Un safari indimenticabile tra i parchi nazionali della Tanzania: Saadani, Mikumi, Kitulo, Udzungwa, Ruaha, Katavi
Saadani, Mikumi, Kitulo, Udzungwa, Ruaha, Katavi, gioielli grezzi ma di gran valore! Sono alcuni dei Parchi nazionali della Tanzania che si estendono nella parte sud-occidentale del paese e che meritano molta più attenzione di quanto sia solitamente loro dedicata.
Da 3.000 a 7.000 km in funzione del tempo e del budget a disposizione, alla scoperta di luoghi ancora poco conosciuti immersi in una natura selvaggia e relativamente incontaminata. Gli itinerari di accesso ai Parchi permettono contatti con etnie e tribù poco avvezze ai turisti ma particolarmente cordiali e socievoli.
I Parchi Nazionali che si incontrano lungo il percorso proposto hanno ciascuno caratteristiche proprie e nell’insieme non hanno nulla da invidiare ai più gettonati parchi del Nord del paese.
I visitatori che scelgono questi percorsi sono di norma turisti molto più motivati, meno invadenti e spesso si dimostrano occasionali ma simpatici compagni di ventura disponibili a scambiare preziose informazioni di viaggio.
Tutti i Parchi hanno di norma strutture ricettive che lavorano con Tour-Operator ma che non disdegnano di mettere a disposizione vitto e alloggio a turisti “fai da te”; i prezzi non sono alla portata di tutti ma anche questo, qualora fosse un problema, ha la sua splendida soluzione… Il TANAPA (Tanzania National Park), ente che gestisce i Parchi Nazionali, dispone sia di aree destinate al campeggio (public camp sites) che di spartane capanne (bandas) e più confortevoli camere con servizi e uso cucina (Rest-house). I prezzi sono decisamente convenienti (da 15 a 30 US$) e i vantaggi a cui si ha accesso utilizzando questa opzione, sono impagabili:si vive a stretto contatto con loro, i Rangers, gli angeli custodi del TANAPA, coloro che all’interno dei Parchi vivono che li presidiano quotidianamente e di cui conoscono tutti segreti, segreti che sono pronti a svelare e a condividere per un paio di birre al “Social Club” del Quartier Generale, magari guardando una partita di calcio in TV. Gli stessi Rangers possono, se richiesto, accompagnare i Turisti come vere e proprie guide, sia in auto che, in alcuni luoghi, a piedi (walking safari).
Il viaggio
Partiamo da Arusha dove l’amico Leo (Fortes-safaris) ha già predisposto la nostra Auto, un Toyota Landcruiser 4×4 dotato di frigobar e di tutta l’attrezzatura necessaria per il campeggio. La nostra destinazione ci porta verso sud e la prima insolita tappa, dovuta a un problema con la batteria, è Soni, una cittadina immersa nel verde di una vallata delle Usambara Mountains non molto distante dal confine con il Kenia e rinomata per le tranquille cascate e per le dolcissime prugne. Il clima è mite ed è un luogo di villeggiatura utilizzato da moltissimi tanzaniani.
Sistemata la batteria riprendiamo il viaggio verso sud e dopo una sosta a Bagamoyo (antico mercato di schiavi il cui nome significa lascia il cuore ci avventuriamo nel primo parco previsto Saadani (dove l’Oceano incontra il Bush…), diventato parco nazionale solo nel 2002 Dormiamo nella Resthouse davanti alla spiaggia, il bagno nell’Oceano Indiano è d’obbligo e rinfrescante, l’escursione in auto ci permette di incontrare numerose giraffe, waterbucks e reedbucks (non facili da vedere in altri parchi) al pomeriggio andiamo alla foce del fiume Wami da dove partono escursioni alla ricerca di coccodrilli, ippopotami e aquile pescatrici. Nel tragitto incocciamo in una grande estensione di mare utilizzata a salina, il lavoro degli operai sotto il sole cocente è impressionante.
