Ottimismo a piene mani!

Steve ha intervistato Eloisa
Steve, 29 Ott 2002
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Steve ha intervistato Eloisa

E’ notte fonda quando un trillo improvviso squarcia il silenzio di casa mia. In piena tachicardia e con un affanno degno del peggior maratoneta, cerco il telefono agitando la mano nel buio …Dall’altra parte una voce sconosciuta. “Manicomio Criminale di Locarno, lei è Steve?” “No… Tua sorella!!” rispondo e recitando un rosario di litanie sbatto giù la cornetta e mi rigiro. DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNN…. DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNN Ma porc@#***§…!!!!!!!!!! “ALLORAAACHIE’CHEROMPEIMARONIALLE QUATTRODIMATTINAAAAAAAAA… SE NON AVETE UN TUBO DA FARE DATEVI UNA MARTELLATA SULLE DITAAAAA…..” Subito all’altro capo del filo una voce spazientita mi risponde per le rime “Ueh fürbett, dàtt una calmaada… A ghem vüüt schto nümer chichinscì da ‘na paziente che l’è ‘pena rivada scià. A ghé mia taant da rabiass, a sèm dré a laurà noialtri, neh?” (Uè furbetto, tranquillo…Abbiamo avuto questo numero da una paziente appena arrivata, c’è poco da incavolarsi, stiamo lavorando noi, eh? Ndr) “Ma che lingua parla sto qui?” Mah…”Cold you spell it please?” gli faccio io… ”Ma che spell e spell … Te parlat mia ‘taglian? …Te sarè be mia dré a na fö da matt anca ti come ‘schta pora tosa, par caas?!?” (ma che spell e spell…Ma non capisci l’italiano?… Non starai mica dando fuori di matto pure tu come sta povera figliola, per caso? Ndr). Vediamo di capirci…”Chi siete voi? Come avete avuto il mio numero? E soprattutto cosa volete a quest’ora della notte?…In un italiano chiaro, se è possibile!!!” “Aufff, allora, per l’ultima volta…È lei tale Steve?” “Beh, si…” “La situazione è questa: l’Interpol sezione di Bellinzona ci ha portato una matta che teneva d’occhio da tempo…Straparla, si comporta in modo strano, dice che vuol tornare alla neuro che le mancano gli amici tippiccì e blabla…La situazione è seria, si rifiuta di comunicare con noi ma sbraita e strepita! Non riusciamo a calmarla in nessun modo!!!”. Poi continua…“Gli agenti che l’hanno fermata le hanno perquisito l’auto trovando foglie secche, ricci di castagna, piume di fagiano, filo di ferro ed il modellino di una costruzione… Alla richiesta di spiegazioni ha bofonchiato che erano fondamentali per addobbare la tavola e per preparare pacchettini regalo agli amici; il modellino, ha sostenuto invece, le serve da mettere in testa per vedere come entra la luce… …Sconcertati l’hanno portata subito qui!” “E quel che è peggio è che su di lei pende il grave sospetto di essere la mente della banda che quest’estate ha terrorizzato la zona macchiandosi del terribile reato di… Zwergendiebstahl …Mmmh…Come dite voi??…Ah sì…Furto di nani… Che qui in Svizzera è reato federale punito coi lavori forzati a vita!!!” “Le abbiamo trovato addosso un’agendina con indirizzi mail e numeri di telefono…Era piena di nomi strani, probabilmente frutto della sua mente malata… Pepa, Cavietta, Fly, Megane, Focaccino, Nensy…Il Suo era il primo apparentemente normale…Ci può aiutare a far luce sulla situazione??” Di colpo tutto mi è chiaro…OSSIGNUR…HANNO INTERNATO LA ELO!!!!!!!! “Fermi tutti, mi dia poche ore e sarò li…Vedrà, la cosa è meno grave del previsto…Spero!!“… “Meno male che ero ancora in Italia…!” penso tra me e me mentre in tutta retta imbocco l’autostrada. Quando arrivo a Locarno il sole ha appena fatto capolino da dietro le montagne…Il paesaggio è meraviglioso, sembra di stare in una fiaba e non mi stupirei di udire all’improvviso il fischio di Peter che, radunate le caprette, chiama Heidi per andare all’alpeggio.

