Martino presenta Marco Tami, viaggiatore e narratore!
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Marco Tami si presenta ai tpc:
Girare il mondo è sempre stata la mia passione: l’ho fatto da ragazzo con gli amici dormendo in tenda o sotto le stelle, con la mitica Diane e veramente pochissimi soldi in tasca; l’ho fatto poi con mio padre che come me ha sempre amato viaggiare e che ora si “accontenta” di guardare l’atlante e di seguire i miei spostamenti; lo faccio ora, da circa sette anni, con la mia compagna Alessandra che pure ama viaggiare e conoscere il più possibile del mondo. Qualche anno fa la mia compagna ha deciso, per passione, di prendere la sua seconda laurea (scienze e tecniche dell’interculturalità – e già questo dice molto) e mentre lei studiava ho deciso (forse per non essere da meno?) di scrivere qualcosa di me, delle mie esperienze. Si stava avvicinando la fatidica data nella quale avrei compiuto i “50 anni” ed ho pensato che era proprio il momento giusto di scrivere. Momento di bilanci anche. Ho iniziato quindi a raccogliere tutti i miei ricordi di viaggio mettendoli nero su bianco per non dimenticare date e luoghi. Ne è uscita una raccolta che ho intitolato “Doctor Livingstone, I suppose”: un racconto dei miei viaggi, reso in maniera trasversale in quanto non si tratta del racconto di tal viaggio o di altro. Si tratta di un racconto di viaggi in genere, più esattamente di viaggiare come l’ho vissuto e come lo intendo io. Il tutto è stato realizzato a mie spese (non ci sono editori, no codici a barre… Nulla di nulla). Ho venduto alcune centinaia di copie a livello locale, quasi tutte direttamente a conoscenti ed amici (nelle librerie sono uno sconosciuto e poi mi trattengono il 30%, praticamente non resta nulla, l’unico vantaggio è la vetrina…). Il prezzo di vendita è di € 18,00 (le offerte in aumento sono ben accette) e, tolte le spese, con Alessandra abbiamo deciso di destinare il guadagno che riuscirò a realizzare, alla costruzione di un pozzo orticolo in uno stato dell’Africa nera come il Burkina Faso, il Mali o altro. Sottolineo che non esistendo una rete distributiva, chiunque potrebbe riceverlo a casa accollandosi le spese di spedizione di una decina d’euro, a meno che non sia in grado di suggerirmi un’alternativa più economica.
Pubblichiamo prefazione e introduzione del libro di Marco, un po’ per volta sul sito pubblicheremo anche il seguito, se siete interessati a contattarlo la sua e-mail è mtami@bancafideuram.it
PREFAZIONE DI “DR LIVINGSTONE… I SUPPOSE”
di Marco Tami
La celebre frase pronunciata da Henry Morton Stanley al dottor David Livingstone, a Ujiji sulle rive del lago Tanganica, in quella che oggi è la Tanzania, il 10 novembre 1871 è diventata un mito e ho deciso di utilizzarla per dare il titolo a questo libro. Nessuno sa se realmente sia stata pronunciata, solamente i “wangwana”, i portatori al servizio dei due, hanno assistito all’incontro e ne sono stati testimoni, ma la tipica flemma con cui gli inglesi affrontano anche la più critica delle situazioni, mi fa credere e mi piace credere che sia stato veramente così.
Certo a quei tempi di bianchi in quella parte d’Africa ce ne devono essere stati davvero pochi, e oltre a Stanley e Livingstone, risulta che solamente Richard Francis Burton (che fu console britannico a Trieste e abitava a Opicina) e John Hanning Speke, esploratore anch’egli britannico, avevano visto. Ma questi personaggi sono serviti solamente ad ispirare questo libro, così come Marco Polo e Cristoforo Colombo prima di loro. Chi giornalista, chi missionario, chi mercante, chi avventuriero, tutti erano accomunati da una grande voglia di scoprire, di conoscere, di arricchire la propria vita con esperienze uniche, attraversando terre sconosciute ed incontrando popoli con usi, costumi e religioni diversi da quelli che il mondo della loro epoca conosceva. Nel terzo millennio c’è rimasto ben poco da scoprire, anche se esiste ancora qualche landa remota mai visitata dai bianchi; ciononostante almeno due terzi del pianeta sono rimasti fermi a quei tempi. L’aeroplano, la televisione, internet (la globalizzazione) non sono ancora riusciti a compromettere intere zone della terra, dove la gente e la natura procedono tuttora in maniera naturale.
