Martino Turista per Cibo in Corsica
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Per chi non c’è mai stato la Corsica è l’isola delle domande. Difficile da immaginare, in bilico com’è tra Italia e Francia, Nord e Sud, mare e vette che superano i 2700 metri. Poi si arriva in nave a Bastia e si scorgono le palme dell’enorme Place Saint Nicolas numerose quanto quelle di un’oasi. Allora siamo al sud. Macché! Se si alzano gli occhi si vedono subito le montagne altissime e dall’aspetto decisamente alpino. Siamo al nord. Ma un nord italiano, perché se appena arrivati ci si dirige verso la parte vecchia della città sembra proprio di trovarsi a Genova, con le case colorate di rosa e di giallo, alte e strette a riparare i carruggi dell’angiporto. Ma se dalla parte vecchia si va nella nuova, l’urbanistica diventa di colpo francese, con piccoli boulevard ottocenteschi e bassi palazzotti che ricordano quelli sulle promenade della costa azzurra. Ma ai balconi ci sono piante grasse e basilico, come al sud, e la gente non ha certamente l’aspetto normanno, così bruni, con sguardo sveglio e la gestualità pronunciata. Insomma, dove sono?
Poi conosco le persone che a turno mi faranno da guida nell’isola: Francoise, Jean, Stéphane, Gérard e grazie a loro risolvo quasi subito i miei dubbi. I corsi sono anzitutto corsi. Poi sono anche cittadini di nazionalità francese, con cognomi italiani e con un dialetto-lingua che un italiano può capire bene e leggere alla perfezione quando è scritto. Sono corsi nell’animo anche se non vogliono mostrare nessuno spirito irredentista. Perché quando si riferiscono ai connazionali del Continentali chiamano inevitabilmente “i francesi”. Senza alcun intento dispregiativo (perché in tal caso li chiamerebbero “i pizzuti”, dalla forma del cappello frigio) ma dichiarando implicitamente che loro sono un’altra cosa. Nessun sardo o siciliano parla degli “Italiani”, al massimo dice “i continentali” usando un riferimento puramente geografico, non politico.
I corsi assomigliano solo a loro stessi e la Cosica è irripetibile, diversa da qualsiasi altra isola del mediteraneo. Entrambi, poi, abitanti e luogo, hanno la vocazione alla riservatezza, con un aspetto esteriore da mostrare al visitatore e uno segreto, riservato a chi si conquista la loro confidenza. Inutile dire che l’aspetto esteriore, la corazza, è francese. Anche se sanno che tu sei italiano e potresti capirli se parlassero in dialetto, i corsi non faranno strappi alle regole e si rivolgeranno a te in francese. Una lingua, vien da pensare, estranea e perciò da usare con gli estranei. Ma la maggior parte di loro pensa in corso. Da questo atteggiamento si capisce quanto forte sia stata l’azione di “normalizzazione” condotta dalla Francia tendente all’integrazione forzate di un’isola dall’identità così separata e che ha interessato non solo la lingua, ma tutti gli aspetti della cultura isolana, gastronomia compresa.
Anche la cucina “di facciata” è francese, ed è quella che si scorge sbirciando i menù dei ristoranti più a portata dei turisti. Ma c’è n’è una casalinga magnifica che però, come al solito, bisogna conquistarsi chiedendo dove si mangia corso e soprattutto girando per i posti frequentati dalla gente del luogo.
Il “Brocciu” e gli altri formaggi
Con una conformazione fisica di “montagna in mezzo al mare”, la Corsica ha una gastronomia tradizionale soprattutto montanara, boschiva e pastorale. Dalla millenaria civiltà dell’olivo derivano l’agnello e il capretto arrostiti alla brace, le costolette di agnello e gli stufati di agnello o di capra. Ma soprattutto i formaggi guidati da un prodotto simbolo dell’Isola: il brocciu, meritevole di un’attenzione speciale perché onnipresente. A rigor di termini non si può parlare di “formaggio” ma di “latticino” in quanto ottenuto dal siero che è un residuato dalla lavorazione del formaggio vero e proprio. In pratica si fa come la ricotta ed è identico a questa quando viene fatto con solo latte di pecora, leggermente diverso (più leggero) se è fatto con latte di capra o con un misto di pecora e capra. E’ stato il primo “formaggio” di questo tipo ad avere ottenuto la certificazione AOC (la sigla corrisponde alla nostra Dop) dell’Unione Europea e come la ricotta viene prodotto quotidianamente e si consuma fresco, preferibilmente in giornata.