Una cameriera del Lodge ha il giorno libero, la sua capanna è vicino alla Rest-house e si offre di prepararci la cena: pesce fritto e ugali, la birra sempre gelata annaffia il tutto. La notte non è altrettanto divertente, nonostante la zanzariera non ci sentiamo al sicuro e il sonno tarda a venire, nota positiva la brezza marina che ci rinfresca.
Saadani offre una buona selezione di uccelli marini ed è un sito di nidificazione per le tartarughe verdi, facile da raggiungere per chi è in vacanza a Zanzibar, noi invece proseguiamo il nostro viaggio per il Mikumi National Park. Situato a nord della Selous Game Reserve, condivide con questa l’ecosistema: elefanti, bufali e zebre migrano dall’uno all’altra in relazione alle piogge. Il Parco è attraversato dalla strada che collega Dar es Salam a Iringa è facile quindi osservare impala, leoni, giraffe semplicemente passandoci dentro, una sorta di safari improvvisato… Ma attenzione all’attraversamento di alcune specie, soprattutto gli elefanti! E’ una mamma infatti che cerca di proteggere il suo cucciolo ucciso da un autobus e impedisce a orecchie aperte e a proboscide sollevata il passaggio alle vetture. Arrivano i Rangers, sparano qualche colpo in aria e fanno riprendere la circolazione. La sistemazione nella Resthouse di Mikumi ci permette la mattina successiva di dare un’occhiata in giro. Qualche antilope, un avvoltoio, un piccolo di gnu e due leonesse assonnate… Non è l’ora giusta per fare avvistamenti interessanti e noi proseguiamo il nostro viaggio.
A Iringa evitiamo gli hotel tradizionali e prendiamo una camera a Kisolanza, una farm dove si coltivano tabacco e fiori. L’accoglienza è ottima, i prezzi contenuti e la cena squisita.
Di buonora riprendiamo il viaggio e dopo un’estenuante quanto emozionante arrampicata sulle Udzungwa Mountains arriviamo a quota 2500 mt di altitudine nel parco nazionale di Kitulo, Il Giardino di Dio (bustani ya mangu) come lo chiamano i locali o il Serengeti dei fiori, come lo definiscono i botanici.
Per dare un’idea di quanto è conosciuto il parco, il responsabile marketing, davanti a un piatto di riso, ci confida che è entusiasta delle previsioni: nel 2008 probabilmente entreranno ben 90 turisti! La sistemazione spartana (qui non esistono ancora Lodge né Rest-house) consiste in una cameretta in una corte interna di un nonsisabene cosa… Il tutto è sorprendentemente accogliente e la proprietaria, utilizzando le nostre scorte, prepara deliziose cenette. L’ingresso al parco dista una decina di chilometri con la strada piena di contadini che con i loro sacchi di patate aspettano i raccoglitori.
Beh, forse perché è il periodo giusto dell’anno, forse perché non te lo aspetti in Africa il paesaggio è mozzafiato, immense distese fiorite in un altopiano ricoperto da aloe, gerani, lobelie giganti, protee, lilium, dalie: 350 specie di piante e 45 varietà di orchidee di cui 30 endemiche! Non ci è possibile raggiungere le cascate e il “posto” delle scimmie di montagna Mangabey a causa di uno smottamento. Nonostante gli animali siano pochini e poco visibili nel complesso ne è valsa proprio la pena. Dopo un taglio di capelli costato ben duecento delle vecchie lire nel villaggio di Matamba riprendiamo il viaggio verso Katavi. Un’altra sosta tecnica, un altro posto inaspettato, Utengule, una Coffee farm vicino al confine con lo Zambia.
