Patrizio a Fa’ la cosa giusta
Nell'anno della biodiversità riscopriamo la stretta collaborazione fra turismo e agricoltura
Ricordo anche un antropologo di Torino, Francesco Vietti, che è arrivato con una borsa della spesa e ha tirato fuori una serie di prodotti per noi esotici, che rimandavano alla cultura dell’est europeo, a quella orientale, cinese, ecc.
“Ma è una filiera lunghissima!” – mi è venuto spontaneo commentare – e lui ha risposto:
“No, è filiera cortissima!”. In realtà, ha spiegato, si trattava di
prodotti esotici che vengono coltivati nella periferia di Torino! In queste condizioni, la famosa filiera corta, l’agrobiodiversità e il collegamento fra territorio e prodotti si complica, perché queste nuove migrazioni di prodotti portano a nuove abitudini alimentari e, quindi, anche a nuove colture. E’ poi curioso pensare che Francesco Vietti arrivava direttamente da Porta Palazzo – a Torino – dove la
biodiversità umana è fortissima, dove è possibile fare il giro del mondo in due strade grazie alla presenza di grandi comunità straniere! Per l’occasione, lui ha quindi fatto la spesa proprio a Porta Palazzo ed è lì che ha trovato
cose che noi umani abbiamo trovato solo in giro per il mondo. Proprio in questo quartiere hanno organizzato dei giri turistici curati da guide preparate, che fanno parte di queste comunità straniere. Giri di tipo gastronomico, estetico, culturale… Insomma, un modo per fare il giro del mondo in un quartiere. Anche queste sono novità a cui dobbiamo adeguarci.
Ritornando al dibattito e alla manifestazione, hanno partecipato anche altre personalità e rappresentanti di comunità, ad esempio quella degli Indios del Sudamerica. C’era un rappresentante del CEFA (Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura) che ci ha raccontato come per le comunità agricole dell’America Centro-meridionale recuperare le colture tradizionali voglia in realtà dire recuperare anche tante altre cose, ad esempio un’economia agricola e alimentare, un’identità. Quando arrivano i turisti, per queste comunità è un momento molto bello, perché raccontandosi ai visitatori hanno l’occasione di guardarsi allo specchio e, quindi, hanno lo stimolo a mantenere una propria identità culturale e colturale.