Il cielo è blu e limpidissimo, l’aria è frizzante e dai camini delle case esce un filo di fumo, proprio come nei disegni dei bambini. Tutt’intorno è un trionfo di boschi impreziositi dalle macchie di colore che solo l’autunno riesce a dipingere. Costeggio il lago, uno specchio immobile di acqua cristallina rotto unicamente dalla scia di alcune anatre, le ultime che ancora non sono migrate, impegnate a contendersi un boccone di pane con una coppia di maestosi cigni.

Anche il paesino sembra incantato…Ricorda un presepe, di quelli fatti a mano come non se ne trovano più… Mancano solo la neve ed i Re Magi.

Tutto è in ordine, meticolosamente curato e pulito, le aiuole di fiori hanno una geometria perfetta, le strade sono impeccabili, le insegne dei negozi chiare e nuove, l’erba dei prati è talmente uniforme da sembrare tosata stelo per stelo. I pochi passanti che ci sono in giro a quest’ora camminano tranquillamente salutandosi con gentilezza l’un l’altro all’incrociarsi. Sembra perfectown, l’utopica cittadina perfetta di non ricordo più che romanzo. Però questa esiste davvero.

Poco distante un grande edificio con le inferriate alle finestre ed un aspetto che ricorda vagamente un gigantesco orologio a cucù…Kriminalirrenanstalt…Recita un cartello…Manicomio Criminale…Ecco ci siamo, sono arrivato!!! Mi accoglie un dottore dall’aria preoccupata…”Non sappiamo cosa fare” mi dice “grazie di essere venuto…Conosce la storia clinica della paziente? Sa di che disturbi soffre ???”.

Tento di spiegargli la situazione, gli racconto di noi, del sito, del bla bla…

Un paio di volte ho come l’impressione che stia per chiamare gli infermieri e offrire anche a me una di quelle camicie con le maniche lunghe lunghe e molti lacci…Ma alla fine lo convinco.

“Facciamo così, dottore, io firmo la liberatoria e me ne assumo la responsabilità e lei la fa uscire, d’accordo?” Lui ci pensa su poi aggiustandosi occhiali “D’accordo” risponde “però ad una condizione…Lei si farà raccontare il più possibile, poi mi farà avere una relazione scritta! Stavolta il Nobel in psichiatria non me lo toglie nessuno!!!” Firmo, poi mi indicano la stanza…Non faccio in tempo ad affacciarmi che già lei mi ha riconosciuto ed il viso le si illumina…”Steeeeeeeeeve, non ci posso credere…Ma cosa ci fai tu qui?” “Sapessi, sapessi…Intanto usciamo prima che cambino idea, poi ti racconto” “Ok…Andiamo a casa mia?” e come un tornado mi prende sottobraccio trascinandomi fuori.

Torniamo verso il paese e in un attimo siamo già arrivati…Eccola la mansarda della Elo, com’è bella…Così calda e accogliente non avevo dubbi che mi sarebbe piaciuta subito…

”A proposito Elo… Che ne pensi se chiacchieriamo un po’…Sai per farti uscire ho dovuto promettere…?” “Uheinn??..Promettere cosa?…Ma si dai, spara!!!!!” Mi dice entusiasta e vulcanica come sempre, ed io ne approfitto…

Eccoci qui da te Eloisa: un gioiello la tua Ascona, così piccola e raccolta, così perfetta e pulita, così svizzera appunto… Com’è vivere qui o ritornarci dopo aver assaggiato spicchi di mondo così lontani e diversi?

Ecco, steve, vieni, siediti.. ATTENTO ALLA TESTA! Ahia. Ti sei fatto male? Per uno alto come te la mia mansarda è piena di insidie! Ma guarda che sole! Usciamo, dai. Torneremo qui a casa più tardi ed accenderemo il camino per scaldarci. Perchè non fare un giretto in barca? Prendo il cestino della nonna ed andiamo a piedi. Tieni, portalo tu il cestino, che sei un gentleman.

Cllickk cllackk un giro di chiave e via.

« Buongiorno! » Ecco, ti hanno visto. Adesso e per il prossimo mese a venire mi chiederanno tutti chi diavolo fosse quel bel Marcantonio che portava un cestino da pic nic… Mi dia il braccio ingegnere, che mi diverto a provocarli.