Io non ho mai osato definirmi un esploratore, ne’ un avventuriero, ne’ un temerario, ma neppure un turista, un villeggiante, un vacanziere. Mi sono sempre sentito un viaggiatore, un amante del nostro mondo, appassionato di geografia, di etnie, di antropologia; mi piace l’idea di scoprire ogni giorno genti e paesaggi diversi. La definizione di “viaggiatore” invece, me la sento addosso ed è questo termine che mi ha ispirato ed indotto ad iniziare questa biografia.
Raccontando le proprie esperienze inevitabilmente si incorre anche in problematiche di ordine politico-sociale, ma tengo a precisare che questo è un racconto sincero: ho voluto descrivere il mondo così come finora io l’ho visto. Per riassumere quello che penso desidero riportare una bellissima riflessione di Tiziano Terzani tratta dal suo “Un indovino mi disse” a proposito del viaggiare.
Se mi capiterà di avere il tempo di fare una riflessione mi piacerebbe alla fine (della mia vita) poter dire: “Ho viaggiato”. E se poi mi capitasse di avere una tomba, mi piacerebbe che fosse una pietra con un incavo perché ci vengano a bere gli uccellini e con su scritto il nome, le due date d’obbligo e la parola “viaggiatore”.
L’incontro
di Marco Tami
Tutto incomincia un giorno di qualche anno fa con l’incontro casuale di una persona che conoscevo solo di vista; costui era appena rientrato da un viaggio in Honduras. Dopo esserci raccontati le esperienze che ognuno di noi aveva vissuto in quel Paese, incominciammo a parlare di viaggi e mi chiese quali altri luoghi del mondo avessi visitato. Risposi “parecchi”, elencandone alcuni dei più recenti ed interessanti. “E poi?” continuò, “Quali altri?” ed io ripresi con un’altra serie di nomi. “E poi?”… “E poi?” !!!
Alla terza domanda mi venne spontaneo chiedere una spiegazione, il motivo di tanta curiosità; non che avessi nulla in contrario a raccontare anzi, l’argomento mi ha sempre attratto e proiettato in discorsi talvolta anche noiosi per chi stava ad ascoltarmi. Alla mia domanda rispose: “Vede, anch’io sono affascinato dai viaggi ed un giorno, leggendo un vecchio libro, di quelli scritti nell’Ottocento da qualche avventuriero, trovai simpatica e curiosa una definizione di “viaggiatore”. Questo scrittore affermava che solo una persona che aveva visitato almeno 50 Paesi poteva definirsi tale; anche se quella affermazione aveva valore in un contesto di oltre un secolo fa, su di me fece colpo almeno quanto evidentemente aveva colpito il mio interlocutore che continuò dicendo: “Da quel giorno, quando incontro qualcuno che gira molto, cerco di scoprire se ha raggiunto quel limite perché io, nonostante abbia visitato una trentina di paesi, avendo superato i 70 anni non credo che ce la farò a raggiungerlo e me ne rammarico”. Una telefonata al cellulare interruppe la nostra conversazione e dovetti congedarmi da lui con un: “Devo pensarci e le farò sapere se quel traguardo io l’ho già raggiunto”.
