“Minorities” Report…
Quando Aga era bambina, la nonna, che era thailandese, le raccontava spesso dei gruppi etnici che vivono nel nord della Thailandia (gli stessi gruppi etnici vivono anche nel nord del Laos e del Vietnam) e le raccontava soprattutto storie riguardanti gli Akha… L’incontro con questa minoranza è stato per Aga come trovarsi di fronte a Babbo Natale o alle fate… Sai, da piccolo ne senti parlare, ti vengono raccontate tante storie ma non incontri mai questi personaggi… E invece eccoci qui, a dare un passaggio in moto ad un anziana signora Akha che torna dal campo di riso dove ha lavorato tutto il giorno. Durante uno dei nostri mille giri in motocicletta a visitare i vari villaggi attorno a Muang Sing, abbiamo incontrato un gruppo di donne Akha di rientro dal lavoro, a gesti abbiamo chiesto se qualcuna di loro volesse un passaggio fino a casa, pensando che il villaggio fosse nei paraggi… Addirittura volevamo fare la spola e, un pò per volta, dare un passaggio a tutte. Ingenui!! Ancora non sapevamo che il villaggio si trovava a circa 10 km di distanza da li, appena dietro un paio di colline… La più svelta a salire sulla piccola motocicletta è stata appunto la signora che ora si reggeva forte ad Aga, la quale non stava più nella pelle dall’emozione.
I panorami erano splendidi e il sole che iniziava a calare pennellava il cielo con incantevoli sfumature di colore, rendendo il magico incontro tra Aga e gli Akha ancora più fiabesco. Il villaggio a cui siamo giunti è probabilmente il villaggio più bello della zona, anche se, crediamo, il più remoto. Se mai doveste trovarvi da quelle parti, il nome del villaggio è Houayhoy, fateci un salto!!! La cosa bella è stata che, offrendo il passaggio alla signora, avevamo finalmente una scusa per entrare nel villaggio, non più come turisti o curiosi, bensì come ospiti, ricevendo un’accoglienza ancora piu’calorosa. La signora ci ha poi invitato a casa sua, una minuscola palafitta in legno e bambù, ci ha versato del thè e ci ha anche offerto di trascorrere lì la notte, dato che si stava ormai facendo buio. Abbiamo scambiato qualche chiacchiera, per lo più a gesti, e abbiamo guardato insieme un pò di fotografie; lei ci ha mostrato le poche in suo possesso, tutte incorniciate e a far bella mostra sul muro, come fossero i quadri più preziosi del mondo e, probabilmente, lo sono per davvero, almeno per lei.
Sfortunatamente abbiamo dovuto declinare l’invito a trascorrere lì la notte e, dopo aver gesticolato un pochino anche con decine di bambini del villaggio, ci siamo diretti verso casa, ancora estasiati per l’esperienza vissuta. Ok, forse per voi che state leggendo potrà risultare un pò eccessivo questo trasporto emotivo, probabilmente perchè immaginate le minoranze che vivono nel nostro paese e non è che siano chissà quanto diverse rispetto a tutti gli altri. No, qui stiamo parlando di gruppi che vivono quasi completamente isolati dal resto del mondo, hanno le loro tradizioni, il loro modo di vestire, proprie leggi, religioni diverse, diverso cibo e nei loro villaggi sembra che il tempo si sia davvero fermato. A parte qualche televisione e gli onnipresenti telefoni cellulari, non c’è quasi alcun altro segno di modernità, anche perchè questi villaggi sono molto molto poveri. Si vive parallelamente al resto del mondo, con il quale si hanno sporadici contatti, per lo più limitati a qualche transazione commerciale, e si cerca di non sparire nonostante lo sviluppo e l’omologazione.
In tre giorni, con la nostra piccola motocicletta, abbiamo visitato ben 15 villaggi, attraversandone oltre una trentina. Abbiamo avuto modo di confrontarci con quasi tutti i gruppi etnici della zona, come gli Akha, i Tai Lue, i Tai Neua, i Tai Dam, gli Yao, i Lolo ed i Hmong. I diversi gruppi sono riconoscibili dagli abiti che indossano, anche se in verità non molti li indossano ancora; ormai acquistare abiti dalla vicina Cina è decisamente più economico. Visitare autonomamente quest’area del Laos è relativamente semplice: è sufficiente affittare una motocicletta e procurarsi una buona mappa che indichi dove sono situati i vari villaggi. Vi è anche un altro sistema per visitare la zona, basta entrare in una delle numerose agenzie turistiche e prendere parte ad un trekking di uno o più giorni, con possibilità di homestay (vale a dire trasorrere la notte nel villaggio, in una delle case tradizionali). Inoltre una percentuale della quota pagata all’agenzia viene girata ai vari villaggi, contribuendo a migliorare le condizioni di vita degli abitanti. Noi eravamo sinceramente indecisi, all’inizio, sulla modalità da adottare per visitare la zona al meglio. Sicuramente con le agenzie non c’è pericolo di rimanere delusi o di non riuscire a stabilire un contatto con le minoranze; le guide che accompagnano i turisti sono gente del posto che può quindi aiutare a superare la barriera linguistica, rendendo possibile comunicare con relativa facilità. Inoltre, le agenzie avvisano i villaggi dell’arrivo dei turisti, che spesso vengono accolti da danze e musiche tradizionali. Innegabile che tutto ciò sia davvero interessante. E’ inoltre innegabile che alla fine possa tutto risultare un pò posticcio. Inizialmente abbiamo optato per il tour “fai da te” per una questione economica, in quanto i tour per solo due persone sono decisamente cari e, non essendo la zona molto turistica, era impossibile unirsi ad altri turisti. Alla fine però siamo stati estremamente soddisfatti della scelta. E’ stato bellissimo girare in moto per le strade sterrate che attraverano i panorami da sogno attorno a Muang Sing, incontrare la gente locale, riuscire piano piano a rompere il ghiaccio e a stabilire un contatto del tutto sincero. Non neghiamo che a volte siamo anche stati accolti con freddezza e, comprensibilmente, anche con un pò di fastidio. Bisogna capire che non si è in uno zoo, si sta entrando in casa di gente che, magari, non ha piacere di essere disturbata in quel preciso momento. Questo, probabilmente, è un altro punto a favore del girare con le agenzie; pagando ci si sente moralmente giustificati ad entrare nel quotidiano delle persone… “cavoli, ho pagato il biglietto, è normale che sia qui ad osservarti!!”
I nostri tre giorni di visite ai villaggi ci hanno trasmesso mille emozioni contrastanti; visitare i villaggi più poveri infondeva immensa tristezza, soprattutto per il pressante senso di impotenza. Era quasi surreale entrare nei villaggi durante le ore diurne, quando quasi tutti gli adulti si trovano a lavorare nei campi, e osservare solamente piccoli bambini nudi aggirarsi tra le capanne come fantasmi, troppo timorosi per avvicinarsi a noi. Ci infondeva, invece, una grande carica di positività, quando riuscivamo a stabilire una relazione con questa gente e venivamo invitati nelle loro case, magari a mangiare un pasto di banane ed acqua (le sole cose in casa in quel momento), a giocare ad indossare i loro vestiti tradizionali e a scattarsi decine di fotografie.
Sono stati sicuramente i nostri giorni più belli in Laos e non li dimenticheremo mai!!! Purtroppo il nostro visto è ormai in scadenza e dobbiamo iniziare a dirigerci verso il Vietnam!!! A prestissimo con l’ultimo post da questo magnifico paese!!