La strada sterrata che porta a nord è un vero e proprio delirio, percorrerla è un terno al lotto -ogni tanto durante il periodo delle piogge, ci riferiscono, pesanti autocarri si impantanano o si ribaltano ostruendo completamente la carreggiata e costringendo a soste forzate-. Noi siamo fortunati e in due giorni di guida riusciamo a percorrere senza intoppi i 400 km che ci portano a Katavi… Ancora una volta ci accolgono i Rangers e ci accompagnano alla Resthouse immersa nel verde. La nostra guida è una ragazza brava e motivata, nei due completi giorni di visita ci porta a spasso per un parco che offre veramente una incredibile varietà di diversità biologica: savana, foresta, fiumi, laghi e zone lacustri ma noi iniziamo il safari dall’aeroporto. Proprio così, sullo sterrato dove arrivano i piccoli aerei che portano i turisti, vediamo la prima grande concentrazione di animali, in effetti abbondanti in tutto il parco: 4000 elefanti, 7000 bufali, 20mila zebre… Piove da due giorni, non tutte le piste sono percorribili purtroppo la stagione delle piogge è iniziata.
Costeggiamo il fiume confidando forse un po’ troppo sulla potenza del Landcruiser ma è lì che possiamo fare incontri interessanti. Le scivolate sul fango e i tentativi di stare su una pista resa invisibile dall’erba cresciuta troppo alla fine vengono ripagati da una famiglia di licaoni che cerca senza successo di agguantare una zebra.
Sul lago Chada, con i finestrini chiusi a causa di un’improvvisa e imprevista invasione di mosche tsétsé ci imbattiamo in una mandria di bufali che pascolano nell’acqua bassa; da lontano ci osservano eeland gnu e zebre.
Alla sera la moglie di uno dei Rangers cucina un buon pasto con come contorno l’introvabile Sukuma wiki (piatto tipico keniota il cui nome significa letteralmente, a causa del suo basso costo, spingi la settimana) una verdura di aspetto tra i broccoli e la verza e di sapore simile alle erbe di campagna che una volta si mangiavano in Romagna con la piadina. Il capo dei Ranger ci saluta rammaricato che non siamo riusciti a incontrare nemmeno una famiglia di leoni, numerosi nel parco e facilmente visibili. Lo rassicuriamo: la visita, nonostante le fastidiosissime tsétsé, è senz’altro valsa il lungo e tormentoso viaggio.
On the road again ma a Sumbawanga azzardiamo una diversione verso il lago Tanganika. Liemba beach Lodge, tre capanne, un campeggio, un ristorante a forma di barca su una magnifica spiaggia e Oscar il simpatico proprietario che si improvvisa guida esperta. Le escursioni iniziano con le Kalambo falls (le cascate seconde in tutta l’Africa con un unico salto di 235 metri). E’ un’impresa non tanto raggiungerle quanto pagare la tassa di ingresso. Deve infatti radunarsi nientepopodimeno che il consiglio comunale e la discussione sul quanto farci pagare coinvolge tutto il villaggio. Risolta la questione amministrativa non meno di 50 ragazzini ci accompagnano nella visita alle cascate lontane un paio di chilometri. Il fiume omonimo che le forma determina anche il confine tra Tanzania e Zambia, forse dall’altra parte la vista è migliore ma l’inizio della caduta è impressionante! Altro tour, altre cascate di cui non ricordo il nome, ancora più sconosciute raggiunte nella stessa giornata. Lasciamo il Lago Tanganika dopo aver raccolto una manciata di coloratissimi ciotoli in una delle tante spiaggette. Per la strada ci fermiamo perché abbiamo adocchiato un camaleonte su una duna, inizio a fotografarlo e subito si raduna un crocchio di locali. Ciascuno dice la sua: stai attento che salta e ti morde… Forse no dice un altro ma sicuramente sputa e ti acceca… Ma dai! Decidiamo di sbarazzarci dei laghi, la prossima tappa sarà Lake Malawi o meglio Lake Niassa come lo chiamano in Tanzania. Matema beach, raggiunta attraversando uno scenario incantevole cosparso da estese piantagioni di banane, thè e cacao è una località con dieci case e due strutture ricettive gestite dalla chiesa luterana locale. E’ possibile fare escursioni in canoa e noi scegliamo di visitare Ikonbe, un villaggio famoso per le sue terrecotte. Un’anziana signora ce ne da subito una dimostrazione, un’altra che gestisce il Duka (drogheria) del villaggio ci offre invece dei deliziosi pesciolini fritti.
