Turisti per Caso in primo piano: Costanzo, romano de Roma!
JefaPat: Tanto per rompere il ghiaccio: sei proprio “romano de Roma”, voglio dire da sette generazioni come minimo, o sei anche tu un elemento del melting pot della capitale come me? Costanzo: Una bella e sana via di mezzo! Sette generazioni, ormai, sono introvabili; io sono una seconda generazione piena: genitori entrambi di Roma e nonni nati, tre su quattro, a meno di 100 km dall’Urbe. Basta per definirmi Romano de Roma? Sì, dai!
JefaPat: Ma certo. Lo sei sicuramente più di me che sono immigrata dal profondo Sud (ovvero da Foggia, che guarda caso sta alla stessa latitudine di Roma…) all’età di sette anni. In che cosa trovi che sia più cambiata la nostra città rispetto a quella che era al tempo della tua adolescenza? Che cosa ti manca di più di quella città? Costanzo: Eh eh eh! Su questo sono un gran nostalgico. Cosa è cambiato? Tutto o quasi. Intanto sono spariti i lattai che vendevano le uova incartandole nei fogli di giornale. Sono spariti i ghiaccioli con i coloranti che ti lasciavano la lingua rossa per ore ed ore. Le cabine telefoniche gialle col gettone pure non ci sono più. E poi sono sparite le trattorie dove mangiavi a due soldi i piatti della cucina romana: chi mi chiede informazioni spesso cerca ristoranti del genere, e purtroppo devo dire loro che non ce ne sono, almeno al centro. Esistono ancora quelle che si autodefiniscono “hostaria romana”: entri, leggi il menù, piatti tipici ce ne sono ma costano parecchio; poi arriva il piatto: un bel piatto largo largo largo, tutto decorato con foglioline, granelli, disegnetti fatti con le salse, e un pugnetto di bucatini all’amatriciana lì nel centro, grande come una fetta d’ananas. Tristezza! E poi è l’aria che è cambiata: quando ero più giovane eravamo meno frettolosi, meno arrabbiati, molto meno snob. E questo è un peccato.
JefaPat: In che zona di Roma abiti? Ti piace o preferiresti vivere in un posto diverso? E c’è un quartiere di Roma che secondo te merita di essere più preso in considerazione da chi vuole conoscere bene la città? Costanzo: La zona in cui vivo è quella di Piazza Re di Roma, di solito la si identifica col nome più generico di San Giovanni: però dicono di vivere a San Giovanni tutti quelli che gravitano nel raggio di 3 km dalla Basilica, per cui circoscrivo un po’. E’ una zona di un caotico impressionante, ma è molto collegata con quasi tutta Roma e c’è il 99% delle cose che possono servire. Ci vivo da quando sono nato e non penso assolutamente di allontanarmene: ormai ne faccio parte in maniera indissolubile. Un posto che non è molto battuto da chi viene a Roma e che personalmente consiglio sempre a chi cerca qualche spunto è l’Appia Antica. Purtroppo è collegata maluccio al centro, io stesso, una volta arrivato lì e fatti i miei giretti ho trovato grandi difficoltà a trovare un bus che mi riportasse in una zona abitata, però è un posto magico. Camminare sul selciato antico di 2000 anni circondati dai ruderi delle ville romane, delle tombe antiche tra cui quella famosissima di Cecilia Metella, respirare l’aria pulita e godersi la frescura degli alberi e dei prati non ha prezzo. Una volta arrivati alle catacombe di San Sebastiano, ci sono chilometri e chilometri di campagna disseminata di storia e di arte: fossi un turista che ha una mattinata da impegnare, andrei assolutamente lì.
JefaPat: Credo che a tutte noi “guide per caso” capiti di avere una domanda che ci fanno ricorrentemente sul forum e che, non dico che ci faccia proprio arrabbiare, ma ci fa dire “arieccola!” A me chiedono spessissimo “ci saranno uragani in Messico?” E la tua domanda-incubo qual è? Costanzo: Ce ne erano due, ora è una sola. Prima mi chiedevano alberghi economici, anche quando il messaggio subito sotto indicava qualche hotel (fai lo sforzo di leggere due righe più giù, no?): ho risolto mettendo il listone degli alberghi in cima al forum. Purtroppo è rimasta l’altra domanda che è quella sui posti dove mangiare bene e spendere poco. E lì mi arrabbio non con chi me la fa, ma con chi non cucina più a basso prezzo. Purtroppo a Roma non si può più andare a cena senza farsi venire il fegato grosso dopo aver visto il conto. E anche la qualità s’è abbassata: quante pizzerie ti propongono, ormai, quei dischi gommosi che quando li mastichi sembrano una big bubble, ed hanno il bordo che arriva a pochi centimetri dal centro dove ci sono numero tre funghetti e 2 grammi di mozzarella sintetica? Troppi!