Numerose le ricette che lo vedono protagonista, tutte con nomi ben comprensibili da noi italiani: frittata incù u brocciu, pulenta incù u brocciu, stòrza preti (strozzapreti fatti con broccio, bietole e uova e conditi con salsa di pomodoro), zucchete à u brocciu, cannelloni (cannelloni ripieni di brocciu), sardelle incu u brocciu (sardine sfilettate, imbottite di brocciu e fritte), imbrùcciate (tortini di brocciu e pasta sfoglia), fiadònu (un flan a base di brocciu, uova e limone), bignè à u brocciu. Oltre che fresco, è venduto anche secco con il nome di brocciu passu dopo una stagionatura che va da un minimo di 21 giorni a qualche mese.
Altri formaggi, quasi sempre a latte crudo, sono la tomme de brebis (toma di pecora); la tome de chevre (toma di capra), il brin d’amour (pizzico d’amore), di capra con una crosta naturale ricoperta di santoreggia e di rosmarino e condito con peperoncino e ginepro; il fiumorbo, un formaggio di pecora a pasta molle; il niolu, un pecorino leggermente piccante; il venaco un pecorino a pasta molle con forte odore di fermentazione. Tutti da assaggiare!
Castagne e salumi
“Vino di pietra e Pane di bosco” ricorda un proverbio dei tempi di carestia. Il vino di pietra è l’ottima acqua sorgiva abbondante in tutta l’isola, il pane di bosco è la castagna coltivata su più di un quinto di tutto il territorio. Vero “albero della vita”, il castagno è una delle cinque piante che i corsi hanno l’obbligo di piantare contro la carestia (le altre sono il fico, la vigna, il gelso e l’olivo) e numerose sono le preparazioni gastronomiche fatte con i frutti e soprattutto con la farina. C’è la polenta, da accompagnare con il brocciu o con il cinghiale cotto nel vino oppure col tianu, un umido a base di carne (maiale o agnello o vitello). I nicci, uguali ai nostri necci della Garfagnana, sono sottili crepes cotte su un testo di pietra o metallo da condire con brocciu o salumi. E poi, naturalmente, ritroviamo le castagne sotto forma di marròn glacès, nelle confetture e perfino nella birra locale, la Petra, che reca in etichetta la scritta “accumudata cu a castagna”. Provatela! La castagna arriva al palato dell’uomo anche per via indiretta, tramite il “maiale corritore” o “cinghiale domestico”, un suinetto di piccole dimensioni allevato allo stato brado che si nutre di ghiande, erbe odorose e soprattutto di castagne. E’ dalla loro carne che origina la chacrouterie corsa la cui fama ha superato i confini dell’isola e della Francia. Le aziende produttrici sono in realtà botteghe di piccoli artigiani che lavorano con metodi antichi e tempi lunghi, con maiali allevati senza fretta fino all’età adulta e salumi stagionati in soffitteventilate anziché in celle frigorifere. Tutto questo si traduce in bontà che prendono il nome di prisuttu, un piccolo prosciutto crudo molto magro e stagionato per almeno 18 mesi, panzetta (pancetta), salamu (salsiccia secca speziata), coppa (come la nostra), lonzu (filetto affumicato), salsiccia (salame piccante), valetta (guanciale) e i famosi figatelli, salsicce di fegato fatte con fegato e altre frattaglie del maiale da mangiare arrostiti o crudi dopo una breve stagionatura. Facilmente vi imbatterete nel salame d’asino. In tal caso, sappiate che non è un prodotto corso ma sardo ed è presente nelle salumerie solo per accontentare i turisti che continuano a richiederlo convinti che si tratti di una specialità locale.
