La partita: la cooperazione internazionale tra Italia e Etiopia scende in campo di …di calcetto!

Di Vittorio Villa (Il Sole Onlus) foto di Gin AngriIl dialogo. “Quanto manca?”. “Iù plèi”. “Dai Befekadu, fai il bravo e dimmi quanto manca”. “Io Colìina, io decide, iù gioca” e con il dito, mi fa segno di stare zitto e di continuare a giocare. Mi avvicino minaccioso e in maniera molto plateale gli chiedo ancora quanto...
Turisti Per Caso.it, 26 Gen 2010
la partita: la cooperazione internazionale tra italia e etiopia scende in campo di ...di calcetto!
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Il dialogo.

“Quanto manca?”. “Iù plèi”. “Dai Befekadu, fai il bravo e dimmi quanto manca”. “Io Colìina, io decide, iù gioca” e con il dito, mi fa segno di stare zitto e di continuare a giocare. Mi avvicino minaccioso e in maniera molto plateale gli chiedo ancora quanto manca. Con fare molto autorevole, come da ruolo affidatogli, e con tono altrettanto minaccioso mi risponde col suo slang italoamaringlish: “Io Coliìna, iù next time red card, red card”. Capisco che fa sul serio, sconsolato mi allontano e faccio per tornare a giocare. Non convinto, mi giro e, pur di non dargliela vinta, lo riprendo: “Comunque si dice Collina, con due L”. Poi mi piego in due, mani sulle ginocchia, a riprendere fiato.

Il fatto.

Addis Abeba, domenica 22 febbraio 2009. Sono quasi le 17.00 quando questo dialogo surreale trova spazio in un fantastico campetto da calcio a ben 2.400 metri di altitudine. L’aggettivo fantastico non è casuale. Ci vuole fantasia a definire campetto da calcio una spianata dove pascolano asini e pecore e dove per delimitare le porte si utilizzano sassi e teschi d’asino. Nonostante ciò non ci perdiamo d’animo. Ci dividiamo in due squadre e via che si comincia. Da una parte, io Pepe e Marco (esperti di cooperazione internazionale prestati per un attimo al calcio internazionale), più un paio di infiltrati etiopi a pareggiare i conti; dall’altra un nutrito nugolo di etiopi residenti nella Casa Famiglia “The Sun” gestita dall’ong Il Sole a renderci difficile la vita. Arbitra Befekadu “Collina” Sun. Ci vuole un po’ per decidere chi inizia, poi dopo un’estenuante contrattazione, ovviamente palla a loro. Ore 16.00, Befekadu “Collina” Sun fischia e da inizio all’incontro Italia-EtiopiSun.

L’inizio ci vede subito sotto. Gli EtiopiSun, forti di un acclimatamento migliore si danno un gran daffare e vanno presto sull’1-0. Non ci perdiamo d’animo e in men che non si dica ci portiamo sul 2-1 per noi. Sembra tutto facile, tant’è che in poco il vantaggio aumenta e noi, da buoni italiani, per farci beffe degli avversari cominciamo ad esultare come fanno i “grandi” degli stadi veri. Una volta tiriamo fuori la lingua (come Alessandro Del Piero, ma rischiamo di prendere una scarica di botte non indifferente…Hai voglia poi a spiegare che il gesto era simbolico e non offensivo), una volta certe danze sudamericane di certi sedicenti fuoriclasse che militano nel campionato italiano, una volta mettiamo il dito in bocca, alla Francesco Totti. Arriviamo persino a mimare il gesto dello sciuscià reso famoso da tale Francesco Moriero, ex Inter, che a fine anni novanta lustrava le scarpe a Ronaldo dopo ogni giocata da Fenomeno.

Siccome non c’è mai fine al peggio, mimiamo persino il gesto del neonato reso famoso ai mondiali del 1994 dalla coppia brasiliana Romario e Bebeto. “Cialtroni” si legge dagli sguardi di dissenso che ci lanciano gli EtiopiSun.

Sull’8 a 5 per noi Befekadu “Collina” Sun fischia. Marco, Pepe ed io esultiamo convinti di aver vinto, ma Befekadu “Collina” Sun, intramontabile nel suo italoamaringlish ordina: “alf taim, nau second. Gioca!”. Il secondo tempo!!! Non l’avevamo assolutamente preso in considerazione. Consci della nostra inferiorità fisica Pepe suggerisce: “Ragazzi la zona, ognuno bloccato lì e facciamoli correre. Noi cerchiamo di correre il meno possibile”.