JefaPat: Leggendo sul tuo forum qua e là ho visto una frase che mi ha incuriosito: “Mi barcameno bene con gli autobus e conosco moltissime combinazioni e diversi trucchetti per sopravvivere usando l’ATAC”. Ti prego, fai partecipe anche me e tutti gli altri di questi trucchetti! Anche se mi muovo prevalentemente in motorino queste sono informazioni preziose… Costanzo: Eh eh eh… Parecchi anni fa, dopo una serata infernale alla guida, ho parcheggiato la macchina e l’ho salutata per sempre. Basta, non ne potevo più. Già usavo i mezzi per andare a scuola, e ho continuato ad usarli per tutti gli spostamenti. Tu capisci che per uscire vivi da una giornata sui mezzi di Roma, tocca industriarsi. Però non è che abbia grandi idee da dare. E’ che, con l’esperienza, muovendomi per tutta Roma con i mezzi, so quali siano le combinazioni migliori: non solo quelle che ci impiegano di meno, ma anche le linee meno affollate e gli orari più comodi. Innanzi tutto, comunque, bisogna mettersi nell’ordine d’idee che è necessario uscire di casa almeno un’ora prima dell’appuntamento che si va a raggiungere in bus. Questa cosa deve essere ben assimilata e deve diventare una parte di te. Secondo, bisogna fare buon viso a lunga attesa: i bus non passano mai, e la cosa più inutile è arrabbiarsi, l’unica opzione è essere pazientemente rassegnati, tanto tocca aspettare, non c’è verso. Un trucco vero e proprio, invece, riguarda il senso di marcia dei bus se si è vicini al capolinea di partenza. Se si ha da buttare qualche minuto e si ha un tragitto lungo da fare, è utile prendere l’auto nel senso contrario a quello della nostra meta, arrivare al capolinea, aspettare che tutti scendano e sedersi prima che salgano gli altri: in questo modo è vero che ci si mette un po’ più di tempo, ma si viaggia seduti fino all’arrivo. Sembra macchinoso, ma certe volte è una salvezza per le ossa scricchiolanti.
JefaPat: Hai “trucchetti” o istruzioni per l’uso per godere la città al meglio (o al meno peggio) anche in campi diversi da quello dei trasporti? Costanzo: Diciamo che uno degli aspetti più rognosi di vivere a Roma è la convivenza con i Romani. Sia ben chiaro: io non vorrei mai essere nient’altro che romano, né critico i miei concittadini per partito preso, però, per un numero enorme di ragioni, siamo diventati, negli ultimi anni, un popolo di gente indemoniata, perennemente arrabbiata e scontrosa. Spesso entri in un negozio e l’addetto alla vendita grugnisce, chiedi un’informazione e il tizio si controlla le tasche per vedere se non gli stai rubando il portafogli e ti liquida con una sillaba di risposta. Oppure c’è quello che la mattina già ha la luna per traverso e sta lì che “baccaja” contro tutto e contro tutti (ma come si fa alle sei di mattina ad avere tutta quest’energia per litigare?). Il sorriso è l’unica arma: espressione rassegnata, sonnolenta e fatalista, sorrisetto sornione, risposta rapida in dialetto stretto accompagnata da considerazioni (sempre in Romanesco, assolutamente) sul senso della vita. Io poi sto spesso in contatto con la gente in strada per lavoro, per cui bisogna essere sagaci. E sorridete, Romani, che c’è di peggio nella vita!
JefaPat: Se con un colpo di bacchetta magica ti trovassi trasformato nel sindaco di Roma quali sarebbero i primi tre provvedimenti che prenderesti per rendere la città più vivibile e più bella? Costanzo: Io amo molto viaggiare, e, solitamente, quando vado in un paese che non ho mai visitato, visito alcuni siti in cui sono gli utenti stessi che lasciano messaggi con indicazioni e avvertimenti. Dopo essermi informato sulla mia meta, do sempre un’occhiata a cosa si dice di Roma: e ciò che ricorre è che la città è sporca, disorganizzata, caotica e costosa, e che i mezzi pubblici sono da Terzo Mondo. Credo che uno de più grandi problemi di Roma sia il traffico, quindi uno dei primi provvedimenti che prenderei sarebbe proprio qualcosa che riguardi la mobilità: i mezzi pubblici devono passare spesso e devono farlo in orario; è necessario incentivare il trasporto pubblico, è necessario costruire nuove linee di metropolitana, e farlo in fretta. E’ poi doveroso pulire la città, piantare alberi lungo le strade per rendere il paesaggio più gradevole: Roma era piena di alberi, ora stanno morendo e non vengono sostituiti; anzi, ultimamente ci sono stati grandi interventi di potatura che, in realtà, li hanno solo segati. Però un sindaco non è responsabile se, poi, cittadini e turisti sporcano Roma o prendono la macchina per andare a 200 metri da casa parcheggiando in seconda fila e creando ingorghi. E’ anche nostra la responsabilità: in città siamo diventati anche troppo individualisti e menefreghisti, vedo che il bene di Roma interessa a pochi, ed è un peccato. E poi c’è il problema della casa: a Roma gli affitti sono da usurai e i prezzi degli immobili sono inarrivabili. Un sindaco potrebbe organizzare una seria politica per la casa, costruendo nuovi alloggi da affittare a prezzi umani. Certo, tutto ciò sarebbe utile e bello, chissà se è anche fattibile.
