Martino turista per cibo in Irlanda e Inghilterra!
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L’Irlanda rende omaggio alle patate!
Un grosso calderone oppure una piastra di ferro appesi al camino. Per secoli sono stati gli unici strumenti di cottura in Irlanda e da questi discende una cucina fatta di piatti a cottura dolce e prolungata. Dal calderone derivano le zuppe e soprattutto gli amatissimi stufati: l’irish stew, con agnello, cavolo cappuccio, patate, rape, porri e cipolle; il dublin coodle, con salsicce a tocchetti, pancetta, patate e mele; l’irish oxtail soup, la zuppa di coda di bue, eccellente se ben fatta. Sulla grande piastra (griddle) sono nati il boxty bread, il delizioso pane di patate da mangiare appena tolto dalla griddle ben cosparso di burro; i boxty pancakes, focaccine di patate da mangiare in versione dolce, con burro e zucchero (o anche frutta) o salata con pancetta o pesce. Il boxty è la patata grattugiata cruda e non entra solo nelle ricette che ho appena citato, ma anche nella confezione di gnocchi, pudding e altre preparazioni. Recita una filastrocca per bambine: “Boxty on the griddle / boxty in the pan / if you don’t eat your boxty / you’ll never get a man”, (boxty sulla griglia / boxty nella pentola / se non mangi il tuo boxty / non troveri mai un uomo”). Come è noto, l’Irlanda è stata sfamata dalle patate nei periodi di carestia, e ha saputo dimostrarle tutta la sua riconoscenza, non solo con il broxty. Il Colcannon è fatto con patate bollite schiacciate, cipolla, cavolo e prezzemolo. Simile è il champ, con patate bollite e affettate, cipolla e prezzemolo e burro, il tutto viene amalgamato con il latte come in una grossolana purea. Personalmente trovo deliziose (e le faccio spesso) le patate alla menta: le patate vengono bollite intere e con la buccia in una miscela salata di metà acqua e metà latte assieme a un mazzetto di menta. Poi vengono scolate, pelate e servite con burro e prezzemolo tritato. Si accompagnano con il soda bread, il pane lievitato col bicarbonato di soda cotto sia nel forno che sulla piastra. Pur essendo un’isola, l’Irlanda non ha mai preso in grande considerazione il pesce. Ma forse per il fatto di essere dirimpettaia della Francia ama le ostriche (le più pregiate sono quelle di Galway, sulla costa occidentale), ma anziché allo champagne vengono coerentemente abbinate alla birra. Ostriche e Guinness è un pasto tradizionale molto diffuso. Oltre alla cucina tradizionale, troverete una buona cucina creativa molto influenzata dalla francese. Per una buona cucina irlandese a prezzo contenuto vi consiglio un ristorante con il boxty nel nome, il Gallagher’s Boxty House (Temple Bar, Dublino). Per la cucina creativa: Chapter One (Parnell Sq., Dublin), raffinato, caro ma buono.
non è vero che A LONDRA SI MANGIA MALE!
Per liberarsi dalla reputazione di “città dove si mangia male” da qualche tempo Londra importa chef italiani, francesi e spagnoli. Il risultato è quello di una cucina ora finalmente di qualità, ma non può convincere completamente, per esempio, un italiano che rischia di trovare troppi piatti italiani o italianizzanti in ristoranti tipici inglesi per altro carissimi. Oggi la cucina più frequentata a Londra è ancora quella etnica, proposta da cuochi immigrati da tutto il mondo che, a differenza di quanto avviene in Italia, tendono a conservare l’originalità delle loro ricette. Chi vuole mangiare inglese senza spendere follie entri in un pub. Se poi si ha l’accortezza di sceglierne uno tradizionale, può mangiare con il valore aggiunto di una grande atmosfera autenticamente britannica. Quasi dappertutto il menu prevede zuppe di vari tipi (di pollo, funghi, pomodori, ecc); lo shepherd’s pie, pasticcio di carne di agnello ricoperto di purè di patate e passato al forno; il cottage pie, fatto come lo shepherd’s pie ma con carne di manzo; roast beef, bistecche e filetti di Angus, salsicce. Alcuni offrono anche il celebre fish and chips (pesce impastellato e fritto con patatine fritte) sovrano incontrastato della cucina di strada. Anche nel caso dei pub, accanto ai piatti tipici inglesi compare sempre qualche specialità francese, italiana o indiana.