E’ un attimo: da 8 a 5 per noi passiamo rapidamente all’8 a 7. Cerco di convincere Befekadu “Collina” Sun che è ora di andare negli spogliatoi (si fa per dire), ma lui non ci sente. Sono quasi le 17.00. E’ da quasi un’ora che giochiamo e lui insiste: “Faiv minit. Iù gioca”.

Mi arrabbio e comincio ad inveire come se avessi davanti il vero Collina e fossi sugli spalti di uno stadio vero. Il povero Befekadu viene fatto oggetto di tutte le mie lamentele e viene tacciato di essere troppo “casalingo” nel suo operato. Signori, il calcio è il calcio e a queste latitudini (o meglio altitudini) è una cosa seria. Del resto noi siamo i Campioni del Mondo, e con noi non si scherza.

Passano pochi minuti dal riprovevole siparietto che inevitabile arriva il pareggio e poi il sorpasso. Io e Pepe ci guardiamo sconsolati, ma Marco, torinese e torinista, pur di non perdere, tira fuori il suo inossidabile cuore granata, perde una caviglia sul ciottolato, ma segna il pareggio. 9 a 9. Partita finita. Finita? Chiaro che no. Un EtiopiSun propone i rigori e chi perde paga da bere. Dopo l’inevitabile lotteria, non ci resta che pagare (gli EtiopiSun non sono mica come i francesi. Loro i rigori che contano mica li sbagliano). E via a bere tutti insieme nella Casa Famiglia “The Sun”.

Conclusione.

Signori, chi pensa che questo racconto non sia frutto di una cooperazione internazionale fatta in maniera seria, sbaglia. Senza questa serietà, fatta di anni e anni di programmazione, pianificazione, realizzazione di attività, analisi dei risultati e ripianificazione delle attività stesse non ci saremmo potuti permettere un incontro di calcio Italia-EtiopiSun.

Chi pensa che un incontro Italia- EtiopiSun non sia frutto di budget, quadri logici, rapporti mensili scritti, letti e analizzati, sbaglia. Senza questi strumenti, difficilmente quattro italiani si sarebbero recati in Etiopia a lavorare per e con gli etiopi; difficilmente quattro italiani in Etiopia avrebbero trovato una banda di EtiopiSun con cui condividere un momento di relax.

Chi pensa che l’incontro di calcio Italia- EtiopiSun non sia una cosa seria, sbaglia.

Fare cooperazione, gestire progetti significa calarsi completamente nel contesto in cui si opera. Significa essere presenti e condividere ogni momento con chi viene definito in “burocratese” beneficiario.

Fare cooperazione significa mettersi in gioco, co-operare, lavorare insieme, spendere più tempo possibile insieme, condividere momenti intensi alternandoli a momenti di relax.

Significa, in sintesi, conoscere.

Epilogo.

E Marco? Viene portato sulle spalle alla Casa Famiglia da due EtiopiSun. Gli viene impomatata la caviglia da una EtiopiSun e gli viene fatto un primo massaggio. Il dolore non passa. Che fare? L’ EtiopiSun propone di andare da una massaggiatrice locale. Marco viene accompagnato e massaggiato. Dopo un giorno cammina come se niente fosse.

In chiusura, fare cooperazione significa, in una parola, scambio.

IL SOLE nasce a Como nel 1997 con lo scopo di garantire ai bambini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, uguaglianza di Diritti, opportunità e dignità. L’Associazione è presente in Etiopia, Burkina Faso, India e Sri Lanka, dove promuove progetti di sviluppo e collaborazione con le popolazioni locali nel pieno rispetto delle proprie autonomie culturali, religiose e politiche. Gli interventi de IL SOLE sono mirati a dare concrete e adeguate risposte ai bisogni dei bambini più emarginati. Le modalità per il raggiungimento della mission passano attraverso il concetto di Sostegno a Distanza Ravvicinata, declinandosi con progetti di Cooperazione allo Sviluppo e adozioni distanza. Un progetto particolare dell’Associazione è il progetto Fiori che Rinascono, il cui obiettivo è di recuperare psicologicamente e socialmente i bambini vittime di violenza sessuale con percorsi di counseling e attraverso laboratori fotografici, musicali, teatrali e sportivi, grazie ai quali i bambini possono riscoprire la gioia di stare insieme, la felicità di comunicare con gli altri, il piacere di rimettersi in gioco.

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foto di Gin Angri



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