JefaPat: Sei ancora sindaco, devi scegliere il nome per tre nuove strade in città, a chi le intitoli e perché? Costanzo: Oh! La prima la intitolerei alla Sòra Lella! Piazza Sòra Lella! Possibilmente al centro. Perché? Perché è stata una grande romana, una di quelle romane di una volta che quando ero piccolo stavano ovunque, e ora quando le trovi staresti lì a sentirle parlare per decenni interi senza nemmeno una pausa. Altre non me ne vengono in mente, suggerimenti? Però ricambierei il nome di piazza Ugo La Malfa (con tutto il rispetto), al Circo Massimo, in Piazza Romolo e Remo com’era prima: ma ti pare che a Roma non deve più esistere piazza Romolo e Remo? E poi rinominerei Esedra quella che oggi è diventata piazza della Repubblica: tanto la chiamiamo tutti così! Anche tu, vero, la chiami Esedra?
JefaPat: Ma certo! E Piazza Quadrata, c’è qualcuno che la chiama col suo vero nome? Anche per quella sarebbe il caso di cancellare quel Buenos Aires che confonde solo le idee. Ma passiamo ad altro. Noi romani, si sa, amiamo il sole e siamo un po’ fanatici dell’abbronzatura. Appena escono le prime giornate di sole primaverile siamo tutti pronti a sdraiarci in costume su qualche spiaggia più o meno vicina. Ci sono i patiti di Ostia, di Fregene, i fan del Circeo e quelli che si spingono fino all’Argentario? Tu di che spiaggia sei? Costanzo: Non so voi romani che, si sa, amate il sole, dove andate: io detesto il sole, il mare, il caldo, l’abbronzatura, il sudore, la puzza di sudore conseguente al caldo e tutto ciò che gira intorno all’estate, vacanze escluse. Adesso che mi hanno decapitato gli alberi sotto casa non ho più nemmeno la mia cara ombra per ripararmi nei tragitti assolati e mentre aspetto il famoso bus che non passa. Per carità! Sono islandese nell’animo, mi sa: temperatura ottimale 16 gradi, non plus ultra!
JefaPat: Mi dispiace per te, non sai che ti perdi. Personalmente adoro il “mio” Circeo e la spiaggia di Torre Paola. Se ci andassi a passeggiare in primavera la troveresti godibilissima pure tu. E dove va in viaggio una giuda per caso di Roma quando va all’estero? Costanzo: Una guida per caso di Roma, questa guida almeno, innanzitutto concepisce un viaggio solo se è fatto all’estero. La nostra cara Italia è casa nostra, ci si va in gita o per un fine settimana, ma il viaggio, per me, è oltre confine. Detto ciò, le città d’arte sono la mia meta. Città antiche possibilmente, vecchie, attempate, non moderne comunque. Città in cui si respira l’arte vera. Quanto è bello aggirarsi per un quartiere medievale o rinascimentale? Quanto è speciale ammirare le grandi basiliche gotiche, le chiesucce romaniche, i palazzi barocchi? Tanto, tanto bello! E poi quanto è interessante sedersi in un bar e ascoltare le chiacchiere dei vicini di tavolo che parlano nelle loro lingue? Per me è impagabile. Questo è il mio tipo ideale di viaggio all’estero: immerso totalmente nella città che mi ospita. Oppure, tra una città e l’altra, la montagna: dà sensazioni bellissime di calma, pace, refrigerio; le Alpi svizzere, un giro sul trenino della Ferrovia retica nel Canton Grigioni guardando fuori dal finestrino con la bocca aperta: che meraviglia!
