Emergenza Perù: trema la regione di Pisco
Carissimi amici, Vi ringrazio per l’affetto manifestato a questo meraviglioso popolo soprattutto in quest’ora così triste a causa del terremoto del 15 agosto. Noi eravamo vicino casa e subito siamo corsi nel campetto di calcio vicino casa per considerarlo il più sicuro. Con noi c’erano anche 2 volontarie dalla Sicilia: Antonella e Simona. Dopo 2 lunghissimi minuti il movimento della terra per fortuna è finito e ci siamo guardati attorno per confermare che tutto era come prima e che non fosse successo nulla di grave. Una volta passato lo spavento sono subito andato a Corona per vedere se gli enormi massi fossero caduti. Temevo il peggio. Ma per fortuna una volta arrivato la situazione era solo di enorme spavento. Sono tornato a casa e nonostante che non ci fosse corrente elettrica e che i telefoni e i cellulari non funzionassero pensavo che non fosse successo nulla di grave. Ho acceso la radio della macchina per ascoltare cosa fosse successo in altre località. Tutte le notizie parlavano di gran spavento. A 2 ore dal sisma il presidente Alan Garcia ha detto che tutto era in ordine e che non era successo nulla di grave in nessuna parte del paese. Tranquillizzati dalle parole del presidente abbiamo mangiato a lume di candela e siamo andati a dormire, però pronti a schizzare fuori al minimo movimento della terra. C’è chi per strada diceva che si sarebbe alzato il mare. Il giorno dopo però la gran sorpresa: Pisco era stata distrutta all’80% e iniziava una lunga lista di morti e feriti. Diavolo! Come, non avevano detto che non era successo nulla di grave in nessuna parte del paese? Subito a me e a Nancy è venuta una gran commozione, anche perché a Pisco abbiamo amici con cui collaboriamo anche nel turismo responsabile. Volevamo telefonare ma la linea c’era a tratti. Iniziavano a venire le telefonate dall’Italia. L’atmosfera era triste. Pensavo dentro di me: “Può essere che il cane morda sempre lo straccione?” Nel frattempo ci siamo sentiti con amici che avevano parenti a Pisco e Chincha. Si è creato subito un’ansia di dover fare qualcosa. Incominciava sempre più forte il grido interiore di dover andare. Abbiamo organizzato subito una colletta. Davvero commovente, a Corona hanno raccolto in sole 2 ore 8 borse di viveri e vestiti. Incredibile dove abbiamo visto maggior solidarietà è stato proprio dai più poveri: quando hanno saputo che andavamo direttamente noi a distribuire non hanno esitato a mostrare la loro più grande ricchezza: la solidarietà. Alcuni scusavano per non poter dare di più, è stata una corsa di umanità. Alle 2 di pomeriggio siamo partiti. 2 macchine: la macchina del mio amico Javier con suo cognato e un cugino che ritornava a Pisco dopo che sua figlia era stata operata a Lima perché il muro gli era caduto sopra e gli aveva schiacciato le 2 gambe. E nella macchina con me ero con Antonella e Simona. Avevamo il cuore triste e avevamo paura di quello che avremmo visto. Non volevamo nemmeno immaginarcelo. Io ero molto colpito dallo scoraggiamento di sapere che un evento naturale si fosse accanito contro una popolazione già colpita da tante ingiustizie. Verso le 4:00 siamo arrivati a Chincha. C’erano case cadute in mezzo a altre rimaste intatte. Lunghe file di persone davanti ai negozi per poter comprare i pochi viveri che rimanevano e quello più desolante è il continuo corteo di bare che venivano trasportate verso il cimitero. C’era un vero e proprio traffico di bare, le strade erano piene. Il cuore si stringeva di più e quando siamo arrivati in una zona dove conoscevamo a una famiglia per consegnare dei viveri un gran numero di gente si è avvicinata per chiederci dei viveri e acqua, perché ancora non avevano ricevuto nessun tipo di aiuti. La scena era da campo profughi. Abbiamo consegnato qualcosa alla famiglia e dopo si sarebbero organizzati in “ollas comunes” pentole comuni per cucinare tutti insieme. Appesantiti da questo dolore abbiamo continuato per Pisco. Non prima di dover aspettare la fila di varie bare che occupavano varie strade. Ma sorpresa indignante quando arriviamo alla “Plaza de Armas” di Chincha vediamo enormi file che stanno aspettando di poter raccogliere qualcosa e gran sorpresa, queste file finivano in 8 tende dell’ “APRA” il partito del governo dove approfittavano la necessità della gente per distribuire il necessario facendo propaganda del partito. Che vergogna! Usciamo da Chincha e ci dirigiamo a Pisco. Le strade incominciano a essere sempre più danneggiate e in 2 punti sono caduti i ponti e in altri la strada è sprofondata creando 2 livelli o in alcuni casi 3. Nel frattempo nel cammino si alternano case rimaste in piedi e altre completamente franate. Incomincio a distinguere: le case cadute sono tutte di “adobe” fango asciugato. A San Clemente, pochi chilometri prima, una