Passando agli indirizzi utili, vi consiglio di munirvi della guida “Time Out London Eating and Drinking”. Chi desidera stare dentro budget contenuti scelga la “Time Out Cheap Eats in London”. Quanto ai pub, questa è la mia selezione personale: Il George Inn di Borough risale al 1542 ed ha ancora annessa la galleria per la sosta delle carrozze. A pochi metri c’è il Pilgrims, da dove partirono i pellegrini di Chaucer nei Canterbury Tales. Fra i più belli c’è senz’altro il Trafalgar Taverne di Greenwich, in stile Regency e situato sul lungofiume, risale al 1837 ed è fra i pochi a offrire il pesce di fiume. Segnatevi anche il Cittie of York, il Dog and Duck, il Gordon’s Wine Bar, lo Spaniards Inn di Hampstead Heath, The Lamb & Flag di Covent Garden, l’Old Bell Tavern, l’Ye Olde Watling, il Mayflower di Rotherhithe, The Dove, e ancora il Coach and Horses, The French House, The Eagle. Per chi invece voglia visitare un ristorante tipico inglese consiglio senza esitazioni il Chimes Restaurant 26 Churton St.
Il Roast beef della regina Elisabetta
La cucina inglese non è cattiva come si continua a ripetere con l’odiosa insistenza del luogo comune. Ha solo uno scarso numero di piatti, ma che non sono certo da bocciare senza esame. Per esempio, sfido chiunque tra i non vegetariani a trovare qualcosa da ridire sul vero roast beef inglese, quello ottenuto con il pezzo del lombo che va dalla quarta alla nona vertebra del bovino e preparato secondo il più rigoroso British style. Eccolo: il pezzo, già legato dal macellaio e di peso non inferiore ai due chili, viene massaggiato prima della cottura con sale e pepe, unto con burro fuso, bagnato con salsa worchestershire e cosparso con un misto di senape in polvere e farina tostata. La farina deve essere di qualità doppio zero, per un roast beef di due chili se ne calcolano trenta grammi. Si tosta in una padella a secco, senza alcun grasso, girandola continuamente con un cucchiaio di legno ed è pronta quando è di un bel colore nocciola chiaro. Quando è pronta viene mescolata con la senape in polvere che potrete trovare dal droghiere o in un negozio di generi alimentari indiani. La carne deve riposare almeno due ore per insaporirsi bene. Nel frattempo il forno va portato a 220 gradi con la griglia posizionata nella corsia di mezzo e la leccarda nella corsia sottostante. Il roast beef va collocato sulla griglia e fatto cuocere per venti minuti girandolo una sola volta senza bucarlo con la forchetta. Trascorsi i venti minuti, si apre il forno, si estrae la carne badando sempre a non pungerla, si appoggia sul piano di lavoro e la si chiude dentro a un foglio di carta stagnola. Poi si rimette in forno e lo si fa cuocere venti minuti se si vuole un roast beef canonico, ben al sangue, trenta minuti se lo si vuole a punto, quaranta se lo si desidera ben cotto, ma sconsiglio questo grado di cottura perché svilirebbe l’intima natura del piatto. Se il pezzo di lombata pesa più di due chili si aumenta il tempo di cottura di dieci minuti per ogni chilo in più. A cottura ultimata il roast beef va scartato e fatto riposare sulla bocca del forno spento perché si insaporisca e si intenerisca. Poi va tagliato a fette di uno o due centimetri di spessore su un tagliere munito della scanalatura per raccogliere i succhi. Il fondo di cottura che si è raccolto nella leccarda e quanto rimane sulla stagnola va raccolto e unito al liquido fuoriuscito dal taglio delle fette. Il tutto va passato attraverso un colino allungato con mezzo bicchiere di brodo nel quale sia stato disciolto un cucchiaino di farina e scaldato in un pentolino finché non si addensa. Questa è l’unica salsa ammessa per un roast beef come quello che vi ho appena descritto e che è l’unico che la Regina Elisabetta farebbe se sapesse cucinare.