perde in labrinti fatti di cespugli sagomati dedicati alle passioni umane come l’amore e la gelosia, giardini d’acqua e orti ornamentali.

Se non fosse che siamo terribilmente stanchi e provati dall’escursione termica resteremmo fino a sera per godere anche in questo caso dello spettacolo di luce che abbiamo trovato un po’ in tutte le località turistiche in questo periodo dell’anno.

A malincuore invece ci rechiamo in hotel a tour, dove ci aspetta il Premiere che ci aveva accolto nel viaggio precedente.

C’è una sola differenza, all’epoca era primavera e il clima era ancora fresco mentre qui le temperature continuano a salire e la colonnina di mercurio tocca i 38 gradi con l’umidità alle stelle.

E sorpresa sorpresa…diversamente dal premier di Versaille (dove si poteva tranquillamente farne a meno), qui l’aria condizionata non c’è.

Stiamo morendo ma stoici decidiamo di resistere, non abbiamo voglia di cercare un altro hotel anche perché dopo quindici giorni stiamo dando fondo al nostro budget stabilito per il viaggio e dunque non ce lo possiamo permettere.

Come altri ospiti viviamo la serata e la notte nella stanza con la porta aperta…tanto come abbiamo simpaticamente deciso siamo tutti “amici” e non c’è molto da rubare.

Viviamo la cosa come una simpatica avventura e questo ci da l’occasione per entrare in contatto con gli altri avventori per lo più tedeschi. Ci capiamo a gesti.

Con lo scendere della notte le temperature si fanno più “umane” e ci lasciano dormire.

Sabato 15 agosto (Chambord- Blois):

usufruiamo anche questa volta della colazione standard del premiere che come già accennavo è buona e abbondante e ci muoviamo subito verso Chambord, altro famoso castello celebre per i suoi 365 camini.

Da Tour sono circa cinquanta chilometri per lo più in mezzo ai boschi solcati da fantastiche piste ciclabili dove vediamo schiere di turisti che affrontano la Loira armarti di bici e carrettini per i bagagli.

Sicuramente è una delle regioni più belle da visitare in bicicletta o in moto anche se la primavera e l’inizio dell’estate sono periodi più clementi dal punto di vista delle temperature per affrontare un viaggio di questo genere.

All’arrivo ci aspettiamo molta più ressa invece alle dieci della mattina il castello non è ancora affollato.

Il parco che lo circonda è enorme e territorio di caccia.

Mentre Ale fa la fila alla cassa, io inizio a sbizzarrirmi con la macchina fotografica per cercare di cogliere il castello da diverse angolazioni.

Il caldo è terribile e la polvere che si solleva calpestandola si appiccica addosso. La prima necessità è quella di procurarsi subito una bottiglia d’acqua prima di affrontare la visita all’interno.

Il castello di Chambord, pur non essendo a mio parere suggestivo quanto Chenonceu o Villandry perché non possiede giardini artistici, ha senza dubbio una forma particolare frutto dell’espressione architettonica dello stile rinascimentale.

La sua facciata è lunga 128 metri ha più di 440 locali, 80 scale e come accennavo prima 365 camini.

L’influenza di Leonardo da Vinci, allora architetto di Francesco I è stata fondamentale e proprio a lui che si deve i famoso scalone a doppia elica al centro dell’edificio principale.

Il castello fu terminato sotto il regno di Luigi XIV .

La scala è magnifica, è composta da due rampe a chiocciola rotanti nello stesso senso che non si incrociano mai.

Per chi ama la fotografia, si presta a scatti molto particolari che possono creare dei divertenti giochi di luce e ombra.

Proviamo a cimentarci ma il risultato non è quello sperato. Pazienza! La prossima volta ci prepareremo meglio.

Percorrendola fino all’ultimo piano si ha accesso alla terrazza che gira tutta intorno al mastio, anch’essa ispirata ad un’idea di Leonardo che offre una stupenda vista a 360 gradi sul fiume, sul bosco circostante il castello e sui camini e capitelli che ornano la costruzione.