E’ così la mia Svizzera : fa finta di essere discreta. Devo dire che si vive bene e che è un paese anche bello. Scendiamo di qua, caro il mio Marcantonio, mi segua. Sono sicura che la piazza ti piacerà: si affaccia direttamente sul lago e sul vecchio porto di pescatori. Le montagne sono molto presenti, ma in fondo sono belle.

Malgrado siano belle montagne, sin da piccolina la mia gioia più grande era aiutare mia madre a riempire il baule della macchina con le valigie e pensare di partire. Facevamo lunghi viaggi in automobile. Rimanevo incollata al finestrino per tutta la durata del viaggio e non mi annoiavo mai. Se a casa era difficile farmi stare zitta, in viaggio diventava pure peggio: volevo sapere tutto di tutto, assaggiare tutto, odorare tutto, toccare tutto. Al ristorante mio padre si divertiva ad accompagnarmi in cucina, dove immancabilmente chiedevo di poter affondare il dito in qualche vivanda… Eccoci al porto nuovo, quel guscino di noce è la mia barchetta. Aspetta che tolgo il telone puff pant, e poi qui eeecco, argh, eccoci, sali, attento a non inciampare, che non mi serve un intervistatore inzaccherato! Andiamo, che Claude il guardiano ci osserva. Si starà chiedendo dove ti porto… Poi sono cresciuta. Ho viaggiato in tanti paesi, ma ce ne sono due che hanno segnato inevitabilmente la mia vita in maniera molto profonda: L’Australia mi ha insegnato ad aprire le braccia. L’Argentina mi ha insegnato ad abbandonarmi agli abbracci.

Quando nel 1994 è giunto il momento di partire per un tirocinio obbligatorio ero in fermento. Ho dato tutti gli esami in blocco e sono corsa a casa sventolando il biglietto d’aereo gridando “Sydney!” Tutte le mandibole della famiglia, per la sorpresa sono cascate fragorosamente al suolo.

“Volevi dire Madrid…” “Sydney!” “Ma come mai? Non morivi per Madrid sino al mese scorso?” “Voglia di cambiare emisfero. Per la Spagna c’è tempo.” Sono partita praticamente a mani vuote: una notte prenotata in albergo per tranquillizzare la madre, un CV sottobraccio, 24 anni sulle spalle. È stato un anno a dir poco fantastico.

In Australia è tutto così vasto e libero che quando sono tornata indietro nella piccola Svizzera strozzata dalle montagne mi sono sentita soffocare. Mi mancavano le culture diverse che convivono meravigliosamente, l’allegria noncurante degli “aussies”, un bel paio di occhi azzurri che avevo lasciato là a malincuore, il cibo asiatico, il mio appartamento umido con l’opossum sulla pianta del giardino che di notte cacarellava davanti alla finestra del salotto, il vicino gay che voleva assolutamente farmi la maschera di cocomero, la mia coinquilina Sook, coreana e buffissima che mi ha insegnato a cucinare il sushi e a cui ho insegnato a nuotare (“luiiiscciaaaa, let’s go biichiiii” mi diceva la sera. “Si dice beach, Sook. Andiamo.”).

Mi mancavano le dimensioni, la luce accecante e tersa, la sensazione di libertà. Avevo l’impressione che qui tutti si chiudessero tra le montagne a proteggere il proprio nido. I problemi a volte sono piccoli, la gente non se ne accorge e si accanisce sulle sciocchezze. Ci ho messo parecchio a superare lo shock del ritorno. Almeno 6 mesi di disperata malinconia.

Terminati gli studi ho deciso che per nulla al mondo avrei scelto subito casa mia come prima casa. Era il 1998. L’anno dei mondiali. Ancora una volta sono entrata in casa sventolando un biglietto d’aereo ed ancora una volta tutti si aspettavano che gridassi “Madrid!”. E invece ho gridato “Buenos Aires!”.

Tante cose mi attiravano in Argentina da sempre: la lingua, il ballo, la Patagonia, Chatwin, la Pampa, Mafalda… Si, Mafalda! Dicono tutti che le somiglio.

Buenos Aires è una città piena di vita e di sensazioni di tragedia che convivono nel ritmo del tango. Ho vissuto emozioni così forti che la mia personalità ne è rimasta marchiata a vita.