Il pesce
Un giro nel piccolo mercato ittico Ajaccio, darà un’idea dell’offerta di pesce nell’isola. Anche in questo caso non avrò bisogno di traduzioni per citare i più comuni: un san Pietru, u groncu, A treglia di scogliu, u gattucciu, a murena, u rombu, a lucerna (cernia) sono i più frequenti e tutti ottimi per fare l’aziminu, una sontuosa zuppa di pesci di scoglio e crostacei. Quasi ogni venditore ha sul banco un cesto con aragoste vive pescate la notte stessa nel golfo di Saint-Florent e lungo le coste di Capo Corso (il dito della Corsica). Le ostriche freschissime provengono dallo stagno di Diana (ma anche dal vicino stagno d’Urbino) dove sono coltivate fin dal tempo dei romani. Vi consiglio di andarle a gustare in loco, nella parte centrale dell’isola sulla costa occidentale. Il viaggio vale lo sforzo non solo per la grande qualità delle ostriche, ma anche per la bellezza dei due stagni, veri paradisi naturalistici con un’avifauna palustre di grande interesse e bellezza. Infine, non bisogna dimenticare il “pesce di montagna”, le trote, che popolano numerose i tanti fiumi e ruscelli per la felicità degli appassionati di pesca. Compaiono nei menu di molti ristoranti in varie ricette francesi o corse e vi consiglio di provarle perché sono sempre freschissime e di grande qualità.
E non finisce qui
Perché la Corsica è anche terra di vini fin dall’antichità. I vigneti si sviluppano dove possono, lungo le coste ma anche in mezza montagna. I cultivar dominanti sono il Vermentino per i bianchi, lo Sciaccarellu, il Niellucciu e il Grenanche per i rossi e i rosè. I bianchi sono piuttosto secchi, di carattere, ottimi con il pesce e i frutti di mare, i rossi quasi sempre molto decisi. Diffusi e apprezzati molto più che in Italia sono i rosé, dam non tralasciare. L’isola è rinomata anche per le clementine e per i fichi. Entrambi i frutti sono trasformati in ottime, quella di fichi è spesso arricchita di mandorle ed è un souvenir consueto per turisti più avveduti. Come in ogni area mediterranea abbonda l’olio di oliva, e inaspettatamente si trova anche un discreto whiskey locale assieme ad altri liquori come il corbezzolo, il vino di arance, il vino di mandarino, il mirto, il liquore di castagna, la cedrata e il diffuso aperitivo “Cap Corse” da accompagnare al Finuchiettu, un biscotto salato a forma di bretzel con semi di anice. Gli astemi possono rivolgersi all’acqua minerale Orezza, un’effervescente naturale di grande personalità molto adatta ad accompagnare i pasti.
Approfondimenti:
Indipendenti per poco
Kalliste per i greci, la più bella, la Corsica fu terra di conquista alla pari di tutte le isole mediterranee e subì la dominazione di Siracusani, Cartaginesi, Romani, Saraceni, Vandali, Bizantini. Nel 1077, dopo un periodo di anarchia insanguinato da feroci lotte feudali, fu consegnata da Papa Gregorio VII all’amministrazione dei Pisani che rimasero nell’isola fino al 1284 quando vi subentrarono i Genovesi. Il loro dominio durò ben 5 secoli. Contemporaneamente al declino dei genovesi e all’ingresso in scena dei Francesi si fecero spazio rivendicazioni rivoluzionarie che culminarono nell’insurrezione generale del 1729. Tra conflitti e vicissitudini politiche, i moti si protrassero fino al 1755 con la dichiarazione di indipendenza a opera di Pasquale Paoli eroe della Nazione Corsa chiamato U Babbu di a Patria. Fu redatta una costituzione in lingua italiana di ispirazione illuminista con il contributo di Jean-Jaques Rousseau. La Capitale fu collocata a Corte, nel cuore dell’isola, dove fu aperta anche un’Università. La Corsica era l’unica isola del mediteraneo a essere indipendente. Fragilissima e formalmente ancora in mano ai genovesi che non avevano riconosciuto l’indipendenza, fu ceduta ai francesi con il trattato di Versailles. Fu letteralmente usata come moneta, perché era il risarcimento dei debiti di guerra accumulati dai genovesi nei confronti della Francia durante le guerre di indipendenza. I Francesi sconfissero Pasquale Paoli nel giro di un anno e iniziarono un processo di integrazione con l’imposizione della lingua e dei modelli amministrativi e culturali francesi. In uso fin dal tramonto del latino, l’italiano resistette come lingua colta (per esempio degli atti notarili) fino alla seconda metà dell’ottocento. Rimangono italiani i cognomi dei corsi, i nomi delle località, molti toponimi di strade e il dialetto di facile comprensione per noi italiani perché derivato soprattutto dal toscano arcaico con successivi contributi del genovese. Un italiano del nord capisce più il corso che il siciliano.