JefaPat: Hai trovato viaggiando un posto in cui ti sei sentito più a casa? E dove invece ti sei sentito più lontano e diverso? Costanzo: Qui apriamo un capitolo particolare della mia anima. Il posto l’ho trovato e si chiama Serbia. E’ stata per me una scoperta inattesa, totalmente improvvisa, assolutamente totalizzante. Ci sono stato la prima volta tre anni fa e non riesco a non tornarci. Ha una calamita che mi attrae lì, anno dopo anno. E pensare che da quando viaggio non ho quasi mai voluto organizzare una vacanza in un posto in cui ero già stato: magari un fine settimana volante sì, ma una vacanza mai; la Serbia fa eccezione. E’ un Paese che ci hanno descritto come abitato da cannibali, da gente assetata di sangue. Invece è il popolo più squisito in cui mi sia mai imbattuto, e l’Europa l’ho girata quasi tutta. I Serbi sono persone un po’ spigolose talvolta, ma sono sensibili, generosi, curiosi, accoglienti. Vivono in un bozzolo creato dai loro politici ottusi e dai governanti esteri ciechi o in malafede; loro, invece, i Serbi, sono gente cosciente di essere bistrattata, ma non sono rancorosi, sono fieri delle proprie ragioni, orgogliosi di sé e speranzosi nel futuro. Spiegare a parole cosa provo ogni volta che vado lì è difficilissimo, ma c’è qualcosa in Serbia che non lascia indifferenti. Ho parlato con altre persone che hanno provato la stessa cosa andandoci, e questo mi rassicura sul fatto di non essere io l’unico strano. E, invece, non c’è un posto dove mi sia sentito lontano. Paesi molto diversi dal nostro sono, per esempio, l’Egitto o il Marocco, il Messico per certi versi, e l’Albania. La Finlandia anche è diversissima dall’Italia, ma, nonostante ciò, nessuno di questi mi ha realmente respinto. Ho avuto spesso la fortuna di parlare con la gente del posto: gira gira abbiamo tutti gli stessi problemi. Forse, però, le grandi metropoli, un po’ mi deludono. Ho trovato, per esempio, Berlino una città asettica, senz’anima o quasi: ipermoderna, usata dagli architetti di grido per mettere in mostra i loro mostri avveniristici, abitata da tante di quelle culture che non ti dà l’idea di trovarti del tutto in Germania. A me che amo conoscere i popoli e calarmi nella loro civiltà, non piacciono quei posti dove il melting pot è troppo elevato: un mondo tutto misto, tutto uguale nelle sue solite diversità non mi piace. E’ chiaro che non sono un fan della segregazione, ma andare a Bruxelles e trovarci più Indiani, Cinesi, Arabi e Turchi che Belgi, e trovarmi a Vienna circondato quasi solo da Indiani, Cinesi, Arabi e Turchi non ha lo stesso effetto che andare in Marocco e trovarmi immerso solo nei Marocchini: in Marocco è bello e arricchente, in Germania mi dà solo il senso di trovarmi fuori contesto, in un posto senza identità.
JefaPat: Facendo il “consigliere” sul nostro sito ti è capitato di entrare in amicizia con qualcuno che ti aveva scritto? Ti è capitato di incontrarlo personalmente? Costanzo: Non facendo il “consigliere”, però sì. Qui si nota anche la mia anzianità. Io frequento il sito dai suoi albori, e c’è stato un periodo, quello intorno all’anno 2001 in cui TPC ha avuto un sussulto di vivacità. A un certo punto, nei forum che prima erano ordinati e puliti, si è cominciato a scatenare panico: messaggi fuori tema, scherzi, battute, saluti. Il tutto piano piano ha cominciato a degenerare, tanto che Martino ha dovuto creare a posta, il “Bla bla“. Lì ci si salutava a inizio giornata e a fine serata, si raccontavano le peggio cose, si creavano fiction e drammi: nel giro di cinque minuti venivano postati anche 60 messaggi; il tutto era vorticoso e fuori di testa. Nei luoghi di lavoro di chi lo frequentava, scoppiavano risate improvvise e tutti i colleghi guardavano stralunati colui che, teoricamente intento a lavorare, era invece, piegato in due davanti al PC con la testa sulla tastiera. In quell’anno è stato organizzato un primo raduno, e alcuni di noi che partecipavamo al Bla bla ci siamo andati, ci siamo conosciuti e sono nate amicizie che durano tuttora. Anche il progetto della Guide per Caso è nato coinvolgendo per primi noi di quel gruppo storico che creava macello sul sito. E allora, permettimi, vorrei salutare anche da qui i miei amici nati da queste pagine: Pepa, Eloisa, Cavietta, Marco B., Fly, Eli, Fede, Nensy Piselli, Labbra di Tuono, il Gaglioffo delle Spelonche, Paolo M., Frenci, Susita, Paco, Steve e tutti gli altri.