Ma l’Argentina non è solo tango e malinconia. Ogni tanto il tango si trasforma in Milonga. Il ritmo accelera e dalla malinconia i ballerini passano a saltelli allegri che li portano a correre su e giù per i grandi saloni da ballo pavimentati in legno chiaro, mentre i ventilatori a soffitto rinfrescano l’aria. L’Argentina è pure terribilmente sensuale. Tornare è stato strano. Una volta di più mi sembrava che qui i problemi fossero piccoli, insulsi, e che la gente si perdesse in un bicchier d’acqua.

La Svizzera è seria e posata. Non osa; non le piace osare. A me invece si. La cosa ti fa sorridere, vero? Passione argentina e libertà australiana. In fondo sto cercando il mio equilibrio. Le montagne non sono più un ostacolo. Mi sento cittadina del mondo e mi circondo di amici argentini, messicani, australiani scovati qua e là. Viaggiando ho imparato quanto è bello andare a bussare alla porta di chi ti vive accanto. Sei stanco? Io ho la gola secca… “PLOUUUUFFFF!” ecco stappato lo Champagne, così ti tiri su. Salute amico mio! È davvero bello averti qui con me. Beviamo e stringiamoci, che l’intervista è lunga ma mi diverto un sacco!

Tornando a noi…Come hai conosciuto il sito? Molto naturalmente. Sono cresciuta in una famiglia di viaggiatori. Oltre ai viaggi estivi, non passava fine settimana che non andassimo da qualche parte, non fosse solo che le vicine Milano, Verbania o Como piuttosto che tre giorni in Piemonte a mangiare il tartufo (…Perché, diciamocelo pure, se la luce è bellezza il cibo ed il vino sono la gioia…). Sono cresciuta così, e così sono rimasta. La mia curiosità è aumentata e così la mia sete di conoscenza su tutto quanto stesse là fuori. Soffermarsi su un canale tv a guardare Susy e Patrizio mi sembra la cosa più logica a seguire questo modo di essere. Poi è arrivato il computer. E per imparare a navigare, quale tirocinio migliore di tpc? Cercavo ciò che più mi interessava: notizie dal mondo.

Ma cosa ti piace del sito, cos’ha di speciale secondo te? Secondo me questo sito è speciale perché raggruppa ed attira gente simile, con interessi simili. La “forma mentis” di un tpc è particolare, ne sono convinta. Viaggiare “alla tpc” è una forma di vita. È un’invenzione. Tpc poi non è solo itinerari, anche se è nato forse come catino per la raccolta di informazioni. Ed è un catino preziosissimo: vale sicuramente più di 100 guide stampate. Siamo un grande, enorme tour operator e ci divertiamo un mondo. Ma non hai freddo? Dai, rientriamo. Qui il sole sparisce presto. Ti prometto una bella fiammata di camino e una poltrona comoda dove sorseggiare una buona bottiglia di Amarone. Ti va? Certo! Ma dimmi: so che hai già conosciuto alcune persone che frequentano tpc. Li immaginavi così? Eccoci a casa, camino acceso, come promesso, polenta fumante e mortadella ad accompagnare l’Amarone. (Sorseggiare con Steve un buon bicchiere di rosso è una bella sensazione. Il suo sorriso sornione e sereno ti mette a tuo agio. Guardalo lì il personaggio incontrato attraverso tante mail. Mi viene da ridere.) Come immaginavo i tpc? Così belli si, così matti forse no.

E se sei stato proprio tu a trascinarmici! Una sera, tornata dal lavoro mi sono messa al computer. “Un racconto su New York? Che meraviglia, questo me lo divoro subito.” Il tuo racconto mi ha entusiasmato. Sai cosa penso della tua maniera di vedere il mondo, caro Steve. Ti ho scritto, mi hai risposto, mi hai teso la mano, l’ho presa volentieri e mi sono lasciata guidare in forum. Il blabla. Ma non mi avevi detto che è una droga! La mia natura entusiasta mi ha spinto ad alzare la mano quando Martino ha lanciato l’idea del miniraduno a Bologna “Ci sono anche io!“ non sapevo in che cosa mi stavo mettendo… È stata una giornata esilarante, che non ho saputo trattenermi dal raccontare. Come sia andata lo si può leggere a tutt’oggi nel tam tam. Quel giorno ho incontrato (in ordine di apparizione): Fly bruco felice e tenero tanto da stritolarselo, Marco tour operator dalla voce di tuono e Gina il cane, Elisa la bionda che ora è mora ma sarebbe bella anche coi capelli viola fuksia, Coss il timido dal gilé che sfina e dall’humor incredibile, Cavietta dagli occhi e dal sorriso più dolci che mai (me la sbaciucchierei dalla mattina alla sera), Cip clubaffo dal gelato meraviglioso e dalla calma serenità, Martino il grillo parlante, ed un paio di vpc esilaranti.