U Trinchellu: chi va piano…
Affidatevi con fiducia al trenino della Corsica e non fate caso se è oggetto di ironia. E’ vero che non è velocissimo, ma è il suo bello, e le ore di viaggio in più non sono certo sprecate. Se andate da Bastia verso Ajaccio cercate un posto sulla destra. I binari del trinichellu sono strappati alla montagna ed è inevitabile che da una parte la visuale sia solo la quinta di una ripida parete verde mentre il panorama si svolge tutto dalla parte che guarda la valle. A Ponte Leccia, però, cercate di conquistare un posto a sinistra, perché le condizioni si invertono. Nelle tre ore (e più) di viaggio da Bastia ad Ajaccio vedrete tanto verde quanto ne avrete visto in vita vostra. Boschi di castagno e di quercia sovrastanti un meraviglioso sottobosco di erica, mirto, corbezzolo, leccio. I villaggi sono rari e tenuti alla perfezione, senza quegli sfregi degli abusi edilizi che purtroppo siamo abitanti a vedere in Italia. La Corsica è la regione europea che spende di più per la salvaguardia del patrimonio ambientale, più di un terzo del suo territorio è parco naturale, il treno è il mezzo più efficace per constatare i risultati di tanta saggezza. Godetevi il trenino che correrà su ponti di altezza vertiginosa – quello costruito da Gustave Eiffel è sospeso a 90 metri – scavalcando continui corsi di acqua cristallina e mostrandovi romantiche purissime cascatelle scroscianti tra rocce e felci . Ma qui è tutto pulito perché non ci sono industrie e non ci sono quasi neanche gli umani a sporcare. Gli abitanti di tutta la Corsica sono solo 260.000 la metà dei quali sta ad Ajaccio e Bastia. Le vacche sì, quelle non mancano e sono anche un problema per il trenichiellu che conta anche il soprannome di “ammazzavacche”. L’altro soprannome è TGV, mutuato dal cugino ricco, il train à grand vitesse. Solo che in questo caso TGV sta per train à grandes vibrations.
L’Università
L’ Università della Corsica si trova Corte, piccolo paese con poco più di 6000 abitanti situato nel centro dell’isola, capitale della Nazione Corsa nel breve periodo di indipendenza prima del passaggio al governo della Francia. L’università venne aperta proprio in quegli anni, nel 1765. La lingua d’insegnamento rimanse l’italiano fino al 1768 quando venne chiusa dai francesi. E’ stata riaperta nel 1981 dopo una mobilitazione popolare. L’unica lingua d’insegnamento è il francese. Ha tre facoltà: Lingue, Lettere, Arti e Scienze Umane.
Dove Mangiare
La Table du Marché Place de l’Hotel de Ville, 20200 Bastia tel : +33 (0)4 95 31 64 25 Cucina di mare e tipica corsa, da assaporare sotto un fresco pergolato.
A Casarella 6, Rue Sainte Croix , 20220 Bastia Fax : +33 (0)4 95 32 02 32 Cucina tipica corsa opportunamente interpretata con rapporto qualità prezzo interessante.
Le Maquis BP 94, 20166 Porticcio – Corse tel. +33 (0)4 95 25 05 55 E-mail : info@lemaquis.com http://www.lemaquis.com/ Ristorante di lusso con cucina di pesce. Grande atmosfera e classe in albergo di charme. Ideale per coppie in luna di miele.
U Licettu Plaine de Cuttoli, 20167 Mezzavia Corse tel: +33 (0)4 95 25 61 57 Fax +33 (0)4 95 53 71 00 Abbondante cucina del territorio in una villa dominante il golfo di Ajaccio e immersa nei fiori.
Cosa comprare
Vini (produttori)
Clos Capitoro Pisciatella – 20166 Porticcio – Corse tel: +33 (0)4 95 25 19 61 http://www.clos-capitoro.com
Domaine Orenga de Gaffory Lieu Dit Morta Majo 20253 Patrimonio tel: +33 (0)4 95 37 45 00 fax: +33 (0)4 95 37 14 25 www.domaine-orengadegaffory.com
Salumi e formaggi (negozio)
Libre Service Napoleon 24 Rue Napoleon 20200 Bastia, Corse tel: +33 (0)4 95 31 45 24
Formaggi (produttore)
Marie Louise Celli tel: +33 (0)4 95 25 67 73, +33 (0)61 93 46 521
Salumi (produttore)
Mr e M.me Degli Esposti Ld Pedocchiolo, 20133 Ucciani tel: +33 (0)4 95 52 81 66 e-mail: michel.degliesposti@sfr.fr