La sera, rientrando a casa in auto e ripassando mentalmente la giornata per non dimenticare qualche impegno da annotare sull’agenda, ripensai all’incontro col “viaggiatore mancato”. Improvvisamente tutti i miei pensieri vennero sopraffatti dalle dichiarazioni di quel tale e fui pervaso da una moltitudine di sensazioni. Cominciai dapprima a fare mentalmente il conto delle nazioni visitate, impresa impossibile alla guida di un’auto, ma ritornai alle parole di quell’uomo, pentito per aver raggiunto una certa età con il rimpianto di non essere diventato “viaggiatore”, di aver fatto tutto per la casa, la famiglia, i figli, il lavoro e di essersi accorto troppo tardi che dentro di se c’era anche un’altra vocazione, che i fatti della vita avevano lasciato nel sommerso. Quella stessa sera, dopo cena, ci fosse stata qualunque trasmissione alla televisione o altre cose da fare, non avevo dubbi: dovevo cominciare a fare il conto. Presi un notes e cominciai in ordine alfabetico: A: Algeria, Andorra (tanto per paura di non arrivare a 50 …) B: Belgio, Belize… C: Cambogia, Cile… Ecc…, poi cominciando con l’Europa da ovest: Portogallo, Spagna, Francia, ecc… Col ricordo di quando, da ragazzi, con Bruno e Dario si era fatto qualche volta il conto: “ma tu quanti stati hai visto? Quante capitali?” Era un giochino, perché per primeggiare si inserivano gli staterelli come San Marino e il Vaticano, che in un colpo solo ti facevano guadagnare sia lo Stato che la capitale…
Al raggiungimento e poi al superamento della fatidica soglia dei 50 mi misi il cuore in pace che anche tagliando i piccoli il “quorum” era stato raggiunto: ero diventato a pieno titolo un “VIAGGIATORE” e me ne andai a letto fiero senza dire nulla nemmeno alla Ale. L’indomani per non sbagliare o perdere il notes, creai subito un foglio excel con stati e capitali raggruppandoli in ordine alfabetico. Nei giorni seguenti, ogni volta che mi sovveniva un Paese precedentemente dimenticato tiravo fuori la chiavetta USB ed aggiornavo immediatamente l’elenco. Dopo qualche giorno l’impresa era conclusa.
E adesso che faccio? Chiamo Bruno, Dario, glielo dico? Ma che figura faccio, questi mi potrebbero rispondere: beh? chi se ne frega!!! Oppure senza commentare sgarbatamente penserebbero: ma guarda questo cosa tira fuori a distanza di anni: “ma sei rimasto ragazzino?” potrebbero dirmi… E poi sarebbero usciti discorsi sul lavoro, le ferie, i soldi… NO!!! Non glielo dico!!! E’ una cosa che voglio tenere per me, anzi, la vorrei comunicare solo all’uomo che mi ha ispirato. Ma non so come trovarlo, provo a chiedere a qualcuno che lo conosce, ma è irreperibile, si trova “all’estero”. Bene, penso, mi fa piacere davvero, magari non ce la farà coi numeri, ma ci sta provando.
Passa il tempo, custodisco gelosamente il mio segreto infantile fino a quando, casualmente, mi capita di leggere un libricino scritto da un neo cinquantenne (Michele Pasini, vigile a Cormòns) dal titolo: “Cinquant’attimi di riflessione” contenente 50 pensieri ritenuti aderenti alla propria esperienza di vita, una piccola raccolta di brevi riflessioni. La mia mente associa immediatamente questo numero “50” al numero degli stati: approssimandomi al mezzo secolo potrei scrivere anch’io un libro ed intitolarlo “Cinquanta Paesi in cinquant’anni”, un po’ come il libro di Paolo Villaggio “Sette grammi in settant’anni”. Ognuno, credo, raggiungendo un traguardo sente il desiderio di fare un bilancio, serio, semiserio, comico… Così come gli viene. La mia vita è stata abbastanza normale, nel senso che scuola, sport, lavoro, famiglia, esperienze più o meno positive rientra in una sfera abbastanza comune a quella di tanti altri.
L’unica cosa che mi può distinguere e che non ha mai smesso di affascinarmi sono i viaggi. Quindi, quasi per scherzo cominciai a scrivere le principali esperienze di vita maturate durante i viaggi più interessanti e nei paesi meno accessibili al comune turismo, ma l’obiettivo principale era quello di mettere il tutto nero su bianco per ricordarmi anche i particolari, cosa che altrimenti nel tempo sarebbe andata perduta. Giunto infine il momento di raggruppare il tutto, decisi che elencare i singoli viaggi sarebbe stata una semplice raccolta di sia pure svariati, “diari di viaggio”, quindi un qualcosa di solito, di stancante, di terribilmente noioso. Decisi quindi di strutturare l’intero racconto in una maniera più simpatica e fluida per il lettore…
Siete curiosi di seguire Marco nel suo viaggio? Pubblicheremo presto un altro capitolo del suo libro…