Se il sole non fosse una morsa, sarebbe piacevole percorrerla tutta e fermarsi a fare numerose foto.

Purtroppo dobbiamo affrettarci perché la testa non cuocia come un uovo sodo e siccome non siamo muniti di cappellino ci limitiamo a qualche sbirciatina e a qualche veloce foto panoramica.

L’orario purtroppo non è il migliore, al tramonto immagino sarebbe stato più suggestivo.

Il secondo piano è particolare per i suoi soffitti a cassettoni, decorati con i simboli reali di Franceso I (la famosa salamandra e la F coronata).

Alcuni di tali simboli sono rivolti al contrario in modo che Dio, dall’alto dei cieli possa vedere la potenza del re.

Sempre megalomani questi reali ! Il castello è poi all’interno di un dominio boscoso di 5440 ettari, circondato da un muro di cinta di 32 Km che lo rende il più grande parco forestale chiuso d’Europa.

Abitato per lo più da cervi e cinghiali è visitabile attraverso un safari in jeep prenotabile alla biglietteria ma dato che vogliamo andare a Bloi, scegliamo di rinunciare a questa opportunità.

Scegliamo anche di non pranzare all’interno dove non mancano bar e ristoranti dai prezzi non proprio modici e andiamo direttamente a Bloi dove speriamo di trovare un ristorante ancora aperto anche se ormai sono le tre del pomeriggio.

Saltiamo dunque il pranzo e una volta arrivati in questa splendida cittadina optiamo per fare almeno una ricca merenda.

All’arrivo siamo però subito colpiti dalla sua bellezza: situata sul fianco della collina sulla riva destra della Loira collegata alla riva sinistra dal ponte romano sottostante (al quale non possiamo esimerci dal fare subito qualche fotografia intanto che la posizione del sole lo permette) ci incuriosisce.

Subito dopo ci concediamo la tanto attesa merenda trovando miracolosamente posto in un bar davvero carino subito dopo il ponte il “Ladge bar” dove offrono dei menù freschi molto particolari.

Noi scegliamo un’insalata verde con frutta esotica, salumi e bruschette.

Ci arriva un piatto enorme corredato da salsine di tutti i generi non ben definite ma buonissime.

Riposiamo al bar più di un’oretta perchè il caldo è indescrivibile. Tutto avremmo immaginato da queste parti (pur essendo estate) tranne di trovare temperature così roventi rispetto al nostro paese.

Data la situazione che ci ha davvero sfiancato, decidiamo di rinunciare alla visita del castello che ammiriamo solo da lontano, per recarci invece alla più vicina cattedrale dove troviamo un po’ di refrigerio.

Il giardino sottostante e il roseto che lo adorna sono davvero belli. Qui la statua di Giovanna d’Arco troneggia sulla città, ricordiamo infatti che fu proprio a Blois che la pulzella d’Orleans ricevette la benedizione da vescovo di Reims prima della battaglia per la liberazione di Orleans.

Sono ormai le cinque e siamo sfiniti, facciamo un giro tra i negozietti e torniamo in albergo dove mai come in questa giornata sentiamo il bisogno di una doccia. Incominciamo a risentire fisicamente dell’escursione termica subita dalla Bretagna a quì.

Domenica 16 agosto (Ussé- Azay le rideau):

è il nostro ultimo girono in questo paese che da sempre ci incanta e come terminare se non in una favola, quella della “bella addormentata nel bosco” ad Ussé nel castello a lei dedicato?

Il paesino non è lontano da tour ed è effettivamente perso tra i boschi. In meno di mezz’ora arriviamo a destinazione e non c’è ancora gente.

Vederlo spuntare all’improvviso da una curva, dopo che iniziavamo a dubitare della sua esistenza, (non lo si scorge assolutamente dalla strada, lo si trova all’improvviso) è stato suggestivo.

