Civitella del Tronto, la maestosa fortezza che affaccia sul Gran Sasso

L’ultimo baluardo del Regno delle due Sicilie: con Manuela Titta, prosegue il viaggio tra le eccellenze storiche ed enogastronomiche d'Italia
Manuela Titta, 20 Gen 2023
civitella del tronto, la maestosa fortezza che affaccia sul gran sasso

L’Abruzzo è pieno di posti meravigliosi, dove il tempo si è fermato: complice un territorio che spazia dal mare al complesso montuoso, che va dal maestoso Gran Sasso, alla Maiella, il visitatore si trova davanti dei veri e proprio gioielli carichi di storia e di magia. Civitella del Tronto ne è un esempio calzante, siamo in provincia di Teramo, nella zona di confine con le Marche. Civitella è una fortezza Borbonica, grandioso esempio di ingegneria militare situata a 600 m s.l.m, le sue origini sono sicuramente medievali, ma grazie a Filippo II d’Asburgo, nel 1550 furono avviate opere di trasformazione che la resero la roccaforte maestosa che vediamo oggi. Ulteriori modifiche a carico dei Borboni nel 1700, divenne teatro di una grandiosa resistenza nel 1861, lo scontro risorgimentale tra l’esercito sabaudo e quello delle Due Sicilie. La storia del passato si percepisce passeggiando tra le stradine di questo posto evocativo, un’esperienza suggestiva ed emozionante.

La visita di snoda tra i camminamenti coperti, le piazze d’armi, le caserme dei soldati, la chiesa di San Giacomo, si procede tra gli scorci, gli angoli nascosti e gli elaborati portali in pietra. Si incontrano i resti del Palazzo del Governatore, le caserme dei soldati e la famosa Ruetta, tra le più strette strade d’Italia, fino ad arrivare alla bellissima terrazza panoramica, con una vista a dir poco mozzafiato su tutta la catena montuosa appenninica.

Nei pressi della Grotta Sant’Angelo, gli scavi del 1971 danno alla luce i resti di una gigantessa, un donna alta più di due metri la cui datazione si colloca intorno al XII secolo: ancora oggi è un vero e proprio mistero la sua morte violenta e l’oggetto che stringeva a sé, probabilmente un’arma.

Le ricette imperdibili: i sapori intensi di un territorio ricco di tradizione

spaghetti alla chitarra

Comincio questa carrellata seguendo i miei gusti personali: il primo piatto per eccellenza sono gli spaghetti alla chitarra (riconoscimento PAT), la pasta all’uovo il cui nome deriva dalla modalità con cui viene tagliata, si usa infatti uno strumento con le corde, ponendo la sfoglia sopra e passandovi il mattarello, in modo da esercitare una pressione. Il tocco delle dita sopra le corde, quasi a suonare una melodia, favorisce il distacco della pasta. Si ottiene del maccheroni a sezione quadrata, la cui consistenza porosa permette di assorbire perfettamente il sugo. La preparazione del condimento è una vera e propria leccornia, un sugo fatto con le pallottine, minuscole polpettine di carne magra macinata, con una spolverata di noce moscata e sale, nulla però vieta di aggiungere anche uova e parmigiano a seconda dei gusti personali.

Scrippelle ‘mbusse, sono un’altra ricetta imperdibile: sottilissime crespelle, utilizzate in due versioni, nel brodo (‘mbusse) o per fare il timballo. C’è lo zampino della Francia per questa preparazione: quando si parla di cucina, per tutte le ricette abbiamo le contaminazioni che arricchiscono la storia e le nostre tavole. Le crêpes presenti alla mensa degli ufficiali francesi di stanza a Teramo nell’800, furono inavvertitamente rovesciate in un recipiente che conteneva brodo. Da qui nasce questa preparazione, ma le scrippelle teramane non contengono latte, al contrario di quelle originali francesi. Di consistenza impalpabile, vengono arrotolate molto strette e farcite con una spolverata di parmigiano, servite con brodo bollente, che verrà assorbito dalla scrippella, rendendo la consistenza ancora più morbida.

Il Timballo teramano, altra proposta irrinunciabile, un vero trionfo di sapori. Vengono utilizzate le scrippelle al posto della pasta sfoglia, e ritroviamo il sugo con le pallottine, sapientemente dosato, altrimenti non si lascia sufficiente spazio agli altri ingredienti. Si usano anche verdure, che sicuramente in passato seguivano le disponibilità stagionali (si utilizzano principalmente carciofi e spinaci) e mozzarella: compatto e allo stesso tempo morbido, straordinario alla vista, con i suoi strati di infinita bontà.

Montepulciano d’Abruzzo: la storia del vitigno più conosciuto, un successo tra tradizione e innovazione

montepulciano d'abruzzo

La storia narra le antiche origini della viticoltura in queste terre, il teramano risulta citato già da Polibio nel III secolo a.C., quando racconta che Annibale offriva questi vini ai soldati perché “avevano guarito i feriti e rimesso in forze gli uomini”. Alla fine del ‘700 c’è l’ampliamento delle aree di coltivazione del Montepulciano, che era rimasto isolato nelle zone interne dell’Abruzzo. Gli anni ‘90 sono decisivi perché arriva la prima sottozona della DOC Montepulciano d’Abruzzo e segna la strada per un percorso di crescita e continui riconoscimenti, fino alla prima DOCG della regione nel 2003. Questa valorizzazione del vino e anche del territorio è indissolubilmente legata al nome di Camillo Montori, pioniere della spumantizzazione in Abruzzo del trebbiano e del pecorino. La storia di questo imprenditore affonda le radici ai tempi in cui la vendemmia si faceva utilizzando un carro con i buoi: la passione, l’entusiasmo e la continua innovazione hanno permesso l’evolversi di questo grande progetto legato al vino e al suo territorio. Camillo Montori ha sinergicamente fatto della tipicità e della identità di un prodotto, una storia di successo.

Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG, è un vino dal colore rosso rubino intenso con lievi sfumature violacee, al naso un profumo intenso, di sottobosco, speziato, si sente la frutta matura, un vino di corpo e armonico. È perfetto negli abbinamenti con gli arrosti, la griglia e anche la selvaggina.

Nella versione Riserva con almeno tre anni di affinamento, presenta note di tabacco e cuoio, perfetto equilibrio tra morbidezza e tannino, un vino strutturato e avvolgente.