scena raccapricciante: file di gente attorno alla strada con i cartelli: “Ayudanos, necesitamos agua y víveres” Si ripetevano scene da campi di concentramento. Alcune case sono intatte e sempre più case si vedono colpite da una furia incredibile. Che spettacolo. Inizio a distinguere. Quasi tutte le case cadute erano di “Adobe”. Entriamo a Pisco e più ci avviciniamo al centro e più si impongono scene da bombardamento. Intere vie tutte distrutte. Scendiamo da una famiglia che organizzava l’isolato e diamo alcuni viveri. La signora più anziana mi abbraccia al collo e inizia a piangere: “non abbiamo viveri né acqua” grida. Io rispondo, ma in televisione dicono che stanno mandando molti viveri incluso da altri paesi. Ma la signora grida con rabbia “qua non arriva niente” Che rabbia in quel grido. Ci allontaniamo e andiamo a un insediamento umano. Ci applaudono per portare i viveri, acqua e da vestire. Però gridano che lì non era arrivato ancora nulla e che gli unici a raccogliere qualcosa sono i familiari e amici di chi distribuisce. Che schifo! Grido dentro di me. All’inizio ci scambiano per persone del governo, ma quando sanno che siamo di un’iniziativa spontanea la loro rabbia si raddoppia perché non sentono che le istituzioni li aiutino. Per loro era stato un colpo di fortuna e basta. Inoltre avevano paura a lasciare le loro case perché rubavano in bande. Iniziavano ad arrivare notizie di assalti ai camion di viveri giustificati perché la distribuzione non arrivava. Nel frattempo l’aria che si respirava a Pisco era fortissima. Dicevano che ancora molti morti erano sotto le macerie. Incredibile! Hanno paura di epidemie. Usciamo sconvolti e piano piano al dolore si somma la rabbia. Salutiamo la famiglia di Javier, l’amico con cui avevamo iniziato il viaggio. Ci offrono un brodino come ringraziamento per aver portato aiuti e durante la cena iniziano anche a scherzare sulle disgrazie. Davvero è un popolo meraviglioso. Saper vivere con armonia nella disgrazia. Nel frattempo ci rendiamo conto che la divisione dei viveri passa per amicizie. Questo è raccapricciante. Entriamo in macchina e non capisco nulla. Usciti da Pisco ci ferma un ragazzo che ci supplica che gli diamo un passaggio fino a San Clemente perché stanno rubando tutto e le strade sono territorio di nessuno. Io inizio a sentire una rabbia dentro che ancora non riesco a smaltire. Incomincio a piangere perché finalmente inizio a rendermi conto che i morti non sono stati per il terremoto, ma per il tipo di costruzione che hanno la gente. Se avessero avuto case di costruzione normale, non dico antisismiche si sarebbero salvate moltissime. Però questo nessuno lo dice, le notizie parlano della grande generosità dei paesi e del popolo peruviano che collabora per la colletta. Io avrei voglia di strappare il microfono e gridare l’assurdità. Le riflessioni continuano e con Antonella e Simona riflettiamo che poi Pisco, Chincha e Ica sono solo dei paesetti. Davvero città molto piccole ed è possibile che l’enorme quantità di aiuti non possa dividersi come si deve? Nel frattempo vedo la foto di un giornale con il ministro degli interni che distribuisce bottigliette d’acqua. Incredibile, invece di organizzare la distribuzione degli aiuti cerca la foto ad effetto. Nella radio della macchina si somma la beffa. Si ascolta che bande disperate rubano case, assaltano l’ospedale di Chincha, ecc. E il ministro degli interni grida al terrorismo bianco, dicendo che nessuna di quelle telefonate sono vere in quanto non c’era nessuna denuncia ai commissariati. Davvero ipocrita! Una signora per telefono accusa il ministro di mancanza di rispetto ma il giornalista è costretto a farla star zitta. L’ordine è che non bisogna allarmare l’opinione pubblica con queste notizie. Rientriamo a casa alle 3:30 di mattina. Ero partito con molta tristezza e ritorno con molta rabbia. I morti non sono morti per il terremoto, ma perché nessuno ha voluto fare una politica di case sicure in una zona altamente sismica, dato che proprio lí si scontra continuamente la placa de Nasca con la Placa Continentale. Non sanno organizzare l’enorme quantità di aiuti a città piccolissime. Non sanno controllare l’ordine pubblico e si parla di coprifuoco. Stanno per scoppiare epidemie e nessuno li prevede. Ho tanta rabbia dentro perché sono convinto che questo terremoto fa comodo a tante persone soprattutto al governo che ha allentato le proteste sociali degli ultimi mesi, e si trova a poter rubare senza molti controlli. Che rabbia assistere a tutto questo con gran impotenza! Ma fino a quando…
Giovanni Vaccaro – Referente COPE di Lima – http://www.Cope.It – Per aiutarci a soccorrere le vittime causale “Emergenza Terremoto in Perù”: Conto corrente postale: C.C.P. 10792950 intestato a CO.P.E.
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