Ecco come un camion dei Vigili del Fuoco è diventato il nostro mezzo per girare il mondo

Stefano Maria Meconi, 14 Ott 2025
ecco come un camion dei vigili del fuoco è diventato il nostro mezzo per girare il mondo

Vi è mai successo di svegliarvi la mattina.. e pensare: oddio, cosa è successo ieri sera? Era un sogno o era realtà? No, niente di equivoco, tranquilli. Semplicemente era successo di nuovo. Un nuovo cambio vita. Deciso cosi, sul divano, accanto all’unica persona che mi abbia mai completato davvero, una tisana alla cannella in mano, e quel meraviglioso “Sì, facciamolo!”. Ebbene si. Niente sogni strani. Solo quelli del tipo “realizzabile”, che ti migliorano la vita e che non ti fanno dormire la notte dalle preoccupazioni che ti sollevano. Ma facciamo un bel passo in dietro prima. Voglio raccontarvi un po’ della nostra storia.

In realtà ci conoscevamo da sempre, J (Jacopo, vedi primo articolo) era uno degli amici storici di mio fratello, quindi ha sempre girato un po’ per casa, ma eravamo troppo presi dalla nostra adolescenza e dagli impegni di allora per vederci davvero. Fino a quella sera d’estate. Stavo tornando da lavoro e avevo deciso di fermarmi prima a casa dei miei per fargli un saluto. E lui era li, che rideva e scherzava con mio fratello e gli altri; uno sguardo, una risata complice, un occhiolino d’intesa, e si è accesa la scintilla, che presto sarebbe divampata in incendio. Una fiamma bellissima che tuttora brucia di energia propria e anime pure.

Cervia è stato il nostro primo nido d’amore, ma ben presto la routine ci stava soffocando, davvero troppo tempo speso a lavorare, e troppo poco speso per noi. Non ci stava più bene e avevamo bisogno di fare qualcosa. Cosi è nata la nostra folle idea di trasferirci in un altro paese, prima scelta era l’Australia, ma data la poca praticità (effettivamente non è che sia proprio dietro l’angolo) si era poi optato per la Svizzera, ragionevolmente più vicino questa volta, e soprattutto potevamo decidere di non avere la problematica della lingua (infatti ci siamo trasferiti nella parte italiana). Abbiamo vissuto la Svizzera per 4 anni, 4 bellissimi anni dove abbiamo avuto l’opportunità di crescere a livello personale (perché una volta sparita la comfort zone quella di crescere diventa l’unica alternativa) e a livello professionale (io dopo diverse sfide in tante cucine avevo trovato il mio spazio all’interno di un ristorante che puntava ad alti livelli, e Jacopo era riuscito a tirare su la sua azienda dal niente, per la seconda volta, contando un portafoglio clienti niente male).

In questi anni abbiamo stretto amicizie, alcune delle quali amicizie vere, insomma si può dire che facevamo una vita “normale”: lavoro, casa, orari, impegni, stress, agende piene. Insomma niente di cosi tanto diverso da Cervia, le differenze erano diventate solo due: lo stipendio era più alto (ma anche il caro vita lo era) e le “cose” funzionavano meglio, strade più sane, regole ligie che la maggior parte delle persone rispettavano, tutto più pulito, insomma, era bello, ma stava nuovamente cominciando a starci stretto. Ed è successo cosi, è arrivata quella sera sul divano: era ormai freschino in casa, quindi copertina tattica e tisana calda, sognavamo progetti nuovi e lo facevamo guardando reel su Instagram di persone che avevano rivoluzionato il concetto “classico” di vita comprando un van e camperizzandolo, per poter viverci dentro viaggiando. Un sogno che per le prime volte sembrava davvero troppo bello per essere vero, ma più passava il tempo e più lo volevamo fare nostro, fino a quando lo abbiamo deciso sul serio, e tutto è iniziato ad essere decisamente più reale. Da quel momento è stato un attimo (beh in realtà sono passati mesi, al momento sembravano lunghi ed interminabili) siamo partiti per la Germania e lo abbiamo trovato: un MAN 12.232, ex vigile del fuoco, rosso come la faccia di chi lo vede per la prima volta da vicino. Pochi chilometri, tenuto benissimo.

Quando siamo andati a vederlo, abbiamo parcheggiato lì davanti, ci siamo guardati e abbiamo pensato: “Ok, è un gigante. Ma è il nostro gigante perfetto.” Fatta la firma sul contratto di vendita, siamo partiti a festeggiare, non con l’alcool perché non siamo grossi intenditori, ma con un ottimo panino da Subway. Poi, stanchissimi per tutto il tragitto e le tante emozioni, siamo ripartiti verso casa. Era solo l’inizio. Da li sarebbe cominciato il delirio. Zero esperienza. Niente carpenteria, elettricità da riscrivere, isolamento da capire, lamiera da tagliare. Ma ci siamo buttati, e ogni errore è diventato lezione.

Abbiamo guardato ore di video, preso appunti, chiesto, sbagliato, ricominciato. Ci stanno aiutando tantissimo i nostri parenti più stretti, e stiamo documentando tutto, per rendervi ancora più partecipi e farvi vivere ogni emozione vicino a noi: le paure non mancano. Anzi. Non finire in tempo. Non riuscire a mantenersi. Fare un buco nell’acqua e dover tornare indietro con la coda tra le gambe. Ma ogni volta che ci viene il dubbio… ci basta tornare lì, a quel momento sul divano. Al perché. Le famiglie? Contrarie all’inizio. Piano piano ci stanno capendo. Gli amici sono gasati per noi. Gli sconosciuti ci riempiono di messaggi belli. Forse perché ognuno, sotto sotto, ha quella voglia di pazzia e di mollare tutto. Anche solo un pochino.

TRIPSTER per noi è tutto questo. Non è solo un camion, non è solo un viaggio. È ascolto, è volontariato, è la voglia di incontrare il mondo e raccontarlo. Con le sue rughe, le sue bellezze nascoste, le sue storie. Questa rubrica sarà il nostro modo di portarvi con noi. Ogni mese, un pezzo di strada, tra errori, sogni e chilometri veri. Se anche voi, leggendoci, avete sentito un po’ di quella voglia lì… quella che pizzica sotto la pelle e sussurra “e se lo facessi anch’io?”, non ignoratela. È da lì che si parte.

Nel prossimo capitolo? Un gigante rosso, un’officina tedesca e due persone che hanno appena detto sì al sogno più assurdo della loro vita. Per ora.

Jacopo e Alice – Tripster.tales su Instagram



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