Poi ho incontrato la Pepa a Milano…: Stazione di Porta Genova. Cellulare. “son qua.” “anche io” “son vestita di nero” “io di giallo. Insieme faremo un’ape”. Mi ricordo ancora la sua prima frase: “la eeeeeloo, guarda che faccino che hai…” “Come, che faccino?” Eccezionale la nostra Pepuzza. Lei osserva e decide. Sguardo limpido ed estremamente indagatore, discreto fin quando resiste alla curiosità. Poi parte all’attacco e circuisce con domande astute. Divertentissima e molto affettuosa. Forse anche perché l’ho sedotta con un etto di gianduiotti? (Scusate, mi dilungo, ma la Pepa mi ha pagato profumatamente…!! Hehehehehe!)

A proposito Steve, prendi un marron glacé, se ben ricordo ne vai matto… Che si diceva? Ah si, gli incontri.

Ho incontrato poi altri, come Daniela, per esempio. Ah che donnino Daniela! Ha un sorriso da urlo e una voglia di ridere che oltrepassa il confine dell’immaginabile! E che dire di Federica? Uno spasso, un’energia debordante, un affetto palpabile, uno sguardo dolce come la Nutella. Ma quanti sono questi Tpc? C’è poi ancora Filippo che pare scoppiare di energia! Tra lui e Ubaldo il cane non so chi stramazza prima. E che dire di Frenci? Ahhh la mia Frenci. Dire che la adoro è dire nulla. Lei e il suo fagiolo e il suo bellissimo Marco ultimamente affascinato e commosso dalle leguminose. Meg poi è stata una scoperta! Ma quanto furbetta è???? Mi è piaciuta un sacco, piccolina sì, ma sempre pronta ad occupare le prime file! Andrea C? Uff… Che uomo affascinante, ragazzi. Quando diventerà pisssssichiatra mi “fingo matta” e vado da lui!!! Di Paco conosco solo la voce, ma già quella mi fa fondere sul pavimento e devono raccogliermi col mestolo…Susita l’ho solo intravista, ed era stanca stanca. Ma ci rifaremo un giorno.

Ogni nuovo incontro è fonte di gioia. É andata sempre così bene che a volte ho il sospetto che tutto questo abbia qualcosa di meravigliosamente losco. Non andatevene mai, per favore! A volte mi chiedo chi sarà la prossima apparizione. E chissà. Io aspetto fiduciosa altri visi. Aspetto per esempio Paolo, grandissimo frequentatore e scrittore. Intelligente e sveglio come pochi. E poi Juan, Andrea S, le ragazze come K+K, Lorecoll, Aria e tanti altri. Tutti personaggi che stuzzicano molto la mia curiosità.

Ma, fammi capire meglio…Come viaggia Eloisa? Si, insomma, quali sono i tuoi più bei ricordi di viaggio? Adoro sognare il mio viaggio. Me lo preparo in testa, leggo e rileggo la Lonely Planet sottolineando mille cose che stuzzicano la mia curiosità ma poi mi muovo sempre tardissimo. Per darti un’idea: partenza per un anno in Argentina. Una settimana prima della partenza correvo a 250 all’ora in autostrada mentre una gentilissima signora a Berna prolungava l’orario di apertura degli uffici di PALAZZO FEDERALE (nientepopodimenoche…) per farmi un bollo su una carta che affermava che non ero malata di sifilide. Poi, il giorno della partenza mia mamma mi ha accompagnato all’aeroporto passando velocemente per il consolato argentino a Zurigo A RITIRARE IL VISTO! Di solito viaggio da sola. Ho la fortuna di parlare più lingue e mentre viaggio cerco il contatto con la gente chiacchierando per strada con tutti e rompendo le scatole a più di un indigeno alla volta. Non seguo mai un itinerario preciso, ma me lo invento quasi viaggiando, deviando dal percorso ideale qualora mi punga vaghezza. E prima di partire non manco mai di consultare tpc.