Non è difficile immaginare il perché abbia ispirato una favola: esternamente è bellissimo circondato dal bosco e da un piccolo ruscello con le ninfee. Il piccolo giardino che lo circonda è adornato da fiori colorati e piccole fontane.

Non è certo imponente come Chambord o Chenonceu ma è comunque incantevole soprattutto per i bambini che all’interno della torre possono rivivere attraverso una ricostruzione scenografica la favola.

All’interno, nelle varie sale sono riprodotte scene di vita a corte con manichini che indossano i costumi d’epoca.

Facciamo parecchie foto nel giardino e dato che la temperatura oggi è più umana ci soffermiamo tutta la mattinata a godere di questo bellissmo luogo perso nel tempo.

Pranziamo con una buonissima “Chice Lorraine” al chiosco situato fuori dal castello e assaporiamo, fino in fondo, colori e suoni di questa ultima giornata.

Dopo esserci rifocillati ci rechiamo al vicino “Azay Le Rideau” altro castello tra quelli minori della Loira.

Il paesino è incantevole quanto Ussé se non addirittura di più.

Il ponticello fiorito che unisce le due sponde del fiume Indre (anche in questo caso corredato di ninfee e salici piangenti tanto che ci sembra di essere tornati nel giardino di Monet) ci rivela uno scorcio meravilgioso di tre casette a graticcio con qualche barchettina colorata che sembra uscito da un quadro impressionista. Le foto sono d’obbligo, soprattutto cerchiamo di cogliere i riflessi delle casette e degli alberi nel fiume.

Ma sono quattro ragazzini che ci interrompono a catturare la nostra attenzione.

Si spogliano e in costume iniziano ad eseguire una serie di rocamboleschi tuffi.

La cosa ci lascia interdetti, perché per quanto il fiume sia suggestivo, non ha certo l’aria di essere poi così pulito.

Eppure loro vanno avanti a tuffarsi per parecchio tempo noncuranti del nostro sbigottimento e del fatto che li stiamo filmando e fotografando. Si divertono come matti. Sembra di vivere in un’altra epoca dove Playstation e computer non monopolizzano ancora la giornata del bambini.

Raggiungiamo il castello che è ormai pomeriggio inoltrato e perlustriamo il grande parco e il fiume che lo costeggia facendo foto bellissime del riflesso di quest’ultimo che si presenta in tutta la sua eleganza (lo stile è rinascimentale italiano).

Lo stesso Balzac lo aveva definito un diamante che si specchia nell’Indre.

Scopriamo che è teatro di diverse mostre: in particolare in questo momento di quella dedicata alle varie rappresentazioni nella storia di Amore e Psiche.

L’interno è molto bello anche se si presenta ormai più come un museo.

Prima di lasciare il castello facciamo quattro passi tra i negozietti del paese ma ahimè, è giunta l’ora di tornare in albergo e preparare le valige per tornare a casa.

Dopo 18 giorni il magone ci assale anche se il nostro bagaglio interiore è ormai così ricco di splendide suggestioni e di ricordi che ci accompagnerà per sempre.

Definire la Francia è difficile, è un paese così vario e ricco di contraddizioni, dove modernità e tradizione convivono alla perfezione nel rispetto reciproco.

Il concetto di frenesia che purtroppo sta assalendo sempre di più il nostro paese qui sembra disperdersi, ed è soprattutto una sensazione di relax e di tranquillità ad accompagnare il turista nelle sue visite.

È un paese che va gustato come un buon bicchiere di vino, a piccoli sorsi, godendo in pieno del suo aroma.

Forse in quasi venti giorni avremmo potuto visitare molti più luoghi ma abbiamo preferito assaporarne con calma solo alcuni.

È per questo che per noi si tratta solo di un arrivederci. Torneremo per “perderci” ancora, magari a Clermond Ferrand come ci ha consigliato quel simpatico signore incontrato in autogril, conosciuto…per caso



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