Al rientro un bagno con maschera e boccaglio nel lago ci offre la visione dei variopinti Ciclidi del Malawi famosi tra gli acquaristi di tutto il mondo.
Al calar del sole iniziano a uscire i pescatori da tutti i villaggi, intuisci le loro canoe dalle fievoli luci delle lampade a petrolio: sono centinaia.
Il paesaggio è illuminato dalla luna e da lampi che incombono da dietro le montagne, il temporale si avvicina, si alza un vento teso, il lago si gonfia e sulla spiaggia si abbattono le prime onde degne di una mareggiata. Le protezioni alle finestre non bastano a trattenere la fitta pioggia che invade la camera. E i pescatori? Niente paura, la mattina successiva ci dicono che sono abituati e sanno come venirne fuori, nonostante la violenza della tempesta nessun incidente.
Dopo aver rinunciato a un’incursione in Malawi sicuri che le piogge avrebbero rovinato la visita rientriamo sulla rotta maestra e, seguendo il corso del fiume Ruaha, entriamo nell’omonimo Parco Nazionale.
Avevamo in passato utilizzato sia le Bandas che il Ruaha River Lodge, ci sistemiamo questa volta nella Rest-house situata all’interno del Quartier Generale. Due camerette con bagno in comune, una sala da pranzo con ancora le poltrone ricoperte dal cellophane e una cucina attrezzata da dividere con i cuochi che si occupano degli ospiti istituzionali e del capo dei Rangers. Opinione di tanti naturalisti e malati d’Africa che l’hanno visitato, il Ruaha è il più bel parco di tutta la Tanzania, difficile spiegare il perché, probabilmente un insieme di cose che rendono la visita magica. Sono i leoni? In 4 giorni di visita ne abbiamo contati novantotto. Sono gli elefanti? Nel Ruaha sono particolarmente dispettosi quando si piantano in mezzo alla pista costringendo a prolungate soste o si avvicinano alle auto a volte guardando dentro e facendo capire ai non avvezzi il significato dell’adrenalina? Sono gli arcobaleni che si ammirano da postazioni sugli alberi subito dopo le piogge? Sono gli scorpioni che in alcuni punti ricoprono il terreno come un campo di margherite? O forse gli enormi coccodrilli che si crogiolano al sole oppure gli ippopotami che spandono letame utilizzando la loro coda come un’elica? O le centinaia di cicogne europee che qui vengono a svernare? Scegliete voi e condite Il tutto con la visione di “cicciosi” e imponenti baobab che a volte offrono la cornice giusta per fotografare le sonodappertutto giraffe.
E’ ora di rientrare, la vacanza volge al termine, una sosta d’obbligo al rientro per una veloce visita a un altro parco nazionale poco conosciuto: Udzungwa, un trecking di un paio d’ore in una foresta tropicale, casa di alcune specie di scimmie tra cui il raro e endemico Colobo dalla testa rossa che vediamo guardarci dalle alte betulle. Un bagno rinfrescante ai piedi delle cascate e a malincuore riprendiamo la strada asfaltata che ci porterà ad Arusha.
Lascio nel Parco Nazionale di Arusha dove lavora Shafuri, Ranger, guida e soprattutto amico che mi ha accompagnato, consigliato e a volte frenato in questo safari e mi avvio stanco ma frastornato dalla bellezza del viaggio a riconsegnare l’auto. Con Leo Fortes, tour operator, autonoleggiatore e anche lui amico di lunga data, la sera prima di ripartire per l’Italia, guardo la finale della Coppa d’Africa di football: c’è un modo migliore per ritornare con i piedi per terra?
Leandro Stanzani Presidente della Fondazione Cetacea Onlus