I miei ricordi più belli? Ma quanti tomi enciclopedici vogliamo riempire con questa intervista? Ne scelgo uno: Sydney. Sono appena arrivata e sono estremamente disorientata. Ho 30 ore di viaggio alle spalle schiacciata tra un donnone di 130 chili ed un tailandese che aveva reclinato il sedile al massimo per tutta la durata del viaggio. Fuori è già notte e non ho idea di dove mi trovo. So solo che la città è enorme: dal finestrino dell’aereo non si vedeva fine al mare di luci. Che emozione!

Ad un tratto sento dei rumori. Sembrerebbero dei botti. Mi avvicino alla finestra ed alzo la tapparella in legno laccata di bianco. Ma guarda, la mia camera ha un balcone. Esco sul balcone ed alzo lo sguardo. Davanti a me si apre uno spettacolo incredibile e commovente: dalla mia camera la vista spazia sul porto di Sydney, sul suo famoso ponte e sulla celeberrima Opera House. Le vele di piastrelle bianche brillano nella notte sotto ad una pioggia di fuochi artificiali.

Più tardi avrei appreso che gli australiani escono spesso sul fiume a festeggiare il compleanno in barca, lanciando fuochi d’artificio. Ma per me quella sera lo spettacolo ha avuto solo un bellissimo e caloroso significato di benvenuto. La commozione mi ha fatto piangere mezz’oretta sul balcone.

E il tuo prossimo viaggio?…Non mi dire che non l’hai già programmato…Non ti ci vedo qui ferma per troppo tempo!!! Io ferma? No, effettivamente qui dopo un poco non ce la faccio più. Di solito i miei amici quando mi chiamano mi chiedono “dove sei?” prima ancora di “come stai?”. Il prossimo viaggio purtroppo non sarà lungo perché quest’anno mi è impossibile. Ma sarà intenso. Ho deciso che mi regalo una settimana a New York. Ho bisogno di cambiare cielo per un po’, e devo una visita a questa città. Sono passati 11 anni dall’ultima volta che ci sono stata ed ho bisogno di rivedere alcuni luoghi, fare il pieno di cultura e vita metropolitana per avere il coraggio di tornare nella mia mansardina, qui a Frittole (come una geniale Pepa ha ribattezzato Ascona). Di più non ti so dire, il mio zaino è sempre lì, pronto ad essere riempito alla prima occasione.

Ho visto che anche tu partecipi al progetto Guide per caso: cosa ne pensi di questa iniziativa? Adoro parlare dei miei viaggi e trasmettere le mie emozioni. Per me è come viaggiare una seconda volta. Rispondere ai tpc? Lo faccio con il cuore. Trovo sia una grande idea facilitare le cose a chi ha voglia di parlare mettendolo in contatto con chi ha bisogno di ascoltare.

e del bla bla che mi dici? Nelle nostre folli giornate di blabla ci siamo persino costruiti la nostra casa, un manicomio in ci siamo rinchiusi con gioia.

Tutti siamo diversi ed apparteniamo a mondi distinti, eppure c’è un luogo etereo che ci riunisce. Ci siamo letti e ci siamo piaciuti perché tutti vediamo il mondo con gli stessi occhi curiosi. Eravamo tutti un vulcano in attesa della scossa che ci facesse esplodere e siamo esplosi. Il blabla è stata la scintilla che ha innescato la bomba che era in noi.

Cosa è che ti spinge a partire? Qual è la molla che ti fa fare la valigia? La curiosità e la voglia di crescere! E per provare cibi sconosciuti. Sono una golosa inguaribile, è vero, te lo concedo. Ma il viaggio, non è forse pure lui nutrimento? Nutrimento intellettuale?

Eccola qui la nostra Eloisa, ragazzi! Un fiume in piena che travolge ma non fa danno riempiendoti gli occhi e le orecchie del suo mondo e del suo modo di vivere la vita. Una persona che ha capito come vanno le cose, che ha attinto a piene mani dal pozzo dell’ottimismo e ne ha fatto la sua forza, che guarda avanti a testa alta e riesce a vedere sempre un po’ più in la. Un grillo vivace ma tenero ed affettuoso che non esita a farsi in quattro per farti sentire a casa tua anche se casa tua non è…!! E adesso chi glielo spiega al dottore che non ho nessuna voglia di dividere con lui tutto questo…?

Steve



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